Un Amore Proibito 2 - Vite Lo...

By _StarFreedom_

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L'incontro tra Damon e Allyson è stato casuale, ma si sono subito resi conto che non possono fare a meno l'un... More

Capitolo 1 Allyson
Capitolo 2 Damon
Capitolo 3 Allyson
Capitolo 4 Damon
Capitolo 5 Damon
Capitolo 6 Allyson
Capitolo 7 Damon
Capitolo 8 Damon
Capitolo 9 Allyson
Capitolo 10 Damon
Capitolo 11 Allyson
Capitolo 12 Damon
Capitolo 13 Allyson
Capitolo 14 Damon
Capitolo 15 Damon
Capitolo 16 Allyson
Capitolo 17 Damon
Capitolo 18 Damon
Capitolo 19 Damon
Capitolo 20 Allyson
Capitolo 21 Damon
Capitolo 22 Allyson
Capitolo 23 Damon
Capitolo 24 Damon
Capitolo 25 Allyson
Capitolo 26 Damon
Capitolo 27 Allyson
Capitolo 28 Damon
Capitolo 29 Allyson
Capitolo 30 Allyson
Capitolo 31 Damon
Capitolo 32 Damon
Capitolo 34 Damon
Capitolo 35 Allyson
Capitolo 36 Allyson

Capitolo 33 Damon

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By _StarFreedom_

Ci sono quegli incontri, che sembrano casuali, ma in realtà sono stati aggrovigliati alla nostra vita da sempre.

Prendo un ultimo paio di jeans e lo metto in borsa; ancora non posso credere che fra qualche ora mi troverò dall'altra parte della costa e che potrò finalmente guardarla negli occhi. Ho così tanto sentito parlare di lei da Cindy che mi sembra quasi di conoscerla. Ma ciò che mi rende nervoso, è capire se sa tutto. Questo pensiero mi tormenta da quasi una settimana. Sono rimasto a fissare negli occhi Al mentre eravamo alla casa al lago. Non potevo credere che avesse fatto delle ricerche e per giunta prenotato un volo per questo venerdì. Sono le cinque e trenta del mattino e lei sarà già al Logan International di Boston. Abbiamo deciso di partire separatamente per non destare sospetti, io prenderò il volo successivo, sarò lì per le due e mezzo del pomeriggio.

Il telefono squilla facendomi trasalire dai pensieri, mentre mi trovo ad avere ancora in mano i jeans, senza essermene neppure reso conto.

«Cosa diamine fai sveglio a quest'ora?», chiedo a Cody.

«Volevo sapere se stavi bene. Non posso, cazzone?».

«Sto bene», rido. «A breve passerà Kam a prendermi», dico e inizio a camminare avanti indietro per la mia camera.

«Potevo venire io con te», mi rimprovera e credo che me lo rinfaccerà a vita, ma non posso lasciare sola Arleen con Sebastian ancora nei paraggi.

«Sai benissimo il motivo», gli ricordo, soffermandomi ad ammirare i primi raggi di sole che illuminano i tetti delle case circostanti.

«Come pensi di incastrarlo?», mi domanda, perché, anche se l'ho tenuto all'oscuro di tutto, sa che ho in mente qualcosa.

«Diciamo che la situazione si è un po' complicata e forse richiederà più tempo del previsto», spiego perdendomi con lo sguardo verso quell'angolo sferico che sbuca dietro l'orizzonte, accecando quel poco che resta della notte, dipingendo le nuvole di un porpora intenso.

«Non andrai a Indianapolis, vero?», in realtà, dal tono della voce non me lo sta chiedendo.

«Sai bene che se lei non sa della morte di Cindy devo andarci, le devo almeno questo, cazzo!», rimprovero a me stesso serrando i pugni, con le unghie che quasi si conficcano nella pelle per trattenere quel dolore che non è mai venuto fuori del tutto.

«Mi hai detto che rischi di essere arrestato», mi ricorda strascicando le parole.

«Starò attento, come lo sono stato tutte le volte che ci sono andato per trovare Arleen. Andrà bene», quasi prometto, anche se so che non posso farlo.

«Fai buon viaggio e fammi sapere», dice poco prima di chiudere. Annuisco anche se non può vedermi e infilo il cellulare nella tasca dei jeans. Intravedo i fari di un'auto nel vialetto, mi affretto a prendere il borsone da sopra il letto, il biglietto aereo e la giacca di pelle, poi esco dalla mia camera e scendo le scale. Apro il portone della confraternita dove tutti ancora dormono e raggiungo Kam.

«Pronto?», mi chiede non appena salgo in auto. Mentirei se rispondessi di sì.

«Parti», mi limito a dire, lui non ribatte ed esce dalla via del quartiere diretto alla periferia della città. «Grazie», sibilo appena, con lo sguardo fisso oltre il finestrino. Non so come avremo fatto senza il suo aiuto io e Al; ci siamo nascosti per evitare che qualcuno sapesse che stavamo ancora insieme, come se stessimo scappando al nostro stesso amore, quando, in realtà, lo stiamo inseguendo senza sosta da sempre.

«Non devi ringraziarmi, Allyson è una mia amica e tu sei il suo ragazzo; farei qualsiasi cosa per renderla felice», dice guardando ora me ora la strada.

«Vacci piano con "qualunque cosa"», rimarco in tono scherzoso.

Lei è così, entra dentro le persone, senza chiedere il permesso, si appropria della tua vita e tu non puoi far altro che restare incatenato a lei, perché sei consapevole che non vivresti un minuto di più senza.

«In realtà, quello più a rischio qui sei tu», ribatte Kam sfoderando un sorriso sornione.

Inarco il sopracciglio fingendomi minaccioso.

«Vedi di tenere le mani a posto o te le taglio!», scoppia a ridere e io lo seguo a ruota, liberando un po' di tensione che sento accumularsi.

«L'hai sentita?», mi affretto ad aggiungere.

«Sì, si stavano per imbarcare con Jenna», tamburello le dita sui jeans.

«Non credo di starle molto simpatico», confesso, anche se sono felice che si sia offerta di far compagnia ad Al.

«E vorresti darle torto, Sanders?», ribatte con una punta di fastidio.

«No», ammetto, come potrebbe fare il tifo per me?

«Bravo, ma non sei più quella persona o, per meglio dire, ti conviene non esserlo più».

Guardo Kam, i suoi occhi, di un azzurro simile a quello di lei, mi trapassano minacciandomi più delle parole stesse. «Credo che per il resto del viaggio possiamo risparmiarci altre conversazioni a cuore aperto. Abbiamo parlato abbastanza».

Sogghigna divertito, poco dopo posteggia in uno dei parcheggi sotterranei del Logan International. Sento l'ansia premere contro il petto mentre ci dirigiamo verso l'aerea check-in, mischiandoci al fiume di persone che entrano ed escono, ognuno con il proprio bagaglio da trascinare lungo un cammino ignoto. Io porto il mio direttamente sulle spalle, sentendone tutto il peso a ogni passo che pesto contro il suolo. Osservo le persone in fila di fronte a noi: chi sorride al proprio figlio, chi invia l'ultimo messaggio prima di spegnere il cellulare e chi si perde fra le pagine di un quotidiano.

«Ci sei, Sanders?», chiede Kam dietro di me.

«Credo di sì», sibilo semplicemente porgendo la mia carta di imbarco alla hostess, che ci indica il corridoio al lato sinistro dove raggiungere i nostri posti. Infilo il borsone nella cappelliera e mi siedo deglutendo a fatica. Solo sei ore e venti e sarò tra le sue braccia che mi daranno la forza, ripeto a me stesso infilando gli auricolari nelle orecchie, chiudendo gli occhi per far sì che il tempo per una volta scorra rapido, accompagnato dalle note musicali dei The Chainsmockers. Sorrido al pensiero che proprio lei mi abbia obbligato a scaricare ogni loro brano; li adora, canticchia sempre una loro canzone ed è davvero buffa, anche un po' stonata ma questo lo tengo per me. La immagino qui con me e per un po' basta solo questo per tornare a respirare.

«Ehi, siamo arrivati», la mano di Kam mi scuote per una spalla, apro le palpebre che sento pesanti e vengo accecato dal sole della California. Mi alzo impaziente, afferro il mio borsone e fendo le persone che mi si piazzano davanti. Kam protesta alle mie spalle, ma non lo sto a sentire. Una volta che le porte automatiche del Los Angeles International Airport si aprono, incomincio a saettare lo sguardo da destra verso sinistra e viceversa, ma non la vedo; troppe persone mi passano davanti, altre mi spintonano e sto per scaraventarne qualcuna a far compagnia ai cartelli pubblicitari affissi alle pareti.

«Io la chiamerei. Che dici, genio?», sbuffo ruotando gli occhi al cielo mentre Kam le telefona. «Principessa, dove sei?», chiede e il mio sguardo si assottiglia incenerendolo. «Arriviamo», chiude pestando il pugno sulla mia spalla. «Sono nell'aerea ristoranti», spiega.

«Chiamala nuovamente "principessa" e ti faccio arrivare strisciando fin lì», minaccio serio, Kam non tenta nemmeno di prendere in considerazione la mia ipotesi, si limita a fare spallucce e a mostrarmi il dito medio. Quando varchiamo l'ingresso, la vedo subito, seduta vicino alla vetrata che dà sulla pista di atterraggio con i capelli legati in una coda alta che le lascia il viso libero. Si volta, come se avesse percepito la mia presenza, facendo scontrare i nostri sguardi. Con ampie falcate la raggiungo.

«Damon», squittisce gettandomi le braccia al collo.

«Piccola», riesco appena a mormorare ispirando il profumo della sua pelle. «Mi sei mancata», e Dio solo sa quanto.

«Anche tu», mormora contro il mio collo facendomi rabbrividire.

Qualcuno si schiarisce la voce attirando la nostra attenzione.

«Nessun abbraccio per me?», esclama Kam spalancando le braccia.

«La vedi tutti i giorni, che cazzo vuoi, coglione?», protesto mentre Al, divertita, va ad abbracciare il suo amico. «Jenna», dico con un filo di imbarazzo. Credo che l'ultima volta in cui ci siamo visti risalga proprio alla sera in cui ho cercato di annientare Allyson, schiacciandola con la mia follia.

«Sanders», risponde con un fil di voce volgendo il suo sguardo altrove. Non la biasimo, è stata lei a trovare Al inerme, credendo il peggio per la sua amica e la colpa è stata solo la mia. I miei occhi scorrono proprio su di lei che ora finalmente sorride, libera dalla parte più tossica di me che si stava nutrendo di lei.

«Vuoi mangiare qualcosa?», chiede facendomi trasalire dai pensieri. Scuoto il capo in segno di diniego. Lo stomaco si è chiuso e non riesco a pensare ad altro se non a questo incontro. «Sono con te», promette incastrando le sue piccole dita alle mie. Le poso un bacio sulla fronte.

«Lo so», sussurro piano. Non credo che senza di lei avrei mai trovato la forza di arrivare fin qui.

«Allora credo che sia meglio andare, le lezioni termineranno fra un paio d'ore», spiega, annuisco e sento un forte groppo in gola.

«Noi andiamo in albergo, vi aspettiamo lì», dice Kam prendendo anche le nostre valige. Jenna abbraccia Al prima di seguirlo.

«Andiamo a cercare April», mormora prendendomi il volto tra le mani perché la possa guardare dritta negli occhi.

«Cosa le dirò?», chiedo più a me stesso che a lei.

«Solo quanto Cindy la amasse. Non possiamo riavvolgere il tempo, Dam. Lei non c'è più, ma April merita di saperlo».

Abbiamo fatto mille volte questo discorso in questi giorni, ho immaginato tutto l'incontro nella mia testa per un numero di volte inquantificabile, eppure, ora sento solo un grande vuoto, come se tutto ciò che mi ero ripromesso di dirle si fosse cancellato dalla mente.

Il taxi si ferma di fronte al campus della Barnett, per tutto il viaggio Allyson non ha lasciato la mia mano e i miei pensieri hanno viaggiato insieme al paesaggio che scorreva indisturbato al nostro passaggio.

«Andiamo, Dam», dice strattonandomi appena, pago la corsa e metto i piedi sul terreno che sento quasi mancarmi.

«Come pensi di trovarla?», le domando confuso mentre alcuni studenti sembrano già lasciare il grande edificio.

«Chiediamo alla segreteria. Sarà facile, vedrai», mi rassicura.

Ci addentriamo seguendo alcune indicazioni affisse che ci conducono direttamente alla segreteria. Una donna sulla quarantina siede dietro a un vetro, intenta a picchiettare alla tastiera del computer.

«Scusi?», dice Al battendo appena sul vetro per attirare la sua attenzione. La donna ci osserva circospetta.

«Avete bisogno?», inclina appena il capo verso di noi.

«In verità, sì», risponde Al e lascio parlare lei. «Sto cercando April Neelson, sono venuta qui da Boston per farle una sorpresa.

Saprebbe indicarmi gentilmente dove potrei trovarla?», la donna, con il suo caschetto color miele, continua a osservarci poco convinta.

«Da Boston? Per una sorpresa?», ripete e vorrei chiederle se per caso si è lavata le orecchie questa mattina, ma fortunatamente Allyson parla prima che possa farlo io.

«Sì, se controlla noterà che April ha frequentato il suo ultimo anno di liceo alla Boston High School», spiega determinata. La signora picchietta al computer, forse per accertarsene, e dopo qualche secondo decide di essere gentile.

«Ala nord, corso di economia aziendale», dice riportando la sua attenzione al monitor di fronte ai suoi occhi. Allyson la ringrazia e ci incamminiamo alla ricerca dell'ala nord.

«Sono tutte odiose le segretarie, vero?», commento, ricordandomi della ficcanaso alla TU.

«È difficile che qualcuno ti vada a genio, Sanders», risponde divertita.

«Tu, sì, per esempio», le faccio notare avvicinandola ancora di più a me. Leggiamo i nomi dei corsi affissi ai piccoli cartelli che sporgono sopra le porte fino a trovare quello di economia aziendale, la porta si spalanca e i miei passi si inchiodano al pavimento. Non riesco a muovermi mentre intravedo ragazzi e ragazze uscire da lì. Non so che volto abbia, solo Al la conosce, ma so che in mezzo a quelle persone c'è lei e sento l'aria venir meno.

«Damon», mi chiama Al.

«Non ce la faccio», ammetto a fatica cercando di rallentare i battiti del cuore che martella nel petto. La sua mano lascia la mia e mi sento perso mentre la guardo correre verso l'aula. La sua testa si volta in più direzioni fino a fermarsi, fa un passo verso una ragazza dai lunghi capelli castani.

Trattengo il fiato, la osservo parlare con lei per pochi secondi che a me sembrano ore, poi si voltano entrambe nella mia direzione e perdo un battito, incontrando quegli occhi che avevano rapito Cindy in un vortice che l'aveva risucchiata, travolta da un amore che non scegli, ma che è lui a scegliere te, lasciandoti senza via d'uscita. April si sistema i capelli portandoseli su una sola spalla, viene verso di me con lo sguardo chino accompagnata da Allyson.

«Damon, lei è April», ci presenta d'istinto guardo i suoi occhi, di un nocciola, che sembrano quasi brillare e i ricordi riaffiorano richiamati da quello sguardo. Cindy mi diceva che le bastava solo guardarla per capire a cosa stesse pensando, lo trovavo assurdo, non la capivo, ma ora, guardando negli occhi della persona che ho al mio fianco, quelle parole non potrebbero essere più vere.

«Piacere, Damon», biascico allungando la mano per stringere la sua.

«April», risponde con un lieve imbarazzo.

«Sei amico di Cindy? Come sta?», chiede stringendosi nelle spalle mentre mi sento morire. È proprio come immaginavo, lei non sa nulla di lei.

«Sì, sono un suo amico», cerco di dire, in parte mentendo, perché anche se lei non è più qui, il ricordo della nostra amicizia vivrà indelebile nella mia mente. Senza un tempo che metterà la parola fine, cancellandolo.

«Come... come mai siete qui?», chiede guardando ora me ora Allyson, che cerca di dire qualcosa, ma io sollevo la mano per fermarla.

«Ce la faccio», dico quasi a me stesso. «Devo parlarti di Cindy, April», i suoi occhi si sgranano, mi osservano confusi.

«Sono due anni che Cindy non si fa più né vedere né sentire e ora, dopo tutto questo tempo, non riesco proprio a capire...», mormora posandosi le mani tra i capelli.

«Possiamo trovare un posto tranquillo?», propone Al posando una mano sulla sua spalla.

April annuisce senza pensarci e ci fa strada verso il giardino sul retro del campus. Si ferma sotto a uno dei tanti alberi che si stagliano regalando un po' di ombra. Ci sediamo sull'erba.

Da dove inizio? chiedo a me stesso non riuscendo a trovare le parole. Straccio qualche ciuffo d'erba lasciandolo scivolare sulle mani e penso alla sua chioma rossa, ai suoi occhi di un nero profondo, alla sua voce che mi rimproverava.

«Ti amava moltissimo», esclamo senza guardarla. «Ci siamo conosciuti per caso, mi ha parlato molto di te», sento il suo respiro trafiggermi e aumentare alle mie parole. «Lei non era più la stessa, dopo che te ne eri andata», sollevo appena la testa per incontrare il suo sguardo. La osservo deglutire a fatica.

«Non... non era?», ripete con un fil di voce.

«Non sopportava l'idea di averti perso, di non poter fare niente per riaverti al suo fianco. Era sola, la sua stessa famiglia le aveva voltato le spalle», il petto mi si squarcia, ripercorro ogni flash del tempo trascorso insieme. Le notti sul tetto del capannone a parlare dei nostri casini, di quanto fossero complicate le nostre vite.

«I miei non mi hanno più permesso di cercarla... io... io ci ho provato, ma lei... lei era come scomparsa...», la voce si incrina trattenendo a stento le lacrime. «Ho pensato che fosse andata avanti con la sua vita come era giusto, anche se era insopportabile non poterla nemmeno più sentire...», d'istinto afferro le sue mani poco lontane da me.

«Lei non ti ha mai dimenticato, April, mai», scuoto il capo, sento le forze e il coraggio venir meno. «Si è solo lasciata andare, non aveva più la forza di lottare contro i demoni che la tormentavano».

Cerca di strattonare la mia presa.

«Cosa... cosa stai dicendo? Lei... Cindy...», la stringo ancora più forte attirandola quasi a me.

«April...», mi mordo il labbro inferiore per non crollare proprio ora, «Cindy non c'è più», le parole mi tagliano la lingua mentre escono dalla bocca, travolgendola in una verità che non conosceva. I suoi occhi si dilatano, sta guardando me, ma la sua testa è altrove, lontano da questo posto. Le lascio un paio di minuti mentre aspetto che una lacrima solchi il suo volto, ma non arriva, resta in silenzio aggrappata alle mie mani.

«Ti amava, April», sussurro, la scuoto affinché torni da noi.

«Come... come è morta?», strascica le parole.

Deglutisco il groppo in gola che sento soffocarmi.

«Overdose», si allontana in uno scatto portandosi le mani alla bocca, scuotendo il capo incredula.

«Non... Non è vero. Non è vero!», grida scagliandosi contro di me. Lancio un'occhiata ad Allyson mentre i suoi pugni pestano contro il mio petto, ogni colpo un passo che ho perso, una parola non detta, un minuto rubato che non sono riuscito ad afferrare... la mia promessa mancata.

«Lei non si drogava... non l'avrebbe mai fatto», urla con i singhiozzi che le mozzano le parole in gola.

«Io ero con lei», confesso, le sue mani restano sospese a mezz'aria, i suoi occhi si inchiodano sui miei in uno sguardo truce. «Dovevo salvarla... ma non ci sono riuscito. Non ho salvato la mia migliore amica, l'ho solo vista consumarsi giorno dopo giorno illudendomi che prima o poi tutto lo schifo che ci circondava sarebbe sparito...», mi alzo in piedi sorreggendomi con le mani al tronco dell'albero. «Lei era speciale, non meritava quella fine, e tu non meritavi di pensare che ti avesse dimenticato. Perché lei se n'è andata con solo il tuo ricordo a colmare il suo cuore».

Allyson si alza raggiungendomi, le sue braccia mi stringono.

«Io devo... io devo andare da lei... devo vederla... io», Al si volta verso di lei che si tortura le mani una contro l'altra. «Partiamo domani», dico senza doverci pensare, è la sola cosa che mi è rimasta da fare per lei, portare April sulla sua tomba.

«D-davvero... voi...», non la lascio finire di parlare.

«Ti accompagniamo noi da Cindy», serro i pugni, perché la sua assenza riempie ogni centimetro del mio corpo marchiandomi fin sotto la pelle. April annuisce.

«Penso a tutto io, okay?», dice Al prendendo la sua mano. «Ci vediamo domani mattina in aeroporto», si affretta ad aggiungere. Ci scambiano i numeri di telefono e prima di voltarmi, la mano di April avvolge il mio polso.

«Grazie», mormora con gli occhi rossi.

Abbozzo un sorriso forzato e ci allontaniamo. Mi trascino letteralmente, con la consapevolezza che il peggio deve ancora arrivare.

La mattina ci svegliamo presto, ho saltato anche la cena; aver visto April mi ha riportato in un passato che non potrò mai dimenticare. Al è rimasta tutta la notte con il volto poggiato contro il mio petto. Non mi ha chiesto nulla e l'ho apprezzato, perché non avrei saputo rispondere. La sensazione che mi sento cucita addosso non si può descrivere, è peggio del non provare nulla, quando, in realtà, provi troppo e il dolore sembra volerti strappare ogni briciolo di forza che ti è rimasta.

Chiudo l'acqua della doccia quando sento l'anta del box aprirsi.

«Al...», tento di dire, ma la sua bocca preme prepotente contro la mia. La sollevo da terra, le sue gambe mi cingono in vita, la spingo contro la parete di piastrelle alle sue spalle. Il suo sapore scioglie ogni nube densa che offusca la mia mente mentre cerco di perdermi in lei. Crollo con il volto nell'incavo del suo collo quando finalmente sento il suo corpo che mi avvolge completamente, strappandomi un grugnito.

«Cazzo, piccola», biascico in balia del suo essere che mi rapisce dai demoni del mio passato che cercano di tornare.

«Ti amo, Dam», sibila contro la mia bocca, sento le sue mani affondare sulle mie spalle mentre sto per perdere il controllo. Stringo forte le sue cosce come se volessi marchiarle addosso le mie mani, le sole e uniche che la toccheranno.

«Ti... ti amo, Al...», strascico con la vista che si offusca, lasciandomi travolgere dall'oblio, seguito dal suono della sua voce strozzata che grida il mio nome. Deglutisco a fatica, inumidendomi con la lingua le labbra che sanno ancora di lei e premo la mia fronte contro la sua.

«Sei speciale, piccola», dico incastrando il mio sguardo nel suo.

«Lo so», commenta ridendo strattonandomi appena i capelli. Dopo esserci preparati, con l'ansia che continua a consumarmi, scendiamo nella hall dell'albergo dove ci aspettano Kam e Jenna.

«Siete sicuri che non avete bisogno di noi a Indianapolis?», chiede quest'ultima.

«No, grazie di tutto, ragazzi», risponde Al mentre io, invece, mi appresto a rispondere a un messaggio. «Chi è?», chiede, stacco lo sguardo dal display con il cuore che mi salta in gola.

«Solo Cody», Mento, non posso farla preoccupare ancora della situazione di Sebastian. Lei non sa che posso finire in carcere proprio per la morte di Cindy, non sa quanto rischio andando lì e non lo deve sapere, perché mi impedirebbe di farlo ma io non posso sottrarmi ancora una volta, devo affrontare il mio passato per poter andare avanti con il mio futuro. Se c'è una cosa che ho imparato fino a ora è proprio questa: non si possono evitare i problemi, fingere che non esistano e voltar loro le spalle. Torneranno, verranno a picchiettare alle nostre spalle quando meno ce lo aspettiamo e se non siamo pronti, sarà allora che tutto ci crollerà addosso senza avere il tempo di scappare, perché non si può fuggire da sé stessi.

Salutiamo Kam e Jenna e saliamo sul taxi, diretti a due terminal differenti.

«April ci sta già aspettando», mi comunica Al.

«Chissà come l'avranno presa i genitori!», esclamo verso quelle persone che ignare hanno segnato il destino di Cindy.

«Ha detto che si sarebbe inventata qualcosa», spiega armeggiando con il suo cellulare.

«Con chi messaggi?», si porta il telefono al petto.

«Solo Cody», risponde sfidandomi con lo sguardo.

«Al...», sospiro.

«Damon, non mentirmi. Non farlo», mi supplica.

Le prendo la mano nella mia portandomela alla bocca e baciandone ogni nocca.

«Va tutto bene, quando potrò, ti spiegherò tutto, piccola», le prometto. Lei si stringe nelle spalle con un velo di tristezza. «Comunque, non mi hai detto con chi stavi massaggiando», ribatto cercando di strapparle di mano il telefono.

«Siamo gelosi, Sanders?», sogghigna divincolandosi dalla mia presa.

«No, non sono geloso. Potrei uccidere per te, è diverso, Evans, e ti conviene non mettermi alla prova», rimarco sfiorandole il labbro inferiore con il pollice. «Non scherzo», aggiungo soffiando contro il suo orecchio. Troviamo April con un piccolo zaino in spalla ad attenderci al check-in.

«Ciao», esclama con il viso che non nasconde la notte in bianco che ha trascorso.

«Andiamo», mi limito a dire posando una mano dietro la schiena di Al. Non so cosa succederà in me quando sarò lì, faccia a faccia con la realtà. Già, perché credo che forse una parte di me non abbia metabolizzato del tutto che lei non ci sia più. I miei occhi non hanno visto, le mie mani non hanno gettato la terra su una bara, non ho pianto di fronte alla sua lapide con inciso il suo nome.

Ci sediamo nella stessa fila, solo Al a dividerci. Quasi non riesco a guardare questa ragazza, che mi sembra di conoscere da sempre, senza rischiare di crollare.

«Lei non era quel tipo di ragazza che dimostrava di essere...», mormora dal nulla April mentre l'aereo inizia a rullare sulla pista. «Faceva la forte, sembrava che nulla la sfiorasse...», le sue parole sembrano descrivere me ed è esattamente così. Io e Cindy eravamo uguali.

«Tutto tranne te», dico volgendo il mio sguardo ad Al, la sola che non mi ha soltanto sfiorato, ma è entrata dentro la mia anima dove ha messo radici.

«Ho aspettato per giorni, per mesi una sua chiamata...», biascica.

«Ti scriveva ogni santo giorno», esclamo ricordando tutte le volte che la vedevo con le ginocchia piegate e un blocco tra le mani. April, sbigottita, si volta incredula verso di me.

«Non ho mai ricevuto niente e.... e quando sono riuscita a chiamare a casa sua, mi hanno detto che era partita senza lasciare traccia».

Chiudo gli occhi, pensando che chi le ha detto questo è stato colui che l'ha sbattuta in mezzo a una strada. Mi chiedo se ora abbia l'anima in pace pensandola sepolta sotto quattro metri di terra.

«Non aveva più nessuno, e scusa... forse non dovrei, ma credo che i tuoi genitori non ti abbiano mai fatto avere le sue lettere. Ti hanno strappata via da lei, ti hanno fatto cambiare città e lei non sapeva più dove cercarti; quando, non so come, ha scoperto dove fossi, ha iniziato a scriverti di continuo, con la speranza che un giorno sarebbe arrivata una tua lettera al locale di motociclisti dove spesso ci rintanavamo».

Sprofondo la testa sullo schienale della poltrona e rivivo la sua delusione per tutte le volte che Kendra, la barista del locale, scuoteva la testa negandole per l'ennesima volta che fosse arrivato qualcosa. Passiamo il resto del viaggio senza proferire parola, più ci avviciniamo a destinazione più sento il cielo inghiottirmi.

«Siete pregati di allacciare le cinture, stiamo atterrando all'Aeroporto Internazionale di Indianapolis», ci avvisa la hostess, le mani si aggrappano al sedile mentre l'aereo scende di quota e mi sembra di fare la mia fermata all'inferno, dove questa volta non potrò schivare le fiamme.

Il taxi si ferma di fronte a un enorme cancello in ferro battuto che si apre su una stradina. Scendiamo, rispondo a un messaggio e lo rimetto in tasca. Allyson mi sorride stringendomi la mano, mentre con l'altra tiene un mazzo di peonie fucsia; April cammina davanti a noi, percorriamo quel viale voltandoci a destra e a sinistra lungo i prati di un verde smeraldo che incorniciano ogni anima che riposa in questo luogo.

«Dobbiamo chiedere», dico, intravedendo un uomo che dalla tuta che porta sembra essere il custode. Lascio loro alle mie spalle e mi avvicino con ampie falcate.

«Scusi...», trattengo il respiro per il groppo che sento formarsi. Mai mi sarei aspettato di trovarmi in questo posto e chiedere proprio di lei. «Cerco la tomba di... di Cindy Moore».

L'uomo mi guarda fisso in volto.

«È un parente?».

Non riesco a cogliere il senso della domanda e scuoto il capo.

«Un amico».

«Sono felice», mi sorride. «Non è mai venuto nessuno a trovarla», il cuore perde un battito e seguo le sue mani che mi indicano dove dirigermi. Infilo le mani in tasca e, senza voltarmi, i piedi camminano da soli. Un passo dietro l'altro con il quale mi trascino a fatica, gli occhi scorrono su altri nomi, altre persone che non ci sono più, causa di altre lacrime per qualcuno che non può più abbracciarle. Le mani si stringono in due pugni quando leggo il suo: Cindy Moore. Crollo in ginocchio facendo sprofondare le mani nel terreno che sento fresco sotto la pelle ma bruciante allo stesso tempo, la vista si annebbia mentre sfioro con le dita le lettere incise sul marmo.

«Sono qui», sibilo singhiozzando senza neppure rendermene conto. Sento il volto bagnato e tutto ciò che è rimasto chiuso dentro di me riemerge, facendomi annaspare nel mio stesso respiro.

«Cindy!», grido, il petto si squarcia e pesto un pugno contro lo stesso marmo con quel giorno maledetto marchiato quasi a fuoco, che mai potrà cancellarsi dalla mia mente.

April si china al mio fianco posando una sola rosa rossa.

«Te ne sei andata come quando discutevamo... in silenzio. Solo che questa volta non potrò venire a bussare alla tua porta. Tu non potrai tornare da me... non potrai mai più».

Si stende con il volto sopra la lapide e resto lì inerme a guardarla, mentre i suoi singhiozzi sovrastano ogni rumore circostante. Al preme la sua mano sulla mia spalla, alla quale mi aggrappo con tutta la mia forza. Non ce l'avrei mai fatta senza di lei. Ora sono qui, sono venuto a darle il mio ultimo saluto, con la promessa che un giorno lontano fisseremo insieme altre stelle con il solo suono della sua risata che continua a echeggiare nella mia testa.

«Andiamo, April», dico tirandola su di peso.

«Ti amo», la sento mormorare, «per sempre Cindy», ripete gettandomi le braccia al collo. «Non devi, Damon», dice contro il mio petto.

«Cosa?», le chiedo confuso, si asciuga le lacrime copiose che continuano a rigarle il volto.

«Non devi sentirti in colpa», risponde con fermezza.

«Tu non...», scuote il capo interrompendomi.

«Allyson mi ha detto ogni cosa...», mi volto verso di lei che si morde il labbro. «Non avresti potuto salvarla, Cindy era testarda. Ha punito sé stessa lasciando me a scontare la pena per entrambe», confessa volgendo un ultimo sguardo verso la sua tomba. Penso alle sue parole e guardo la mia Al, che stava per scontare la stessa pena. Basta un attimo per rovinarsi la vita e distruggerla a chi ci circonda.

Prendo i fiori dalle mani di Al e li poso sopra il suo nome.

«Tienimi un posto sul tetto», sussurro, perché solo lei possa davvero sentirmi. Abbraccio April e tengo Al per mano, mentre lascio una parte del mio passato alle spalle. Forse è vero, forse non avrei potuto salvarla, perché lei aveva già scelto per la sua vita.

Come varchiamo il cancello, mi blocco sui miei passi e mi metto come scudo di fronte ad Allyson e April.

«Che cazzo ci fai qui Sebastian?», tuono.

Si strofina il mento soddisfatto, poggiato alla portiera di un'auto.

«La tua biondina pensava davvero di fottermi? Ma, soprattutto, tu credevi di farcela, Damon?», faccio un passo verso di lui.

«Cosa vuoi, Sebastian? Sei malato, devi farti curare!», sbraito allargando le braccia e invitandolo a farsi avanti.

«Vedi, fratellino, voglio solo riprendermi ciò che non ho avuto per causa tua!», mi punta un dito contro.

«Per colpa mia?», ripeto toccandomi il petto e scoppiando in una fragorosa risata. «La colpa sai bene quanto me che è solo di nostro padre», sentenzio, sentendo l'adrenalina scorrermi nelle vene.

«È qui che ti sbagli. Lui voleva tornare da mia madre, ma sei arrivato tu. Tu che hai avuto lui, mentre io... io che cosa ho avuto?», urla colpendosi il petto con vigore. «Sono stato cresciuto nella menzogna», sibila tra i denti con lo sguardo che si perde sul manto stradale che ci separa.

«E io, Sebastian, io cosa ho avuto?», gli chiedo.

«Hai avuto mio padre, è venuto alle tue partite, c'era sempre ai tuoi compleanni. Me lo ricordo, Damon, quando di certo non sapevo che quel padre così amorevole fosse anche il mio», scuote il capo e un ghigno malevolo dipinge il suo volto in un istante. «Non dovevi tornare qui, Sanders. Non dovevi», il cuore mi salta in gola. In lontananza sento le sirene della polizia avvicinarsi sempre di più, lo fisso dritto negli occhi, la mano di Allyson sfiora il mio braccio. Mi volto a guardarla e le sorrido debolmente.

«È finita, Damon!», rimarca assottigliando lo sguardo contro il mio, mentre due auto si fermano di fronte a noi e gli agenti scendono con le pistole spianate. Sollevo le mani in aria in segno di resa.

«Damon!», grida Al alle mie spalle.

«Hai ragione, Sebastian, è finita davvero», i suoi occhi si sgranano confusi.

«Sebastian Davis, è in arresto per l'omicidio di Cindy Moore...», l'agente lo scaraventa sul cofano della vettura facendolo voltare. «Ha il diritto di rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirà potrà essere utilizzata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato, se non potrà disporne, gliene verrà assegnato uno di ufficio. Ha capito i suoi diritti?», chiede l'agente strattonandolo verso l'auto della polizia.

«State commettendo un errore!», sbraita cercando di divincolarsi.

«Nessun errore, Davis, è tutto qui», il padre di Allyson si staglia di fronte a lui con in mano tutte le prove che lo inchiodano. «Portatelo via», dice prima di venire verso di noi. «Te l'avevo detto che ce l'avremmo fatta», esclama dandomi una pacca sulla spalla.

«Papà?», esclama Allyson sorpresa.

«Non potevo dirtelo, Al, ma ero con tuo padre al telefono tutte le volte che mi hai beccato a messaggiare. Mi sono rivolto a lui quando l'unico contatto che avevo per incastrare Sebastian è scomparso. Non sapevo cosa fare e tuo padre...», Derek mi interrompe.

«E io ho solo fatto il mio lavoro. È stato facile trovare il tuo contatto con tutta la sfilza di precedenti penali che lo precedevano. O collaborava dandoci ciò che volevamo su Sebastian o ci sarebbe finito lui al fresco», spiega.

«Non so come ringraziarla», cerco di dire, non sapendo davvero come sdebitarmi per tutto ciò che è riuscito a fare in pochi giorni.

«Lo stai già facendo», dice con un segno del mento verso sua figlia.

«Come facevi a sapere che Sebastian sarebbe venuto fin qui?», chiede Al, mentre insieme vediamo la volante della polizia portarsi via colui che mi ha rovinato la vita. I suoi occhi azzurri mi guardano un'ultima volta mentre, con tutta la rabbia che provo, gli mostro il dito medio.

«Fottiti tu, ora, all'inferno, Davis», guardo Al stringendola a me. «Per rispondere alla tua domanda, ho fatto in modo che lo sapesse. Sapevo che voleva incastrarmi per la morte di Cindy, sono stato solo più veloce di lui», mento, dato che ho rischiato davvero il culo e non ne avevo la certezza finché il padre di Al mi ha mandato l'ultimo messaggio non appena arrivati qui.

«È finita, piccola mia», sorrido tenendole il volto tra le mani.

«Hai reso giustizia a Cindy», mormora lei.

Annuisco fiero, perché chi ha causato la sua morte avrà ciò che merita.

April si avvicina a noi posando la sua testa sulla mia spalla. Restiamo lì a goderci il senso di pace che si libera mentre volgo uno sguardo al cielo. Ora puoi riposare in pace, amica mia, sussurro a un cuore che rimette insieme i suoi pezzi.

*SPAZIO XOXO *

I'm back, scusate l'assenza ma è stato un periodo davvero movimentato ma prometto di aggiornare regolarmente per non tenervi troppo col fiato sospeso.

Torniamo al capitolo, cosa ne pensate? 

Ve lo aspettavate?


All The Love Readers ❤

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