Un Amore Proibito 2 - Vite Lo...

By _StarFreedom_

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L'incontro tra Damon e Allyson è stato casuale, ma si sono subito resi conto che non possono fare a meno l'un... More

Capitolo 1 Allyson
Capitolo 2 Damon
Capitolo 3 Allyson
Capitolo 4 Damon
Capitolo 5 Damon
Capitolo 6 Allyson
Capitolo 7 Damon
Capitolo 8 Damon
Capitolo 9 Allyson
Capitolo 10 Damon
Capitolo 11 Allyson
Capitolo 12 Damon
Capitolo 13 Allyson
Capitolo 14 Damon
Capitolo 15 Damon
Capitolo 17 Damon
Capitolo 18 Damon
Capitolo 19 Damon
Capitolo 20 Allyson
Capitolo 21 Damon
Capitolo 22 Allyson
Capitolo 23 Damon
Capitolo 24 Damon
Capitolo 25 Allyson
Capitolo 26 Damon
Capitolo 27 Allyson
Capitolo 28 Damon
Capitolo 29 Allyson
Capitolo 30 Allyson
Capitolo 31 Damon
Capitolo 32 Damon
Capitolo 33 Damon
Capitolo 34 Damon
Capitolo 35 Allyson
Capitolo 36 Allyson

Capitolo 16 Allyson

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By _StarFreedom_

Ascoltiamo i rumori che ci circondano,

senza ascoltare il più importante, quello del nostro cuore.

Kam guida in silenzio, anche se lo vedo continuare agitarsi sul sedile mentre attraversiamo le strade periferiche di una Boston che dorme, ignara di ciò che si possa nascondere dietro vie, palazzi o semplici aree desolate come quella dov'eravamo poc'anzi. Rivedere Joselyn e gli altri mi ha fatto salire la bile in gola. Mi scoccava qualche occhiataccia, incredula che fossi lì anche io. Come una stupida la credevo mia amica, ma in realtà è solo un'opportunista come il resto dei suoi squallidi amici. Guardo fuori dal finestrino il paesaggio che scorre indisturbato al nostro fianco.

«Tutto bene?», mi volto verso di lui che guarda ora me e ora la strada.

«Credevo non me l'avresti mai chiesto», commento con una nota di ironia. «Può andar bene se vedi chi ami mutare come un camaleonte?». Già, è proprio così. Damon, sul ring – qualsiasi esso fosse, una gabbia, un semplice suolo di cemento o uno scalcinato magazzino abbandonato – mutava il suo essere. I suoi occhi diventavano spiritati e velati dal nulla a mascherare le sue emozioni, perché in quel momento non ne aveva. Forse non pensava a nulla talmente puntava il suo obbiettivo. La velocità e la rabbia che trasudava dal suo corpo mentre i muscoli guizzavano a ogni colpo, ti facevano sussultare. Poi, come se qualcuno avesse spento un interruttore, l'incontro cessava con la sua vittoria e lui riprendeva contatto con la realtà. I lineamenti contratti si addolcivano, la maschera dietro la quale nascondeva la sua anima la lasciava a terra insieme al suo avversario.

«Chi erano quelli?», chiede Kam, facendomi trasalire dai pensieri.

«Vecchi amici di Damon. In realtà, non so se fra loro sia mai realmente esistita un'amicizia o se si siano sempre usati a vicenda», mormoro persa nei ricordi ancora vividi che mi legano a Medford.

«Non mi piacciono», dice aggrottando la fonte mentre ci immettiamo nella State Street, diretti al mio quartiere.

«Nemmeno a me», il solo pensiero che Dam debba averci ancora a che fare mi raggela il sangue nelle vene.

«Voglio che stai attenta», continua Kam posteggiando di fronte alla villetta di mio padre. La sua macchina è parcheggiata al solito posto.

«Tranquillo», lo rassicuro sporgendomi per baciarlo sulla guancia. Sorride e mi appresto a scendere. Quando raggiungo il portico ed entro chiudendomi la porta alle spalle, sento la sua macchina ripartire. Mi aspettavo che mi facesse il terzo grado su Damon, che mi domandasse come facessi a stare con lui. Mentre mi pongo questa domanda, sento una fitta alla bocca dello stomaco. Mi infilo nella mia camera in punta di piedi.

Mi privo dei vestiti e metto subito il pigiama. Siamo già a febbraio e anche se manca solo un mese a primavera fa ancora un freddo cane. Controllo il telefono, in tutto il tragitto fino a casa l'avrò preso fra le mani cento volte. Non trovo nessun messaggio e mi domando se sia vero che Damon rimaneva lì per Arnold. Conosco il suo sguardo, ormai, e credo che non mi abbia detto del tutto la verità. Non voglio fargli pressioni in questo momento, gli ho promesso che sarei stata al suo fianco.

Dopo ciò che mi ha confessato, non potrei fare altrimenti. Ha ragione, Sebastian va fermato e deve pagare per la morte di Cindy, la sua anima merita almeno questo.

Mi stendo sul letto, stringendomi alla coperta che porto fin sotto il mento. Sento ancora addosso l'adrenalina dell'incontro. La gente che urlava il suo nome, solo per vincere e intascare la loro scommessa. Trattengo il fiato, i miei occhi rivivono ogni suo gesto, quella rabbia che conosco troppo bene è tornata ad aggrapparsi alle sue spalle. «Solo tu puoi curarmi», mi ha confessato. Stringo le labbra per il peso di quelle parole che mi mozzano il fiato.

Ci siamo scontrati come due tempeste, le nostre vite troppo incasinate ci hanno inghiottito in un turbinio di conflitti che ci hanno creato più cicatrici di quante ne potessimo sopportare, eppure, eccomi qui ancora una volta al suo fianco. L'amore non ti fa scegliere, è lui che sceglie per te e a quel punto non hai più una via d'uscita.

Puoi anche scappare ma lui ti troverà, perché avrà sempre la chiave che apre tutte le porte che ti obblighi a chiudergli in faccia per non soffrire, per non arrenderti a quanto dolore possa portare un amore più grande di te.

Il ronzio del cellulare che vibra sul comodino mi fa sussultare, lo prendo tra le mani e un sorriso spontaneo affiora sulla bocca mentre gli occhi leggono il suo nome. Faccio scorrere il dito sul display e lo porto all'orecchio.

«Ehi...», sussurro mordicchiandomi l'unghia.

«Ti... ti ho svegliata?», chiede, ascolto il suo respiro pesante.

«Damon, tutto a posto?», domando allarmata.

«Sai bene che se ti dicessi di sì ti mentirei. E io, Al, non voglio più farlo», confessa, il cuore perde un battito anche se so perfettamente che ora non vuole darmi delle risposte.

«Va bene, allora non ti ripeterò la domanda. Cosa fai?», gli chiedo.

Sospira affranto.

«Sono il solito casinista. Mi sento di non essere cambiato affatto», ammette più a sé stesso che a me.

«Parli dell'incontro?», mormoro.

«Sì...», ammette facendo una pausa, prima di riprende a parlare. «Mi è bastato vedere Alec per risvegliare in me tutto... capisci? Avrei potuto continuare a picchiarlo senza smettere, se non fosse che lui mi serve. Sono malato. Cazzo, Al, sono malato!».

Sento gli occhi pizzicare, mi schiarisco la voce trattenendo le lacrime.

«Stai solo soffrendo, Dam, ti senti tradito da tutti e....», mi interrompe.

«Tranne che da te... da tutti tranne che da te», dice in un flebile sussurro con la voce così profonda che voltandomi nel letto lo trovo troppo grande solo per me. Mi mancano le sue braccia che mi hanno stretta per tutta la notte, il respiro che solleticava il mio collo e il profumo della sua pelle che ossigenava i miei polmoni.

«Sono la tua cura, ricordi?», esclamo trattenendo il fiato.

«E se io fossi la tua condanna?», una lacrima scivola veloce di lato attraversando la tempia, perdendosi sulla stoffa del cuscino.

«La sconterei fino al mio ultimo respiro», ribatto convinta che la mia vita non sarebbe tale se non portasse il suo nome. Potrò cadere mille volte, ma so che la sua mano sarà sempre lì, pronta a sollevarmi per rimettermi in piedi.

«Sei più pazza di me, Allyson Evans. Lo sai?».

Rido.

«Ho imparato dal migliore, Damon Sanders», schiocco la lingua contro il palato.

«Cazzo, come sei sexy quando pronunci il mio nome, piccola. Sai quanta fatica sto facendo in questo momento a trattenermi per non piombare a casa tua?», sento le guance avvampare e ringrazio che non possa vedermi.

«Domani ci vediamo?», chiedo nervosa per quella che sarà la sua risposta.

«Ti chiamo io, ora dormi», mi mordo le labbra delusa.

«Notte, Dam».

Ascolto per qualche secondo il silenzio dall'altro capo del telefono. Lo immagino steso sul suo letto, il braccio piegato, la mano sotto la testa e i suoi occhi inchiodati al soffitto.

«Ti amo», soffia prima di chiudere.

Porto il cellulare al petto e le palpebre si fanno pesanti; le batto un paio di volte prima che il sonno passi a prendermi per un altro viaggio tra ricordi e fantasia, che si mescolano insieme dando vita a una realtà parallela.

La sveglia mi trilla fastidiosamente nelle orecchie.

«Nooo», protesto mettendomi il cuscino sopra la testa. A tastoni, sbatto la mano sul comodino fino a farla cadere come di consuetudine per terra. Mi alzo arrancando fino al bagno della mia camera e mi appresto a fare una doccia veloce, ho bisogno di parlare con mio padre prima che esca. Non ci siamo visti molto in questi giorni, non sa nemmeno di Damon e glielo devo dire prima che lo scopra da solo. Infilo la felpa della Boston University sopra i jeans strappati sulle ginocchia, lego i capelli in una crocchia più accurata del solito e mi precipito in cucina, dove un profumino di pancake richiama il mio stomaco.

«Buongiorno, Ally», esclama mio padre alle prese con le padelle. Sollevo gli occhi al cielo per quel diminutivo che tanto mi ha fatto odiare Damon, per tutte le volte che ne scandiva ogni singola lettera.

«Buongiorno», dico a mia volta sedendomi su uno sgabello di fronte all'isola, al centro della cucina.

«Come stai?», chiede, poi prende un piatto per servirmi la colazione. Il mio sguardo scivola sul ripiano in marmo.

«Ho visto Damon», esclamo tutto d'un fiato senza incontrare i suoi occhi.

«Come sta?», domanda con noncuranza. Aggrotto la fronte perplessa.

«Hai sentito cosa ho detto?», ribatto.

«Certo. Lo sapevo che vi sareste visti», dice sedendosi di fronte a me con il suo piatto fumante fra le mani, dopo aver spinto il mio sotto il naso.

«Oh...», sono le uniche due lettere che riesco a pronunciare.

«Mi ha chiamato per dirmelo il giorno che è venuto a cercarti», spiega portandosi la forchetta alla bocca.

«Damon... il mi... ehm... Damon Sanders ti ha chiamato per dirtelo?», mi aveva detto di essere rimasto in contatto con mio padre, ma non credevo che gli avesse addirittura telefonato per dirgli che sarebbe tornato da me.

«Lo so che può sembrarti strano. Credimi, un padre non vorrebbe mai che la propria figlia frequentasse un ragazzo come lui, pieno di tatuaggi e con la passione nel mettersi costantemente nei guai», commenta, io non sono riuscita a toccare un solo boccone della mia colazione.

«Allora perché non sei arrabbiato?», chiedo sapendo quanto sia stato duro anche per lui vedermi rischiare di chiudermi un'altra volta in me stessa nelle prime settimane dove tutto attorno non aveva più un senso, un equilibrio e sentivo il suolo sotto i piedi sgretolarsi a ogni passo che tentavo di fare.

«Perché ho capito quanto tu sia importante per lui, Al. Ha rinunciato a te per non farti soffrire. So che non sei riuscita a capire che lui voleva solo proteggerti, ma è esattamente quello che ha fatto». È vero, non volevo credere alla scusa che doveva fare tutto da solo per mettere insieme i pezzi della sua vita. Non sopportavo l'idea di non essere con lui a stringergli la mano per dargli conforto; inoltre, la cosa peggiore era la sensazione di abbandono e di rifiuto che mi aveva cucito addosso senza saperlo.

Finisco la colazione senza proferire parola. Mio padre si alza mettendo il piatto dentro il lavello, poi si avvicina e mi bacia la testa.

«Sono dalla tua parte», sussurra con dolcezza allontanandosi. Per la prima volta sono felice che anche mio padre lo possa vedere con i miei stessi occhi e scoprire che Damon, sotto il suo sguardo truce e i colori che dipingono la sua pelle, nasconde un mondo nel quale solo io posso entrare.

Arrivo al campus appena in tempo.

Kam mi aspetta all'ingresso come ogni mattina.

«Mi si sta gelando il culo, Allyson, e sai bene che io...», scandisce puntandosi un dito contro.

«Non ho nessuno che possa riscaldarmi», scoppio a ridere e lo spintono per entrare. «Chaise non si arrende?», domando mentre attraversiamo il corridoio.

«No, credo che questa volta me la farà pagare con gli interessi».

Mi spiace vederlo ridotto in questo stato e non poter fare nulla per aiutarlo. Quando ci siamo conosciuti, lui e Chaise avevano appena rotto; ci siamo sostenuti a vicenda, spalla a spalla per non rischiare di cadere.

«Vedrai che tornerà», dico speranzosa e ci credo. Negli occhi di Kam vedo il riflesso dei miei quando si scontrano con quelli di Dam. Un amore così non conosce la parola fine. Mi stringe a lui cingendomi in vita.

«Lo spero o dovrai sopportare i miei scleri per molto tempo, principessa», commenta in tono scherzoso mentre ci accingiamo a entrare in classe. Controllo il telefono, notando che ancora Dam non si è fatto sentire; lo rimetto a posto delusa e mi trascino fino ai nostri soliti posti di fianco alle ampie vetrate che si affacciano sul lato est del campus.

«Pugnalami con una penna», mi implora Kam. Scuoto la testa soffocando una risata. «Dai, così posso andare in infermeria e non ascoltare le cazzate di quella psicopatica della Williams».

Gli do una gomitata sul fianco.

«Non puoi lasciarmi da sola, ricordi?», protesto scoccandogli un'occhiata.

Solleva le mani in segno di resa.

«Touché», sorride mentre tiriamo fuori i libri e il laptop per prendere appunti. Ci eravamo fatti una promessa, in una delle nostre serate all'insegna della sopravvivenza contro gli ex stronzi che ci avevano abbandonato. L'amicizia aveva perso valore per me dopo Joselyn, ma Kam in poco tempo mi aveva fatta ricredere e fidarmi di lui era stato più semplice di quanto potessi immaginare.

Quando usciamo, il sole è scomparso dietro alcune nuvole grigie, mi stringo nel capotto per ripararmi dall'aria gelida. «Ehi», dice Kam dandomi una leggera spinta che per poco non mi fa stramazzare a terra.

«Vuoi per caso uccidermi?», abbaio.

«Io no, ma uno così, mi ucciderebbe di sicuro», esclama indicando con il mento verso il parcheggio. Gli occhi seguono il suo gesto, Damon è poggiato alla sua Daytona; indossa un Jeans nero con sopra il suo chiodo di pelle preferito, gli occhiali da aviatore sono sollevati sulla fronte e i suoi occhi sono puntati su di me, mentre sbuffi di fumo escono dalla bocca.

«Non oso immaginare cosa si nasconda sotto quegli strati di vestiti», commenta Kam senza pudore.

«Piantala», lo rimprovero.

«Forza, vai, ti sta aspettando, terrò per me le mie fantasie», aggiunge.

«È per questo che Chaise ti fa penare e fa bene», rispondo facendogli la linguaccia e scendo veloce i gradini per raggiungerlo. «Non ti aspettavo», esclamo quando gli sono vicina.

Abbozza un sorriso sbieco che gli crea una fossetta all'angolo sinistro della bocca.

«Per questo si chiamano sorprese», puntualizza gettando il mozzicone della sigaretta a terra.

«Allyson?», mi volto e vedo Colton raggiungermi. «Allora, facciamo alle cinque come sempre?», chiede.

Sento la lingua di Damon schioccare contro il palato e mi volto; ha la mascella contratta, gli occhi ridotti a due fessure che scrutano con attenzione il ragazzo di fronte a noi.

«C-certo», balbetto.

«Non credo!», ribatte Dam.

«Damon... lui è un mio compagno di corso, è....».

Colton squadra Dam da capo a piedi.

«Non me ne fotte un cazzo di chi è!», sentenzia.

«Amico, stai calmo», esclama Colton per nulla intimorito.

«Amico?», ride Dam inforcando i suoi occhiali e incastrandoli nel collo della maglietta bianca. «Non mi sembra che siamo amici. Amico», rimarca facendo un passo avanti e cingendomi in vita.

«È il tuo ragazzo?», chiede Colton indicandolo.

«Qualcosa in contrario?».

Il cuore mi sale in gola mentre le sue dita, malgrado il cappotto, affondano nel mio fianco.

«Niente in contrario. Allyson, facci sapere solo se verrai», dice allontanandosi.

«Non verrà, ti ho già risposto io!», urla Damon contro le sue spalle seguendolo con uno sguardo assassino.

«È solo un compagno di corso, studiamo insieme con altri tutti i martedì», spiego staccandomi dal suo abbraccio.

Si rabbuia.

«Dovrai trovarti un altro gruppo di studi, Al», esclama aprendo la portiera dell'auto per farmi salire. Incrocio le braccia al petto.

«Sai di essere ridicolo?», commento indispettita.

«Sai che quello...», indica Colton ormai lontano, «vuole solo infilarsi nelle tue mutandine?».

Sollevo gli occhi al cielo.

«Ma cosa stai farfugliando?».

Damon sbuffa impaziente, con le mani poggiate sui fianchi e lo sguardo perso a terra.

«Proprio non lo capisci, vero?», sibila.

«Cosa?», chiedo.

«Che non posso rischiare di perderti», confessa, scoccandomi un'occhiata che risale dalla punta delle scarpe fino al mio volto ormai in fiamme.

«I-io...», tento di dire.

Le sue mani mi attirano a lui e mi spinge contro la portiera che si richiude, mossa dai miei passi che indietreggiano. «Sei tutto ciò che ho, anche se non ti merito...», mormora sfiorandomi il labbro con il pollice. Guardo il suo pomo d'Adamo salire e scendere. «Solo l'idea che qualcuno ti possa stare così vicino da sentire il tuo profumo, mi fa impazzire. Sai quanto sia difficile saperti in un campus che non sia il mio? Con tutti quei ragazzi che potrebbero regalarti una vita migliore della mia?», il suo sguardo è smarrito e sofferente mentre pronuncia a fatica quelle parole.

«Nessuno potrebbe regalarmi una vita migliore della tua, perché in quella vita non ci saresti tu, Dam», dico afferrando il suo viso tra le mani. Mi sporgo e sfioro le sue labbra con le mie, lo sento sospirare di piacere. La sua lingua calda scivola alla ricerca della mia. È un bacio che dissolve tutte le incertezze e ci travolge nella passione che solo i nostri corpi uniti riescono a far esplodere, distruggendo tutto il marcio che vuole ancora impadronirsi di noi.

«Stai con me», supplica. Sorrido contro la sua bocca. «Te lo sto chiedendo, Al. Non te l'ho mai detto...», spiega senza fiato poggiando la fronte contro la mia. «Vuoi far parte della mia vita?».

Ricaccio indietro le lacrime per quelle parole che il mio cuore ha atteso per troppo tempo.

«Credevo di farne già parte, Sanders», rispondo con la voce che trema tradendo la mia emozione.

«Evans, non tirare troppo la corda...», soffia mordendomi il labbro inferiore che risucchia nella sua bocca strappandomi un gemito. «Lo sai che non sono noto per il mio romanticismo».

«Però ti dona questo tuo nuovo lato», gli faccio notare ridendo.

La sua bocca si sposta verso il mio orecchio.

«Sto ancora aspettando», sussurra.

«Sì, Sanders. Sì, Damon Sanders», quasi urlo.

Mi solleva di peso, intreccio le gambe dietro la sua schiena e inizia a girare su sé stesso come una trottola; guardo il suo viso rilassato, raggiante mi sorride come non aveva mai fatto.

«Grazie», mormoro aggrappandomi al suo collo.

Mi posa a terra con dolcezza.

«Per cosa?», chiede perplesso.

«Per aver deciso per entrambi. Ora capisco perché lo hai fatto. Sono fiera di te».

Trattiene le labbra in una morsa.

«Basta con i sentimentalismi. Ci stiamo congelando, cazzo. Andiamo, tiporto a pranzo», esclama aprendomi la portiera. Salgo e mi siedo. «Se raccontia qualcuno di questo mio lato romantico, mi toccherà sculacciarti, Evans. Eguarda che non scherzo, quindi non mettermi alla prova», dice con voce rocastampandomi un bacio e strizzandomi l'occhio, poco prima di richiudere laportiera.

SPAZIO XOXO

Damon e il suo lato romantico, quanto vi piace?

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