Ogni alba rimasta (Ex ANCHE O...

By noemiquill

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QUESTO LIBRO CONTIENE: -I primi 10 capitoli del primo volume della trilogia, ovvero Ogni alba rimasta -L'inte... More

AVVISO
Capitolo zero - IMPORTANTE
Prologo
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
IMPORTANTISSIMO
Challenge
AAA CERCASI DIEGO DISPERATAMENTE
AAA CERCASI ENOLA DISPERATAMENTE
La mia scelta
Secondo libro - Ogni bacio negato
Capitolo centoventitre
Capitolo centoventiquattro
Capitolo centoventicinque
Capitolo centoventisei
Capitolo centoventisette
Capitolo centoventotto
Capitolo centoventinove
Capitolo centotrenta
Capitolo centotrentuno

Capitolo centoventidue

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By noemiquill

Enola

Controllai il rossetto nello specchietto retrovisore. Applicai il correttore una terza volta visto che i precedenti tentativi di coprire le occhiaie e gli occhi venati di rosso si erano rivelati inutili. Applicai con cura il mascara e diedi un'ulteriore passata di rossetto. Ero in ansia e per un attimo provai l'impellente desiderio di mettere in moto ed andarmene. La notte fonda faceva da padrona e, sebbene mi trovassi in una zona centrale, non vi era anima viva per le strade. Forse avevo indossato un abito troppo corto, ma era il primo che avevo trovato nell'armadio e non avevo abbastanza lucidità mentale per scovare qualcosa di meno provocante, di più opportuno.

I miei ultimi giorni si stavano traducendo in un supplizio. Enea non mi avrebbe lasciato andare, non aveva pietà. Torturarmi dal giorno del giuramento era diventato il suo passatempo preferito. Saltava fuori ogni tanto, come un fungo velenoso dopo un temporale. Il povero boscaiolo, una volta salvatosi dalla pioggia incessante rifugiandosi sotto le fronde di una quercia secolare, raccoglieva ai piedi di essa quello che sembrava un tartufo prelibato. Una volta tornato nella sua dimora che sapeva di legno e muschio, metteva sul fuoco una bella pentola in cui cuocere il tartufo. Il boscaiolo moriva, dopo una lunga agonia. Il fungo era tossico.

Nella busta di Enea c'era una chiave. Raggiunsi il più in fretta possibile il portone di un palazzo e lo aprii con quel pezzo di ferro. Finsi di non sentire i complimenti di alcuni ubriaconi che ciondolavano lungo la strada alle mie spalle, avevano più alcol che buon senso in circolo.

Salii le scale lentamente, con il cuore in gola e prossima alle lacrime.

Interno 15.

Citofonai.

Sentii i suoi passi dietro la porta, sempre più vicini. Uno scatto e la serratura cedette.

«Mia regina.»

«Enea.» balbettai.

Mi prese per mano e mi attirò dentro l'appartamento avvolto nell'oscurità. La luce dei palazzi e delle stelle rischiarava a giorno alcune zone di quell'immobile spoglio. Un astro si innamorò dei tratti meschini di Enea e li illuminò rivelandoli anche a me.

Mi guardava enigmatico. Mentre io ero attanagliata dal terrore, Enea si diresse verso la porta blindata, la chiuse e mise in tasca la chiave.

«Non puoi scappare.» mi avvisò.

«Cosa vuoi Enea?» chiesi titubante.

Si avvicinò e mi accarezzò una gota con le sue mani bollenti.

«Voglio tante cose. Sarebbe bene andare con ordine... come prima cosa, Enola, desidererei presentarti...Enola.»

Enea allargò le braccia come a volermi presentare quell'appartamento in cui ci trovavamo.

«Chi?» chiesi.

«Voglio presentarti Enola. È il nome che ho dato a questo immobile. È una carogna come te. È stato visto da almeno trenta potenziali acquirenti, ma per un motivo o per un altro nessuna trattativa è stata mai conclusa. Si innamorano tutti di questo locale, ma spunta sempre fuori un imprevisto per il quale non riesco a sbarazzarmene.»

Era davvero un bell'appartamento. Il soffitto alto, esposto a Sud, dotato di un ampio terrazzo, l'ingresso era ovale, incorniciato da colonne ioniche in gesso. Un vero gioiello.

«Questo appartamento è in mano alla mia agenzia da nove anni. Gli ho dato il tuo nome dopo il diciannovesimo rifiuto. Nessuno lo vuole. È stato il primo immobile di cui mi sono occupato non appena ho iniziato a lavorare. È maledetto. È la mia maledizione.»

Diego si avvicinò a me, le mani in tasca e un labbro nella morsa dei suoi denti bianchissimi.

«Tu, sei la mia maledizione.» Disse.

Diego

Enola era immobile, nervosa. Aveva un'espressione di disagio stampata in volto.

«Perché mi hai portato qui?» domandò.

«Voglio parlare con te, essere sincero, non nascondermi più dietro insulti o parole utili solo a farti male.»

Enola fece un passo indietro e scosse la testa.

«No, Diego. Non voglio ascoltare una sola parola. Arrivi sempre in ritardo e speri che la tua superficialità non abbia conseguenze. Non funziona così, non esisti solo tu al mondo e soprattutto le persone non sono bambole di pezza. Io non sono una bambola di pezza.»

Mi avvicinai e lei indietreggiò ancora.

«Allora perché sei qui stasera?» la stuzzicai.

«Per dirti addio.» sentenziò con poca decisione.

«Ne sei sicura?»

«Sì.»

«Hai fatto un giuramento, Enola. Io lo sto rispettando, tu no. Stai scappando.»

Enola abbassò la testa e deglutì. Colsi l'occasione al balzo.

«Mi sono comportato come uno sprovveduto. Sono stato insensibile, egoista, ho ignorato le tue volontà e calpestato le tue suppliche. Tuttavia voglio che mi ascolti.»

Enola incrociò le braccia al petto e mi fece cenno con la testa di parlare.

Presi un respiro e mi abbandonai all'ignoto.

«Ho mentito. Ho mentito per anni. Le bugie sono diventate la mia seconda pelle, una pelle irritata, che mi ha dato solo prurito e orticaria. Ho detto che mi piacevi. È una bugia, o meglio, una mezza verità.»

Enola non si mosse.

I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei. Rocce mai erose contro alta marea.

«Ti ho sempre amato Enola. L'armonia tra noi era pura utopia, ma ho amato anche il mondo distopico in cui mi ha trascinato. Sei stato il grande amore della mia vita, l'unico. L'unico grande amore della mia vita e, sebbene io abbia ancora molto tempo a disposizione per scovarne un altro, altri due, altri cento, tu rimarrai tale. La mia è una certezza. Non sbaglio su queste cose, non commetto errori quando a parlare sono il mio cuore e la mia testardaggine messe assieme. Sei tu, l'unica. Oggi abbiamo due vite diverse, incompatibili. Asia è la mia fidanzata, il mio futuro, la sposerò, avremo dei figli, ma voglio che tu sappia che dal momento in cui ti ho conosciuto non è passato un solo istante in cui io non ti abbia immaginato accanto a me. Ti ho amato Enola, così tanto da perdermi. Ti ho amato dal primo istante in cui ti ho visto e ti sei presentata con il tuo stupido nome. Le cose sono cambiate, noi siamo cambiati e soprattutto sono cambiati i nostri sentimenti. Io non ti amo più, tu non ami più me, ma non riesco a starti lontano. Ti ho amato, ti ho desiderato, spogliato con gli occhi, accarezzato l'anima, assaggiato i tuoi pensieri, quelli amari come il fiele e quelli dolci come lo zucchero filato che non hai mai imparato a mangiare decentemente. Quando ti vedevo con il volto sporco di quella delizia volevo baciare i tuoi tratti che per un momento sembravano meno austeri e algidi, e leccare le tue gote appiccicose, e pulirle, e bagnarle con la mia saliva, e sporcarle di me. Volevo succhiare le tue dita, sentire sulla lingua il lieve calore che esse sprigionavano... non ritenere i miei pensieri inopportuni, per favore... Desideravo solo sapere se più buono di te e dello zucchero filato assieme potesse esistere qualcos'altro. Enola, dietro ogni scherzo, dietro ogni litigio c'era la voglia di farti mia. Questo sei. Io sono tuo, tu sei mia. Non contano le persone che sono passate per i nostri letti, per il nostro cuore. Noi ci apparteniamo nonostante siano rimasti solo brandelli di quello che eravamo e saremmo potuti essere. Io sono tuo Enola. Tu sei mia. E io...»

'Io ti a... '

«...e io ti ho amato.»

Le iridi di Enola, in cui si specchiavano le poche stelle di una Roma sempre più metropoli e sempre meno impero, tremolarono.

Buttò fuori l'aria che i suoi polmoni avevano trattenuto per troppi secondi.

«Perché me lo stai dicendo ora?» chiese a bassa voce, come se avesse timore della mia risposta.

«Per tanti motivi.»

Andai a sdraiarmi a terra, dinanzi ad una finestra, incrociai le braccia sopra la testa e fissai i palazzi illuminati che si scorgevano oltre quegli infissi nuovi di zecca.

Enola esitò. Dopo quella dichiarazione non sapeva quanto fosse raccomandabile sdraiarsi accanto a me.

«Puoi venire qui, non ti toccherò con un solo dito. Abbiamo detto che non ci saremmo più provocati e intendo essere di parola, siamo adulti e sappiamo i rischi che corriamo.» la rassicurai.

Enola si sdraiò accanto a me rigida come una mummia e portò le mani al petto.

«Sembri Tutankhamon.» la presi in giro.

«Preferisco Nefertiti.» ribattè sorridendo.

«Vorrei sapere i motivi per cui me lo stai dicendo ora... per favore.»

Un'Enola timida si materializzò in tutto il suo splendore, il buio copriva il suo volto che ero certo fosse paonazzo.

«Non riuscivo più a sopportare il peso di quella bugia. Meritavi di conoscere la verità prima che fosse stato troppo tardi, tu sei stata coraggiosa e sincera quando sei piombata a casa mia giorni fa, non volevo essere da meno. E poi dovevo farmi perdonare per come mi sono comportato ieri mattina.»

Mi spostai per cercare una posizione più comoda e involontariamente sfiorai la pelle nuda della sua gamba.

Enola sussultò.

«Scusa, non l'ho fatto apposta.»

Scosse la testa suggerendo di non preoccuparmi.

«Perché ti sei comportato così? Quelle parole mi hanno fatto soffrire.» disse.

Aveva lo sguardo stanco ma curioso.

«Non tollero che Salvatore abbia preso il mio posto, che sia diventato lui il tuo porto sicuro. È il mio ruolo. Ci siamo sempre stati l'uno per l'altra, oltre i litigi e gli insulti ci siamo sempre coperti le spalle a vicenda. Non voglio che tu veda in lui qualcosa che ero io e che voglio ancora essere. Lo ricordi, Enola? Dimmi di sì...»

Ci guardammo e leggemmo le nostre anime, riga per riga, parola per parola. Il frutto di quella lettura disperata e dannata fu uno, lo dicemmo all'unisono, lo recitammo come in un'opera teatrale. Quella preghiera echeggiò nell'appartamento vuoto, morto da nove anni e vivo per un istante solo grazie a noi due.

«E già la prima Aurora cospargeva le terre di nuova luce,

abbandonando il croceo giaciglio di Titone.

La regina, non appena vide biancheggiare la luce dall'alto

e avanzare la flotta con le vele allineate,

e si accorse che le coste e i porti erano vuoti

senza la ciurma, battutasi tre e quattro volte il bel petto

con la mano e strappandosi le bionde chiome, disse: "Per Giove,

questo straniero se ne andrà e si prenderà gioco dei nostri regni?»

Enola mi prese la mano e pronunciammo il giuramento.

«Io ti giuro che mai sarò Enea, ti giuro che mai Didone morirà.»

Ricordate il primo capitolo? L'appartamento che Diego non riusciva a vendere? Eccolo qui! Il cerchio piano piano si chiude e tutti i nodi vengono al pettine.

Enea è un personaggio mitologico dell'Eneide che si innamorò di Didone, la regina di Cartagine. Enea abbandonò Didone per volere degli dei e la regina si suicidò a seguito di quel tradimento, di quell'abbandono, in quanto anch'ella perdutamente innamorata.

Enea non è solo Diego, Enea è anche Enola. Didone non è solo Enola, Didone è anche Diego.

Nessuno dei due protagonisti vuole essere Enea perché significherebbe abbandonare la persona amata, lasciarla sola ai propri tormenti. Enola e Diego hanno promesso anni prima di proteggersi a vicenda, lo hanno giurato. Nel prossimo capitolo un flashback vi porterà al momento i cui hanno dato vita a questo vincolo.

Vi consiglio di leggere la storia di Didone ed Enea, per i temerari e gli inguaribili romantici di leggere proprio la parafrasi dei versi dell'Eneide di cui sopra ho riportato l'inizio. La morte e la maledizione di Didone è una delle cose più belle che io abbia mai letto.

Bene, dopo essermi spacciata per una fallita professoressa di italiano, vado a mangiare. Tanto amore dienoloso per voi.

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