Con te, era solo l'inizio

By CreativeSabri

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NAOMI
➵ 9 ottobre.
Avete presente quel momento in cui vi rendete conto di non aver dato il massimo e di star solo perdendo tempo?
Ecco, anche se non è facile bisogna riprendere in mano la propria vita per riuscire effettivamente a viverla come vogliamo.
Io non lo stavo facendo e mi sono resa conto di tutto ma sinceramente mi andava bene così, ormai mi ero abituata. Pensavo di non meritarmi di meglio.
Fino a quando non ho capito che solo chi vive sul serio, avrà una vita piena di ricordi.

Sono in viaggio su un autobus con una ventina di ragazzi della mia classe di cui mi importa a mala pena.
Non sono una gran chiacchierona, infatti, dopo essermi sistemata su uno dei primi sedili, ho preso le mie cuffiette e il mio quaderno dove scrivo e mi sono isolata da tutti.Siamo in viaggio verso l'inferno da qualche ora, detto anche Orangewood Forest.
Ad un certo punto, si è messa seduta al mio fianco Kylie. È una brava ragazza per quanto ho potuto osservare in aula, ha degli occhiali scuri da vista e una frangia un po' troppo lunga color mogano. Mentre sono persa nelle mie parole, sento che mi tocca una spalla per attirare la mia attenzione.
Mi tolgo una cuffietta e la guardo.
Le cuffiette sono collegate al cellulare anche se non ho selezionato nessuna musica, serviva solo per far capire agli altri che non ero affatto contenta di essere lì e che volevo essere lasciata in pace.
Questo però Kylie non l'ha recepito.
«Dimmi» dico.
«Volevo chiederti se hai già deciso chi sarà la tua vicina di tenda» dice mettendosi a posto gli occhiali sul naso.
Non sono mai stata una ragazza con molte amiche. La mia migliore amica si chiama Kimberlee e abita nel mio stesso palazzo, ci conosciamo da tutta la vita e siamo cresciute insieme.
Per me è normale averla intorno ma quando si tratta di fare nuove amicizie, non riesco facilmente.
Durante questi giorni ho promesso a mio padre di impegnarmi e tirare fuori quel carattere che tengo chiuso dentro di me per la maggior parte del tempo e che riesco ad esprimere solo con poche persone.
«No e tu?» chiedo.
«No se ti va possiamo fare coppia» dice.
Non so cosa ci trovi in me, ma sono contenta che sia venuta qui a parlarmi.
In questa gita dobbiamo scegliere ognuno una persona di riferimento con cui fare coppia per tutta la permanenza nella foresta.
Così se ci dovessero essere dei problemi almeno ci sarebbe l'altro ad aiutarci.
Quando sei settimane fa, il professore Henzberg aveva proposto questa escursione, esaltando le qualità della natura, mi era scappata una piccola risata.
Io e la natura siamo due mondi diversi e opposti.
Una volta mi ha morso un ragno e mi è venuto fuori un bozzolo enorme che mi ha fatto male per giorni.
Se tutti i ragni del mondo si alleassero, potrebbero distruggere la razza umana in un paio d'ore, ne sono certa!
Non ero affatto contenta di questa gita, ma mio padre mi ha dato un ultimatum che non potevo non accettare.
«Certo» dico.
Dopotutto ho bisogno di un'amica se un ragno dovesse attaccarmi.
Dopo due ore su questo autobus ancora non siamo arrivati.
Certo, se non ci fossimo fermati ad ogni autogrill saremmo già arrivati.
Che diamine di vescica hanno i miei compagni? Quella dei criceti?
Vicino a me, Kylie sta dormendo con gli occhiali da vista in mezzo ad un libro sulle sue gambe con la bocca semiaperta.
«Ragazzi, finalmente alla vostra sinistra potete ammirare la foresta di Orangewood» dice il professore Henzberg e tutti si accalcano dai finestrini per guardare.
Aggrotto la fronte leggermente turbata.
Sono solo dei fottuti alberi!
«Ci aiuterà lei ad aprire le tende professore?» chiede Elizabeth.
Io non dovrei essere qui perché non mi piace la natura, ma Elizabeth?
Lei è una di quelle ragazze che va dal parrucchiere ogni settimana, una volta ha portato la piastra a scuola per mettersi a posto i capelli prima della foto di classe.
Cosa diamine ci fa qui?
«No, vi ho inviato un video la settimana scorsa per imparare a farlo da soli» dichiara il professore.
Io ovviamente non l'ho visto perché pensavo che non sarei stata qui.
«Ma se abbiamo bisogno di un aiuto..» inizia a dire Elizabeth guardando in maniera strana il professore.«Vi vengo a dare una mano» afferma lui con un sorriso mite ed io corrugo la fronte, stringendo gli occhi in due fessure.
Adesso capisco perché è qui.
Quando l'autobus si ferma, inizio a radunare le mie cose.
«Prendete tutto ragazzi» urla il professore, facendo svegliare di botto Kylie che stava ancora dormendo.«Siamo arrivati?» mi domanda mezza assonnata, chiudendosi la giacchetta con il pelo e rimettendosi gli occhiali sul naso.
«Si» dico prendendo lo zaino vicino ai miei piedi e infilandoci dentro il mio quaderno.
In qualche minuto siamo usciti tutti dall'autobus, radunando ognuno il proprio bagaglio.
Con profondo imbarazzo, mi rendo conto che il mio è uno dei più grandi.Kimberlee ha insistito per fare la valigia con me, infilandomi dentro un sacco di cose inutili.
Come ad esempio biancheria intima sexy che non ho mai usato, avevo paura persino a metterla tra la roba da lavare in lavatrice.
Davanti al sentiero da intraprendere il professore inizia a elencarci tutte le regole che dovremmo rispettare per i prossimi dieci giorni.
«Non dovete uscire dalla zona del campo, la foresta è molto grande» dichiara.
L'assistente del professore, Franklyn, ci consegna ad ognuno una mappa della zona con particolare riferimento a dove noi saremo accampati.
Dal disegno sembrano esserci anche dei bagni comuni, che gioia!
«Frank circonderà il campo con il filo rosso in modo che non ci siano dubbi» afferma il professore.
«Oltre il filo si può andare solo con me o con Franklyn» rettifica ancora il professore.
La foresta intorno a noi è immensa e piena di alberi altissimi che rendono il posto tutto uguale, l'odore di terra e foglie è intenso e ti penetra nel naso.
Con il mio senso d'orientamento mal andato, non rischierei ad andare oltre l'aria sicura.
«Eccoci arrivati» afferma il professore appena arriviamo in uno spazio senza alberi con l'erba più giallastra.
«Accampiamoci» dichiara battendo una volta le mani.Tutti si iniziano a togliere gli zaini e a montare le tende, uno vicino all'altro mentre io cerco un punto dove posso stare tranquilla.
Vedo Kylie sorridermi a qualche metro e venirmi incontro.
«Ottimo posto» dice.
Mi accuccio e tolgo dallo zaino la tenda con tutti i suoi pezzi strani e indefiniti.
Non ho mai montato una tenda.
Forse dovevo ascoltare mio padre e lasciare che mi mostrasse come si montava prima che partissi.
Kylie si avvicina a me, tirandosi su gli occhiali che le cadono costantemente sul naso prima di appoggiarsi le mani sui fianchi.
Mi giro per vedere com'è messa e noto che la sua tenda è già pronta.
La guardo stupefatta, aggrottando la fronte.
«È una di quelle automatiche» mi spiega scrollando le spalle.Inclino la tenda, guardando i miei pezzi di metallo senza forma.
«Se vuoi ti aiuto» dice allegra.
Prende in mano alcuni paletti e li inizia a incastrare gli uni con gli altri con una maestria assurda.
«Prendi il telo» ordina ed io lo tiro fuori dal bagaglio a mano.
«Grazie» dico sincera.
L'ultima cosa che avrei voluto è chiedere aiuto al professor Henzberg, non mi trasmette buone vibrazioni.
«Figurati» dice con un sorriso caloroso.
«Prima ti ho visto leggere un libro, di cosa trattava?» chiedo per cercare di fare conversazione.
Mio padre, per rendere questa gita ancora di più una tortura, mi ha vietato di portare qualsiasi libro ma in compenso ho il mio quaderno per scrivere.
«Adoro i thriller» afferma.Kimberlee andrebbe molto d'accordo con Kylie, anche lei adora i misteri. Ma non è esattamente il mio genere.
«Anche tu leggi?» mi chiede tirando su due pezzi di metallo.
Ora la tenda ha già una forma più definita.
«Sì, principalmente storie d'amore ma mi piace anche scriverle» ammetto un po' imbarazzata.
Ogni volta che lo dico ad alta voce mi sento una stupida, ma dietro una storia d'amore c'è molto, attimi di dolcezza ma anche di dolore per non parlare della costante suspence che sa creare a volte la scrittrice, non sempre è così lineare come si può pensare.
«Fatto» dice tirandosi in piedi.
La tenda è alta circa un metro e sembra molto più solida di quanto avrei pensato.
«Grazie ancora, se la dovevo montare da sola ci avrei messo due ore» dico con certezza.
«Andiamo a vedere se dobbiamo aiutare» dice Kylie indicando il centro del campo con la testa.
«Per fare cosa?» chiedo infilando lo zaino e la valigia dentro la tenda.
«Per mangiare entro stasera, dobbiamo fare il fuoco» dichiara elettrizzata.
Guardandomi intorno noto vari pezzi di rami al centro del campo portati da altri miei compagni e lascio andare un lungo respiro.
Ecco la parte che temevo di più.
Il cibo da campeggio.

LOGAN
Esco di soppiatto dalla mia stanza e scendo le scale evitando le assi del parquet che scricchiolano.
Non vado verso la porta principale perché probabilmente mia madre ha già inserito l'allarme. Ma ho staccato l'allarme dalla porta che dà sul retro qualche mese fa.
Per ora sembra non essersene ancora accorta.
Faccio il giro della casa fino ad arrivare sul davanti.
Vivere in mezzo ad un bosco ha i suoi pro e contro.
Un contro è assolutamente il fatto che c'è un silenzio di tomba di notte e quindi se voglio uscire di nascosto, devo spingere la moto per una decina di metri per non svegliare accidentalmente mia madre quando la accendo.
Quando vedo che il sentiero che da verso casa mia è abbastanza lontano, mi isso sul sellino e giro la chiave.
Accelero e mi inserisco nella strada principale.
Ho quasi sedici anni e mia madre non mi fa ancora uscire quando cazzo mi pare.
Vado dritto all'Amber, locale dove di solito mi vedo con gli amici e trovo sempre qualche ragazza carina e disponibile.
Saluto Smith, il buttafuori all'entrata, è il fratello di un mio amico e anche se non ho l'età per bere quando vengo sborso sempre un bel po' di soldi, di conseguenza, mi fa entrare volentieri.
Mi districo con passo sicuro tra i tavoli, adocchiando qualche ragazza nel tragitto fino al lungo bancone del bar dove c'è James che sorseggia probabilmente una vodka e cola.
Gli do una pacca sulla spalla attirando la sua attenzione.
Lui si gira e mi sorride a labbra strette.
«Ehi amico» dico stringendogli la mano.
«Logan, era ora che arrivassi!» esclama.
«Sono già al secondo drink» dice tirando su il bicchiere e noto che ha già gli occhi mezzi chiusi segno che è già andato.
Scrollo le spalle, passandomi una mano tra i capelli spettinati.
Mi siedo vicino a lui, alzando un dito per attirare l'attenzione del barista.
«Mia madre è andata a dormire più tardi stasera» dico, lasciando andare un sospiro.
Ha controllato fino a tardi dei bilanci di costi e ricavi dell'ultimo trimestre.
Mio nonno da quando è andato in pensione le ha lasciato un'impresa pubblicitaria molto importante da gestire e lavora ogni giorno di più negli ultimi mesi.
«Sai cosa ho sentito?» mi sussurra.
Non appena arriva il barista, ordino un bicchierino di rum con doppio ghiaccio.
«Cosa?» chiedo una volta che il tizio è andato a preparare il mio drink.
Lui avvicina la testa alla mia, ridacchiando leggermente.
«Daisy è incinta e tu ci sei stato a letto» dice divertito.
Io invece non lo sono affatto, anzi divento immediatamente serio.
«Di quanto è incinta?» chiedo, sentendo un brivido passarmi lungo la schiena.
Lui scrolla le spalle, pensandoci.
«Credo due mesi» dice finendo il suo drink.
Appena il barista mi appoggia davanti il mio bicchierino, gli sorrido e lo finisco in un colpo solo, sbattendolo poi sul bancone.
«Fanculo fratello, me la sono scopata all'inizio dell'estate più di tre mesi fa» dico dandogli un pugno sul braccio.
Anche se indosso sempre il preservativo quando faccio sesso, certe volte si può sempre sbagliare e possono capitare degli incidenti.
Ma per fortuna non è capitato, me ne avrebbe parlato se fossi stato il padre!
«Allora festeggiamo» dichiara ordinando un altro drink. Quando lo finisce, ci avviciniamo alla pista da ballo.
Tra una ragazza e l'altra, lancio un'occhiata al mio orologio da polso.
Sono già le due di notte passate.
Lascio perdere la brunetta con cui sto ballando, liquidandola con un occhiolino e vado a cercare James tra la folla.
Se lo lascio da solo per tanto tempo, c'è una buona probabilità che finisce in bagno a vomitare l'anima.
Ha una soglia di sopportazione dell'alcol minima; eppure, beve tantissimo.
Io ho bevuto solo un bicchierino e sto bene.
Lo trovo vicino al bagno attaccato alla bocca di una biondina che da quello che vedo non è niente male.
«James» dico attirando la sua attenzione, toccandogli una spalla con il dorso della mano.
Lui si stacca dalla ragazza e mi guarda con gli occhi socchiusi e un po' rossi, i suoi capelli scuri sono disordinati come se ci avesse passato le mani un centinaio di volte.
«Che vuoi?».
La ragazza sposta lo sguardo su di me e ridacchia, squadrandomi per poi mordendosi il labbro inferiore maliziosa.
«Io vado» dico, indicando con la testa l'uscita.
Lui gira il viso e guarda di nuovo la sua nuova amica.«Mi aspetti dolcezza? Mi faccio una sigaretta con il mio amico e arrivo» dice James attorcigliandosi una ciocca dei suoi capelli al dito.
«Forse sì o forse no» dice lei togliendosi dalle sue braccia e infilandosi nel bagno delle femmine.
«Dimmi che non l'hai rimorchiata mentre eravate in coda per il bagno» dichiaro facendo una smorfia.
«Sei un guasta feste, Morin» dice alzando gli occhi al cielo.Mi avvicino alla porta, salutando Smith all'entrata con un cenno.
Tra tre fottute ore, mi devo preparare per andare a correre.
Ho detto a Matt che non gli avrei dato buca un'altra volta ma come al solito ho fatto tardi.
Arrivati davanti alla mia moto, lascio andare un sospiro prendendo il mio pacchetto di sigarette dalla giacca.
Ne tiro fuori una passandola al mio amico.James si appoggia al muro e tirando fuori l'accendino dai jeans rovinati, se la accende, aspirando un lungo tiro subito dopo.
«Quando ti deciderai a comprarti un pacchetto tutto tuo?» domando prendendo al volo l'accendino che mi passa per accendere la mia sigaretta.
«Credo mai» afferma.Lascio andare uno sbuffo, scuotendo la testa.
Che scroccone.
«Sono meglio le Chesterfield» dice sputando per terra.
«Te le compri la prossima volta» dico puntandogli un dito contro, aspirando un tiro con l'altra mano.
Io preferisco le Marlboro.
«Credo che tornerò da quella ragazza» dice finendo la sua sigaretta.
«Fammi sapere se te la dà».
«Perché?» chiede aggrottando la fronte.
«Se la rincontro gli do volentieri una passata» affermo sorridendo giocoso.
Fa una smorfia, mentre io ridacchio.
Quando lo vedo rientrare, butto il mozzicone a terra e salgo sulla moto.
Metto il casco e sgommo via.
Appena entro in casa, sento il massimo silenzio ormai sono le tre passate del mattino.
Mi avvicino alle scale ma una luce fioca proveniente dalla cucina mi fa girare la testa a destra.
C'è mia madre seduta su una delle sedie alte dell'isola che mi guarda.
Ingoio la saliva, aspettando che mi dica qualcosa.
Sono sicuro che non me la farà passare liscia.
«Dove sei stato?» chiede neutra.
«All'Amber con James» dico a testa alta, senza farmi problemi.
A mia madre James non piace per nulla. L'ho conosciuto l'estate scorsa quando ho fatto il bagnino nella piscina che dista venti minuti da casa mia. Siamo diventati amici subito e anche a mia madre piaceva all'inizio, poi quando ha saputo chi sono i suoi genitori e che ha abbandonato la scuola, ha cambiato totalmente opinione.
Lei scuote la testa, spostando lo sguardo da me al bicchiere di vino rosso che ha a fianco.
«Sento la puzza di fumo da qui» afferma.
Ispiro dal naso, irrigidendo la mascella.
Mi giro con tutta l'intenzione di salire le scale e andarmene in camera, ma lei mi fa fermare di botto.
«Non mi piace che mi nascondi le cose» dice.
«Tuo padre non avrebbe voluto questo» dichiara con una punta di sofferenza.
Le sue parole mi colpiscono come un pugno.
Mi rigiro verso di lei con occhi invasi dalla rabbia.
Se solo sapesse che la prima sigaretta che ho fumato me l'ha data proprio lui, ma dato che Donovan Morin per i suoi occhi era il padre migliore del mondo non glielo dico.
Me lo ricordo ancora quando un giorno, a dodici anni, mi ha detto 'Logan alla tua età rubavo già i sigari di tuo nonno, è ora che anche tu cresca' e mi ha passato una sigaretta accesa.
Devo dire che da quella volta non ho più voluto provare.
Ma poi quando mio padre si è ammalato circa due anni fa, ho iniziato senza nessun motivo preciso. Probabilmente perché anche se non lo sopportavo, stavo soffrendo con lui.
«Tu non sai cosa avrebbe voluto» dico acido, allargando le braccia.
Dopotutto come marito era bravo, si ricordava di portare i fiori a mia madre per San Valentino e puliva sempre il vialetto dalle foglie.
Ma come padre lasciava un po' a desiderare.
Era severo ma almeno sono cresciuto con un po' di spina dorsale, una volta cadendo dalla bici non ho versato manco una lacrima, perché mio padre le aveva definite da femminuccia nonostante mi fossi fatto un taglio da sette punti di sutura sul ginocchio.
Mi avvicino a lei, rimanendo a qualche metro dall'isola.
È sempre stata una casa troppo grande per tre persone, ora che ci siamo solo io e lei è anche peggio.
«È morto ormai da oltre un anno, fattene una ragione, cazzo!» urlo rosso in viso.
Cala il silenzio tra di noi.
Prima che possa vederla piangere, giro su me stesso e me ne vado salendo le scale di corsa.
Negli ultimi mesi il nostro rapporto si è sgretolato, non riesce a capire che sto crescendo e non ho più le stesse esigenze di quando ero più piccolo.
Mi cambio e mi butto sul letto, ma ormai il sonno si è volatilizzato.
Lascio andare un sospiro, passandomi una mano sul viso e tra i capelli, scompigliandoli.
Prendo il pacchetto di sigarette dalla giacca e me ne porto una alla bocca accendendola, dopo aver fatto un tiro, chiudo gli occhi e cerco di svuotare la mente.
Ho veramente bisogno di qualcuno che mi aiuti a non pensare a tutto questo casino che è la mia vita.

Metterò i primi cinque capitoli come estratto perché dal 6 ottobre sarà disponibile su Amazon!😍💘
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