L'Unica Figlia Di Artemide...

By reginadispine

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Tre anni. Sono passati tre anni dalla battaglia contro la dea della terra, Gea. I nostri eroi sono cresciuti... More

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By reginadispine

E lei correva, correva, correva, perchè qualcosa le diceva di correre e non fermarsi. Quel fulmine che l'aveva allontanata da un luogo che aveva cominciato a considerare una casa l'aveva spaventata a morte; violento, inarrestabile, monaccioso. Fortunatamente, lei era lontana dal punto colpito. Ma per un secondo il tempo si era fermato, lasciandole percepire con maggiore intensità la paura che l'aveva scossa fin nel profondo. E quelle non erano tutte impressioni, sia chiaro.

Nella sua mente, poco prima di aver chiuso gli occhi davanti la luce e tappatasi le orecchie istintivamente a causa del forte rumore, era apparsa una figura umana, ma due volte più grande di un uomo, in mezzo a quelle luci ed ombre alternate.

Susan non sapeva se l'avesse vista davvero o meno, ma poco dopo era scappata perchè in preda alla paura non aveva saputo che altro fare, e non voleva tornare indietro con il rischio di venire folgorata. Si era allontanata molto dal campo, ma ancora non smetteva di correre. Sentiva la gola bruciare a causa dell'aria che entrava ed usciva velocemente dalla sua bocca ad ogni suo respiro, ma ad un certo punto non resse e si accasciò ad un albero. Solo allora si accorse della violenza con cui il suo cuore pompava sangue, facendole imporporare le guance che sentiva bollenti. Cosa era successo? Ma soprattutto, perchè era successo?

Appena aveva cercato di mettere piede al campo, quel lampo di luce era apparso, come un enorme spada con il compito di impedirle il passaggio. 'Vattene via', queste parole erano risuonate nella testa di Susan che adesso si ritrovava all'uscita del bosco, spaventata e sola, e soprattutto senza armi, perchè dopotutto lei era una semidea e la prima cosa che aveva imparato sull'essere semidea era che i mostri avrebbero di sicuro attaccato. Ed era senza armi.

E cosa avrebbe dovuto fare adesso?

La tentazione di tornare al campo era forte. Stare al sicuro e farsi aiutare per andare a cercare sua madre. Ma il sussulto causatole da un tuono in lontananza le fa mancare altri battiti del cuore, e ancora una volta, qualcosa le diceva che andare avanti era l'unica scelta giusta da fare.

-

Soriana si svegliò con il solito buonumore, nonostante la sera prima non avesse dormito molto. Tuoni e lampi avevano rumorosamente disturbato il suo sonno, fino a quando questo, finalmente, non aveva prevalso. Si era divertita la sera prima, ma senza Susan non era stata la stessa cosa.

Alice era tornata al suo tavolo, con la compagnia del suo fratellastro Percy (venuto al campo solo per un po' di tempo) dato che era proibito spostarsi da un tavolo ad un altro, almeno a cena.

Soriana sapeva di essere quel tipo di persona che riusciva a legare con tutti, e le piaceva. Adorava conoscere nuova gente, soprattutto mettendoli a disagio con dei duelli e farsi odiare. Solitamente, parlando dei nuovi arrivati, lei non faceva mai sul serio. Essere guerrieri era nel sangue di tutti i semidei, avere familiarità con le armi e il combattimento, ma era raro che i novellini sfoggiassero i loro istinti da combattente.

Fino a quando Susan non arrivò alla sua portata.

Quella ragazza di due anni più piccola di lei, tanto che Soriana cominciò a vederla non solo come una sua pari ma come una sorella minore, con quei capelli spettinati, il viso gentile e gli occhi che sembravano nascondere più di quello che c'era fuori, l'aveva conquistata.

Le abilità di cui aveva dato prova il giorno del duello erano davvero rare, aveva dimostrato di avere una grande familiarità con la spada, e Soriana, considerata una delle spadaccine più talentuose del campo, capiva certe cose. Ancora se ne parlava, ma tutte le volte che Soriana aveva passato del tempo con Susan e sentiva quelle voci fastidiose e quei commenti curiosi aveva notato che la ragazzina non dava proprio conto a certi discorsi, ma non perché li ignorasse. Sembrava in realtà che non li sentisse proprio, spensierata e tranquilla come era. Viveva in un mondo tutto suo.

Si sedette sul letto, passandosi una mano tra i lunghi capelli dorati, lisci e in quel momento arruffati, cosa che non erano mai. Gli altri suoi fratelli e sorelle dormivano ancora, tranne Taylor, la prima persona, insieme ad Andrew, che aveva conosciuto al campo. Era seduto sul suo letto, i capelli mossi, biondi e spettinati quanto i suoi. Indossava una maglia a maniche corte e dei pantaloni grigi della tuta, ed era scalzo. Stava guardando un foglio di carta o, più precisamente, uno spartito.

Lei, nonostante fosse figlia di Apollo, non aveva mai dimostrato di avere familiarità con l'arte: non sapeva suonare uno strumento, disegnare, dipingere, scrivere. Le piaceva il duello, il combattimento, però, infatti all'inizio si chiese se non Apollo non avesse sbagliato a riconoscerla come sua figlia, cosa che era accaduta abbastanza presto dopo il patto di Percy con gli dei.

Un altra cosa che confermava i suoi sospetti sull'unicità Susan era che lei non era ancora stata riconosciuta. E questo sarebbe dovuto accadere appena messo piede al campo. Non letteralmente.

Sospirò, spostando lo sguardo da Taylor all'angolino in cui, per la stanchezza, ieri sera aveva lanciato le sue scarpe, finendo per colpire in testa uno dei suoi fratelli che stava beatamente dormendo e che aveva continuato beatamente a dormire nonostante quel colpo.

Prese le sue scarpe e il suo borsone e si diresse in bagno. Quando mise piede fuori, scendendo la scalinata, si aspettò di sentire la suola delle ciabatte appoggiarsi sulla terra fangosa a causa del mal tempo di ieri sera, e invece colpì le pietre, pietre calde e perfettamente asciutte. Ma non aveva piovuto ieri sera? Con quei rumori si sarebbe pozzanghere talmente enormi da potercisi fare un bagno.

Alzò le spalle, pensando al fatto che molto probabilmente Zeus doveva avere il ciclo. Si aspettò di sentire un tuono per via di quel pensiero, ma dubitava che sapesse leggere le menti o che il fastidio provocato da questo pensiero lo sfiorasse minimamente.

Il campo non era completamente silenzioso, alcuni semidei si occupavano di tutto ciò di cui di solito si occupavano. Passò accanto la casa dei figli di Demetra, alcuni di loro stavano annaffiando delle piante.

- 'Giorno, Zack. - Ana alzò una mano in segno di saluto. Zack ricambiò distrattamente, concentrato nel potare una pianta piena di foglie, che le ricordavano i capelli di Andrew tutte le volte che li lasciava crescere.

- Ehi, Ana. Hai sentito il temporale di ieri? -

- Eccome! Non sono riuscita a dormire per niente! Mi aspettavo di trovarmi davanti mille pozzanghere di acqua questa mattina, ma niente. -

- Anche noi ce lo aspettavamo. Ci siamo svegliati pensando che le piante fossero state dissetate dalla pioggia, ma erano asciutte. Bah, capita ci siano temporali del genere, ma non credevo si potessero dilungare per così tanto. -

Ana annuì. Effettivamente era stato strano, forse si aspettavano tutti, come lei, che la pioggia ci fosse senza badare al fatto che effettivamente non si era sentito alcun rumore di ticchettii contro le pareti o il tetto.

- Va bene, vado a darmi una lavata. Ciao, Zack. -

- A dopo, Ana. -

Quando Soriana raggiunse i bagni femminili, vide due ragazze uscire da li constatando che adesso erano completamente di sua proprietà e che poteva scegliere la doccia che voleva, essendo solo le sette del mattino. Posò il borsone davanti uno specchio e aspettò che il getto della doccia si riscaldasse e nel frattempo si tolse il pigiama, poggiandolo sul lavello. Poi levò il resto, rimanendo come mamma l'aveva fatta.

Che bella sensazione rimanere sotto il getto caldo, chiusa da quelle tre mura che separavano tutte le docce e la tenda sul davanti che rendeva quel posticino intimo. Se non si fosse voluta allenare sarebbe rimasta lì per molto molto tempo.

- Soriana, sei qui? -

La ragazza sussultò quando la voce di Andrew le arrivò alle orecchie nonostante il forte rumore dell'acqua che si scontrava sulle piastrelle del pavimento.

- Andrew! Cosa ci fai qui? E' il bagno delle ragazze, questo. - Soriana fu molto seccata, ma se Andrew era arrivato ad entrare nel bagno delle ragazze per parlarle doveva essere qualcosa di importante. Il suo amico era un tipo molto ribelle, in realtà, ma è sempre stato molto rispettoso delle persone e dei loro spazi.

- Dammi un secondo, adesso esco, però vedi di... -

- Alice è andata a trovare Susan alla casa di Ermes ma non l'hanno trovata. -

Soriana si accese immediatamente. Scostò di poco le tende per far uscire solo il viso dalla doccia, ma Andrew se ne era già andato.

Susan era andata via, ma dove? Soriana aveva cercato inutilmente nella casa di Ermes, poi anche alle stalle, alla Valle del Sole, nel padiglione della mensa, nell'armeria, e in tutte le case che c'erano al campo, compresa quella grande. Alice, Andrew e stranamente anche Megan e Charlize si erano messe ad aiutarla. Ma niente, non era da nessuna parte.

- Non avrà superato i confini del campo? E se fosse stata attaccata? - I grandi e dolci occhi verdi di Alice si riempirono di preoccupazione, ma anche in quel caso Soriana pensò fossero bellissimi. Per quanto ne sapeva Soriana, Alice era una vecchia amica di infanzia di Susan da cui poi si era allontanata per motivazioni sconosciute, ma adesso sembrava voler rimediare a quell'errore. In realtà sembrava seriamente preoccupata.

- Sarebbe l'unica spiegazione plausibile. O forse è annegata nel lago, o nel mare. - Megan si mise le mani nella tasca della felpa grigia, che aveva una macchia arancione sul colletto, di cui Megan non si era accorta o che molto probabilmente aveva ignorato. Soriana sapeva quanto fosse pigra, eppure, nonostante questo, l'aveva battuta al duello.

I lunghi capelli corvini della figlia di Ade erano raccolti disordinatamente in una cosa bassa, alcuni ciuffi uscivano fuori, cadendole sugli occhi blu scuro. A primo impatto, gli occhi di Megan potevano sembrare neri o castano scuro, invece era blu, un blu talmente scuro da sembrare nero. Ma oltre i capelli neri, se c'era una cosa che caratterizzava i figli di Ade erano le ombre scure sotto gli occhi. Ma quelle di Megan erano causate dalla sua insonnia. In quel gruppetto si conoscevano da un po' di tempo, quindi certe cose era normale che Soriana le sapesse.

I commenti di Megan non piacquero per nulla ad Alice che le lanciò un occhiataccia. - Mi spieghi perché devi essere sempre così negativa? Se fosse successa una cosa del genere lo avrei sentito, comunque! - Il suo sguardo smise di essere severo solo quando Alice lo spostò da tutt'altra parte, verso Charlize. Adesso le tre figlie dei Pezzi Grossi, un trio che nessuno si aspettava sarebbe mai davvero esistito, cominciarono a fare quella cosa che a Soriana dava davvero ma davvero fastidio, ovvero fare enormi discorsi, che nessuno capiva, con lo sguardo, come se ci fossero cose di cui solo loro erano a conoscenza.

Soriana vide in lontananza Taylor Thompson, suo fratellastro, quello a cui era più affezionata dato che l'aveva conosciuto qualche mese prima rispetto gli altri. - Taylor, ehi! Devo chiederti una cosa! -

Taylor sospirò, spazientito come sempre, anche se cercò di non farlo notare. Sembrava costantemente tormentato o in pensiero (e Ana conosceva il motivo). Per un secondo le ricordò Susan, anche se Susan lo era in maniera molto più simpatica e cercava sempre di non farlo notare.

- Dimmi. -

- Hai visto Susan? -

Taylor alzò un sopracciglio.

- Oh be', dato che fai finta di non ricordare ti farò recuperare io la memoria - Ana incrociò le braccia con sguardo di sfida. - La ragazza che hai visto allenare con me e che hai dimostrato di conoscere ma che hai spudoratamente ignorato. -

Passarono istanti in cui si guardarono negli occhi. Quelli di Taylor erano castano-dorati, simili al colore del miele, con qualche leggerissima sfumatura di verde. I capelli mossi erano biondi come i petali di un girasole, diversi da quelli di Soriana che erano di un biondo tendente al bianco.

Soriana poi era abbronzata e priva di lentiggini, mentre il viso di Taylor ne era quasi ricoperto. Lui le odiava.

- Qualche rimembranza? -

Taylor schioccò la lingua contro il palato e orgoglioso come sempre, rispose come solo lui aveva il coraggio di fare - No, nessuna. -

Ma quando fece per andarsene lei lo trattenne, tirandolo per il colletto, impulsivamente. - Dimmi si o no, o giuro che ti taglio in pezzettini così minuscoli le dita da non farti più suonare il piano. -

- Non suono più il piano. - Taylor rimase impassibile, abituato a sua sorella che lo maltrattava, non che lui glielo permettesse sempre. Anche se alcune volte non riusciva a tenerle testa per quanto riguardava la forza fisica. Era una pazza quella ragazza.

- Si si, aspetta solo un po' di tempo e ne riparleremo. L'hai vista o... -

- No, non l'ho vista, non la vedo da quel giorno, okay? -

Soriana mollò la maglia del fratello e lo guardò. - Cosa è successo tra voi due? -

- Niente. - Taylor se ne andò poco dopo, proprio quando gli altri del gruppetto la raggiunsero. Ana guardò suo fratello allontanarsi, sospirando.

- È fatto così, lasciamo perdere. Un giorno parlerà. -

- Quindi? Cosa facciamo? - A chiederlo fu quella che sembrava più interessata all'argomento "semidea perduta", ovvero Alice.

- Chiediamo a Chirone. - A rispondere fu Andrew. - Chi meglio di lui può aiutarci? -























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