Operazione Carrington - Primi...

By farstone

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Racconto che ha vinto la seconda edizione dell'IncipitDay organizzato da WP Advisor. Nel 2020 tutti i circuit... More

1 - Quel maledetto lunedì
1 parte seconda - Cattivi presagi
3 - Il contatto
4 - Notizie dall'etere
5 - L'Operazione Carrington
58 - (I commenti dei lettori parte prima)
59 - (I commenti dei lettori - parte seconda)
Personaggi in ordine di apparizione

2 - Un aiuto dal passato

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By farstone

Discesi una scala a pioli e mi trovai in un vasto locale di forma regolare. Le pareti erano occupate fino al soffitto da ampi ripiani, sui quali era stipata una quantità incredibile di oggetti. Al centro della stanza altri scaffali, con a fianco tavoli dotati di ruote, che davano al rifugio l'aspetto di uno stravagante piccolo emporio.

Scorrendo il dito sulle mensole, lungo il perimetro del locale, rimasi impressionata da quello che aveva trovato posto in quel magazzino segreto. Disposti con ordine meticoloso erano immagazzinati alimenti in scatola e in bottiglia, essiccati e liofilizzati.

Ad altezza occhi c'erano cibi semplici per i quali era possibile una conservazione molto lunga, come riso e altri cereali che riconoscevo dalle etichette sulle confezioni.

Nei ripiani sottostanti trovai gallette e biscotti secchi, latte in polvere, cacao, caffè e tè. Più in basso ancora conserve di pomodoro, vasetti con verdure sottolio, barattoli di fagioli e di differenti legumi.

Su altre mensole erano conservate carne, pesce e frutta in scatola. Bottiglie e lattine con varie bevande trovavano posto poco più avanti. Seguivano pacchi di farina, sale, olio, zucchero e burro di arachidi; spezie e condimenti. Poi marmellate in grandi vasi e miele, solo per parlare dei prodotti riconoscibili a prima vista.

Agli scaffali erano appese liste che inventariavano con grande attenzione i prodotti e le loro scadenze. Il lavoro puntiglioso e preciso di chi vuole sempre avere le scorte sotto controllo, di qualcuno che ritiene la cosa essenziale.

In un mobile dedicato c'era un'intera selezione di sementi in buste sigillate, riportanti i nomi delle piante da frutto e degli ortaggi contenuti. A fianco semi di piante medicinali comuni e altre dai nomi mai sentiti.

Hanno pensato anche a procurarsi cibo fresco, non solo a resistere con quello in scatola.

Continuai l'esplorazione del locale, con un crescente senso di ansia alla bocca dello stomaco.

In un'altra parete erano immagazzinati farmaci di uso frequente, fra cui antidolorifici, antibiotici e disinfettanti, bende e siringhe.

Sembrava che i miei genitori avessero accumulato scorte di tutto quello che poteva servire a una famiglia di dimensioni colossali e che sarebbe bastata per settimane, forse mesi, per me, mia nonna e il fido Joe, gli attuali occupanti della casa.

Decisi di non soffermarmi sul fatto che tutta quella roba risalisse a otto anni prima. Era un problema che ci saremmo posti eventualmente in un secondo momento, anche perché, pensai, i cibi in scatola restano commestibili molto a lungo.

Proseguendo nell'esplorazione scoprii una rastrelliera che conteneva utensili dall'aspetto inquietante, fra cui asce e accette, un piccone, un tronchese di dimensioni esagerate, probabilmente utile per tranciare catene e grossi lucchetti, e una cassa che, dai macabri simboli riportati sul legno, poteva soltanto contenere esplosivi. Un brivido mi percorse la schiena nel constatare che sotto casa mia era conservata una bella riserva di dinamite. Mi domandai come se la fossero procurata i miei genitori. Non era il genere di prodotti che si vendono al supermercato, neanche in Illinois.

Completavano l'armamentario da maneggiare con attenzione alcuni grossi coltelli con i foderi, un arco con le relative frecce, due pistole, un fucile da caccia e uno di foggia militare, con varie scatole di munizioni. Non mancavano una serie di accendini in acciaio, razzi di segnalazione, borracce e barattoli contenenti prodotti per potabilizzare l'acqua. In basso due canne da pesca, con galleggianti e ami.

In una cassa nell'angolo erano ordinatamente accatastati sacchi a pelo invernali, pentolame e stoviglie da campo, fornelli e lampade a gas. Di fianco, a terra, il voluminoso involucro di quella che sembrava una tenda da alta montagna.

La nonna nel frattempo era lentamente scesa dalla scala e mi si era avvicinata.

"A cosa servono questi?", chiesi indicando due bombole e tre grossi serbatoi squadrati in materiale plastico, che si trovavano contro una delle pareti.

"Il gas è di scorta, per cucinare. Quelli sono serbatoi. Le tubature attraversano il soffitto e trasportano acqua potabile dal pozzo a qui, prima di risalire all'impianto domestico. Così ne abbiamo sempre una riserva fresca".

Iniziai gradualmente a entrare nella mentalità di chi aveva organizzato quel locale e a comprenderne la logica. Quindi non rimasi tanto stupita di trovare, nell'unico armadio della stanza, abbigliamento invernale e zaini capienti. Lì sotto c'era tutto il necessario per la caccia, la pesca e la sopravvivenza all'aperto, anche nella stagione fredda.

Mi sorpresi invece, inizialmente, nel vedere l'ultimo scaffale quasi interamente occupato da libri. Testi scientifici dei miei genitori e manuali di ogni tipo: per le riparazioni in casa, per il fai da te dell'automobile, l'orto e il riconoscimento delle piante commestibili e curative. Si trattava di una biblioteca intera di manuali utili per la sopravvivenza. Meraviglia e preoccupazione aumentavano di pari passo.

A quel punto, chiedendomi cos'altro ancora avrei potuto scoprire, rivolsi la mia attenzione ai tavoli e ai carrelli da lavoro al centro della stanza.

Quando notai alcune ricetrasmittenti portatili e un binocolo per la visione notturna, come quelli visti nei film d'azione, la sensazione di trovarmi in un covo fornito di ogni diavoleria tecnologica, divenne ancora più forte. E con essa arrivarono le conferme di quali fossero realmente i timori dei miei genitori.

Mi rasserenai un po' solo trovando un oggetto familiare, una vecchia radio che riconobbi e liberai dal panno che la proteggeva dalla polvere.

"Mi ricordo di questa. Papà passava parecchio tempo a trafficarci, quando ero piccola. A volte mi teneva sulle ginocchia e ascoltavamo insieme i radioamatori che trasmettevano da tutti gli Stati Uniti. Parlavamo anche con posti lontanissimi, come le Hawaii. Potremmo provare insieme a usarla, per sentire cosa succede là fuori."

"È stata la prima cosa a cui ho pensato anche io dopo aver ripristinato l'elettricità in casa, Jenna. Dobbiamo assolutamente sapere cosa stia succedendo intorno a noi e quale sia la causa di questo blackout. E non credo che andare in paese a chiedere informazioni ai nostri concittadini sia la soluzione migliore per scoprirlo. Io sono nata qui ma ti assicuro che tornarci dopo tanti anni, quando ci siamo trasferiti nuovamente a St. Olive, è stato un salto in un passato che pensavo non esistesse più. Diciamo che la gente di queste parti è un po' di vedute ristrette."

"Sono del tutto d'accordo, nonna. Dovresti conoscere i miei compagni di scuola. Davvero teste di rapa, per lo più. Non potresti estrarne una goccia di intelligenza neanche spremendole. Ma perché siete tornati, dato che questo posto è davvero orribile?"

"Io insegnavo nel distretto scolastico di Staunton. Poi, quando tuo nonno si è ammalato, ho lasciato la cattedra per occuparmi di lui. Quando infine è mancato non me la sono più sentita di tornare in aula. Tu eri piccola e i tuoi genitori, che si erano trasferiti a Houston ed erano impegnati a tempo pieno con le loro ricerche, mi hanno chiesto di raggiungerli per occuparmi di te. E così ho venduto la mia vecchia casa in paese e sono venuta a stare da voi."

"Me lo ricordo bene, nonna. Non ero poi tanto piccola. Ero così felice di averti a casa con me."

"Hai ragione. È stato un bel periodo, tutti insieme. E mi ha aiutato a superare la morte del nonno. Poi sono arrivate le preoccupazioni per le scoperte che i tuoi genitori stavano facendo. Quando Ted e Lena hanno capito che qualcosa di terribile poteva accadere e che nessuno voleva ascoltarli, hanno deciso di rinunciare al loro prestigioso lavoro pur di allontanarsi dall'affollamento di Houston e della costa."

"Cosa avevano scoperto di tanto grave?"

"Sulla base delle loro osservazioni si erano convinti che una catastrofe si sarebbe abbattuta presto sul pianeta. Ancora più del fenomeno naturale, loro temevano ciò che sarebbe accaduto, in quelle circostanze, in una grande città, dove la gente dipende in tutto e per tutto dall'energia e dall'acqua degli impianti pubblici. Avevano paura della reazione di una massa di persone che andava nel panico."

"Così hanno deciso di trasferirsi in questo posto sperduto nel nulla..."

"Più o meno è andata così. Essendo nate qui, io e tua mamma conoscevamo bene la zona. Insieme abbiamo scelto questa proprietà isolata fuori paese perché potevamo trasformarla in un rifugio sicuro senza dare troppo nell'occhio. E, soprattutto, c'era un pozzo di acqua potabile proprio davanti casa, cosa non molto comune da queste parti."

"Non pensavo di abitare in una specie di rifugio autosufficiente..."

"È così, invece. Almeno per un po' di tempo questa casa è autonoma. Quando il sole sarà alto in cielo, potremo spegnere il generatore e alimentare l'impianto elettrico di casa con i pannelli solari che abbiamo sul tetto e sopra il capanno degli attrezzi. Qui il sole non manca mai e avremo tutta la corrente che ci serve. La parte delicata dell'impianto è tutta sotto la cantina, a più di tre metri di profondità nel terreno."

"E questo dovrebbe averla messa al riparo dai danni?"

"I tuoi ne erano convinti. Ora la cosa più importante è capire cosa sia successo e fare da subito un uso parsimonioso dell'acqua. Temo problemi per l'acquedotto del paese, che funziona con delle grosse pompe elettriche. Se si fossero bloccate, il nostro pozzo diventerebbe presto molto prezioso. Forse troppo."

"Speriamo che l'acqua non diventi anche qui il nuovo petrolio, il bene più prezioso, per cui farsi la guerra e uccidere... Ne abbiamo parlato a scuola. Sarebbe terribile, nonna."

Ci abbracciammo, per provare a tenere a bada l'ansia che cresceva in noi. Restammo a lungo così, nel nostro magazzino privato, con la opprimente sensazione che, anche a St. Olive, non fossimo più al sicuro. Altrimenti perché tenere in casa tutte quelle armi? Era una delle tante domande che avrei voluto fare.

Ora però mamma e papà non c'erano più. E quel dannato lunedì il destinoaveva bussato alla porta, trovando noi due terribilmente sole e spaventate.    

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