My disaster

By Shelby_grey

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Per molte persone l'inizio del college potrebbe essere una cosa meravigliosa, mentre per Mya è una cosa terri... More

Prologo
Uno.
Due
Quattro
Cinque
revisione my disaster

Tre

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By Shelby_grey

«Che ne pensi della città?», mi chiede Josh appena usciamo dall'aula, dopo l'interminabile ora di Letteratura.

«Oh, no!», ridacchio, «non mi sono trasferita. Abito già a New York da quando sono nata», aggiungo ridendo.

Non mi sarebbe piaciuto trasferirmi. Già per me è un problema cambiare la mia quotidianità andando al college, se avessi dovuto persino cambiare città e casa, probabilmente, sarei andata in depressione.

Io vivo di abitudini, mi piacciono. Mi piace alzarmi la mattina e sentire l'odore del caffè preparato da mia madre, mi piace prepararmi ad ammirarmi davanti al mio specchio, quello vicino alla porta d'ingresso della mia stanza. Adoro il profumo di casa mia, mi dà quel senso di familiarità. Amo fare lunghe docce nella mia vasca, e sicuramente non accetterei di condividere quel momento di intimità facendole in un bagno comune, dove chiunque può raggiungermi e tirare via la tenda, così da rovinare quel mio momento di pace e serenità.

E amo dormire nel mio letto, caldo e confortevole, e non riuscirei a condividere la mia stanza con nessun altro. Sono gelosa delle mie cose.

«Oddio», ridacchia anche lui. «Pensavo ti fossi trasferita».

«Tu da dove vieni?», chiedo, giungendo alla conclusione che, invece, Josh si sia proprio trasferito qui per studiare Lettere.

Questo ragazzo è interessante. Mi sembra pieno di cultura e il fatto che ha scelto questo college lo rende ammirevole. Amo i ragazzi che leggono e ancora di più quelli che scrivono, percepisco che hanno qualcosa da raccontare, proprio come me. Inoltre, lo trovo molto dolce e simpatico, dato che non si è staccato da me neppure un attimo da quando mi sono seduta accanto a lui.

«Vengo da Seattle», risponde mentre ci dirigiamo verso la mensa. «Non è molto lontano da qui, ma comunque decidere di trasferirmi è stato un duro colpo. Insomma, lasciare la mia vecchia vita per una nuova...non è mai semplice», continua, ed io penso proprio che siamo molto simili, tranne per il fatto che lui è stato molto più coraggioso di me, decidendo di trasferirsi in una nuova città.

«Lo immagino. Io non ce l'avrei fatta a cambiare tutto», rispondo abbassando lo sguardo. Al solo pensiero di non rivedere più Jessie e Trevor mi sento male.

«Non è facile, ma comunque tornerò nella mia città ogni weekend», mi comunica con un sorriso che fa intendere che non aspetta altro che quel momento per tornare dai suoi amici.

«Sono felice per te». Gli sorrido, capendo a fondo il suo stato d'animo. «Hai molti amici a Seattle?».

Che domanda stupida, Mya! Ovvio che ha molti amici, sei tu l'unica asociale a diciotto anni!

Lui abbassa lo sguardo, quasi come se si fosse rattristito d'un tratto. «Non molti, ma quelli che ho sono davvero buoni». Mi sorride, forse per non farmi scorgere lo strato di tristezza che gli avvolge gli occhi, ed io ricambio.

«Anche io non ho molti amici. Ma quelli che ho sono i migliori», ammetto, cercando anche di rassicurarlo.

«Siamo molti simili, Mya», commenta lui, annuendo, come se avesse appena constatato l'ovvio.

«Ehi! New entry, noi siamo qui», grida la voce di Molly, che riconosco all'istante. Mi guardo intorno nel tentativo di individuarla, e la trovo seduta ad un tavolo con un vassoio pieno di fronte a lei. Siede con una ragazza dai capelli biondissimi, lunghi quasi fino all'ombelico, che ci guarda con un sorriso in volto.

«Andiamo da loro?», chiedo a Josh, che nel frattempo le sta guardando con un sorriso da ebete stampato in volto.

Annuisce e le raggiungiamo, ci sediamo al tavolo con i vassoi che ha preso, gentilmente, Josh per entrambi, ed iniziamo a mangiare quello che l'aria di essere un purè di patate...marcio.

«Ehi», mi saluta la ragazza che non avevo mai visto prima, «sono Juliet, un'amica di Molly. Piacere di conoscerti...Mya, giusto?». Ha un sorriso bellissimo e ha l'aspetto di una ragazza dolce, simpatica ed ammirevole, per questo le sorrido a mia volta.

«Si, sono Mya. Piacere di conoscerti».

«Che schifo questo purè, cazzo», sbotta Molly, lanciando una forchetta sul tavolo. «dovremmo fare una protesta per il cibo, questa roba fa cagare», continua, con la voce intrisa di disgusto e di rabbia.

Annuisco, perché è decisamente vero. Se devo mangiare queste cose ogni giorno, allora sarà meglio che mi porti il pranzo da casa.

«Dai, non dire così. I pasticcini sono buoni», replica Juliet, intenta ad ingurgitare proprio un pasticcino, che sembra più grande della sua bocca.

«Sono quelli». Molly lancia un'occhiata di rimprovero alla sua amica, ed iniziano a battibeccare tra loro, mentre io e Josh ridiamo a crepapelle.

Queste persone mi ricordano Jessie e Trevor, che litigano di continuo per le cose più stupide, ed io li guardo ogni volta con le lacrime agli occhi, per quando mi fanno ridere.

Avrei voluto che fossero qui con me.

***

«Vai a casa?», mi chiede Josh, dopo aver assistito ad un'altra ora di lezione, noiosissima, con una donna che sembrava uscita da un film degli anni Ottanta. La classica professoressa con la gonna lunga, le calze di lana, la camicia bianca, la crocchia in testa e gli occhiali.

«Non lo so, tu?»

«Be', no. Se vuoi andiamo a bere qualcosa», propone con lo sguardo incastrato al mio. Nei suoi occhi vedo quasi una speranza, come se mi stesse pregando di andare con lui.

È così dolce.

«Sarebbe meglio domani, Josh. Oggi volevo passare a trovare i miei amici», gli dico con un sorriso triste.

Mi piacerebbe uscire con lui. Troverei subito un amico ed inoltre mi piace molto come persona, ma la voglia di vedere i miei amici è maggiore di quella che ho di uscire con lui.

«Ah, okay. A domani, allora, Mya», mi saluta, lanciandomi un'altra occhiata per tutto il corpo. Un'occhiata che mi fa imbarazzare, per quanto sia profonda, e poi se ne va.

Raggiungo l'auto di mia madre, che ha avuto la premura di passarmi a prendere, ed è proprio mentre sto per salire in auto, che noto il ragazzo misterioso di prima.

Lo guardo per qualche istante, perché sarebbe impossibile non farlo. Ha una bellezza disarmante, una virilità che ho visto solo nei personaggi dei film.

Sta camminando a passo deciso, sicuro di sé, come se avesse tutto il mondo ai suoi piedi. Tiene il mento alto, con lo sguardo davanti a sé, come se non gli importasse di chiunque a parte sé stesso.

Indossa una maglietta bianca, che lascia intravedere l'addome pieno di tatuaggi, e per qualche istante mi si secca la gola, in modo del tutto inspiegabile.

Non sono mai stata attratta da questo tipo di ragazzi, anzi, li ho sempre disprezzati, e lui non fa differenza, se non per il fatto che trovo lui, ed ogni suo movimento, estremamente sensuale.

Si ferma di fronte ad una ragazza, bellissima anch'essa. Ammiro anche lei, per pura curiosità. Ha i capelli rosso fuoco, sicuramente saranno tinti, e il fisico di una modella, come tutte le ragazze qui dentro...tranne me.

La prende per i fianchi, in una presa ferrea, così stretta a rude che credo che le stia facendo male, e la attira a sé, ficcandole la lingua in bocca.

Che schifo.

Non sono solita ad essere presente quando capitano queste scene pietose. Credo che l'intimità di una coppia non vada mostrata, come in uno spettacolo pornografico, ma che debba essere coltivata nella propria sfera intima, in una casa, ad esempio, e non messa allo sbando di fronte a chiunque.

Se dovessi avere un ragazzo, un giorno, sicuramente non darò spettacolo, baciandolo di fronte a tutti.

So che per molti questa è la normalità, ma io ho dei valori diversi da quelli di tutti gli altri. Non mi sento appartenere a questo mondo, in cui tutto deve essere sempre mostrato a chiunque.

Per molti un bacio non ha significato, mentre per me ne ha molto. È un gesto d'amore reciproco, quasi più intimo del sesso. È la dimostrazione che sto scegliendo te, in mezzo a tutti gli altri, che ti rispetto e che nutro dei sentimenti verso di te. È una cosa pura, che non deve essere permessa a chiunque.

Sono antica, lo so, ma non posso farci nulla!

Distolgo lo sguardo, a causa del buco che sento nello stomaco, e salgo in auto, salutando mia madre rapidamente, per poi mandare un messaggio ai miei amici.

Jessie, fra poco vengo a casa tua. Invio.

Va bene, stellina. Vieni anche tu, Trevor. Scrive lei, nel gruppo che abbiamo in comune.

Prima che mia madre metta in modo l'auto per partire, riesco a sentire un'ultima affermazione da parte della ragazza.

«Dylan, baciami, ti prego», lo prega lei, con l'aria di chi vuole essere sbattuta contro il muro.

Dylan.

È questo il suo nome.

«Com'è andata?», mi chiede mia madre, interrompendo il flusso impetuoso dei miei pensieri indagatori.

Ma io non posso fare a meno di guardarli mentre salgono su un'auto, una Maserati nera, insieme. E posso solo immaginare cosa stiano facendo lì dentro, dato che noto la macchina sobbalzare impetuosamente.

«Terra chiama Mya!», strilla, mettendomi una mano di fronte al viso.

«Si?». Sposto lo sguardo verso di lei e la sorprendo a fissarmi con un'espressione incuriosita, un sopracciglio inarcato, come se mi stesse studiando.

«Ti ho chiesto com'è andata», ribatte stizzita.

«Oh, si. Bene», rispondo secca, riportando lo sguardo su quell'auto, finché lei non mette in moto e finalmente partiamo.

Ma io non riesco a smettere di pensare alle sue mani su di lei, alla stretta forte e potente che teneva ai suoi fianchi morbidi, all'impetuosità del suo bacio, le sue labbra che si muovevano come se volesse sbranarla.

***

«Raccontami tutto!», strilla Jessie appena apre la porta di casa sua. Mi abbraccia in modo affettuoso ed io sorrido per quel gesto di dolcezza.

Neanche lei si è trasferita, ma il suo college è ad un'ora di distanza da qui, ed ogni giorno andrà con l'auto, solamente per non lasciare sola sua madre malata. Ha preso il cancro un anno fa, e da allora non fa altro che andare all'ospedale, per i continui trattamenti di chemio, e ragionevolmente, Jessie non si è sentita di lasciarla da sola, specialmente con suo padre, che non è quasi mai in casa.

La ammiro molto per tutto quello che fa, non tutti i ragazzi sarebbero disposti a rinunciare ad andare via di casa, a percorrere ogni giorno un'ora di auto, pur di non lasciare da sola la loro madre.

«Anche tu», rispondo, nello stesso momento in cui arriva Trevor.

Prendiamo un pacco enorme di patatine e ci sediamo sul letto, intenti a raccontarci tutto di questa giornata.

Jessie inizia, raccontandoci che ha già stretto amicizia con un ragazzo super carino, come lo definisce lei, e che domani sera usciranno insieme per bere qualcosa. Inoltre, ha anche conosciuto due ragazze, molto simpatiche, che l'hanno già invitata ad una festa questo fine settimana.

Poi ci racconta Trevor, dicendo che non è stato per niente bello, che non ha ancora stretto amicizia con nessuno, ma che ha notato una ragazza bellissima, bionda e con occhi azzurri, che a detta sua sempre un angelo, ed ha intenzione di chiederle di uscire al più presto.

Io e Jessie gli raccomandiamo di farlo, di provarci, di essere sé stesso e gli assicuriamo che andrà tutto bene. Trevor è un tipo timido, molto più di tutti i ragazzi che conosco, per questo ha bisogno di essere spronato.

«Io...ho conosciuto una ragazza simpaticissima, che si chiama Molly, ed un ragazzo a cui mi sono seduta vicino che si chiama Josh. Sembrano tutti molto simpatici», dico con un sorriso in volto.

«Vedi, stellina, ti avevo detto che sarebbe andato tutto bene». Mi accarezza la guancia Jessie, con un sorriso orgoglioso in volto. «E non hai visto nessun ragazzo bellissimo?», chiede poi, ammiccando.

«No, no», mento ridacchiando. Tralascio l'argomento Dylan, anche se loro hanno già raccontato dei ragazzi e ragazze bellissime che hanno notato, ma loro vogliono averci a che fare, vogliono uscirci, mentre io non voglio nulla di tutto ciò.

E poi, al solo pensiero, sento lo stomaco contorcersi. Quindi no, non voglio parlarne. 

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