My disaster

By Shelby_grey

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Per molte persone l'inizio del college potrebbe essere una cosa meravigliosa, mentre per Mya è una cosa terri... More

Uno.
Due
Tre
Quattro
Cinque
revisione my disaster

Prologo

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By Shelby_grey

Il college.

Quel momento della tua vita in cui, quasi obbligatoriamente, sei costretta a cambiare radicalmente vita. Non mi trasferirò, rimarrò sempre nella mia città, ma comunque sarò obbligata a cambiare stile di vita, a non avere più accanto i compagni che mi hanno accompagnata per tutti gli anni scolastici.

È una specie di tragedia, per me. Non ho mai vissuto questo momento come le altre persone, che quasi sempre non vedono l'ora di iniziare questo nuovo percorso della loro vita. Mentre io mi sento totalmente in ansia, con il panico che mi attanaglia lo stomaco e me lo stringe in una morsa stretta, incapace di farmi respirare.

Forse non mi sento all'altezza, ho paura di non soddisfare le aspettative di mia madre, dei miei amici o persino dei professori che hanno creduto in me.

Ho paura che, finito questo percorso, non diventerò la persona che voglio diventare, e che sarò una fallita, in fin dei conti.

La cosa che mi turba di più, però, è perdere i miei due migliori amici: Jessie e Trevor.

Vado in classe con loro praticamente dall'asilo, siamo sempre stati insieme e l'idea di allontanarmi da loro mi distrugge. Ovviamente continuerò a vederli, non cambierò città, ma non sarà più lo stesso di averli nella stessa classe e vederli ogni giorno.

Non stringerò più le loro mani quando avrò l'ansia per un test. Non mi lamenterò più con Jessie quando la professoressa si arrabbierà con me, ingiustamente. Non studierò più con loro, un'ora prima di un test a sorpresa, fuori dall'aula.

Ma, purtroppo, di questo mia madre non ne tiene conto, dato che a lei non sono mai piaciuti. Non mi sta vicino e non mi sostiene, anzi, lo vedo dal suo sguardo e lo sento dalle sue parole, che in realtà è felice del fatto che non li rivedrò più ogni secondo della mia vita. Lei reputa che l'aspetto esteriore valga molto più di quello interiore. Per questo non accetta Jessie, per i suoi piercing e i suoi numerosi tatuaggi. Ma Jess è una ragazza dolcissima, non c'entra nulla con il suo aspetto fisico.

Non credo che una persona debba essere denigrata solo per come appare. Nessuno dovrebbe fermarsi alla superficie, ma indagare su quello che c'è sotto, sull'anima bellissima che si nasconde sotto lo strato di pelle.

Mentre Trevor è un bravo ragazzo a tutti gli effetti. Lui non ha nemmeno un tatuaggio, ma mia madre lo detesta comunque, forse per quello che ha tra le gambe...

Il fatto è che mia madre odia pesantemente tutto il genere maschile, dopo quello che le ha fatto mio padre. Lui era un tossico ed un alcolizzato. Tornava a casa tutte le sere ubriaco, qualche volta ha anche messo le mani addosso a mia madre, ma fortunatamente non le ha mai procurato gravi danni fisici, ma emotivi, sì, anche troppi.

Ancora ricordo le urla che sentivo al piano di sotto, quando avevo appena dieci anni.

«Sei un figlio di puttana!», gridava mia madre, con la voce tremante.

«Non me ne frega un cazzo, di nessuna di voi», rispondeva lui, furioso come sempre.

Sentire quelle parole, quei pianti nascosti, ad un certo punto nemmeno m'infastidiva più. Mi ero abituata a sentirli litigare notte e giorno, che ormai era diventata la normalità per me.

Mia madre lo cacciò di casa non appena ebbe la forza per farlo, nonostante fosse ancora innamorata. Lo amava con tutta sé stessa, anche dopo tutto quello che le aveva fatto, che ci aveva fatto.

In un certo senso, per me, il giorno in cui se n'è andato, è stato liberatorio. Si, mio padre è andato via e non l'ho più rivisto, ma almeno sapevo che le urla sarebbero cessate, che i ritorni a casa alle cinque del mattino, ubriaco fradicio, non ci sarebbero più stati, che non avrei più rivisto il sangue sgorgare dalla pelle di mia madre.

Ricordo che il giorno in cui se ne andò mi diene un bacio sulla fronte, dicendo: «Fai la brava». Ancora ad oggi, non capisco perché me l'abbia detto. Io e lui non avevamo quasi alcun rapporto, non parlavamo mai, se non per gridarci contro. Forse il suo era un tentativo di redenzione, ma non ha funzionato.

Da quel giorno siamo rimaste noi due. Io e lei. Lei che vuole un bel futuro per me ed io che sarò costretta ad accontentarla, anche se questo vorrà dire impegnarmi il massimo e trascurare me stessa.

E tutto questo sarebbe andato bene, sarebbe funzionato, se nel mio cammino non avessi contrato due occhi azzurri, profondi come l'oceano e bui come la notte, che mi hanno stregata, ipnotizzata, fatta a pezzi e poi ricomposta. 

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