Bruciare ||Harry Styles ||

By FleurduMar

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ATTENZIONE QUESTA E' UNA FANFICTION RATING ROSSO a causa di un linguaggio a volte molto volgare e la numerosa... More

1 - Dolce attesa
2 - Silentium!
3 - Saprai che non t'amo e che t'amo
4 - Un amore, violento, fragile, disperato
5 - Bevo a una casa distrutta
6 - Never give all the heart
7 - La madre
8 - Non andartene
9 - Ah, che nostalgia ho di te
10 - Ah! L'amor, l'amore ond'ardo
11 - Chiudi gli occhi amore, lascia che io ti faccia cieca
12 - Quand je t'aime
13 - Quando non c'è più rimedio è inutile addolorarsi
14 - Molta pazzia è divino buon senso
15 - Se tu vuoi un amico addomesticami
16 - Metti a repentaglio tutto ciò che hai
17 - Colui che genera un figlio non è ancora padre
18 - Forse tutta la vita non è che un sogno continuo
19 - Piccoli atti di coraggio
20 - La vita è breve
21 - Prigioniero
22 - Ci sono sempre due scelte nella vita
23 - Ci sono vuoti che le parole colmano
24 - Poi sei venuta tu
25 - Come geloso io soffro quattro volte
26 - Non è il tuo amore che voglio
27 - At this point in my life
28 - Conosco vite di cui potrei fare a meno
29 - Dove è odio, fa' che io porti l'amore
30 - Fidati dei tuoi istinti e accetta la vita così com'è
32 - I vostri figli non son vostri figli
33 - Si chiama amore
34 - Legami di sangue e di rispetto

31 - Qualunque sia il destino

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By FleurduMar

Sensazione meravigliosa.

Di quando il destino finalmente si schiude,

e diventa sentiero distinto, e ormai inequivocabile,

e direzione certa.

Il tempo interminabile dell'avvicinamento.

Quell'accostarsi.

Si vorrebbe non finisse mai.

Il gesto di consegnarsi al destino.

Quella è un'emozione: Senza più dilemmi, senza più menzogne.

Sapere dove. E raggiungerlo. Qualunque sia, il destino.

(Alessandro Baricco)

Judith da circa dieci minuti guardava Ethan e James dormire abbracciati come due fidanzatini sul letto accanto a Lydie. Se si fossero svegliati e si fossero ritrovati così, sarebbero schizzati via, ognuno in un angolo opposto della camera d'ospedale che, dalla notte precedente, li ospitava.

Sorrise divertita, chissà a cosa stavano pensando così stretti l'uno all'altro, Ethan quasi certamente a Lydie, visto quanto fosse morbosamente legato a lei. L'aveva decisamente sorpresa quella notte. Nell'unica conversazione avuta con Preston, si era fatta un'idea molto diversa di lui.

Le era sembrato un tipo freddo, imperturbabile, scostante, invece quella notte si era dimostrato completamente sconvolto da quanto stava accadendo e nonostante sua sorella lo avesse rassicurato, alla fine, sullo stato di salute di Lydie e Etienne, aveva continuato ad essere agitato e nervoso, fino a quando non era crollato addormentato sul letto.

A cosa stesse pensando James, beh, forse non lo voleva sapere.

Si era decisa ad andare da Preston in tarda serata proprio per non doverlo incontrare e il destino l'aveva tradita, facendoglielo trovare, proprio laddove mai si sarebbe aspettata di vederlo.

Mike le aveva consegnato settimane prima un plico per Ethan, qualora fosse scomparso prematuramente, senza riuscire a vederlo. Da quello che sapeva lei, non si erano incontrati, dato che Ethan e Lydie erano arrivati a Londra soltanto il giorno prima dell'uccisione di Mike, così Judith aveva deciso di consegnargli quella busta, non sapendo esattamente cosa contenesse. Inoltre Jensen le aveva fatto un'altra richiesta specifica, Judith doveva difendere Preston qualora fosse stato implicato in qualsiasi cosa lo riguardasse, anche contro la volontà del ragazzo; aveva provato persino a pagarle un'eventuale parcella anticipata, ma Judith si era rifiutata, garantendo che lo avrebbe fatto, a prescindere dal denaro.

Ritrovarsi James a casa di Ethan l'aveva lasciata interdetta, non che il ragazzo non le fosse mancato, solo che non aveva ancora deciso bene se se la sentiva davvero, di andarsi a impelagare in una simile storia.

Alla fine il destino aveva deciso per lei, a quanto pareva.

Quando aveva visto Lydie in quelle condizioni, aveva immediatamente realizzato che necessitava di soccorso e la prima persona che le era venuta in mente era stata Greta, sua sorella, che era il vicedirettore del reparto di ginecologia ed ostetricia Elisabeth Garret Anderson dell'University College London Hospital.

L'aveva chiamata, senza stare neppure ad aspettare una risposta da James e Ethan, che le erano sembrati abbastanza smarriti entrambi. Aveva dato chiare indicazioni a sua sorella sullo stato di salute della ragazza e sulla sua gravidanza, chiedendo, di volta in volta, ai due presenti precisazioni sulle settimane di gestazione, sull'eventuali medicine assunte, su ciò che aveva provocato quel malore improvviso.

Greta, come sempre, non aveva smentito la sua professionalità e il suo attaccamento al lavoro. Anche se non era di turno, si era immediatamente precipitata all'indirizzo che le aveva dato Judith e aveva contemporaneamente richiesto un'ambulanza e allertato il reparto. Aveva dato alla sorella precise istruzioni su cosa farle trovare al suo arrivo: documentazione, cartella clinica, piccola borsa per il soggiorno in ospedale. Nel giro di neppure un'ora Judith, Ethan e James erano nel corridoio del reparto di ginecologia, aspettando il risultato dell'ecografia e degli esami, che avevano immediatamente effettuato.

Fortunatamente, il bambino stava bene e Lydie, una volta somministratole un antipiretico e attaccata a una maschera per l'ossigeno, sembrava essersi ripresa un po'.

Greta aveva parlato a lungo con Ethan, spiegandogli che la situazione non era drammatica, ma neppure da prendere alla leggera e che se volevano salvare entrambi era necessario, appena Lydie fosse stata meglio, procedere con un parto cesareo, in modo da poterla affidare ai colleghi del reparto di pneumologia, per quello che concerneva lo stato della sua malattia. Il ragazzo aveva annuito e Judith era rimasta molto colpita dal fatto che, quando sua sorella, per incoraggiarlo, gli aveva poggiato una mano sulla spalla dicendogli di non preoccuparsi, perché avrebbe fatto tutto il possibile affinché suo figlio e sua moglie vivessero, il ragazzo era scoppiato in un pianto dirotto.

Se quei mesi erano stati orribili per James, probabilmente lo erano stati, in parte, anche per Preston. Doveva esser stata una bella lotta interiore mostrarsi sicuro e tranquillo e al tempo stesso vivere con l'angoscia di una compagna che si sta spegnendo lentamente e al tempo stesso, custodisce dentro sé una nuova vita, che è legata a doppio filo a quella precaria della madre. James le aveva accennato brevemente al dialogo avuto con Lydie quel pomeriggio, le aveva raccontato dei dottori che sostanzialmente se ne erano lavati un po' le mani e li avevano duramente contrastati per quella loro scelta sconsiderata. No, non doveva esser stato per niente facile e per questo Judith lo ammirava; quanto a Lydie, non si era fatta un'idea molto precisa.

Stava per uscire dalla camera per potersi recare all'appuntamento con l'ispettore Turlington, quando sentì tossire e vide Lydie muoversi e cercare di togliersi la maschera d'ossigeno. Immediatamente Judith le si avvicinò, risistemandogliela. La ragazza era stata in stato di semi incoscienza tutta la notte e adesso si guardava attorno stranita, non comprendendo bene dove fosse e chi avesse davanti.

«Sei in ospedale, non ti preoccupare tu e Etienne state bene» disse con voce gentile, scostandole appena un po' la frangetta, per sentire se aveva ancora la febbre.

La sentì più fresca e sorrise.

«Ethan?» chiese con un filo di voce.

Judith non riuscì a trattenere una risata, scosse la testa divertita.

«Dorme lì accanto» e indicò il letto alla destra di Lydie, «tra le braccia di James».

Lydie sollevò le sopracciglia sorpresa, provò a girarsi un po' e quando vide James che avvolgeva Ethan in un caldo abbraccio, con il mento poggiato sul capo del ragazzo, sorrise divertita e tornò a guardare Judith.

«Sei un medico?» chiese un po' perplessa, notando che la donna che aveva di fronte, non indossava un camice ma una semplice camicetta e un paio di jeans.

«No, sono l'avvocato di Mike Jensen, mi chiamo Judith, ero passata per consegnare dei documenti a Preston».

Non poté terminare la frase, perché Lydie provò di nuovo a togliersi la maschera e Judith intervenne di nuovo a bloccarla.

«No, non toglierla» la rimproverò.

«Ma tu sei quella Judith?» chiesa stupita, osservandola attentamente.

«Come?» chiese un po' imbarazzata, non credendo possibile che James avesse parlato di lei proprio con Lydie.

«Intendo dire la Judith di James» continuò con un candore disarmante.

La donna sbatté la palpebre sorpresa e imbarazzata, come l'aveva definita?

La Judith di James? Aprì e chiuse la bocca un paio di volte non sapendo bene cosa rispondere, alla fine optò per un semplice «sono Judith Morrison, un'amica di James e di sua sorella».

Pensò di aggiungere quel particolare della sorella, per far comprendere che tra lei e James non c'era niente, assolutamente niente e con buona probabilità, niente ci sarebbe mai stato.

Lydie allungò una mano per prendere quella di Judith che sussultò a quel contatto, un po' perché le dita della ragazza erano gelide, un po' perché non se l'aspettava.

«Per lui non sei solo un'amica» ribadì tranquilla, come se non si stesse parlando dell'uomo che, solo fino a sette mesi prima, era il suo uomo.

«Credo che tu gli piaccia molto e vorrei chiederti di dargli almeno una possibilità».

Judith s'irrigidì e cercò ti liberarsi dalla presa della ragazza che, di contro, strinse di più le dita attorno al braccio di lei.

«Ho fatto molte sciocchezze e mi sono comportata in modo orribile con James, credimi è una persona splendida e non si meritava ciò che ho fatto. Non posso tornare indietro e cambiare il passato, ma vorrei provare a migliorare il futuro, almeno delle persone che amo, visto che non credo che il mio sia molto lungo». Sorrise quasi divertita, come se avesse fatto una battuta.

Judith la guardò allibita. Quella ragazza era completamente pazza o cosa?

«So che James ti ha raccontato tutto, di me, di Ethan, della mia malattia e del bambino. Capisco che ti abbia spaventata tutto ciò, però, ti imploro, aspetta almeno di conoscerlo prima di rifiutarlo... per favore».

La voce di Lydie sembrò quasi una supplica e Judith, senza neanche comprendere il perché si sedette sul letto e lasciò che fosse il suo cuore a parlare.

«Io non sono spaventata per ciò che James mi ha raccontato. Lo conosco da tempo e so che è un uomo meraviglioso. È dolce, sensibile, premuroso, gentile e sempre pronto ad aiutare gli altri. Il fatto è che tu gli hai dato ciò che io non potrò dargli mai... non sono all'altezza».

Le parole le morirono in gola, neanche riuscì a spiegarsi perché diamine stesse confidando per la prima volta il suo più grande segreto: a chi? A una ragazzina, mezza sconosciuta, per giunta ex fidanzata dell'uomo che Judith amava da anni e che stava con buona probabilità per dargli un figlio. Si poteva essere più idiote di così? pensò avvilita.

«Ma questo James lo sa?» chiese seria Lydie, accarezzandole una mano.

Una lacrima venne giù senza che Judith lo volesse e si affrettò subito a farla sparire, alzando gli occhi e fingendo di guardare verso la finestra.

«No» rispose, quando anche la voce era ritornata normale.

«Non l'ho mai detto a nessuno e non so perché lo stia dicendo a te» disse quasi frustrata, fissando nuovamente Lydie. Quest'ultima sorrise in modo così sincero e pieno di gioia da lasciare completamente stordita Judith.

«So io perché me lo hai rivelato» bisbigliò, forse affaticata dal troppo parlare.

La guardò interrogativa, non seguendo il flusso di pensieri di quella ragazza così strana. Cominciava vagamente a comprendere perché fosse piaciuta tanto a James e forse perché, anche Preston, ne fosse così attratto: Lydie era insolita, infantile e al tempo stesso saggia, leggera e profonda, sicura e fragile, neppure Judith sembrava uscire indenne dal suo fascino.

«Non capisco» disse infine, avvicinandosi al volto della ragazza per poterla ascoltare meglio.

«Sto morendo Judith, sto morendo ma lascio tre uomini soli e bisognosi di una donna. James ha bisogno di una compagna, Ethan ha bisogno di una guida ed Etienne avrà bisogno di una madre. Ti affido mio figlio Judith, non puoi avere il tuo, ma avrai il mio. Ti prego».

Judith s'alzò di scatto, staccandosi immediatamente da Lydie e liberando la sua mano.

«Sei pazza!» disse completamente sotto shock, mentre correva fuori da quella camera d'ospedale.

Quando fu nel corridoio si rese conto di essere troppo sconvolta per poter uscire in quello stato e andare all'appuntamento, così si diresse in bagno per darsi una rinfrescata, bagnarsi un po' il volto e ritrovare un po' di calma.

Aprì il rubinetto, lasciò che le mani restassero a lungo sotto il getto di acqua gelida e poi si bagnò ripetutamente il viso, come per svegliarsi da quell'assurdo sogno che doveva aver fatto.

«Pazza» ripeté a se stessa, guardandosi allo specchio e tamponandosi il volto con un tovagliolo di carta.

Judith si recò direttamente a Scotland Yard.

Il colloquio con l'ispettore Turlington fu tutto sommato breve e poco impegnativo. Avevano già molti sospetti su chi fosse il mandante di quell'assassinio, ma avevano bisogno di prove. Judith ad ogni modo fu professionale come sempre e lasciò intendere che sarebbe stata disponibile per eventuali altri colloqui, qualora ce ne fosse stato il bisogno. Quando uscì da quella struttura decise di recarsi in ufficio, si accorse che il suo cellulare era squillato più volte, ma avendolo silenziato non lo aveva avvertito. Erano tutte chiamate di James. Non aveva voglia di sentirlo, non era pronta per parlargli e poi cosa avrebbe mai potuto dirgli? Inoltre le parole di Lydie l'avevano ulteriormente confusa e turbata, ma come era saltato in mente a quella ragazzina di proporre una simile idiozia ad una donna che non conosceva affatto? Lydie era proprio un'immatura, una sconsiderata, una... si fermò realizzando che stava pensando di quella ragazza esattamente le stesse cose che le aveva ripetuto mille volte James durante le loro prime uscite, quando Judith ancora non sapeva del bambino e del tumore.

Dio, pensò, non era pronta, non era preparata per affrontare una situazione del genere. Ne aveva viste e vissute tante, ma una cosa così, era troppo anche per una donna forte come lei.

In ufficio non concluse molto. Trascorse gran parte della giornata a controllare il cellulare per vedere se le arrivava qualche altra chiamata da James, cosa che peraltro non avvenne, e domandandosi se non fosse il caso di chiamarlo lei, anche solo per sapere come stava Lydie. Il fatto era che la proposta della ragazza l'aveva terrorizzata. Si era interrogata tutto il pomeriggio, chiedendosi il perché, in fin dei conti quella matta poteva dire ciò che voleva, ma perché l'aveva tanto turbata?

Perché?

Forse perché, sotto sotto, in un remoto angolo della sua mente, un angolo così remoto, che la sua coscienza aveva voluto ignorare e rimuovere, lei aveva preso in considerazione quella possibilità. Quando James le aveva raccontato tutto, per un istante, un solo, brevissimo, insignificante istante, la sua mente aveva pensato proprio ciò che Lydie le aveva proposto quella mattina. E se si fosse occupata lei di quel bambino insieme a James?

Ecco. L'aveva ammesso. Era già un passo avanti per ritornare a uno stato non più vegetativo.

Era così orribile ciò che aveva pensato? Forse no, visto che la stessa Lydie glielo aveva proposto senza alcun segno di sofferenza, rimorso, angoscia o frustrazione. In fin dei conti, lei amava James fin da quando lo aveva conosciuto e se mai fosse stato possibile, aveva finito con l'amarlo ancor di più in quegli ultimi giorni, in cui si erano per la prima volta frequentati e conosciuti meglio.

Non c'era stato niente di fisico, tra loro, eppure, per assurdo, sentiva che si era creato, proprio per quel motivo, un legame ancora più forte e stabile di un qualsiasi altro, che fosse nato prima da un'attrazione sessuale.

Loro si erano avvicinati prima emotivamente e sentimentalmente, l'aspetto fisico sarebbe venuto solo dopo, come conseguenza di qualcosa di ben più solido che si era creato in precedenza.

Etienne, potenzialmente, poteva essere figlio di James, quindi che male ci sarebbe stato, in qualità di sua compagna, pensare di sostituire la vera madre, a maggior ragione se un domani lei non ci fosse stata più?

Si passò le mani esasperata tra i capelli, premendo poi con forza sugli occhi che le bruciavano.

Il punto era proprio quello!

Quel bambino poteva non essere di James, poteva essere di Preston. In quel caso? In quel caso forse James si sarebbe comunque sentito legato al figlio della sua ex compagna, visto tutto quello che li aveva uniti in passato e durante la gravidanza, ma lei? Cosa diamine c'entrava lei?

Niente! Quello era il punto: lei non c'entrava proprio niente.

Allora perché diamine Lydie le aveva proposto di prendersi cura addirittura di Preston? Probabilmente lui neanche l'avrebbe voluta attorno. A stento tollerava James, per quanto quella notte le fossero sembrati molto uniti. Stava perdendo tempo. Stava ragionando di niente. Era più pazza di Lydie, perché aveva trascorso una giornata a riflettere su ipotesi assurde e inverosimili.

«Idiota! Ecco cosa sei, una perfetta idiota» si disse alla fine esasperata, alzandosi dalla sua scrivania con l'intento di tornarsene a casa. Lo squillo del cellulare la sorprese, era Greta.

«Ehi. Pensi di passare più tardi qui in ospedale?» chiese, senza neanche salutarla, segno che era a lavoro e andava di fretta.

«Ehm, non so, penso di sì» rispose un po' incerta. «È successo qualcosa? Novità?» continuò con un po' di preoccupazione.

«Sì, domani procediamo con il parto cesareo, oggi è già sfebbrata e non è il caso di perdere tempo, anche secondo il mio collega di pneumologia» l'avvertì con tono sbrigativo.

«Ah, bene. Ok».

«Te lo dico perché il bambino dovrà stare in incubatrice e lei probabilmente sarà operata d'urgenza... dipende dall'esito della Tac, ma quelli di pneumologia non sono molto ottimisti e pensano che sia molto rischioso aspettare ancora per asportare il tumore».

«Quindi?» chiese Judith non comprendendo perché sua sorella le dicesse tutto quello.

«Sei sua amica, no?» insisté Greta.

«Ehm, sì» non le sembrò il caso di spiegare le complicate dinamiche di quel quartetto improbabile.

«È francese, non ha parenti qui a Londra e il marito le dovrà stare molto vicino, quindi se puoi, cerca di darle un supporto e magari occuparti un po' del bimbo».

Quella richiesta la spiazzò e agitò ulteriormente.

«Scusa in che senso» rispose acida. «Non ve ne occupate voi?»

Ci fu un lungo silenzio, forse aveva risposto con un tono troppo nervoso e irritato e sua sorella doveva aver colto che qualcosa non andava.

«Judith! Mi meraviglio di te» iniziò Greta, sinceramente sorpresa. «Certo che ce ne occupiamo noi, ma sarebbe importante per il bambino sentire delle presenze amiche, qualcuno che ogni tanto lo accarezzi, gli faccia avvertire del calore umano. Sua madre non potrà farlo perché sarà in un altro ospedale, la opereranno al Royal Brompton Hospital perché da noi il reparto di pneumologia non c'è e dovrà restarci un po'. Sai bene che gli infermieri devono occuparsi di tanti bambini, non possono trattenersi più di tanto... insomma», sbottò esasperata «ma c'è bisogno che te lo spieghi?»

«Ok, scusa, sono solo un po' stanca. Farò quello che posso, ora devo scappare. Ciao Greta» concluse con un filo di voce.

«Ciao sorellina» rispose con tono affettuoso l'altra, chiudendo la telefonata.

Decisamente il destino le era avverso, le mancava solo quello. Stava giusto prendendo in considerazione l'ipotesi di farsi vedere il minimo indispensabile all'ospedale e darsela a gambe non appena fosse nato Etienne e adesso, proprio sua sorella, la coinvolgeva in qualcosa che Judith desiderava fin troppo. E se si fosse affezionata al piccolo Etienne? Dopo che avrebbe fatto?

Quando arrivò davanti alla porta della camera di Lydie si fermò un attimo interdetta, c'erano voci alterate, soprattutto quella di Ethan. Non era carino entrare e ancora meno ascoltare, ma il ragazzo urlava così tanto che era quasi impossibile non sentire tutto.

«T'ho detto che tu m'appartieni, porca puttana! Sei mia cazzo!»

La voce di Lydie era talmente bassa che Judith non comprese la risposta.

«Me ne fotto, è un questione di rispetto.»

Sentì Lydie ridere e tossicchiare un po'.

«Cazzo ridi. Tanto non la passa liscia, hai capito? E tu stronza che non mi ubbidisci mai... MAI. Cosa t'avevo detto?»

Bisbiglio .

«Appunto e non l'hai fatto».

Un altro bisbiglio incomprensibile, Judith voleva quasi allontanarsi, ma la conversazione era talmente surreale da averla inchiodata al pavimento.

«No tu muori quando lo dico io, hai capito? Non quando pensi tu, quando lo dico io e non l'ho detto, quindi non puoi morire. E non mi fare incazzare se no spacco tutto!»

Sentì ridacchiare di nuovo e si chiese quanto quei due fossero normali. Stava per allontanarsi, quando un nome ricatturò la sua attenzione.

«Quello stronzo di James me la paga».

Bisbigli.

«No, intendo ricattarlo, così impara!»

Judith restò interdetta, Ethan voleva ricattare James? E perché mai?

In quel momento la porta s'aprì di scatto e Judith suo malgrado si vide scoperta a origliare una conversazione privata. Divenne paonazza. Ethan la squadrò da capo a piedi in modo strano.

«Guarda, guarda» ghignò.

Judith provò a balbettare qualcosa, ma il ragazzo uscì in fretta e furia, lasciandola davanti alla porta con Lydie che la salutava e le faceva segno di entrare.

«Mi dispiace, non volevo...»si sentì una stupida, «ecco...»

«Oh», fece Lydie come se non fosse accaduto nulla, «non preoccuparti, poi gli passa, è già tanto che non abbia sfasciato nulla. È stato bravo, sta migliorando, lo devo riconoscere, ma tu non glielo dire altrimenti si esalta troppo».

Rise di gusto. Lo disse come se fosse tutto normale, solo che per Judith non era normale un bel niente! Perché avrebbero dovuto litigare in ospedale, quando lei solo il giorno prima era in condizioni quasi disperate e Ethan sembrava perso senza di lei. Ma soprattutto perché s'era parlato di un ricatto ai danni di James? Judith lentamente si avvicinò a Lydie e la guardò con sospetto.

Il suo animo da avvocato si era risvegliato e sapendo di chi era stato amico Preston, non si sarebbe sorpresa troppo se Ethan avesse in mente qualcosa di poco piacevole.

«Non temere» disse Lydie, intuendo i suoi pensieri. «Ethan è molto possessivo, m'ha fatto il terzo grado perché ieri ho parlato da sola con James e lui non voleva, ne ha fatto una tragedia. Io posso anche morire» fece ridendo. «L'importante è che muoia solo sua» e rise così tanto da cominciare a tossire senza sosta.

Judith le rimise immediatamente la mascherina dell'ossigeno guardandola stranita, Preston e Lydie non le sembravano completamente sani di mente.

«Ma ha parlato di ricattare James» si azzardò a chiedere, per capire esattamente cosa avesse in mente il ragazzo.

Lydie la guardò in modo strano, poi sbuffò.

«Sì. Lo so. Ma non fa sul serio... più o meno».

Judith avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma in quel momento apparve sulla porta James.

«Ciao Lydie» disse in modo frettoloso, avvicinandosi a Judith e poggiandole solo un attimo una mano su una spalla, «Ciao Judith».

Il secondo saluto fu più lento e accompagnato da un gran sorriso.

«Non ti ho ancora ringraziato per ieri, per tutto quello che hai fatto, non dovevi» continuò senza mai staccarle gli occhi di dosso.

«Pensavo che magari, per ringraziarti, potremmo andare a cena fuori stasera, tanto Lydie sta meglio e poi c'è Ethan».

Judith non ebbe il tempo di rispondere che un'altra voce s'intromise.

«Ma bravo James, che bella idea che hai avuto» fece Preston dandogli una pacca su una spalla un po' più forte del normale. «Io e Lydie gradiremmo proprio mangiare qualcosa di commestibile, rispetto allo schifo che servono qui in ospedale».

James alzò un sopracciglio non comprendendo, «ma Lydie mica può uscire» rispose confuso.

«Lei no, tu sì. Ora prendi le ordinazioni, vai nel ristorante che ti consiglia il tuo amico Ethan e ci porti da mangiare e ovviamente» sorrise furbo, «sarai così bravo da correre abbastanza da non farci arrivare i piatti freddi. Sai, non gradisco».

Lydie sbuffò e incrociò le braccia al petto fulminando Ethan con un'occhiataccia.

«Ma che hai fumato, Preston!» sbottò allibito James, guardando confuso Judith.

Ethan ridacchiò e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, James sbiancò e rivolse prima a Ethan e poi a Lydie uno sguardo assassino.

«Tu sei proprio uno stronzo e tu una demente» se ne uscì furioso.

«Le ordinazioni, caro» ridacchiò soddisfatto Ethan.

James biascicò un'imprecazione sottovoce, ma fece quanto richiesto, poi guardò avvilito Judith.

«Temo di doverli accontentare. Diciamo che è un favore che, ad amici così» e calcò sulle ultime parole, «proprio non posso negare».

Judith non aveva compreso la complessa dinamica del ricatto, ma aveva capito che il ricatto era quello e così decise di dargli una mano.

«Sai che c'è. T'accompagno, forza andiamo».

James s'illuminò, la prese per mano e la trascinò fuori di lì, sotto lo sguardo deluso di Ethan che li osservò sparire.

«Ah, Preston» disse, facendo nuovamente capolino dalla porta. «Vaffanculo».

Quando furono in auto Judith chiese spiegazioni. Gli raccontò di aver ascoltato parte di una conversazione tra Ethan e Lydie, gli disse di aver capito che avevano intenzione di ricattarlo in qualche modo. Lo disse sorridendo perché tutto sommato le sembrava che i toni della vicenda si fossero molto ridimensionati.

James, che era già al volante, lo strinse un po', prese fiato, poi si voltò un attimo a guardarla in modo strano.

«Ok. Vada per la sincerità». Fece una pausa. «Ieri ho dato un bacio a Lydie».

Il sorriso di Judith si spense in un secondo, non fece a tempo a irrigidirsi che si ritrovò le mani di James a tenerle il volto.

«Questo è il bacio che ho dato a lei» e si chinò a sfiorarle appena le labbra, così come aveva fatto il giorno prima con Lydie. «Questo è quello che avrei dato a te» e si avventò sulle sue labbra cogliendola completamente di sorpresa.

Judith fu così spiazzata che all'inizio non rispose a quel bacio ma, dopo qualche secondo di stupore, cominciò a lasciarsi andare. Lo desiderava da anni, lo aveva desiderato così tanto che quasi non le sembrava vero sentire le labbra di James premere sulle sue, quasi con la stessa brama che aveva lei. Si baciarono a lungo, con passione, l'uno aveva fame dell'altro. Le mani di James scesero pian piano, carezza dopo carezza, lungo il collo di Judith, le spalle, la schiena, i fianchi. Lentamente e con dolcezza, l'attirò a sé e sorrise appena, quando realizzò che volevano entrambi la stessa cosa. Judith non solo non oppose alcuna resistenza, ma si aggrappò a lui e gli si sedette sulle gambe per lasciarsi baciare e abbracciare meglio. In quel momento non c'era assolutamente nulla... nulla che contasse più di quel contatto così desiderato.

«Sai che ti dico» gli sussurrò a un tratto lei, tra un bacio e l'altro, «quei due possono arrangiarsi per la cena. Noi spegniamo i cellulari e ci prendiamo due ore tutte per noi».

James sorrise soddisfatto. «Non potrei essere più d'accordo».

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