Bruciare ||Harry Styles ||

By FleurduMar

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ATTENZIONE QUESTA E' UNA FANFICTION RATING ROSSO a causa di un linguaggio a volte molto volgare e la numerosa... More

1 - Dolce attesa
2 - Silentium!
3 - Saprai che non t'amo e che t'amo
4 - Un amore, violento, fragile, disperato
5 - Bevo a una casa distrutta
6 - Never give all the heart
7 - La madre
8 - Non andartene
9 - Ah, che nostalgia ho di te
10 - Ah! L'amor, l'amore ond'ardo
11 - Chiudi gli occhi amore, lascia che io ti faccia cieca
12 - Quand je t'aime
13 - Quando non c'è più rimedio è inutile addolorarsi
14 - Molta pazzia è divino buon senso
15 - Se tu vuoi un amico addomesticami
16 - Metti a repentaglio tutto ciò che hai
17 - Colui che genera un figlio non è ancora padre
18 - Forse tutta la vita non è che un sogno continuo
19 - Piccoli atti di coraggio
20 - La vita è breve
21 - Prigioniero
22 - Ci sono sempre due scelte nella vita
23 - Ci sono vuoti che le parole colmano
24 - Poi sei venuta tu
25 - Come geloso io soffro quattro volte
26 - Non è il tuo amore che voglio
27 - At this point in my life
29 - Dove è odio, fa' che io porti l'amore
30 - Fidati dei tuoi istinti e accetta la vita così com'è
31 - Qualunque sia il destino
32 - I vostri figli non son vostri figli
33 - Si chiama amore
34 - Legami di sangue e di rispetto

28 - Conosco vite di cui potrei fare a meno

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By FleurduMar

Conosco delle vite di cui potrei fare a meno

Senza dolore alcuno –

Altre – un istante d'assenza delle quali

Sarebbe un'eternità –

Queste ultime – scarse di numero –

Non sono nemmeno due –

Le prime – un orizzonte di moscerini

Facilmente supererebbero.

(Emily Dickinson)

Era mattina, la luce filtrava piano dalle persiane che non avevano abbassato del tutto. Ethan, che era disteso di fianco alle spalle di Lydie, ne approfittò per tracciare con un dito un sentiero tutto suo, che dall'orecchio della ragazza scendeva giù, lungo il collo, ruotava attorno a un seno, lo risaliva come se dovesse scalare una montagna e conquistarne la vetta e poi di nuovo giù, in una lenta e inesorabile discesa fino ai fianchi. Poi il dito divenne mano, aperta, tesa a coprire quanta più pelle fosse possibile, per sentire lui, il piccolo Etienne, che tutte le mattine calciava e premeva per farsi spazio. Diede un piccolo colpetto col dito sulla pancia di Lydie e il calcetto non si fece attendere. Sorrise, divertito, nascondendosi dietro la spalla di lei, neanche avesse compiuto una marachella o forse sì, l'aveva compiuta, svegliandola. La desiderava così tanto, eppure ultimamente aveva paura di far l'amore, perché la vedeva in affanno e temeva che lo sforzo fisico e l'eccitazione non le facessero più molto bene. La ragazza si stiracchiò un po', si accarezzò il pancione, sorrise nell'avvertire un calcetto proprio nel punto in cui aveva posato la mano, poi si protese indietro, per sentire il corpo di Ethan dietro di lei.

«Non mi vuoi più» bisbigliò piano, «è da un po' che ti limiti solo ad accarezzarmi. Qualcosa non va?»

Il ragazzo chiuse gli occhi e fece scivolare la mano, che era rimasta appoggiata alla base del pancione di Lydie, fin sulle cosce, per poi scivolarne in mezzo e farsi largo, in cerca del suo luogo perfetto, il punto in cui sogno e realtà si toccavano. Il luogo che Ethan considerava il suo porto sicuro, la sua vera casa, il luogo che voleva fosse accessibile solo a lui, che solo lui potesse toccare.

L'accarezzò a lungo, gemendo appena e spingendo il bacino contro il sedere di Lydie, per farle capire che lui la desiderava sempre, come un pazzo, come se l'unica cosa davvero importante, che lo facesse sentire felice e umano, era divenire un tutt'uno con il corpo di lei. Avrebbe fatto volentieri a cambio con Etienne; Ethan voleva rifugiarsi dentro Lydie e restare lì per sempre, nutrendosi di ciò che nutriva lei, godendo di ciò che faceva godere lei, soffrendo di ciò che faceva soffrire lei e morendo di ciò che stava facendo morire lei.

Lei riuscì a leggere i suoi pensieri, la sua fronte nascosta dalla pesante frangetta fu solcata da una profonda ruga, «Ethan... amore» non riuscì a finire la frase che il campanello di casa cominciò a squillare con furia. Ethan la guardò sorpreso, chi poteva mai essere a quell'ora del mattino. Si voltò a guardare l'orologio, nove e mezza. Quella domenica mattina aspettava il curatore dei suoi beni, che avrebbe dovuto consegnargli le chiavi dell'appartamento dei suoi genitori, solo che avevano appuntamento alle dieci e mezza, non poteva essere in anticipo di un'ora e soprattutto perché suonava alla porta di casa e non al citofono? Come aveva fatto a entrare nel portone? Forse era James.

Si alzò di scatto, s'infilò un pantalone di una tuta e una t-shirt e corse alla porta, guardò allo spioncino e rimase interdetto un po'. Si allontanò lentamente dallo spioncino, mentre il campanello suonava ancora con insistenza.

Sorrise divertito e aprì piano la porta.

«Ciao figlio di puttana» disse ridacchiando, «ti pare l'ora adatta a rompere i coglioni?»

Mike appoggiato allo stipite della porta gli sorrise.

«Mi sei mancato anche tu amor...», il ragazzo rimase interdetto e si staccò dalla porta mettendosi sull'attenti, osservando allibito la donna che aveva appena fatto capolino alle spalle di Ethan. La scrutò con attenzione, chiedendosi chi diamine fosse, non credeva che il suo amico, appena arrivato, si fosse portato a letto una tipa, ma ciò che più lo lasciava interdetto era il fatto che la tipa fosse in camicia da notte, segno che aveva dormito lì e avesse una mano poggiata sulla spalla di Ethan. Mike lo conosceva da quasi quindici anni, perciò riteneva di saperne abbastanza su di lui e di una cosa era certo, mai, ma proprio MAI, aveva permesso a una donna di dormire a casa sua e soprattutto MAI avrebbe permesso a una donna di toccarlo. Il suo amico le donne le scopava e basta, anche in modo piuttosto violento, tanto che nessuna gradiva vederlo una seconda volta e detestava essere toccato, tanto meno in modo affettuoso come stava facendo quella ragazza. Pensò che fosse una parente. Spostò lo sguardo su Ethan e si accorse che aveva assunto un'espressione divertita, ma gentile. Alzò un sopracciglio, ancora perplesso, poi lo vide tirare a sé la ragazza con un gesto che indicava affetto e possesso al tempo stesso e fu allora che Mike boccheggiò.

Oddio! Pensò, guardando stupefatto il pancione di Lydie.

«Quando cazzo pensavi di dirmelo, brutto stronzo?»

Cominciò ridendo e dando una spinta al suo amico per farsi largo ed entrare in casa. In silenzio s'intrufolò una figura fino ad allora rimasta in ombra, un omone alto e robusto con uno sguardo truce e un'aria inquietante. Lydie si aggrappò con maggior forza al braccio di Ethan, spaventata dall'individuo appena sopraggiunto. Mike era uno spacciatore e non sapeva quanto stare tranquilla, per quanto l'amico di Ethan avesse oggettivamente un aspetto da ragazzino. I capelli erano biondi e rasati quasi a zero e gli davano un'aria da pulcino spelacchiato. Aveva due occhietti piccoli, così piccoli che si faceva fatica a capire di che colore fossero. Il volto era pieno di lentiggini e le orecchie a sventola contribuivano a dargli un'espressione buffa. Era molto magrolino, per quanto, togliendosi la giacca e mostrando le braccia nude, scoperte dalla maglietta a mezze maniche, Lydie notò quanto fossero asciutte e toniche. Mike si gettò sulla sedia della cucina e cominciò a dondolarsi avanti ed indietro tempestando di domande Ethan, che ovviamente ridacchiava e rispondeva a monosillabi. Lydie spostò lo sguardo sull'uomo che la terrorizzava e che, probabilmente, doveva essere una specie di guardia del corpo. Sussultò e si sentì avvampare, quando vide che l'uomo la stava osservando. D'istinto allungò una mano per presentarsi.

«Piacere, Lydie» disse un po' intimidita.

L'uomo che era rimasto in piedi le guardò a lungo la mano, poi la strinse con gentilezza, riservandole un largo sorriso.

«Je m'appele Louis, mais pour tout le monde je suis LouLou» disse con un chiaro accento marsigliese.

Lydie spalancò la bocca, non poteva crederci, non poteva...

«Ethan Preston!» gridò furiosa, portandosi le mani ai fianchi.

«Questa è Lulù» disse indicando l'omaccione in piedi accanto alla tavola della cucina.

«La prima donna che hai amato e che ti ha insegnato il francese?» continuò con aria truce. «Sei un vero stronzo!»

Ethan sorrise furbo e Mike lo guardò allibito.

«Ma sei proprio un bastardo!» cominciò ridendo come un matto. «LouLou la prima donna che hai amato? Che figlio di puttana!»

Ethan per tutta risposta diede un calcio al piede della sedia di Mike facendolo cadere a terra.

Lydie girò veloce attorno al tavolo e si piegò accanto a Mike per accertarsi che non si fosse fatto male.

«Tutto bene?» chiese preoccupata.

«Mi sono fatto un po' male qui» fece malizioso indicando il labbro.

Lydie sorrise e glielo baciò. Ethan le diede una strattonata, stringendola a sé con rabbia.

«Ben ti sta» gli sussurrò lei divertita. L'aveva fatta morire di gelosia per settimane con la storia di quella dannata Lulù e adesso scopriva che era un uomo grande, grosso e peloso!

«La amo» fece Mike divertito, tirando su la sedia.

Fecero colazione assieme e chiacchierarono allegramente come un normale gruppetto di amici che non si vedeva da tempo. Mike volle sapere tutto su Lydie, sul bambino, ogni tanto rideva di gusto guardando Ethan, ora molte stranezze gli tornavano: le prostitute rispedite al mittente, quello strano architetto pedinato fino a Marsiglia. Per giorni Mike si era chiesto per quale dannato motivo Ethan gli avesse fatto pedinare un tipo che non aveva mai preso neanche una contravvenzione.

E poi la sparizione per mesi.

Quell'imbecille s'era innamorato!

E dire che oramai aveva perso la speranza che il suo amico mostrasse una qualche forma di umanità, eccezion fatta nei suoi riguardi.

Alla fine Mike e LouLou si decisero a salutare e ad andar via. Lydie li abbracciò con affetto, erano dei criminali, ma si erano mostrati gentili e soprattutto aveva colto il legame profondo che univa Mike e Ethan. Si allontanò e andò a farsi una doccia. Era ancora in camicia da notte e oramai erano quasi le dieci e mezzo. Sull'uscio di casa Ethan diede un colpetto alla spalla di LouLou e Mike gli ordinò di avviarsi giù per le scale e aspettarlo davanti al portone. Rimasti soli, Ethan gli chiese come avesse fatto a sapere che era rientrato a Londra.

«Aspettavo un corriere all'aeroporto e Phil t'ha visto e m'ha avvertito. Sapeva che volevo incontrarti».

Ethan alzò un sopracciglio, «perché?»

Mike si stinse nelle spalle. «Cos'ha Lydie?»

Ethan sussultò, poi sorrise, Mike gli era sempre piaciuto per quel motivo: intelligente, buon osservatore, sincero fino a far male.

«Sta morendo».

«Uhm» fece il ragazzo senza scomporsi. «Ho notato che respira a fatica ed è pallida. La vita è breve ed è una merda. Goditi la tua Lydie finché ti è possibile, è una bella persona, mi è piaciuta molto. Ama in modo sincero con tutta se stessa».

Ethan annuì, era proprio così.

«E il bambino?» chiese Mike.

«Oramai è al settimo mese, direi che dovrebbe riuscire a nascere senza grossi problemi. Ci sono bambini che nascono di sette mesi e sopravvivono, no?»

Mike, l'osservò in silenzio.

«Pensi di riuscire a fare il padre?»

Ethan abbassò un attimo lo sguardo, come se stesse riflettendo su quella domanda, che in realtà lo tormentava da mesi.

«Gliel'ho promesso, ma non so se ne sarò capace, soprattutto perché temo che morta lei, tornerò a morire anch'io» ammise dopo un po'.

Mike annuì, come se quello che aveva appena detto Ethan per lui fosse assolutamente ovvio.

«Mi vogliono far fuori, per questo volevo salutarti» disse ad un tratto il ragazzo.

Ethan lo guardò stupito.

«C'è un bastardo che mi sta facendo una guerra spietata da mesi, è in combutta pure con qualche sbirro corrotto. Gira voce che stia aspettando un buon momento per ammazzarmi e sostituirmi nel giro».

Ethan annuì, rientrava nei rischi del mestiere che si era scelto Mike. Si abbracciarono forte, sapendo che non si sarebbero rivisti mai più.

Mike si avviò giù per le scale, poi si voltò sorridente.

«Ehi, Ethan! Ci si vede all'inferno!» disse ridendo.

«Sì, ma porta gli attrezzi per lo scasso, Lydie va in Paradiso di sicuro e io la devo recuperare».

«Tranquillo» gridò Mike che aveva ripreso a scendere le scale. «In riformatorio ci sono finito per quello, lo sai. Sono un professionista, apro qualsiasi porta, anche quelle del Paradiso, fidati!»

James aprì piano gli occhi, si sentiva stranamente riposato, come non gli capitava da mesi. Che ore erano? Dalla luce che, con forza, riusciva a passare dalle tapparelle, dedusse che dovessero essere almeno le dieci del mattino. Sorrise e si mosse un po'. Realizzò che due braccia esili gli circondavano il busto. Si girò appena per poter osservare il volto di Judith che appoggiato alla sua schiena, sembrava sereno e rilassato.

La sera precedente avevano passeggiato a lungo, avevano mangiato qualcosa in un piccolo pub. James aveva spiegato che era letteralmente scappato di casa, perché aveva sentito Lydie e Ethan nell'altro appartamento. Era la prima volta, da quando aveva scoperto la loro relazione, che Lydie rientrava a Londra e andava a vivere da Preston. Judith, come sempre, lo aveva capito e gli aveva proposto di dormire da lei. James sapeva che dietro quella proposta non c'era nessun secondo fine, nessuna malizia, semplicemente un'offerta di tregua da una situazione di disagio. Avevano dormito vicini, per darsi calore a vicenda, senza però spogliarsi, nessun bacio, nessuna implicazione sessuale, si erano solo scaldati il cuore l'un l'altro. Adesso che lei era ancora addormentata, James poteva osservarla con calma: era così diversa da Lydie e non solo fisicamente. Judith era una donna nell'accezione più ampia e completa del termine e quell'aspetto non gli dispiaceva affatto. A differenza di Lydie, che era sempre dipesa in tutto e per tutto da lui e con la quale non si era mai confrontato, trattandola come una bimba da proteggere, con Judith il confronto, lo scambio di opinioni, era continuo. James realizzò che gli piaceva e lo rassicurava sapere di poter parlare alla pari con qualcuno, che era sufficientemente maturo da capirlo e al tempo stesso sufficientemente sicuro da esprimere la propria opinione senza il timore di dire una sciocchezza o di non essere all'altezza.

Lydie prima di lui aveva avuto solo un ragazzo della sua età e probabilmente altrettanto inesperto. Judith, invece, era una donna che aveva avuto le sue esperienze, anche abbastanza dolorose in un caso e pertanto si rapportava con James da pari.

Le scostò una ciocca di capelli che le era finita sul labbro. Era bella, c'era poco da dire, di una bellezza completamente differente da quella di Lydie, ma non per questo meno attraente ai suoi occhi. Si chiese come avesse fatto a non notarla prima, forse semplicemente non era sufficientemente maturo per una donna così. Era certo che, se avesse frequentato Judith prima di tutto quello che gli era capitato, non l'avrebbe trovata così interessante. Era stato un immaturo, legato a stupidi stereotipi. Sorrise per un attimo pensando che tutto sommato quell'imbecille di Preston non aveva tutti i torti quando lo prendeva in giro dicendo che era un uomo noioso e prevedibile. Forse quel ragazzo aveva attratto Lydie proprio con quel suo atteggiamento fuori dagli schemi e atipico. James era stato una figura quasi paterna per la ragazza ma, per quanto si possa amare un padre, non è quello l'uomo che ci attrae e col quale desideriamo trascorrere il resto della nostra vita. Iniziò a pensare che, effettivamente, non aveva capito molto della sua relazione con Lydie e che Ethan, forse, non aveva tutti i torti quando gli rinfacciava che lui, della ragazza, non sapeva quasi nulla.

Chi era Lydie? Non la ragazzina intimorita che conosceva James, ma la donna che aveva lasciato tutto e che stava rischiando tutto per amore: amore per Ethan e amore per il figlio che le cresceva dentro. Quella donna James non la conosceva affatto e soprattutto non era emersa grazie a lui, ma grazie a Preston, grazie a quel ragazzo che aveva considerato maleducato, violento, drogato e che forse era meglio di quel che sembrasse.

Judith aprì gli occhi e si immobilizzò nel ritrovarsi James così vicino. L'osservò un po' imbarazzata. Era la prima volta che trascorreva un notte con un uomo, dormendoci e basta. Dopo il divorzio era stata con diversi uomini, di solito a casa loro, ed era sempre sgattaiolata fuori dal loro appartamento appena la passione veniva seguita dagli imbarazzanti silenzi del post coito.

«Grazie» le sussurrò James e Judith per poco non scoppiò a piangere, perché era stata la notte migliore della sua vita. Si era sentita sicura, rilassata, a suo agio come non le capitava da tempo e soprattutto aveva dormito profondamente. Solo quell'aspetto l'avrebbe portata a chiedergli di trasferirsi in pianta stabile a casa sua.

«Colazione?» chiese, distogliendo lo sguardo e allontanandosi da lui, per ritrovare un po' di equilibrio e non apparire una donnetta isterica e pietosa, dalla lacrima facile.

James annuì, chiese di potersi dare una rinfrescata in bagno e quando uscì, notò che Judith aveva già apparecchiato la tavola.

Il ragazzo prese una tazza di thè, qualche biscotto e intanto si chiese se fosse quello il momento giusto per raccontare tutto. Sapeva di dover parlare del bambino, della malattia di Lydie, delle implicazioni di tutta quella maledetta vicenda, al tempo stesso voleva prendere tempo. Era stato così bene e l'idea di poter perdere tutto gli faceva male al cuore, era consapevole che con buona probabilità Judith sarebbe scappata a gambe levate, una volta che avesse scoperto che era legato mani e piedi a Lydie, per quanto non lo desiderasse affatto.

Dal canto suo Judith si chiedeva se fosse stato davvero necessario raccontare subito a James del suo segreto, in fin dei conti, non era accaduto niente tra loro, si erano solo confortati a vicenda, quello non implicava nulla. Sapeva da sempre quanto fosse importante per lui la famiglia, quanto desiderasse avere dei figli. Solo che Judith era sterile e non poteva averne, lo aveva scoperto poco dopo il divorzio e quello, in qualche modo, era stato il colpo di grazia. Probabilmente James non l'avrebbe voluta più, una volta che lo avesse scoperto, Judith lo comprendeva. Lei adorava i bambini e il non poter averne l'aveva realmente distrutta.

Perché un uomo dolce, sensibile, bello e che poteva avere tutte le donne che avesse voluto, si sarebbe dovuto accontentare di una donna incompleta, di una che aveva perso proprio ciò avrebbe dovuto evidenziare la sua femminilità: la capacità di dare la vita.

«Judith» disse ad un tratto James osservandola con attenzione.

«C'è qualcosa che dovrei dirti», così cominciò a raccontare tutto quello che era avvenuto in quegli ultimi sette mesi. La scoperta del tradimento, la decisione di allontanare Lydie da Londra sperando che, stando alla larga da Preston per un po', sarebbe ritornata la ragazza di sempre. La sconvolgente scoperta che Lydie era incinta e che la paternità di quel bambino era assolutamente incerta. E infine il tumore, la scelta folle della ragazza di andare contro tutto e tutti, scegliendo di tenere il bambino e proseguire con la gravidanza. Gli scontri con Preston e Lydie, per quella decisione che James non condivideva e per la quale nessuno gli aveva chiesto un parere, nonostante lo coinvolgesse e lo condizionasse.

Judith aveva ascoltato in silenzio, incapace di proferire parola. Adesso capiva perché James fosse tormentato da Lydie e non riuscisse a lasciarsi alle spalle quella relazione. Adesso capiva il perché di quelle telefonate che aveva trovato ridicole, in cui lui si comportava come un padre preoccupato, adesso capiva... capiva e si sentì sconvolta. Era una storia complessa in cui lei non era sicura di volerci entrare e poi che ruolo avrebbe potuto interpretare? Aveva già avuto la sua vita complicata, aveva già sofferto abbastanza a causa di Jeff e della sterilità, non voleva essere coinvolta in una storia così.

James la osservò tranquillo, si sentiva sereno, per la prima volta era riuscito a tirar fuori tutto quello che per mesi lo aveva angosciato e tormentato. Adesso, qualunque cosa avesse detto Judith, sentiva di doverle comunque essere riconoscente. Suo malgrado lei era riuscita, inconsapevolmente, ad aiutarlo e di questo James le sarebbe stato sempre grato. Sapeva che non era una situazione piacevole quella che stava vivendo e non offriva certo molto a quella donna.

«James» disse a un tratto con un filo di voce Judith, «vorrei restare sola per favore, puoi andar via?»

Si sentì uno schifo un secondo dopo aver pronunciato quella frase, ma aveva davvero bisogno di star sola, aveva bisogno di ritrovare un po' di lucidità e di equilibrio. Aveva bisogno di prendere le distanze da ciò che le era stato raccontato, per ragionarci su in modo lucido.

James le sfiorò appena una mano che lei teneva ancora appoggiata sul tavolo, annuì, raccolse la sua giacca e uscì di casa.

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