Storia di una capinera

By Sawakosusanna

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Incanto, tempesta, delirio in un sogno d'amore proibito. Libro di Giovanni Verga. More

Prologo
Monte Ilice, 3 Settembre 1854.
19 Settembre.
27 Settembre
1 Ottobre
10 Ottobre
23 Ottobre
2 Novembre
10 Novembre
16 Novembre
17 Novembre
20 Novembre
21 Novembre
26 Novembre
20 Dicembre
26 Dicembre
30 Dicembre
31 Dicembre
7 Gennaio, 1855
Catania, 9 Gennaio
10 Gennaio
Dal convento, 30 Gennaio
8 Febbraio, 1856
27 Febbraio
28 Febbraio, mezzanotte
10 Marzo
Domenica, 29 Marzo, mezzanotte
Sabato, 5 Aprile
Lunedì, 7 Aprile
15 Maggio
27 Maggio
3 Giugno
4 Giugno
7 Giugno
10 Giugno
13 Giugno
24 Giugno
28 Giugno
5 Luglio
25 Luglio
5 Agosto
17 Agosto
13 Settembre
18 Settembre
18 Settembre
24 Settembre
Senza data
Senza data
Stimatissima signora Marianna.

26 Agosto

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By Sawakosusanna

Oh, Dio mio! perché mi avete abbandonata!
Quello che io provo non ha nome! sentirsi colpevole a tal segno... aver tal paura del proprio peccato! e non potersene staccare!...
Quella predica! quella predica!... sempre quella voce terribile nelle orecchie!... Che orrore! Veggo
l'inferno che mi attende spalancato... mi sento perduta come Satana nell'immensità dell'abbandono
di Dio... e amo sempre il Nino! ho paura dei demoni, e penso a lui!... oso levare gli occhi supplichevoli verso l'altare e penso a lui!... ho la testa piena di larve, di fiamme, di visi atroci... e sorrido, ardo, con lui!... lui ch'è il peccato, la tentazione, il demonio!!...

Senti quel ch'è accaduto, Marianna! Ero sul belvedere, seduta presso quella cappelletta che noi
ornavamo di ghirlande e fiori: il sole era levato da poco; si udivano i mille rumori delle vie, e il canto degli uccelli; il cielo era azzurro, il mare risplendente, spirava un'aria imbalsamata di fragranza che faceva sollevare il mio povero petto tanto malato... io pensava, pensava... vedi per quali vie questo demonio tentatore che si chiama pensiero s'insinua a tradimento in noi da tutti i pori e s'infigge ferocemente nel cervello! io pensava al fiorellino che scuoteva le sue perle di rugiada, al
fumo che si levava dai camini, alla vela che si perdeva negli splendori del mare, al canto che saliva
dalla via.

Era sogno? non lo so. Due farfallette s'inseguivano di fiore in fiore: una aveva le ali d'oro, un'altra tutte bianche... quella dalle ali di neve si nascose dentro il calice di un bel fiore più bianco delle sue ali con un atto di gentile malizia; e la povera sua compagna la cercava, agitando le sue
piccole ali dorate con un senso d'affanno; come trepidavano quelle alucce allorché si accostavano ai
petali del bel fiore! poi si affacciò alla corolla, guardò, forse sorrise, e vi si nascose anch'essa. Che si dicevano? che si rubavano? che si passava in quelle piccole anime? quanta felicità era racchiusa in quella tenue corolla? Un uccelletto pispigliava sul comignolo del tettuccio della cappelletta, e agitava le ali con un moto sì rapido che ai raggi del sole nascente le sue penne sembravano fatte di pagliuzze d'oro. Diceva: vieni! vieni! pareva che piangesse; chi può saperlo? forse piangeva davvero; chi aspettava? chi chiamava?... Poi spiccò un volo rapido, dritto, sicuro; dove correva?... Era libero e volava! Su di un crepaccio del muro una piccola lucertola si scaldava al sole; se tu avessi visto com'era lieta quella bestiolina! come anelavano i suoi piccoli fianchi, e agitavasi la sua testolina, e brillavano i suoi occhietti! forse benediceva quel raggio che scendeva benefico anche per lei, e
quella stilla di rugiada che la foglia del fiore lasciava cadere. Chi ha mai pensato a tutte le gioie che
ne circondano? alle felicità che sono nel verme che striscia per terra, e nell'atomo che non si vede?
Poi si udì una carrozza; i cavalli avevano le sonagliere: sai come è allegro il rumore delle sonagliere; ti parla della campagna, del verde dei prati, delle strade polverose, delle siepi fiorite, delle allodole che saltellano dinanzi ai cavalli. Si udiva stridere una carrucola, e un'allegra voce, una fresca voce di donna, che cantava una di quelle canzoni popolari che non hanno senso comune e commuovono tanto; era una fantesca che attingeva l'acqua ad un pozzo; perché era allegra colei? a che pensava? al suo villaggio natale? alla messa della domenica? alla note voce che soleva venire a ricantare quella vecchia canzone dinanzi alla sua porta?

Tutte quelle cose avevano una parola e dicevano: Nino! Nino! lo cercavo cogli occhi intorno a me e lo vidi, lo vidi alla finestra di una casa poco lontana...

Era lui! proprio lui!... coi gomiti appoggiati al davanzale, colla pipa in bocca, e respirava tutta quella festa di un bel mattino. Oh! il mio povero
cuore! il mio povero cuore! Mi parve che altra volta mi avessero detto che mia sorella era andata ad abitare una casa vicino al convento, ma Dio mi aveva fatto la grazia di non farmici pensare...

Ora lo vedevo lì, oh Dio! perché? perché?... che faceva? che pensava?... mi vedeva? no! no! i suoi occhi
erano distratti... eppure avrebbero dovuto vedermi, col mio vestito nero, il mio velo bianco, le braccia distese...

Che aveva in cuore quell'uomo? - Qual pianto! qual pianto! Oh Signore! se vi potessi
ringraziare per averlo veduto... solo!

Oh! Dio mio, non mi fate vedere mia sorella! non mi fate vedere mia sorella!

Nino! Nino! son qui! son io! non mi vedi? non ti rammenti? che hai? che ti ho fatto?... Oh! la mia testa! Nino! guardami! vedi come son pallida! senti come il petto mi duole!... Oh

Nino! fammi la
carità di guardarmi!...

Egli si è voltato; ho veduto un'ombra dietro di lui... una veste... son fuggita perché la ragione mi
vacillava!... Dio! Dio! che spasimo! Sono andata a rintanarmi nella mia cella come una belva ferita... Oh! che fiamme! che dolori! La mia testa! la mia povera testa!...
Che giornata! che giornata orribile! Quel fantasma sempre dinanzi agli occhi; quello spasimo
sempre inchiodato nel cuore!
Son quasi pazza. Sento qualche cosa che mi afferra per le carni e mi trascina lassù sul belvedere...
per tornare a vedere quello di cui la sola idea mi lacera il cuore... Vorrei passarvi tutti i miei giorni
e morire là di dolore, cogli occhi fissi su quella finestra.
Ho voluto pensare a Dio, e Dio mi è sembrato crudele; ho voluto pensare a quella predica, e mi è
sembrata ingiusta. Tutte le furie dell'inferno si dilaniano il mio cuore...
Senti, Marianna!... senti la
dannata... poiché io voglio perdermi! voglio dannarmi!... La notte, quando tutti dormivano, sono
andata lassù, sulla terrazza, a piedi nudi, premendomi il petto perché le monache non udissero il
battito del mio cuore che aveva paura, il vigliacco! strisciando fra le tenebre come un fantasma.
Quel tragitto è durato mezz'ora; mezz'ora di terrori, di ansie, di lotte interne; spaventandomi al minimo rumore, trattenendo il respiro ad ogni porta, lasciandomi cadere sfinita ad ogni scalino... S'egli avesse potuto scorgermi!... Poi, quando son giunta lassù, e ho visto le stelle sul mio capo... e quella finestra illuminata... ciò che si è passato dentro di me io stessa non saprei dirtelo...

Senti!... ti dirò quello che vidi... tu soffrirai come me... vorrei che tutti quelli che amo soffrissero...

Suonavano le undici... quelle squille avevano vibrazioni acute che ferivano come un coltello... le vie erano ancora popolate... c'era gente che passeggiava, che rideva; si sarebbero potuti udire i discorsi che si
tenevano da quelli che erano più vicini... nel buio si vedeva quella finestra illuminata che mi guardava col suo occhio spalancato... Cento volte ho passato la sera a fantasticare fissando da lungi qualche lume che brillava in qualche camera lontana... e tentare d'indovinare tutti gli affetti, tutte le cure, tutti quei piccoli dispiaceri che alla povera anima mia sembrano un'altra delle felicità domestiche, i discorsi, le parole che probabilmente si passavano attorno a quel lume solitario... Ma quella finestra aveva un riverbero infuocato... non poteva fissarla senza sentirmi ardere tutte le vene...

Lui!

lui! la sua casa, [... tutto quello che c'è nella sua casa], nella sua vita, nel suo affetto, tutte le serenità della pace, tutte le benedizioni della famiglia. Quella camera aveva la tappezzeria a gran fiori azzurri: vicino alla finestra c'era una poltrona; più in là, su di un tavolino, mille oggetti che non potevo distinguere, ma dei quali alcuni luccicavano al lume della candela... se volessi immaginare il tabernacolo, non saprei idearlo altrimenti: ognuno di quei piccoli oggetti avea l'impronta della sua mano; su quella poltrona si era seduto cento volte. Perché era deserta quella camera?...

sembrava che avesse paura, e ne faceva anche a me... poi si aprì una porta ed entrò una donna... lei!... mia sorella!...

mia sorella! com'era bella! poteva toccare ognuno di quegli oggetti, mettersi a sedere su quella seggiola!... Si accostò alla finestra e fece ombra al lume... crudele! crudele!... e si appoggiò al davanzale. Pareva che mi guardasse... ebbi paura di quel viso rivolto verso di me e che rimaneva
nell'ombra... mi celai dietro la cappelletta... Come tremavo! come batteva il mio cuore! Poco dopo ella si ritirò bruscamente; e andò ad aprire la porta per la quale era entrata...

Era lui! lui!... le prese la mano... la baciò sulle labbra... Dio! Dio! Dio!... fatemi morire!... anche maledetta!

Tu non puoi sapere quello che ci sia di ebbrezza, di rabbiosa voluttà nell'imporsi un'atroce tortura... si divora sé stessi poiché non si può divorar altri... io ho visto quell'uomo abbracciare quella donna... quell'uomo, Nino! lei, mia sorella! li ho visti sedersi accanto, parlarsi tenendosi per le mani, sorridersi, rubarsi i baci a vicenda... ho indovinato tutte quelle dolci parole che si dicevano, ho visto, per un miracolo di intuizione, i più piccoli moti della sua fisonomia, quello che c'era nei suoi occhi; nessuno ha potuto vedere quello che ho io visto... i miei occhi asciutti si dilatavano;

il mio cuore non batteva più; c'era un profumo di Satana in me...

E questo spettacolo è durato quasi un'ora! Un'ora là, a piedi nudi, arsa di febbre, tremante di ribrezzo, respirando l'angoscia, le furie a pieni
polmoni... Mi sono imposta questa terribile gioia, questa gioia che ha denti di fiamma come lo spasimo, per vederlo... e sono andata là tutte le sere, con quel pericolo, quella febbre, quel delirio... l'ho visto!... che monta il come? l'ho visto! Ho passato i giorni sulla terrazza con un sole ardente che mi dardeggiava sul capo nudo, piena la mente di bagliori, di smarrimenti, di vertigini, e gli occhi di fiamme, e il corpo arso di febbre, per vederlo un solo stante passare da una stanza all'altra e nulla

più!

Ah! se il dolore uccidesse!!...

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