The delirium.

By alinablossom-

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Los Angeles, fiumi di alcol e droga, giri di prostituzione e mafia. Una famiglia povera, un padre disperato c... More

The delirium.
Secondo capitolo.
Terzo capitolo.
Quarto capitolo
Quinto capitolo.
Sesto capitolo.
Settimo capitolo.
Ottavo capitolo.
Nono capitolo
Decimo capitolo.
Undicesimo capitolo.
Dodicesimo capitolo.
Tredicesimo capitolo.
Quattordicesimo capitolo.
Quindicesimo capitolo.
Sedicesimo capitolo.
Diciassettesimo capitolo.
Diciottesimo capitolo.
Diciannovesimo capitolo.
Ventesimo capitolo.
Ventunesimo capitolo.
Ventitreesimo capitolo.
Ventiquattresimo capitolo.
Venticinquesimo capitolo.
Ventiseiesimo capitolo.
Ventisettesimo capitolo.

Ventiduesimo capitolo.

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By alinablossom-

«Allora?»

Era risaputa e conosciuta da tutti la poca pazienza che caratterizzava la famiglia Parker, difatti Josh era in procinto di aggiungere qualcosa, ma fu brutalmente interrotto.

«Questa cazzata è andata avanti già troppo.»

La figura imponente di William si fece largo nello studio, ponendosi tra il padre e Kimberly con l'intento di mettere fine a qualsiasi conversazione tra i due.

«Rilassati figliolo.»

Josh cercò di controllare la sua impulsività, osservando il figlio che inconsciamente faceva da scudo alla giovane. Will dedicò un'occhiata colma di rabbia al padre e si girò fronteggiando Kim.

«Vai in camera tua e restaci questa volta.»

Kimberly annuì e lentamente uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

«Allora figliolo, perché la ragazza è qui?»

Poteva rifilare un'infinità di scuse al padre e sicuramente aveva l'intelligenza per pensarne qualcuna credibile, ma voleva essere sincero.

«Lei è il pagamento di un debito.»

Il viso del Signor Parker assunse un cipiglio strano.

«E tu cosa ci ricavi?»

«Me la scopo.»

Quelle parole furono accompagnate da un ghigno malizioso e da pensieri sporchi nei riguardi di Kimberly. La voglia che Will aveva di sprofondare nel suo corpo bollente, di sentire le sue pareti stringersi attorno a lui era inspiegabile.

«Questo è un fottuto scherzo.»

Lo sbuffo scocciato e incredulo del padre risuonò nel grande studio. Josh sperava di sentire le parole del figlio deriderlo perché credeva a qualsiasi cosa gli fosse detta, ma non accadde. Anzi. Il luccichio provocatorio negli occhi di William fece venir voglia al maggiore di prenderlo a ceffoni.

«E' una ragazzina.»

William avrebbe voluto spaccare la faccia all'uomo accanto a se, ma cercò di trattenersi. Kimberly era una ragazzina, allora perché quella piccola indemoniata riusciva a farlo impazzire più di quanto ogni altra donna avesse mai fatto? Ogni volta che la osservava, mentre invano cercava di combatterlo, una strana sensazione si faceva strada e la voglia di legarla a letto e scoparsela per ore intere aumentava ad ogni sguardo.

«Non lo diresti da come scopa.»

Gli occhi di Josh si dilatarono ascoltando le parole del figlio. Non era di certo questo quello che si aspettava quando aveva deciso di ritirarsi e lasciare il figlio a giostrare gli impieghi di famiglia. A distanza di qualche anno si pentiva amaramente della scelta fatta. William era completamente cambiato, acquisendo una freddezza d'animo spaventosa.

«Chi cazzo sei diventato?»

Il disappunto era ben visibile sul viso ormai segnato da rughe dovute all'età.

«Quello che la mafia richiedeva.»

Una frase detta senza riflettere fu in grado di far pietrificare l'uomo che osservò il figlio come se avesse due teste. Doveva uscire da quella stanza perché non sopportava di vedere il figlio in quello stato, con quello strano luccichio negli occhi, soprattutto perché il responsabile era lui. Si diresse a passo preciso ed elegante verso la porta, fece scattare la maniglia con sicurezza e con calma varcò la soglia.

«In ogni caso lei non ti appartiene, alla prima occasione fuggirà.»

Dopodiché richiuse la porta lasciando William lì, solo, a riflettere sulle parole pronunciate dal padre.

L'aveva liquidata in meno di un secondo, l'aveva mandata via come se fosse feccia, poco importante anche per scambiare due parole con il padre. Arrivò dopo pochi minuti fuori la sua camera e si sentì come un cane che obbedisce al suo padrone senza tener conto dell'ordine.

Lei non era così, lei non voleva essere così.

Non voleva e non poteva sottomettersi a William Parker, nonostante lui rappresentasse l'unico appiglio in mare aperto per lei. Doveva reagire, fargli capire che non era un animale da ammaestrare e da tenere buono.

Varcò la soglia di camera sua e si guardò attorno, captando con sguardo assente il libro abbandonato rovinosamente sul letto. Si avvicinò a passo svelto e sollevò la copertina scoprendo l'angolo piegato della pagina che stava leggendo. Chiuse il libro ponendo un dito tra fogli di carta per non perdere il segno e uscì dalla camera, recandosi nel salone.

Si accomodò in modo svogliato sul divano poggiando la testa sul bracciolo e piegando leggermente le gambe adagiò il libro sulla pelle, continuando a leggere.

Un William completamente fuori controllo girovagava per i corridoi di casa sua con l'intento di arrivare alla camera di Kimberly. La discussione con il padre gli aveva fatto venire una gran voglia di rimarcare il suo dominio sulla ragazza. Non appena Josh aveva provato a dissentire, dicendogli in modo netto e conciso che la ragazza non gli apparteneva, il cervello di William aveva iniziato a pensare ad ogni modo per scoparsela, per possederla e per far capire al padre -ma soprattutto per convincersi- che Kimberly era sua, era sotto il suo dominio, gli apparteneva.

Spalancò senza neanche bussare la camera della giovane convinto di trovarla al suo interno, magari distesa sul letto a pancia in giù, appisolata sul cuscino morbido rivestito con le coperte di seta.

E invece la stanza era completamente vuota.

Osservare il letto disfatto e l'assenza della ragazza tra le lenzuola non fu positivo per la situazione in cui si trovava al momento. Le aveva ordinato in modo preciso di andare nella sua stanza e di non muoversi, eppure lei non era lì.

Richiuse la porta con un forte tonfo e a passo pesante si diresse verso la cucina, sicuro di trovarla seduta sul marmo freddo con le gambe che penzolavano mentre chiacchierava con la cameriera e succhiava gustosamente il suo ghiacciolo all'amarena, ma Kim non era neanche lì.

Il suo sguardo freddò Mary che preparava il pranzo con cura.

«Signore, il cibo è quasi pronto.»

Annuì distrattamente con il capo, lui aveva una sola priorità. Trovare Kimberly e affondare bruscamente dentro di lei.

«Preparate un vassoio e portatelo a mio padre» disse riferendosi a nessuno in particolare «e voglio sapere dov'è Kimberly.»

Guardò direttamente Mary, essendo certo di poterle estorcere qualche informazione. A malincuore l'anziana donna dovette dire a Parker dove si trovava la giovane. William ghignò soddisfatto.

«Mettete da parte il cibo, io e Kimberly pranzeremo dopo. Ho una questione da risolvere adesso.»

La sua idea era andare lì da lei, ricordarle in modo brusco a chi doveva dare ascolto e perdersi in lei, ma quando arrivò e la trovò distesa sulla superficie morbida, con i capelli sparsi in modo disordinato decise di restare un attimo lì ad osservarla. Era così attenta, così immersa nelle pagine di quel libro che non si accorse del leggero movimento e non alzò gli occhi dalle pagine. Aveva gli occhi gonfi e lo sguardo stanco eppure era ugualmente bella. Restò lì per un lasso di tempo indefinito, poi Kim alzò leggermente lo sguardo accorgendosi di lui e facendo incastrare i loro occhi. Voglia di possedere e malizia contro il nulla più totale. Gli occhi della diciassettenne erano completamente inespressivi all'apparenza, ma velavano una profonda emozione. Il contatto visivo si interruppe quando Kimberly posò di nuovo gli occhi sulle pagine, ignorandolo. 

La furia di William fu indomabile arrivati a quel punto. Tagliò con pochi passi la distanza che li divideva e le strappò in modo deciso il libro dalle mani gettandolo in qualche angolo remoto della grande stanza.

«Non provare mai più ad ignorarmi in quel modo.»

La grossa mano destra si strinse attorno al collo della giovane che sussultò osservando le pupille dilatate di William. Kimberly abbassò lo sguardo puntandolo sulla mano avvolta al suo collo.

«Chi era quell'uomo?»

La domanda era completamente inutile a dire il vero. Le dita lasciarono leggermente la presa, restando comunque ancorate alla pelle della giovane. Un sorriso sarcastico la schernì.

«Andiamo bambolina, mi deludi.»

Kimberly alzò leggermente la schiena, avvicinandosi impercettibilmente a William.

«Perché tuo padre è qui?»

Occhi carichi di sfida accompagnarono quella domanda.

«Non deve interessarti.»

Lasciò la presa sul suo collo alitandole vicino la mandibola per poi afferrare entrambi i polsi della ragazza, posizionandoli sulla sua testa.

«A me interessa.»

Le morse il collo con ferocia facendole scappare un gemito e in seguito le baciò piano la clavicola.

«Quando la finirai?»

Si alzò per guardarla negli occhi, mentre con una mano teneva ancora fermi i suoi polsi, l'altra andò ad alzarle il mento per baciarla. Il suo viso si calò leggermente cercando le sue labbra, ma con uno scatto felino Kimberly girò il volto sottraendosi al bacio.

«Tu sei mia e devi fare ciò che ti dico!»

La voce alta e il tono brusco spaventarono Kimberly. La mano destra di William strinse maggiormente la presa sui polsi della ragazza facendole emettere un leggero gemito di dolore. Will la osservò bramoso e facendosi spazio tra le sue gambe orientò la sua erezione verso il centro pulsante della diciassettenne, che involontariamente alzò i fianchi facendo scontrare le loro intimità.

La mano sinistra di William iniziò a esplorare il corpo di Kimberly, accarezzando punti critici e succhiando la pelle situata sul seno lasciata scoperta dalla maglia che indossava la giovane. Will orientò la sua mano ai pantaloni della ragazza e cercò di tirarli giù mentre Kim si dimenava.

«Basta, non voglio.»

Gettò i pantaloni ai piedi del divano e la osservò bramoso. Sapeva che mentiva, il suo corpo la tradiva, cercava in tutti i modi di avvicinarsi a quello del ragazzo.

«Non mentirmi bambolina.»

Le scostò in modo poco gentile gli indumenti che le coprivano il seno e guardandola negli occhi prese tra le labbra il capezzolo sinistro succhiandolo e leccandolo. Trattenere i gemiti fu impossibile per Kimberly, che osservando gli occhi colmi di malizia di Will fu colpita da uno spasmo. Will le liberò i polsi e in un gesto rapido la spogliò lasciandola solo con gli slip.

«Smettila, per favore.»

William dissentì con il capo e cominciò ad accarezzarla, a esplorarla e a godersela completamente. Lecco e morse ogni centimetro di pelle che si estendeva dal petto al suo basso ventre. Le accarezzò piano le cosce e lentamente tirò giù l'ultimo indumento rimasto a coprire il corpo della giovane.

«Smettila tu di combattermi e arrenditi, mi appartieni.»

Il volto di William sparì tra le gambe di Kimberly, che colpita dal piacere portò la mano destra tra i capelli corvini del ragazzo, tirandoli.

Se c'era qualcosa che il giovane Parker sapeva fare alla grande, era far impazzire le donne. La sua lingua si muoveva in circolo sul clitoride mentre le sue dita esploravano la giovane internamente e si perdevano tra quegli antri bollenti per lui. La sua erezione iniziava a pulsargli dolorosamente e con le labbra ancora inumidite dagli umori di Kimberly si alzò leggermente.

«Io non ti appartengo.»

William la osservò, le goti rosse, il respiro affannato e i capelli arruffati eppure cercava ancora di combatterlo. Mosse le dita ancora sepolte dentro di lei e le dedicò un piccolo sorriso mentre con l'altra mano si sbottonava la patta dei pantaloni.

«Prova a ripeterlo mentre affondo ripetutamente dentro di te bambolina, forse riesci a convincerti.»

Le dita furono tirate fuori per far spazio all'erezione pulsante di William e la stessa mano che era stata impegnata a darle piacere le bloccò i polsi mentre con un'unica spinta il ragazzo si faceva strada in lei annientando ogni sua capacità di ragionare.

writer's wall.
Buona sera!
E' cosi strano tornare a scrivere e a pubblicare dopo quattro mesi. Parecchie di voi si sono scocciate -giustamente- di aspettare e hanno deciso di andare via e so che questo è colpa mia, ma dopo la morte di mio nonno davvero non avevo più ispirazione e per quanto provassi a scrivere alla fine nulla di buono veniva fuori e non ero mai soddisfatta dei risultati che raggiungevo.
Mi siete mancati tanto, tutto questo mi è mancato e nonostante qualche messaggio non era proprio gentile, sono anch'io una lettrice e posso cercare di capirvi.

In ogni caso tutto è tornato alla normalità, io sono tornata alla normalità e ho tantissime idee -ho già abbozzato qualcosa per il finale-.

Ho in mente una nuova storia, con nuovi personaggi -ben tre protagonisti maschili e devo dire tutti dei gran pezzi- e nuove vicende. Pubblicherò qualche foto dei tre nuovi uomini a breve sul mio profilo Twitter -vi ricordo di seguirmi se volete leggere qualche anticipazione o anche solo chiacchierare, sono hasyaaf- e di seguirmi anche qui perchè ho scoperto che posso pubblicare cose e far arrivare le notifiche ai miei followers.

Ringrazio tutte voi che avete -nonostante tutto- continuato a dimostrare interesse per quello che ho scritto e spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.

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See you Sunday.
All the love, H.

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