Election [I libro, Rose Evolu...

Av Esterk21

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Primo libro della Rose Evolution Saga 2# nel contest Miglior Libri 2016 Sponsor Links & WIAIta "L... Mer

Diritti d'autore - Election
Revisione Conclusa!
Capitolo I (R)
Capitolo II (R)
Capitolo III (R)
Capitolo IV (R)
Capitolo V (R)
Capitolo VI (R)
Capitolo VII (R)
Capitolo VIII (R)
Capitolo IX (R)
Capitolo X (R)
Capitolo XI (R)
Capitolo XII (R)
Capitolo XIII (R)
Capitolo XIV (R)
Capitolo XV (R)
Capitolo XVI (R)
Capitolo XVII (R)
Capitolo XVIII (R)
Capitolo XIX (R)
Capitolo XX (R)
Capitolo XXI (R)
Capitolo XXII (R)
Capitolo XXIII (R)
Capitolo XXIV (R)
Capitolo - XXVI (R)
Capitolo XXVII (R)
Capitolo XXVIII (R)
Capitolo XXIX (R)
Capitolo XXX (R)
Capitolo XXXI (R)
Capitolo XXXII (R)
Epilogo | Capitolo XXXIII (R)
Isola di Phērœs
Base Militare Alpha
Special!
LinkS
Genuine Goals

Capitolo XXV (R)

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Av Esterk21

Quei colpi mi avevano svuotata. Al mio corpo rimase appena la forza per continuare a respirare e ascoltare. E cos'altro se non quella voce? Non era più un sussurro vicino, ma un mormorio distante, appena percettibile. Mi sembrava di star spiando due persone che conversavano, ma solo uno dei interlocutori era udibile: la voce, quella che dopo mesi sembrava essere improvvisamente scomparsa, ora intratteneva un monologo insensato.

«Ha solamente bisogno di tempo» sembrò dire. Un alito di vento poco più che accennato, sibilava riverberando per le pareti della mia mente svuotata. Non ebbe alcuna risposta. «So che è incerta e che ora non possiamo permettercelo. Però, proprio perché esita...»

Un altro silenzio, un'altra risposta mancata. Ma la voce andò avanti.

«Questo non lo so, ma potrebbe capendone l'importanza» continuò. «Nessuno di loro va davvero bene!»

Ancora nessuna risposta.

«Forse mi sbaglio, ma quale alternativa abbiamo?»

Le parole sbiadirono nel silenzio, che perdurò per un tempo per me impossibile da definire. Quando chiudevo gli occhi, ormai, il suo regolare scorrere si era alterato. Una notte era come un intero giorno passato alla Base, una manciata di parole delle ore, un sussurro anche più di tutto. Quel che vissi nell'incoscienza, poteva essere durato anche più della prova stessa. O meno di un battito di ciglia.

Quando trovai l'energia necessaria per riprendermi, furono altre le voci ad accerchiarmi. Troppe e litigiose, scatenarono il caos anche fuori dalla mia testa; il tutto smorzato solo di fischi debilitanti che mi laceravano le orecchie.

«Questa cosa non è giusta!» L'ultimo gridò arrivò con chiarezza, stridulo anche più dei sibili. Aspettai di mettere a fuoco il suo viso per capire chi fosse: Adele, in piedi davanti a quella che doveva essere l'ennesima brandina dell'infermeria. Così, era già la terza volta che dopo una prova mi svegliavo con la paura di aver subito un danno permanente.

«Abbassa la voce!» L'inconfondibile nota severa di William mi spinse ad alzarmi, forse con troppa prodezza da poter gestire. Mi riaccasciai subito sul lettino, scossa da nuovi, insopportabili dolori.

«Visto? L'hai svegliata!» inveì. «Ehvena, rilassa i muscoli! Farà male ancora per un po'» sussurrò mentre iniziava a massaggiarmi gentilmente i polpacci, contratti nel dolore come il resto del corpo. In un unico istante fui in grado di percepire ogni singolo muscolo del mio corpo; alcuni non pensavo neppure di averli. Rimasi senza respiro, bloccata in una morsa paralizzante. La pressione si accumulò nelle tempie, facendomi bruciare gli occhi fino ad annebbiarli. William continuò a massaggiare con cura tutte le parti più sofferenti: prima il busto, proprio sotto la gabbia toracica, permettendomi di fare piccoli respiri, poi il collo, le spalle e la zona dei reni. Grazie a lui la tortura fu più sopportabile, ma non meno lunga. Dopo un profondo respiro, scivolai nuovamente esausta sul lettino.

Opal si avvicinò per vedermi meglio, mentre Quiana mi si sedette accanto. Potevo vederle dal naso in su, i capelli mi solleticavano una guancia. Aiutò William massaggiandomi le braccia. Aveva l'aria molto stanca, ma il suo aspetto era comunque migliore di quello di Opal. Io, probabilmente, ero messa peggio di entrambe.

«Aaah» sospirò Opal. «Avrei voluto che qualcuno lo avesse fatto per me quando mi sono svegliata. Quei bastardi degli infermieri mi hanno lasciata quasi soffocare.»

«Ordini dei Responsabili» disse Alexa. Anche leu era lì. La chioma bruna sbucava oltre le spalle di William. C'erano tutti in realtà, dal vociare di sottofondo l'infermeria era di nuovo piena. Attorno al mio letto c'erano solo visi familiari, parte di una vecchia e tacita alleanza che durante l'ultima sfida era stata riesumata. Adele era l'unica estranea. Guardai alle sue spalle, poi ai lati, ma non c'era traccia di Shawn.

«C-Che...» esalai come un verso strozzato.

«Aspetta, aspetta» m'intimò William, massaggiando ancora il collo. «Meglio?»

Mi chiarii cautamente la voce. «S-Sì, meglio» dissi, con un filo sottile di voce.

Nonostante ciò, lui non smise di aiutarmi a riprendermi. Il dolore sparì molto più velocemente dell'effetto parallelizzante provato dopo le frane nella Terza Prova. Pian piano la sensazione di stare per accartocciarmi su me stessa come un pezzo di carta, divenne un brutto ricordo. Un altro da aggiungere alla collezione.

«Cos'è successo?» chiesi.

«Ci hanno presi» disse Opal. «Tutti.»

Ricordavo perfettamente l'estenuante corsa in quel labirinto di metallo, sbucato dopo una scossa del tutto inaspettata. Poi c'era stata la scoperta dei bersagli umani, molti spari, dolore e Maximilian. Infine, l'imboscata. «Dopo?»

«Ci hanno sparato. Un sacco di volte» proseguì lei. «Si sono divertiti da morire a spremerci tutti quei punti.»

«Chi?»

«La Grande Alleanza» proferì Alexa. «Almeno è così che hanno detto di chiamarsi.»

«Tutti i membri rimasti del Quarto Gruppo, e chiunque ne abbia mai fatto parte. Hanno fatto fuori anche noi. Non ce lo aspettavamo, erano così tanti» mi spiegò William.

«Non tutti». Opal aveva l'aria furiosa, i suoi occhi arrossati erano carichi di odio. «Io ho fatto parte del Quarto Gruppo, ma non sapevo niente di questa Grande Alleanza. Quindi il biondino si sbaglia, hanno reclutato solo chi gli andava a genio.»

«È stato un massacro. Ci hanno tolto la possibilità di svolgere la prova, poi hanno fatto i loro comodi, eliminandosi l'un l'altro. Uno alla volta» continuò William. «Avete aspettato tanto per iniziare solo perché loro hanno giocato fino all'ultima eliminazione.»

«Sono stati geniali» li lodò amaramente Opal. «Ora siamo noi il nuovo Quarto Gruppo. L'ultimo.»

«Perché?» domandai. Il volto di tutti s'incupì, come se la sconfitta fosse già stata dichiarata. «Hanno già stilato le classifiche?»

La sola idea di essere nel nuovo Quarto Gruppo iniziò a farmi agitare. La Quarta Prova era diventata una vendetta per ciò che era accaduto nelle stanze della Seconda Prova, ma entrambe erano state basate sull'ignobile principio dei carnefici contro le vittime. Era rimasta un'ultima prova obbligatoria e se fino ad allora c'erano stati dei massacri, gli organizzatori avrebbero pensato a qualcosa mille volte peggiore. Ed finita proprio tra i più sacrificabili.

«Ancora no, ma il risultato sarà quello se nessuno fa qualcosa.»

«Qualcuno sta già facendo qualcosa» s'intromise Adele. Una macchia cremisi all'angolo interno dell'occhio le dava un aspetto pietoso, l'espressione di chi era pronto ad avvelenare dei concorrenti pur di tornare in alto nella classifica. «Shawn, Karter e Maximilian sono andati a porre reclamo prima che inizi l'analisi della prova e costruzione delle classifiche.»

Opal sospirò esasperata. «È inutile. La prova è conclusa e quelli sono i risultati.»

«Ma non abbiamo avuto modo di svolgerla!» strepitò lei. «L'Elezione deve garantire a tutti lo svolgimento delle prove obbligatorie e la loro stupida alleanza ci ha privato di questo diritto!»

Capii subito che quelle parole non le appartenevano. «È un'idea di Shawn...» dissi d'impulso. Adele mi scrutò con circospezione, doveva chiedersi come facevo ad esserne così sicura. Se me lo avesse chiesto non avrei saputo risponderle, era così e basta. «Come noi sta cercando di sistemare la situazione, e sarà meglio per voi stare dalla nostra parte. Ammesso che vogliate ancora restare in gara».

Tra tutte le idee che Shawn poteva aver avuto, quella era la peggiore. «Non possono interromperli e lamentarsi di com'è andata la prova sperando di cavarsela. I Responsabili non li staranno mai a sentire, finiranno come Paterson.»

«Lascialo fare, è una testa calda. Non so come abbia convinto quei due a seguirlo. Ci siamo rassegnati tutti, ma non lui. Avresti dovuto vedere cos'ha combinato dentro a quella stanza!» esclamò William, innervosito.

«Vi siete incontrati?»

«Ci siamo coperti le spalle, per quel poco che abbiamo potuto. La Grande Alleanza, o come cavolo si chiamano, ci hanno braccati da subito dopo le scosse. Ci siamo ritrovati tutti sulla stessa barca e abbiamo tentato di sopravvivere finché non ci hanno circondati. Tutti tranne Pel-Di-Carota, lui non voleva saperne di perdere» spiegò con aria sconvolta. «L'ultima volta che l'ho visto una decina di persone gli sparavano contro, ma lui aveva ancora la forza di strisciare. Quello non è normale!» Mi lanciò una frecciatina, sottolineando tacitamente l'ultimo termine. Le azioni di Shawn smentivano ciò che avevo raccontato a William, ancora convinto che fossi io a sbagliarmi. E iniziavo a crederlo anche io.

«Shawn ha molto più carattere di te, questo è certo» dichiarò Adele. «E comunque, non stiamo protestando ma facendo notare un disquilibrio nella prova. Abbiamo semplicemente mandato tre di noi a rappresentare la parte lesa dei candidati, che negozieranno civilmente.»

Opal s'inasprì. «E poi cosa? Speri che ci facciano rifare la prova? Illusa.»

«Sarebbe meraviglioso, ma mi accontento di una classifica stilata tenendo conto del problema» ribatté lei. Era la prima volta che la sentivo parlare così tanto, e bene. Il nostro primo incontro non era stato dei migliori, all'epoca non sapevo neppure come rivolgermi alle persone. Potevo averla fraintesa.

«Sì, sarebbe meraviglioso» l'appoggiai. «Ma non ci avete pensato? Gli Osservatori non si sono persi un attimo della nostra prova, come per le altre. Se avessero voluto interromperla lo avrebbero fatto subito.»

Volevo andarmene disperatamente a casa. Finire lì l'Elezione era la miglior cosa che potesse capitare. Ma non era così che funzionavano le classifiche. Ci doveva sempre essere un gruppo sacrificabile, e quale Quarto Gruppo era meglio degli ex primi classificati?

Passai le dita tra il colletto della tuta. Avevo quella trappola mortale ancora addosso, i punti che durante la prova erano stati colpiti dalle scosse ora pizzicavano lievemente. Sul comodino c'era un cambio d'abiti. «Devo cambiarmi» dissi ad alta voce. In un attimo William e Alexa si allontanarono. William chiuse le tende separative e aspettò paziente fuori. Quiana e Opal rimasero con me.

Quiana mi aiutò a sfilarmi la tuta di dosso, attaccata alla pelle già impregnata di sudore. Avevo bisogno di una doccia, ma nessuno sembrava intenzionato a farci uscire da quella infermeria.

Se fossi stata in grado di farlo di cambiarmi da sola, avrei mandato via Quiana. Non volevo il suo aiuto, o quell'espressione dolce e preoccupata. Mi faceva sentire in colpa per il modo in cui l'avevo spudoratamente ignorata da quando avevo capito chi era: un'altra ombra della mia infanzia, che non valeva la pena ricordare.

«Quello come te lo sei fatto?» domandò Opal.

Una chiazza violacea ricopriva gran parte della spalla, scendendo fin sotto l'ascella. Un regalino del P0K-C2 e dei suoi contraccolpi. «Colpa del fucile» spiegai.

«Allora mi reputo fortunata ad aver avuto solo la Queenser. Prima ho sentito dire ad Adele che il fucile era pesantissimo nella prova.»

«Davvero?» chiese Quiana, sorpresa.

Annuii. Le due si persero subito in chiacchiere riguardanti la Quarta prova. Anche appena scampati alla violenza di un gruppo di concorrenti smaniosi di vincere, l'argomento di conversazione non poteva essere altro che una prova. Solo io non volevo più sentirne parlare.

Sfilandomi la tuta dai fianchi notai qualcosa di anormale. Delle chiazze rosse e perfettamente tondeggianti si spuntavano in angoli del mio corpo. Forse si trattava di una di quelle terrificanti controindicazioni delle scosse. «E queste cosa sono?»

«Colpa delle bombature di quella stramaledetta tuta» vociò Opal, quasi volesse farsi sentire dagli infermieri. «Le scosse questa volta hanno lasciato il segno!»

Ne osservai una con più attenzione: al solo sfiorarla bruciava e alcune avevano anche delle vesciche acquose sopra, proprio come delle scottature da olio bollente. Una disgustosa immagine di tessuto purulento mi si stagliò davanti. Se le scosse facevano quel lavoro ogni notte internamente, il bozzetto che di tanto in tanto tornava a gonfiarsi sembrava un male minore. Ma tutto, se confrontato alla possibilità di finire nel Quarto gruppo, era un male minore. Un'altra prova e potevo rimpiangere vesciche e muscoli atrofizzati.

Coprii quello scempio e spalancai la tendina.            William e Alexa smisero in quel momento di parlare con un infermiere.

«Ora hai un aspetto migliore» commentò il biondino con un sorriso dei suoi. «Hanno detto che distribuiranno delle pomate per le bruciature della tuta, qualche giorno e spariranno. Per quello, invece, ci vorrà qualche settimana.» Indicò l'occhio sinistro.

«Cos'ha che non va?»

«Capillari rotti» sentenziò.

Quiana provò subito a tranquillizzarmi. «Non è brutto come sembra.»

«Invece a me fa impressioni» asserì Opal. Si strinse nelle spalle e fece un'espressione a dir poco disgustata. D'un tratto mi prese il panico: gli occhi erano l'unica cosa che veneravo del mio corpo, insieme alle mani. Se gli fosse successo qualcosa le mie prestazioni in cucina sarebbero calate notevolmente.

Stavo affannosamente cercando qualcosa in cui specchiarmi quando William mi spinse gentilmente verso la brandina. «Non è niente di ché, tra qualche settimana il sangue si riassorbirà e l'occhio tornerà come prima. Comunque è meglio se per ora non guardi.»

«Certo Dottore, come comanda lei» scherzai.

«Scherza pure, ma io qui sto facendo anche il lavoro degli infermieri. È ridicolo che gli abbiano ordinato di non interferire...» Stavo per chiedergli come lo sapesse, mi anticipò. «Oscar è alla porta insieme ad altri soldati, ci impediscono di uscire fino al termine della riunione. Non che le nostre condizioni ci permettano di trotterellale per la Base Alpha.»

«Trotterellare?» gli fece eco Opal, divertita.

William la guardò in tralice. Ci ronzava attorno da quando avevo ripreso coscienza, forse anche prima. Un po' tutti lo stavano facendo, come se la competitività che durante la fase di allenamento ci metteva gli uni conto gli altri fosse semplicemente svanita. L'obbiettivo dei concorrenti si annebbiava quel tanto che bastava a ricordagli che a circondarli c'erano delle persone. Ma quel breve periodo di solidarietà e simpatia sfociava sempre negli stessi violenti e disperati atti di rivincita. Creava gruppi come La Grande Alleanza, pronti a spremere ogni punto dal corpo indifeso dei loro avversari.

Detestavo quell'illusione di sintonia e amicizia più della crudeltà che rivelavano nelle prove. Quando tutti erano gentili e simpatici, non distinguevo i bugiardi dagli onesti. L'odio era l'unico sentimento certo nel vortice di leggi dell'Elezione: tutti contro tutti, era molto più semplice. Ma ogni legge aveva la sua eccezione; la mia era il simpatico William Born.

«Dopo tutte le cose che ci hanno fatto passare, ancora ti sorprendi?»

«Già, forse dovrei smetterla» sospirò lui.

«Presto potrebbe non essere più un problema» ricordò Opal. Con quella frase attirò l'attenzione di tutti, anche di Alexa e Adele, seduta sulla brandina di fronte alla mia. «La prova prevedeva dei punti. Noi abbiamo di sicuro i punteggi più bassi, potremmo anche non ritrovarci nel Quarto Gruppo e venire semplicemente eliminati.»

Adele balzò in piedi. «Non possono farlo!» gracchiò disperata.

«Certo che possono» le risposi io. E io iniziai a sperare che la Commissione decidesse per l'eliminazione diretta.

«Shawn risolverà la situazione» dichiarò Quiana, fiduciosa.

Per la sua testardaggine ci sarebbe anche riuscito, peggiorando solo la situazione. I Rappresentanti non ci avrebbero mai graziati, forse potevano decidere di non eliminarci e punirci inserendoci tutti nel Quarto Gruppo. «No, non lo farà» dissi, e i suoi compagni di squadra mi guardarono con indignazione. Adele e Alexa, per di più. Opal e William erano certi che non si potesse far molto per salvare la situazione. Quiana, invece, riusciva solo a sbattere quei suoi occhioni innocenti e chiedendosi quale problema avessi con lei e Shawn.

Il mio problema era uno solo e non si trattava di lei o dell'Elezione, come avevo creduto per quattro lunghi mesi. Era Shawn, sempre e solo lui. Le cose erano andate storte dal giorno in cui avevo incrociato il suo sguardo ai i test preliminari; l'Elezione e Paterson non mi avevano aiutata.

Josef sbucò d'improvviso oltre le spalle di Opal. Come d'aspettarselo, anche lui aveva una pessima cera. «William!» chiamò, la voce allarmata. «Un altro concorrente si sta svegliando, ma le sue reazioni sono strane...»

Prima che potesse dire altro, William era già corso in suo aiuto. E io con lui. Intorno al ragazzo si era già formata una piccola folla, gli infermieri lo monitoravano a debita distanza. Le loro espressioni corrucciate tradivano le loro parole.

«Non possiamo intervenire» disse uno di loro. Scambiò un'occhiata preoccupata con il collega e aggiunse: «Quello che fate voi non ci riguarda.»

Con quella sorta di via libera, William corse a controllare il ragazzo. Si trattava proprio di Hakob, il ragazzo che avevo risparmiato e che per ripagarmi aveva deciso di inseguirmi insieme al suo gruppo. Era ironico che fosse proprio lui a sentirsi male, ma ugualmente orribile da vedere: rannicchiato su se stesso, gli occhi rovesciati, le vene rigonfie e la carnagione arrossata.

Un altro ragazzo stava già tentando di aiutarlo quando William sopraggiunse, un suo amico prima dell'Elezione, lo stesso a cui aveva gridato contro una volta alla mensa. I due si guardarono un'istante, Eddie sembrava sul punto di tirarsi indietro. Se William non gli avesse parlato, probabilmente lo avremmo visto scappare a gambe levate.

«Che succede?»

«La paralisi e la contrazione muscolare stanno per causargli uno shock. C'è troppo afflusso di sangue al cervello, rischio di asfissia e lacerazione muscolare» spiegò Eddie. La padronanze del gergo mi ricordò che anche lui era come William uno studente di medicina. Non era gli unici, come non ero l'unica cuoca tra i concorrenti rimasti, solo che nessuno eccetto loro si provò a dare una mano.

«Aiutami a girarlo» ordinò William, così serio e concentrato da riconoscerlo a malapena.

«Servono medicine» gli ricordò.

«Non ce le daranno» mormorò, mentre con rapidi gesti i due lo voltavano su di un fianco. William lo prese abilmente tra capo e collo, tenendolo sollevato; Eddie gli distese le gambe, strette con forza al petto. Poi entrambi provarono a rilassare i muscoli tesissimi. Quello era il loro massimo, ma non degli infermieri.

«Non farete davvero niente?!» gli accusò una ragazza.

«Non ci è concesso interferire con i risultati...» mormorò uno dei due.

Era l'ennesima macchinazione dell'Elezione. La gara non terminava dopo essere stati trasformati in bersagli, contava anche come ti riprendevi dalla raffica di brutali colpi paralizzanti.

Nonostante l'impegno dei due, Hakob non si stava riprendendo. Una schiuma biancastra iniziò a colargli dalla bocca, le palpebre si scuotevano al ritmo delle convulsioni. William fu costretto a metterlo giù, con rapidità gli aprì la bocca e ne afferrò la lingua. Eddie rimase a guardare. I due infermieri si voltarono dall'altra parte, i medici e il resto dell'equipe si era radunata in angolo e mormorava, semplicemente ignorandoci.

«Fate qualcosa!» inveiva loro contro la ragazza.

Quando le convulsioni aumentarono e iniziai a crederlo spacciato, i sintomi semplicemente cessarono. Il corpo ricadde inerme tra le braccia di William, gli occhi si riuscissero ed esalò un profondo respiro. Temetti fosse l'ultimo...

«Respira» disse subito William.

Eddie gli prese il polso e controllò le pulsazioni. «Sono regolari. Sta bene.»

William lo lasciò andare, l'ombra del turbamento e la confusione lo inghiottirono in un istante. Hakob sembrava dormire beatamente, e contando le condizioni di pochi istanti prima, non aveva alcun senso.

«Hakob!» la ragazza gli si gettò addosso, piagnucolando. Gli infermieri si ritirarono, i volti sollevati per la ripresa del paziente che avevano volutamente ignorato. Tutti si ripresero dallo stato d'ansia generale, eccetto William. Mi avvicinai a lui per parlargli ma Eddie mi anticipò.

«Bel lavoro» dichiarò soddisfatto. William, però, non lo era. «Siamo ancora un'ottima squadra... dopotutto» aggiunse.

Gli occhi azzurri di William ebbero un guizzo. «Affatto» rispose.

Venne verso di me, mise un braccio intorno alle mie spalle e tornammo alla mia postazione. Evidentemente non ero l'unica ad avere dei problemi con le persone ritrovate nell'Elezione.

Era troppo turbato perché non gli chiedessi cosa avesse. Inizialmente pensai fosse colpa del suo amico, ma la sua attenzione era tutta rivolta ad Hakob.

«Mentre gli impedivo di mordersi la lingua a causa delle convulsioni, ho percepito una scossa. E dopo il suo stato è tornato normale» mi spiegò.

«Come quelle serali?»

«No, era più come un'onda che si espandeva lungo il corpo. Ne ho percepito sono il rimbalzo attraverso il contatto». Sospirò, tormentato. «Non ha senso, vero? E neppure il fatto che le convulsioni siano cessate così, d'un tratto. Senza un medicinale, con dei sintomi così forti, dovrebbe riportare gravi danni.»

«Perché, svegliarsi e ritrovarsi i muscoli accartocciati ha senso? Infermieri che non fanno il loro lavoro perché ordinatogli ha senso? Svolgere la prova con una tuta che sembrava fatta di piombo e ritrovarsi delle bruciature su tutto il corpo, anche questo ne ha? William, qui niente ha più senso!» ribattei. Avere una voce nella testa, era forse la cosa meno sensata di tutte. Ascoltarla dopo settimane di silenzio e avere l'impressione di star spiando delle conversazioni private, anche. Mi sforzai di ripensare a quello che avevo sentito ma i ricordi erano come scivolati via. Sapevo di aver ascoltato qualcosa di insensato, eppure non ricordavo le parole pronunciate.

«Hai ragione...» sussurrò. Era molto più che turbato, sembrava spaventato. Forse perché fin dal principio mi ero accorta di alcune stranezze riguardo all'Elezione, per questo ormai la l'avvertivo solo per le prove. Il resto era solo del puro stupore. William era sempre stato troppo preso dalla competizione, come gli altri, per notare tutti i segnali.

«Mi piace quando sei così» dissi.

«Agitato o preoccupato. Quale delle due?»

«Rilassato e deciso, come prima. Avevi davvero l'aspetto di un dottore, prima. Sapevi cosa fare, non hai esitato. Mi piace» confessai.

Ridacchiò, imbarazzato dai miei improvvisi complimenti. «Grazie, ma se avessi saputo quello che stavo facendo avrei trovato il modo di migliorare le sue condizioni. Ho saputo solo assisterlo.»

«È molto più di quello che hanno fatto i medici e gli infermieri, o io e gli altri concorrenti. È ammirevole».

«Sicura di stare bene? Mi stai facendo un sacco di complimenti...» scherzò.

«Ogni tanto riesco a farne anche io.»

Dall'essere spaventato passò alla sua solita espressione gioiosa, finché non divenne nuovamente pensieroso. Qualunque cosa lo affliggesse, lo turbava anche più di Hakob. «Ehvena» iniziò. «Se... Se entro domani dovessimo tornare a casa pensi che–»

Le ultime parole non vennero mai alla luce. La porta dell'infermeria si spalancò e la testa rossa di Shawn fu la prima a varcarne la soglia. Cercai di capire quanto disastrosa fosse stata la loro improvvisata guardandone solo i volti: alle sue spalle, Maximilian e Karter sembravano due reduci di guerra, Shawn stava mantenendo un atteggiamento dignitosa ma mancava poco perché le ciocche dei suoi capelli si tramutassero in lingue infuocate.

Come previsto, la situazione era solamente peggiorata.

Adele corse verso di lui. «Cos'hanno detto?»

«La riunione è stata prolungata» esordì con voce squillante, in modo che tutti i coscienti ascoltassero. Adele e Alexa se ne compiacquero con gridolini e sospiri, ma Shawn era solo all'inizio del suo annuncio. Potevo percepire la sua insoddisfazione attraverso ogni parola. «Tra quattro giorni esatti è stato fissato il nuovo colloquio, allora ci verranno comunicati gli esiti della Quarta Prova. Hanno avuto molto riguardo per la nostra posizione.»

Chi doveva gioire, gioì; chi si trovava in vantaggio e si sentì portare via quella piccola speranza, tacque. Shawn e Karter tornarono al loro gruppo, Maximilian venne da noi. Il nostro gruppo di convenienza si riformò, tutti curiosi di sentire la versione del ragazzo che, sfortunatamente, rimase taciturno.

«Allora, non vorrai farti pregare!» esclamò Opal.

«Non c'è altro da aggiungere» bofonchiò lui. «All'inizio erano tutti infuriati, Shawn ci è andato giù pesante. Pensavo ci avrebbero caricato sul primo Scriblet e spediti al penitenziario, invece lo scienziato, Ochkers, è riuscito a calmarli. Un Osservatore a parlato favore di Shawn e hanno discusso finché non sono giunti a una conclusione.»

«Io l'ho detto alla bionda che i Rappresentanti si sarebbero arrabbiati!» precisò ancora Opal.

«No, loro non c'erano.»

«Come sarebbe a dire che non c'erano. Sono loro che stilano le classifiche, no?» William era confuso, come tutti. Dovemmo estorcere a gran fatica altri dettagli a Maximilian finché, stanco, non disse di volersi fare una lunga dormita.

«Ah» esclamò. «Hanno anche detto che da oggi non ci saranno più allenamenti.»

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