Queen of thieves [camren]

By vvclose

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Ispirato all'omonima serie presente nel gioco interattivo Lovestruck, tristemente cancellato dai suoi autori... More

Cast
Act one
Prologo
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Act two
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Act three
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Secondo libro

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By vvclose

Canzone per il capitolo: Bella- Maitre Gims

I suoi occhi scuri mi studiarono con attenzione per alcuni secondi, valutando i pro e i contro di ogni risposta che avrebbe potuto darmi.

«Cos'hai in mente?», chiese dopo un po'.

«Quello che ho detto. Un altro colpo».

«L'intera città sa che siamo qui. La sicurezza aumenterà in ogni casa e luogo che valga la pena di essere derubato», mi fece notare.

«E?», domandai con confusione. Scosse la testa, aprendo la mano per poter far intrecciare le nostre dita. Quel tocco sembrò essere un esperimento; come se temesse ciò che sarebbe successo. Come se non avesse avuto il diritto di avvicinarsi a me in quel modo, tuttavia fosse incapace di starmi lontana.

«L'unica persona che conosce la verità è Madelyn e noi sappiamo dove vive», dissi, dondolandomi sui talloni per permettere all'eccitazione che mi scorreva nelle vene di scivolare via.
«Cosa potrebbe mai fare?
Denunciare il furto di qualcosa che non possiede nemmeno?», domandai, consapevole di star sorridendo come una maniaca.

«Non è solo questo. Io non ho paura delle autorità..sono stata molto distratta in questo periodo», ammise, mordendosi il labbro inferiore per poi guardarmi come se potesse trovare la risposta ai suoi dubbi nei miei occhi.
Strinsi le sopracciglia.

«Come potrei chiedere agli altri di fidarsi di me se li ho già delusi una volta? La fortuna non ci salverà di nuovo. Non in meno di ventiquattro ore».

«Non hai bisogno di fortuna. Hai bisogno di essere te stessa»dissi, piegando la testa di lato.
«Ed io non sarò una distrazione. Sarò migliore, mi ci metterò di pegno al cento...no al duecento per cento!», esclamai con convinzione.

«Perché?» chiese con confusione. Sfidando la fortuna, avvolsi le braccia intorno alla sua vita per poterla stringere con forza.

«Perché voglio essere una di voi, ovviamente», risposi in maniera onesta, cercando di non farmi distrarre dal suo profumo o dalla sua vicinanza o dal calore del suo corpo. O da una combinazione letale delle tre. Mi concentrai, perciò, sulle sue reazioni, notando come teneva le braccia rigide lungo i fianchi, incapace di decidere dove posizionarle.
Avevo avuto modo di rendermi conto che teneva a distanza le persone, anche quelle a cui teneva, perciò temetti di aver commesso un terribile sbaglio. Nella sua camera, avevo avuto il suo permesso diretto per fare una cosa del genere, invece non avevo nemmeno chiesto in quel contesto. Proprio quando mi preparai per allontanarmi, la sentii ricambiare l'abbraccio con estrema incertezza.

«Hai davvero il cuore di una ladra. In qualche modo, riesci sempre a superare tutte le mie difese», mormorò.

«Proprio tutte? Credo di doverne abbattere un altro paio prima di poter essere d'accordo con te», dissi con leggerezza.

«Implicando che non costruirò difese più forti»  rispose con divertimento.

«E' una possibilità con te», mormorai.
Accarezzò i miei capelli, sentendo il suo corpo rilassarsi concretamente contro di me prima di emettere un piccolo sospiro.

«Lavoriamo bene insieme, giusto? Insomma, non immagino le cose? Non sono le mie fantasie che hanno il sopravvento come sempre?», domandai, perché avevo bisogno di risposte ed immaginai che sarebbe stata disposta a darmele in quel contesto.

«No, è reale. Ho provato ad ignorare i segni, ma lo rendi molto difficile», disse con sincerità. Quindi, lo sapevo io, lo sapeva lei, persino Madelyn.

«Bene, perché non mi va di scappare», mormorai contro la sua spalla.
«Inoltre...», mi allontanai con un ghigno in volto, mostrando in maniera trionfante il telefono che le avevo appena sottratto.

«Ci sono tante altre cose che devo imparare», terminai la mia frase. Sussultò in maniera sorpresa; il suo volto così offeso che sapevo non stava fingendo. Mi piegai in due dalle risate quando, oltraggiata, allungò la mano per riprendersi il proprio cellulare.

«Ladruncola», borbottò.

«Mh, e cosa vuoi fare a riguardo?», la provocai, inarcando un sopracciglio. L'occhiata che ricevetti in risposta non fu né platonica né innocente, ma non indietreggiai, non arrossii...non gliela diedi vinta.

«Cose che scandalizzerebbero una brava ragazza come te», sussurrò. «Ma prima...», ritornò seria, lasciandomi capire che aveva accettato la mia proposta ancor prima che aprisse bocca. Proprio quando stavo per iniziare un balletto della vittoria, le sue braccia scivolarono intorno ai miei fianchi per attirarmi a sé.

«Andremo a visitare Madelyn»disse.

«Ruberemo i gioielli!», dissi, annuendo. Poi, però, strinsi le sopracciglia quando la vidi scuotere la testa.

«No, Camila. Ruberemo tutto quello che ha».

****

Trovammo Louis nella sala principale, seduto sul braccio del divano e le lunghe gambe stese in avanti.

«Vediamo se ho capito bene...», iniziò, guardando me e Lauren con attenzione.
«Volete vendetta. Nello specifico, volete che ci infiltriamo in un luogo che non è sicuro come il nostro primo obiettivo». Venne interrotto dal suono di un campanellino, poi Elizabeth salto accanto alla sua testa, passando affettuosamente la guancia contro la sua. «Nel bel mezzo di una città che è in stato di allerta, con la metà del tempo per prepararci e senza nessun contatto interno. Senza una concreta via di fuga» continuò, provando in un primo momento ad ignorare la gatta. Ma lei non apprezzò, dunque prese a miagolare per attirare la sua attenzione, sfruttando la zampa per poter graffiare la spalla di Louis dalla maglia che indossava. Poi, proprio quando lui alzò la mano per accarezzarla, Elizabeth si voltò indignata per colpirgli il naso con la coda per sedersi al suo fianco sul divano. L'uomo storse il naso, suo fianco sul divano. L'uomo storse il naso, tuttavia fu l'unica reazione che ebbe per dimostrare che era appena stato colpito dal gatto.

«E' tutto?», domandò alla fine. Lauren ed io ci guardammo.

«Mhmh, riassume a grandi linee il nostro progetto, sì», disse la donna. Lentamente, come il sole che sorge, l'espressione severa di Louis si trasformò in un sorriso radiante.

«Non direi mai di no ad un'opportunità del genere», esclamò, battendo le mani con entusiasmo. Subito dopo, si voltò verso Elizabeth, che nonostante l'affronto continuava a stargli vicino, per poterla prendere tra le braccia e grattarle il mento con la punta delle dita fino a farle fare le fusa. «Posso già dire che sarà più divertente del primo piano».

Nonostante il fatto che i Poppy avessero ricevuto l'ordine di prendersi la giornata libera, ritornarono subito in hotel quando vennero chiamati. Dinah prese a vibrare per l'eccitazione, anche se ero convinta fosse opera delle numerose lattine di bevande energetiche che aveva bevuto in quegli ultimi minuti, mentre cercava quello di cui aveva bisogno dal suo computer.

«Ho trovato la compagnia che sfrutta Celine per assumere le guardie», disse.

«Ottimo», la complimento Louis per la velocità con cui ci era riuscita.

«Ovviamente, ci sono dei file con tutte le informazioni dei loro clienti. Ed io adesso conosco ogni minimo granello di polvere in quella casa, perciò posso occuparmi degli allarmi», mormorò, fermandosi solo per bere un altro sorso di energy drink.

«Ci farà guadagnare tempo prima che arrivi la polizia...a meno che qualcuno non usi il telefono»disse Normani, sfruttando quel momento per poter parlare.

«Purtroppo, sono un hacker, non un mago.
Non posso evitare che qualcuno con un paio di occhi denunci un furto», rispose Dinah, alzando le spalle.

«Be', allora...», iniziò Harry, prendendo una rosa dal vaso poggiato sul tavolino davanti a noi. Con un movimento della mano, il fiore sparì. «...ci dobbiamo assicurare che non ci sia niente da vedere» terminò.

«Come hai fatto?», chiesi, sconvolta.

«Come ho fatto cosa?» domandò con un ghigno malizioso. Si sporse verso di me, spostandomi una ciocca di capelli dal volto e, quando si ritrasse, sentii il peso del fiore contro la parte superiore dell'orecchio.

«Anni di pratica con persone poco raccomandabili», si intromise Lauren, rispondendo per lui.

«Eppure, ognuno dei trucchi che mi hanno insegnato ti è tornato utile prima o poi»ribatté lui. Lei provò a fingere che non le importava, ma notai il sorriso che minacciava di nascere sul suo volto. Da quello che sapevo, Louis e Harry si erano incontrati per primi, perciò proprio quando avevano imparato a lavorare insieme, Lauren era entrata nelle loro vite, stravolgendole come solo lei sapeva fare.
Perciò, anche se ad oggi tutti i Poppy erano uniti e affiatati, c'era sempre un legame più intenso tra loro tre. Me ne rendevo conto in momenti come quello.

«Quale sarà la nostra distrazione?», chiese il
Signore dei ladri.

«Posso recuperare il van di un telegiornale», disse Leon.

«Mi stai dicendo che devo dare spettacolo?», lo stuzzico Louis.

«Oh, è un'ottima idea», mormorò Lauren, capendo subito a cosa si riferiva.

«Nel senso che ti inventerai una scusa per essere nelle vicinanze ed attirare l'attenzione lontano da noi?», domandai io, inarcando un sopracciglio. Lui sorrise ed annuì.

«Esatto. Impari in fretta», rispose. Lauren drizzò le spalle, come se il complimento fosse stato rivolto a lei. Sfruttando il tavolo come copertura del suo gesto, strinse la mia mano.
Arrossii, prima di ricambiare la stretta.

«Lo spettacolo, allora, lo lascio a te», disse
Ally, facendo un occhiolino a Louis.

«Io ho della roba che farebbe sciogliere qualsiasi tipo di cassaforte», aggiunse Normani con gli occhi che brillavano di eccitazione.

«Perfetto», fu la risposta dell'uomo dagli occhi azzurri. Prese il corallo a forma di papavero, facendolo roteare tra le dita.
«Infine, non sarebbe molto cortese se non lasciassimo un regalo alla nostra amica».

«Sono d'accordo», annuì Lauren. Normani mi riempi una tazza di caffè, ma decisi di non esagerare perché ero a stomaco vuoto. Ed io che ero convinta di bere troppo prima di conoscerli, adesso mi rendevo conto che esistevano degli individui che funzionavano solo quando avevano tra le mani una caraffa di caffè.

«Abbiamo lavorato dimenticandoci di pranzare»disse Lauren, come se l'avesse appena notato insieme a me. «Lasciate che mi assicuri che il mio team sia ben nutrito. Avete richieste?».

«Birraaaaa», disse Normanj, allungando le vocali in maniera fastidiosa.

«Intendevo cibo», specificò la mia mentore.
Ma la donna non si perse d'animo.

«Croisaaaaaants», urlò allora. Dinahalzò la testa in quel momento.

«Ora che ci penso, anche io ho una certa fame» affermò. Ally si stiracchio sulla poltrona, allungando le braccia e le gambe con un verso basso e gutturale.

«Anche io. Qualcosa di dolce. Il più dolce possibile», disse la donna.

«Uhm...che ne dici di chasson au pommes?», propose Lauren, inarcando un sopracciglio. Il sorriso che le rivolse lui fu l'unica risposta di cui ebbe bisogno. Allora, la donna si mise in piedi e rivolse la sua attenzione a me.

«Ti va di venire? Avrò bisogno di una mano a portare qui le buste».
Dal suo tono di voce, fu chiaro a tutti che non aveva davvero bisogno del mio aiuto; quello era il suo invito a passare del tempo insieme. All'opportunità di camminare e passare del tempo da sola con lei, balzai in piedi.

«Andiamo».

«Ho una richiesta!» disse Dinah, allungando la mano con fare pigro mentre iniziavamo ad allontanarci. «Voglio pan au chocolat», poi strinse le sopracciglia come se avesse avuto un'idea. «Ho bisogno di pan au chocolat», si corresse subito. «Comprenez-vous?».

«Mhh. Mi assicurerò di portartene un paio», la rassicurò Lauren. Dinah sorrise.

Camminando per le strade, mi resi conto che avevamo trascorso un'intera mattinata e il pomeriggio ad organizzare il colpo. Stava per giungere l'alba e solo in quel momento compresi che i giorni si erano mischiati l'uno con l'altro tra una tazza di caffè e l'altra, rendendomi impossibile afferrare a pieno cosa avevo fatto. Mi accontentai dei minuti di libertà e calma che precedettero il nostro arrivo alla panetteria e poi la minuscola fila di poche persone che attendeva insieme a noi di poter mangiare qualcosa, magari prima di andare a lavoro. Osservai Lauren conversare con il panettiere, ordinando abbastanza cibo da poter sfamare un esercito.

«Andiamo per la strada principale, così potrai vedere qualche altra attrazione», disse, passandomi alcune buste affinché nessuna delle due dovesse portare troppo peso. «Le ho comprate io, perciò ho il diritto di provare tutto per prima», aggiunse, porgendomi la metà di un cornetto.
«Inoltre, mi piacerebbe passare dell'altro tempo con te...lontano dagli occhi degli altri».

«Piacerebbe anche a me», ammisi. Il cornetto quasi si sciolse in bocca e, siccome appena sfornato, il calore risvegliò una sensazione meravigliosa nel mio stomaco.
Avevo capito perché Lauren sentiva la mancanza della panetteria quando non erano a
Parigi.

«Se potessi mangiare così per il resto della vita, morirei felice», dissi scherzosamente.

«Tutto qui? Posso farlo», disse con leggerezza, ma la mia gola si chiuse comunque.
Non riuscii a rispondere, tuttavia non sembrò essere un problema per lei.

«Certo, non posso prometterti dolci parigini ogni giorno. E' un po' difficile ottenerli quando non sei in città e sai...noi non possiamo mai rimanere in luogo per troppo tempo a causa di chi siamo. Non sarebbe una scelta intelligente», sussurrò. «Eppure, continuo a compiere scelte stupide da un po' di tempo.
Come provare a fare colpo su di te». Arrossii, ricordando che se non fossimo state così distratte l'una dall'altra, le cose sarebbero potute andare in maniera diversa a quell'evento.
Portai l'attenzione sulla strada intorno a noi, rendendomi conto che stavamo facendo di nuovo la stessa cosa.

«Ho formulato male la frase», disse lei, prendendo il mio polso nella mano libera per farmi fermare. «Non intendevo dire che non ti considero una scelta intelligente...».

«Ho capito, non preoccuparti» la fermai con un sorriso rassicurante. Tirò un sospiro di sollievo.

«Ti chiedo scusa, ma non sono abituata a parlare con persone che non siano i Poppy o i miei...» «Obiettivi?», continuai per lei quando compresi che non sapeva come continuare la frase. Si morse il labbro inferiore.
Un gesto dettato all'agitazione, avevo notato. Se era così nervosa, pensai tra me e me, quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva parlato con qualcuno che le interessava per davvero?

«Non credo che il tuo sbaglio sia stato distrarti per una ragazza che ti piace. Credo che avessi bisogno di tempo per assicurarti che poteste fidarvi di me», dissi.

«Non mi piace trovare scuse per me stessa», mormorò.

«Ma comunque, ti sei dovuta concentrare sia sul colpo sia su una perfetta sconosciuta che avrebbe potuto mandare tutto all'aria. Ora, però, ci conosciamo un po' meglio e possiamo concentrarci interamente sulla missione»,
affermai con certezza. Per un attimo, ebbi la sensazione che voleva controbattere. Poi, mi concentrai sulle sue labbra rosa, prive di rossetto, e il desiderio di baciarla divenne quasi soffocante. Seppi che lo aveva capito, perciò il cuore prese a battermi con violenza contro il petto quando si sporse in avanti. Il bacio arrivò sulla guancia, ma non mi aiutò a calmarmi.

«Spero tu abbia ragione», mormorò accanto al mio orecchio. Subito dopo, prese la mia mano nella sua e non ci separammo fino al nostro rientro all'hotel.

***

Il piano si basava su alcuni punti cardine. Primo fra tutti, la rapidità dei Poppy e la mia abilità nel fingere. Ecco perché mi trovavo fuori la porta di casa di Madelyn, tremolante e con gli occhi lucidi. Bussai con titubanza e indecisione.

«Camila». Mi sorpresi quando mi lasciò entrare senza un attimo di esitazione.
Ovviamente, c'erano un po' di pretesti da poter utilizzare se si fosse rifiutata di farmi entrare, ma per il momento avevamo iniziato con il piede giusto.

«Uhmm, ciao, grazie per non aver chiamato la polizia», sussurrai, abbassando lo sguardo verso la cerniera della giacca che indossavo.
Volevo che sapesse che ero agitata, così sarebbe stato più facile credermi.

«Potrei cambiare idea al riguardo a seconda di quello che dirai. Ma comunque vada, so che sarà divertente», mormorò. Era così composta ed elegante, quasi come se preparasse tè a dei ladri tutti i giorni. «Immagino tu sia qui per...», non le permisi di terminare.

«Mi dispiace tanto» dissi. Non era propriamente una menzogna e lei sembrò notarlo, tant'è che mi diede la possibilità di continuare a parlare. «Davvero, Madelyn. So che non mi perdonerai, però non avrei potuto continuare con la mia vita se non te l'avessi detto di persona».

«Spero tu sappia che queste parole non ti assolvono».

«Certo che lo so, ma... Lauren è arrivata dal nulla, mi ha portato via dall'America ed io...». Fino a quel momento, ero stata in grado di mischiare finzione e realtà, assicurandomi di sembrare sempre credibile, però evitando che le emozioni mi travolgessero. Le prossime parole che avrei pronunciato avrebbero potuto rovinare tutto, lo sapevo, eppure non potetti evitare di pronunciarle. «Io l'adoro», l'ammissione sembrò colpire più me che Madelyn.

«Quando ha chiesto il mio aiuto, non ho potuto fare altro che accontentarla ed allora ho provato a fare di tutto per ottenere la sua approvazione; eseguivo gli ordini senza nemmeno riflettere. Volevo compiacerla, volevo che mi guardasse e vedesse tutto quello che desiderava come succedeva a me quando guardavo lei. Ma ora, lei e i Poppy sono andati via lasciandomi qui e tu sei l'unica a cui posso chiedere aiuto e...», Madelyn emise un verso infastidito.

«Basta così. Sei un'attrice ottima, lo ammetto.
Ma ci vorranno di più che lacrime di coccodrillo per convincermi», disse anche se a quel punto, le mie lacrime non erano false. Tuttavia, non aveva importanza, dunque mi asciugai gli occhi e mi misi in piedi.

«E' meglio che vada» mormorai.

«O sei una completa imbecille o credi che lo sia io. Non vai da nessuna parte, visto che sei palesemente la distrazione», borbottò.
Chiamò un membro della servitù, perciò parlarono di qualcosa a voce bassa per alcuni minuti e ritornammo ad essere sole.

«Se cercate i gioielli, i tuoi amici scopriranno che sono molto più protetti adesso. Anche se dubito che li troveranno», disse, piegando il mento in una chiara dimostrazione di orgoglio.
«Sono proprio qui con me. Dove dovrebbero essere», continuò, infilando la mano nella propria borsa.

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