Queen of thieves [camren]

Oleh vvclose

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Ispirato all'omonima serie presente nel gioco interattivo Lovestruck, tristemente cancellato dai suoi autori... Lebih Banyak

Cast
Act one
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Act two
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2x08
2x09
2x10
2x11
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Act three
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Secondo libro

Prologo

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Oleh vvclose


Quello era il mio ultimo giorno a New York.
Presa dall'agitazione perché nessuno aveva ancora mostrato interesse per i miei disegni, mi alzai dalla panchina sulla quale sedevo e sistemai le varie tele, cambiandone di nuovo l'ordine in maniera nervosa. La mattinata non era ancora finita. Avrei avuto altro tempo per sperare di risvegliare l'interesse di un passante.
In caso contrario, sarei dovuta tornare a Nessunlandia, in Florida, ed ascoltare tutte le persone che con tono saccente mi avrebbero detto: "te l'avevo detto!". Ma avevo lavorato troppo per vedere questo sogno svanire nel nulla. Non potevo arrendermi.

Presa com'ero nei miei pensieri, sussultai quando sentii qualcosa premere contro le mie caviglie. Siccome indossavo un vestitino rosa con dei richiami floreali che giungeva poco sopra le ginocchia, ed una semplice giacca azzurra, avvertii qualcosa di morbido e caldo fare pressione contro le mie gambe nude ed abbassai lo sguardo per trovarmi davanti un gatto; un blu di Russia ad essere precisi.
L'orecchio destro era mezzo tagliato, come se avesse vissuto un brutto incidente o avesse conosciuto esseri umani terribili. Nonostante il pelo scuro, erano evidenti alcune macchie di grigio sparse qua e là, ma i suoi occhi azzurri e vivaci raccontavano che non aveva ancora finito di combinare guai anche se era abbastanza vecchio. Vecchia, ora che guardavo meglio.

«tu da dove vieni fuori, signorina?», domandai, inclinandomi per poterla accarezzare. In tutta risposta, scattò lontano da me, voltandosi come a cercare qualcuno alle sue spalle. Sarebbe stato troppo sperare che appartenesse ad un critico d'arte che avrebbe mostrato interesse per le mie opere? O magari un semplice milionario che aveva tanti soldi da spendere?
Anche se stavo palesemente sognando ad occhi aperti, una donna sopraggiunse per davvero.
Anche affascinante, avrei aggiunto. I capelli mori erano disordinati, con un paio di occhi azzurri che si posarono quasi subito sulle mie opere. Indossava una camicia bianca ed un pantalone nero. La mia attenzione venne catturata da una spilla brillante posta vicino al petto: era un papavero dorato. O magari, avevo davanti un membro dei Gilded Poppy, il famoso gruppo di ladri che da anni ormai tormentava il mondo rubando ogni artefatto di valore. Il loro capo si era proclamato "il Signore dei ladri" e se proprio avessi dovuto dare un volto ad un nome pretenzioso come quello, avrei immaginato il volto dello sconosciuto.

«Salve»,dissi sorridendo e lasciando andare la fantasia. «Vede qualcosa che le piace? Per qualsiasi domanda, chieda pure a me», esclamai. Allungò una mano ricoperta da un guanto nero, indicando direttamente le varie tele.

«Mi dicono già tutto quello che c'è da sapere», affermò, con un leggero accento russo presente nel tono della sua voce. Era lieve; sottile e sicuramente alle orecchie di qualcun altro sarebbe potuto passare persino inosservato.

«Hai da poco terminato l'Accademia d'Arte. I quadri ad olio sono i primi che hai realizzato, perché ci sono chiari segni di esitazione, come se non sapessi cosa fare. Posso solo dedurre che la tua famiglia non apprezzava il sogno, però da allora sei maturata molto. Saresti perfetta se ti concentrassi».

«Come scusi?», borbottai, aggrottando le sopracciglia.

«Li conosci tutti, ma non hai uno stile tuo»rispose come se non si fosse resa conto di avermi appena fatto innervosire. "Almeno, io non sono vestita come l'antagonista di un film d'azione", pensai tra me e me. I suoi occhi passarono in rassegna le mie opere.

«Sei così indecisa che non riesci a concentrarti su un singolo stile. E la delicatezza delle linee, unite all'uso quasi sproporzionato di colore...»
« Si chiama influenza impressionista!» lo interruppi bruscamente.
Decise di ignorarmi.

«Sei idealista. Romantica», pronunciò la seconda parola quasi con disdegno.

«Non è qualcosa di cui vergognarsi», borbottai. Continuò a guardare i miei disegni, come se stesse cercando qualcosa in particolare.

«Questi disegni qui...l'abbondanza di linee nere. Non sono una copia, tuttavia è un omaggio a Amelia Pelàez, se non erro», affermò come se, al contrario delle sue parole, lui non sbagliasse mai.

«Quindi conosci l'avanguardia cubana», dissi, contenendo a malapena il mio entusiasmo perché qualcuno l'aveva riconosciuto. Avrei voluto continuare a parlargli, ma mi resi conto che la sua attenzione si era già spostata.

«Sei un'idealista. Questo ti ha dato problemi col lavoro, perché fino ad ora non hai trovato ancora l'impiego che secondo te meriterebbe un artista. Più che altro perché non sai ancora qual è l'impiego giusto per un artista. Presto, perciò, tornerai a casa e dovrai ammettere la sconfitta.
Domani, direi, dalla fretta con cui hai sistemato tutti questi dipinti», commentò, con un sopracciglio inarcato. Emisi un verso infastidito, piegando la testa di lato.

«Ascoltami, amico, non so quale sia il tuo problema, ma non c'è niente di sbagliato nell'attendere il momento giusto», esclamai.

«Forse no» rispose con un piccolo ghigno.
«Posso farle domande, signorina...»

«Camila, per il momento basta e avanza», mormorai, sentendomi però contenta al pensiero che non conosceva proprio tutto di me.
Perciò, iniziò a fare domande a raffica, rendendomi impossibile persino trovare il tempo per rispondere. Mi resi comunque conto che il suo interesse era rivolto alle mie repliche, non ai miei lavori originali e la sua attenzione non era sui quadri, bensì su di me. Come se io fossi un'intera esibizione d'arte. Alla fine, non desiderò comprare niente e si preparò per andare via.

«Non ha intenzione di prendere il suo gatto?», chiesi, così lui mi lanciò un'occhiata.

«Cosa le fa credere che lei sia mia?», domandò a sua volta.
«Sa che è una femmina, lo ha appena confermato. Ed è presuntuosa tanto quanto lei»,
mormorai, ottenendo un piccolo sorrisetto in risposta. Senza rispondere, lo sconosciuto andò via e dopo pochi secondi, la gatta si affrettò a seguirlo.

Perché diavolo mi aveva fatto tutte quelle domande se non era interessato a comprare niente?

***

Terminata la mattinata, mi trovai costretta a decidere se tornare nel mio piccolo appartamento per preparare le valige, oppure mantenere la promessa fatta ad una vecchia amica e recarmi alla sua galleria. Alla fine, non sentendomi pronta ad ammettere la sconfitta, camminai in direzione della mostra. Proprio per questo motivo, la vetrina di una gioielleria catturò la mia attenzione. O meglio, la mano ricoperta da un guanto nero catturò la mia attenzione. Osservai la collana venire raccolta, perciò seguii il polso, poi il braccio, fino ad un elegante collo pallido e infine il volto più bello che avessi mai visto. Per pochi secondi, i miei occhi incontrarono direttamente quelli chiari della donna, poi sorrise e con l'indice mi fece segno di entrare. Mi voltai per guardare alle mie spalle, in seguito riposai la mia attenzione sulla sconosciuta. Le sue labbra ricoperte da un rossetto rosso si aprirono in una risata, per potermi poi mimare: "sì, tu". Entrando, non potetti evitare di guardare il suo abito nero ed elegante e il mantello rosso che posava delicatamente sulle sue spalle.

«Non vai di fretta, vero?», domandò con voce vellutata e gentile. Notai, velocemente, che indossava una spilla identica e precisa a quella dello sconosciuto di quella mattina.
«Ho bisogno di una seconda opinione» aggiunse, posandomi una mano sotto il mento per portarmi a guardarla negli occhi piuttosto che...oddio, avevo dato l'impressione di star guardando il suo petto lasciato scoperto dalla scollatura del vestito. Arrossii furiosamente.

«Ehm...come posso aiutarti?», chiesi, deglutendo nervosamente. Alzò la mano per indicare la collana che indossava: un set di perle bianche.

«C'è un evento importante al quale dovrò partecipare più tardi. Cosa ne pensi?».

«E' bellissima»,mormorai prima di rendermene conto. Sospirò, mostrandomi la collana che aveva notato nel momento in cui i nostri occhi si erano incontrati dalla vetrina.
Questa presentava un'unica elegante perla.

«Potresti provarla? Così vedo la differenza», disse, spostandomi i capelli di lato per potermela agganciare. Pronunciò quella frase come se fosse stata una domanda, ma non potetti evitare di credere che fosse invece un ordine. Sentii caldo.
Mi spinse a girarmi, in modo tale che fossimo entrambe davanti allo specchio. Studiò le due collane per un paio di minuti, consentendomi di fare lo stesso.

«Toglila»,affermò dopo un po', facendo lo stesso con la sua.

«Quale dovrei scegliere?»,domando nel momento in cui furono entrambe nelle sue mani. «Io pensavo a questa»,aggiunse subito, indicandomi la collana con l'unica perla.

«E' bella, certo, ma è falsa»,commentai. I suoi occhi brillarono con interesse.

«Oh?»,sussurrò, piegando la testa di lato.

«Le perle, quelle vere, non assorbono il calore corporeo. Nel momento in cui me l'hai fatta provare, si è riscaldata. Immagino che il set, invece, sia ancora freddo» spiegai, indicando i due modelli.

«Come facevi a saperlo?», chiese con interesse.

«Sono un'artista. Ho lavorato con i gioielli», dissi con un'alzata di spalle. Si sporse in avanti, avvicinandosi fino a poter sussurrare al mio orecchio.
«Sono così felice che tu abbia indovinato», mormorò. Avrei voluto rispondere, tuttavia la notifica del calendario sul mio telefono mi ricordò che ero in ritardo.

«Merd...mi dispiace, devo andare», esclamai, lanciandole un sorriso di scuse prima di correre via dalla gioielleria.

Cosa intendeva dire?

***

A causa della mia corsa, arrivai alla mostra con il fiatone e le guance arrossate. Ero così impegnata a riprendere fiato che terminai per sbattere contro qualcuno.

«Mi dispiace!», esclamai. Incontrando l'espressione scocciata di una donna. La sua pelle era messa in risalto dallo smoking che indossava, mentre i suoi occhi color nocciola combinavano perfettamente con il farfallino verde che portava. I suoi capelli lunghi e biondi erano raccolti in una coda ordinata e, wow, non avevo mai visto così tanta gente affascinante a New York in un solo giorno.

«Mi dispiace. Stai bene?>>, chiesi con preoccupazione.

«Sì»,si limitò a rispondere.

«Ehm, debutti stasera?»

«No, sono solo qui per guardare», disse con una piccola risatina.
«Ma non c'è niente di interessante. Tutto in questo posto è così semplice»mormorò. Quindi, era una critica d'arte?

«Non credo riguardi il semplice e il complicato. Persino qualcosa come un punto nero nel bel mezzo di una tela bianca può risultare complicato, perché segue delle regole e delle misure ed ha un significato», commentai, guardandomi intorno con interesse.

«E quello?»,chiese, indicando numerosi schermi bianchi. Una targhetta mostrava il titolo di "Millennials".

«Una rappresentazione della dipendenza dallo schermo».

«Sì, certo, ed io posso assicurarti che so fare di meglio», esclamò, cacciando dalla tasca posteriore del pantalone elegante un telefono dalla cover verde. Abbinata al farfallino?
Le sue dita presero a volare sulla tastiera, dando vita ad un piccolo ticchettio e pochi istanti dopo, gli schermi si illuminarono con colori diversi, accompagnati da una simpatica musica
rilassante.

«Hai appena hackerato un'opera d'arte?», dissi in un mezzo urlo/sussurro.

«No», commentò con un'alzata di spalle.
«Qualcosa mi dice che sei un'artista. Posso vedere il tuo telefono?», ma si stava già allungando per potermelo togliere dalle mani.
Fece la sua magia e, prima di potermene rendere conto, alcune delle mie opere apparvero sullo schermo.

«E l'artista originale?»chiesi.

«Se non voleva che gli rubassero lo spazio, lo avrebbe protetto meglio», disse con quel tono passivo al quale mi ero già stranamente abituata. Scoppiai a ridere, perciò lei ricambiò con un sorriso e mi restituì il cellulare. Lanciò un'occhiata agli schermi.

«Molto meglio di qualsiasi altra cosa presente in questa galleria», sussurrò, prima di mordersi il labbro come a voler fermare il sorriso che era nato sul suo volto.

«Che diavolo sta combinando quello?», esclamò improvvisamente, portando l'attenzione in un altro punto della sala. Dove una donna di colore con indosso un completo simile alla donna bionda, prendeva della sabbia nera da una borsa bordeaux per spargerla a terra. Prese a tracciare un percorso, come se avesse in mente un disegno ben preciso.

«Questa parte è interattiva», disse la donna con un forte accento americano. Il suo sorriso così ampio da mettere in mostra i denti bianchi.
Gli orecchini ad anello che portava catturarono la luce della galleria.

«Ho bisogno di un assistente. Sì, vale sia uomo che donna», commentò con un occhiolino, mentre i suoi occhi scuri passavano in rassegna il pubblico. Prestò attenzione ad un paio di persone, guardo la donna al mio fianco e poi, i suoi occhi brillarono quando mi videro.

«Tu!», esclamò, prendendomi per il polso e trascinandomi al suo fianco prima che potessi parlare. Sorrisi, trovando contagioso il suo entusiasmo. Mi mostrò una scatolina di fiammiferi, accendendone uno.

«A te l'onore, amore», disse, porgendomelo.
Allora, compresi che non era sabbia nera bensì polvere da sparo.

«Polvere da sparo? Avevo letto di questo tipo di arte, tuttavia non l'avevo mai vista dal vivo», ammisi con un piccolo sorriso.

«Posso mostrarti tante cose che non hai ancora visto», rispose con un occhiolino.
Roteai gli occhi, prendendo il fiammifero. Ebbi un attimo di esitazione.

«Non è pericoloso, vero?», domandai. Non gli avrebbero dato un posto in quella galleria, se fosse stato pericoloso.

«Ovvio che sì. Il pericolo lo rende più divertente», disse sorridendo. La sua eccitazione, il suo sorriso, persino la luce che brillava nei suoi occhi mi convinsero che stava scherzando e dunque, lasciai cadere il fiammifero. La fiamma prese vita, seguendo le linee tracciate a terra e...uscendo pericolosamente fuori dal tragitto, lontano dalla polvere. Comprendemmo il pericolo tutti nello stesso momento, perciò io e l'artista iniziammo a correre. Lei allungò un lato della giacca, proteggendomi il volto, poco prima che un boato fastidioso mi riempisse le orecchie.
Presto, sorse il panico dato che metà del soffitto in vetro era caduto in mille pezzi. Le persone correvano, spaventate, urlando ed evitando i pezzi di vetro tutto intorno a loro.

«Che succede?», chiesi, notando che la ragazza correva verso un vaso e poi...quelle erano le scale di un elicottero? Alzai gli occhi verso il soffitto, trovando effettivamente un elicottero intento a volare sulla galleria.

«Grazie per l'aiuto, amore», urlò, facendomi un occhiolino prima che la scaletta iniziasse a salire, portandolo via da quella confusione.
Allora, riuscii a vedere che la polvere aveva effettivamente dato vita ad un disegno. Un fiore. Un papavero.

«Oddio, stai bene?»,domandò un uomo, poggiandomi le mani sulle spalle per aiutarmi a mettermi in piedi. I suoi capelli erano castani, quasi dalle spalle e disordinati. Indossava una giacca e un pantalone bianco, con una sciarpa arancione stretta intorno al collo. I suoi occhi verdi mi guardarono con preoccupazione.

«Ho visto tutto. Per un attimo, ho temuto che quell'uomo ti portasse via con sé» commentò con dispiacere.

«Io mi chiamo Harry» sussurrò, togliendomi un pezzo di vetro dai capelli.

«Camila», commentai senza riflettere, guardandomi intorno con confusione. La gente era ancora nel panico più totale, mentre altri erano intenti a guardare il disegno sul pavimento.

«Andiamo via di qui», disse, prendendomi per mano e iniziando a farsi spazio tra la folla.

«Dove andiamo?»

«Forse non conosci i Gilded Poppy, ma la sicurezza inizierà ad agire e poi fare domande per non scatenare il panico. Non voglio che ti ci trovi in mezzo», esclamò, portandomi fuori.
Respirai l'aria fresca, voltandomi poi verso l'uomo affascinante.

«Cosa dovrei fare?»

«Ti porto a casa. Sei innocente, ovviamente», spiegò.

«Hai il telefono? Potresti chiamare un taxi, ovviamente aspetterò fino al suo arrivo»,
aggiunse subito dopo. Dato che mi tremavano
le mani, mi aiutò con delicatezza, lasciandomi poi il tempo di inserire l'indirizzo di casa mia senza che guardasse. La mia autista, Allyson, sarebbe arrivato in pochi minuti, secondo l'applicazione che aveva usato Harry.

«Grazie», sussurrai.

«Di niente», disse, prima di sorridere in maniera affascinante. «Ci vedremo presto, ma cherie», Presto? Il taxi parcheggiò al mio fianco, perciò Hatty si sporse in avanti per aprirmi la portiera. Mentre mi aiutava ad entrare, il suo dolce sorriso divenne un ghigno malizioso e quando allontanò la mano, stringeva tra le dita una collana. La collana con il set di perle.
Quella che aveva voluto comprare la sconosciuta!

«Cos'è questa, cara?»chiese con divertimento. Come cazzo ci era arrivata quella nella mia tasca?

«Forse non sei così innocente», mormorò.
"Nemmeno tu", pensai tra me e me.

«Non sono una ladra!»,dissi con decisione.

«Questa la tengo io, se mi permetti. La gente già pensa che lavori con i Gilded Poppy, non vorrei che ti trovassero con un tesoro rubato»disse, nascondendo le perle nella tasca della giacca. Era troppo gentile e carino per essere reale.

«A presto», ripeté, chiudendo la portiera. La macchina sfrecciò via, ma non persi l'opportunità di voltarmi e vederlo intento a salutarmi con la mano. Il lampione illuminò, improvvisamente, quella maledetta spilla che avevo già visto altre due volte quella mattina.

«Tutto bene?»domandó la mia autista
Allyson. Studiai la sua figura, i capelli sul biondi e gli occhi marroni. Mi concentrai sul suo volto, poi sul suo collo e il petto lasciato scoperto dalla camicia bianca sbottonata e notai delle cicatrici. Maledizione, il mio autista somigliava ad un gangster più che, be', un autista.

«E' stata una giornata assurda»,borbottai.
Una sirena della polizia prese a suonare non molto distante da noi.

«E non è finita qui»,esclamò Remy, lanciando un'occhiata verso lo specchietto retrovisore. La donna sospirò.

«Allaccia la cintura»Fu l'unico avvertimento che ricevetti prima che iniziasse ad accelerare. Prese a correre come se fosse il protagonista di Fast & Furious; tranquillo come se invece di scappare dalla polizia fosse intento a prendere il sole in spiaggia. Il suo braccio scattò dietro la mia testa dopo una brusca curva, impedendomi di sbattere contro il finestrino.

«Ti terrò al sicuro, promesso», mi rassicurò.

«Molto rassicurante, davvero», dissi con ironia. Allyson frenò di scatto, posandomi una mano davanti al busto per limitare i miei movimenti in avanti. La polizia ci sorpassò e prima che potessero comprendere lo sbaglio, lui fece retromarcia e corse via.

«Sono passati anni dall'ultima volta che ho utilizzato un trucco del genere», disse ridendo in maniera divertita. Mi faceva piacere vedere che almeno uno di noi due si stava divertendo.
Passai il resto del tragitto a contenere il vomito, rendendomi conto che ci eravamo allontanati dalla città e quando ci fermammo, in maniera decente questa volta, mi resi conto che ci trovavamo in una...pista di atterraggio? Perché non mi aveva portata a casa?

«Aspetta, ti aiuto», sussurrò, scendendo dalla macchina e facendoci il giro intorno per aiutarmi a scendere. Aprì il mio sportello, porgendomi la mano.

«Ti ho promesso che ti terrò al sicuro. Fidati di me», disse, tenendo gli occhi fissi nei miei.
Nel momento in cui presi la sua mano, mi resi conto che dal suo collo pendeva una catenina e come ciondolo c'era quel maledetto papavero dorato. Con le gambe tremolanti, mi poggiai contro la macchina, sentendo come il mio cervello si sforzava di capire quello che stava accadendo. Dall'alto, un fortissimo vento mi infastidii gli occhi. Allyson si mise dinnanzi a me, come a proteggermi mentre un elicottero-quell'elicottero- faceva la sua discesa. Appena toccato il pavimento, l'artista scese con un piccolo saltino e un urletto di gioia. Alle sue spalle, fece la propria apparizione anche l'hacker.

«Allyson! Hai visto che atterraggio? I miei computer sono stupendi», disse la donna, ancora intenta a ridere col suo compare.

«Sono sempre meglio dei tuoi computer» la prese in giro lui. «E...vi faccio notare che sono arrivato per primo. Mi devi una birra, Dinah»

«Vedi, amore, non puoi scommettere contro
Ally. Perdi sempre»disse l'artista, spingendola leggermente con la spalla.

«Okay, sì. Ma Normani, tu ed io avevamo scommesso che non avrei potuto far atterrare l'elicottero con la tecnologia. Invece l'ho fatto. Perciò, tu mi devi due birre». "Normani" scoppiò a ridere, alzando le mani in segno di resa.

«E vedo che la mia bellissima assistente è arrivata sana e salva», esclamò, guardandomi negli occhi. Non ebbi tempo di rispondere, poiché una limousine bianca fece il suo ingresso nella pista. Harry uscì, poi si sporse in avanti e porse la mano a qualcuno. Un guanto nero l'accettò, poi una donna fece la sua elegante apparizione. La donna della gioielleria.

<<Grazie, Harry>>, disse con la sua voce vellutata.

<<E' un piacere, Lauren>>.

Compresi: sin da quella mattina, ero stata parte del loro piano. Era tutto organizzato.

«Tu! Mi hai reso una tua complice per incastrarmi>>, borbottai, indicando Normani. «Tu mi hai messo la collana in tasca!» continuai, indicando poi Lauren. «Per farla prendere ad Harry>>, urlai. «Così, lui ha potuto chiamare
Allyson. L'hai fatto tu quando hai preso il mio telefono?», domandai, indicando poi Dinah.

«Eh ci hai messo un pochino di tempo per capirlo», disse la donna.

«Non ha avuto molto tempo di pensare, Dinah» le fece notare Allyson.

«Direi di farle i complimenti solo perché non le è esplosa la testolina», commentò Harry, ghignando.
Lauren si limitò a guardarmi con interesse, sorridendo.

«Hai unito i pezzi, certo, ma hai frainteso i nostri motivi», disse.
« La colpa non cadrà su di te» aggiunse.

«Quindi perché tutto questo disturbo?» domandai con confusione. Avevano rubato oggetti più impossibili, facendola sembrare la cosa più facile al mondo. «Non avevate bisogno di me per rubare quel vaso, di sicuro».
Abbassai lo sguardo quando qualcosa di morbido e peloso si posò contro le mie gambe, dunque ritrovai la gatta. Al suo seguito, c'era quello che era definitivamente il Signore dei Ladri.

«Non abbiamo mai avuto intenzione di rubare il vaso. Volevamo rubare te» Me? Perché?
Notai che mi guardavano tutti con un piccolo sorriso in volto.

«Ti spiegherò meglio quando saremo arrivati a Parigi» disse l'uomo, camminando verso un aereo come se nretendesse che tutti lo seguissimo senza fare domande.

Parigi? La città dell'amore?«Abbiamo bisogno del tuo aiuto per il nostro prossimo colpo», iniziò Harry.

«Sei estremamente versatile», continuò Lauren, pronunciando l'ultima parola quasi in un sussurro seducente.
«E Louis dice che anche le tue repliche sono buone».

«La cosa più vicina ad un complimento che riceverai da lui», prese di nuovo parola Remy.

«E ti piace l'azione», aggiunse Normani, facendomi un occhiolino.

«Ma non ti obbligheremo» mi rassicurò Dinah.
« Siamo ladri, non rapitori», e Allyson annuì come a voler supportare le sue parole.

«Tuttavia, abbiamo dovuto prendere delle..precauzioni» sussurrò Harry. Dinah mi porse il suo telefono, mostrandomi una mia foto sui..giornali? Ero già finita sui giornali?

«La polizia ti cerca» mi fece sapere la donna.

«Venire con noi sarebbe la scelta più intelligente», mi fece notare Lauren. un sussurro seducente.

«Andiamo a Parigi?>>, mormorai, facendola suonare più una domanda che un'affermazione.

Che diavolo...?

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