Stay.

By lwlights

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Harry ha appena perso una sorella che gli ha lasciato una responsabilità non indifferente; Jessie, una bambin... More

2. Alba.
3. Festeggiamenti.
4. Ancora una volta.
5. Abitudini.
6. Un compleanno speciale.
7. Vacanze.
8. Insicurezze.
9. Partenze.
10. The End.

1. Nuovo inizio.

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By lwlights





A Louis, che amo come le stelle
da lontano, in silenzio,
senza spegnersi mai










Louis guardò le persone sfilare via, una dopo l'altra, dalla casa della sorella di Harry.
Non lo vedeva da un po',   cosa che non lo sorprendeva affatto, dato che Harry lo evitava il più possibile, da quell'unica notte che avevano passato insieme.  La notte che era sgattaiolato  via mentre Louis dormiva.  Eppure, Louis continuava ad attendere, sperando di poter rubare un minuto da solo con lui. Una speranza infondata.

Perché gli dava così fastidio che Harry non volesse nient'altro da lui?

«Resti nei paraggi?» Liam, un suo amico pompiere, gli si avvicinò con il braccio imbracato in una fasciatura, dovuta a un incidente durante lo spegnimento di un incendio. «Sì, credo di sì. Potrebbe aver bisogno d'aiuto o altro.» Liam scosse la testa. «C'è il suo migliore amico. Penso siano una specie di fratelli, ho sentito che sono cresciuti insieme. Credi davvero che sia una buona idea provarci con l'uomo che ha appena seppellito sua sorella?»

Louis serrò la mascella, lottando per non digrignare i denti come faceva da bambino. «No, cazzo. È che...»

Credo abbia bisogno di un amico... sembra così solo.

«Puoi darmi torto per averlo pensato? Devi ammettere che sei stato piuttosto insistente nel provare ad andarci di nuovo a letto.»

«È successo prima che conoscessi tutta la storia. Non sono così stronzo, Liam.» Anche se, effettivamente, lo era. La verità era che a Louis non era mai capitato che un uomo o una donna sgattaiolasse via dopo aver fatto sesso con lui. Pur non essendo accaduto niente di particolare con Harry, quel fatto bastava a incuriosirlo. Forse questo lo faceva passare per un idiota, ma era vero. Più era difficile trovare Harry, più lui lo desiderava, e questo lo rendeva uno stronzo.

Quando finalmente l'aveva rintracciato, Harry aveva chiaramente dimostrato di non avere alcun interesse a ripetere la loro notte insieme. E così per lui era stato un gioco continuare a provarci con l'uomo, nonostante il rifiuto, solo per gustarsi la sua agitazione. Poi Liam aveva sganciato la bomba sulla sorella in fin di vita, raccontandogli che Harry si era trasferito a Holmes Chapel, solo per prendersi cura di Gemma e sua figlia, e così Louis aveva vinto il "Premio per lo Stronzo dell'anno" per il suo continuo assedio. Forse era questo che l'aveva spinto a continuare a cercare Harry, nonostante gli avesse chiaramente fatto capire di non volerlo. Louis aveva cinque sorelle e un fratello; perdere uno di loro l'avrebbe distrutto.

«Lo so,» disse Liam, «ma è un amico di Zayn e...»

«Guarda come proteggi l'amichetto del tuo fidanzato! Se ricordi bene, sono stato io a riportare Harry a casa quella notte, perché tu hai dato di matto, convinto che volesse il tuo uomo.» Dire una cosa del genere a chiunque altro gli avrebbe fatto probabilmente guadagnare un pugno in faccia, ma Liam lo conosceva bene. Sapeva che a Louis piaceva fare casino e stuzzicare la gente. Liam gli fece l'occhiolino. «Faceva tutto parte del mio piano. Mi stavo solo preoccupando per te e ti aiutavo a scopare, dato che, evidentemente non eri in grado di farlo da solo.»

«Ben fatto, stronzo!» Louis rise tra sé e quando il fidanzato di Liam, Zayn, si unì a loro, aggiunse: «Seriamente, vorrei solo dirgli che mi dispiace per la sua perdita e che vorrei essere suo amico. Sono sicuro che gliene servirebbe uno adesso.» Zayn fece un piccolo cenno di assenso prima di chinarsi a baciare la sommità dei capelli scuri di Liam. «Sei pronto per andare?» gli chiese.

«Sì, certo.» «Va' a casa a curare quel culo pigro, così potrai tornare al lavoro,» lo prese in giro Louis, facendo ridere Liam e Zayn. «Ne sta approfittando. Dovresti vederlo a casa.» Zayn infilò un dito in uno dei passanti della cintura di Liam. «Questo è perché non sono certo uno stupido. Riesco a fare quello che voglio.»

Louis aveva l'impressione che Zayn non avesse bisogno di un incidente per prendersi cura del suo ragazzo. «E presto avrai un debito nei miei confronti.» La voce di Zayn si fece più profonda, in una maniera che fece capire a Louis come mai Liam, che si era sempre considerato etero, si fosse innamorato di lui.

«Ci vediamo presto.» Zayn lo salutò di nuovo, prima di andarsene insieme a Liam. Louis si guardò attorno nel piccolo salotto in cui si trovava e si rese conto di essere solo. L'arredamento scuro era vecchio, ma ancora in buone condizioni. C'era un caminetto nel muro più distante, con sopra una mensola piena di foto. Louis si avvicinò e i suoi occhi vagarono sugli scatti di una ridente Gemma e della sua bambina, Jessie, intenta a giocare. Aveva biondi capelli ricci, molto più chiari di quelli di Harry.

C'erano anche foto di Niall, che aveva incontrato quel giorno per la prima volta, insieme a sua moglie e ai suoi figli. In fondo alla mensola c'era una foto di Harry, appoggiato a un albero, ed era l'unica a immortalare una persona da sola. Louis si sfregò il mento, studiando l'immagine: il corpo slanciato di Harry, il modo in cui reclinava il capo, mostrando una mascella definita come una lama da taglio, e i jeans che ne avvolgevano le gambe lunghe. Era maledettamente sexy, e non c'erano dubbi sul fatto che fosse stato una bella scopata, ma questo non spiegava perché lui fosse lì in quel momento, nel salotto della sorella.

«Hai bisogno di qualcosa?» Louis si voltò al suono della voce desolata di Harry. «Nel caso in cui tu non l'abbia notato, sono andati tutti via.» Louis gli rivolse un sorriso. «Tutti tranne me.» Ma non fu ricambiato come sperava. «Che è proprio quello che intendevo,» rispose Harry, incrociando le braccia.

Accidenti. Decisamente non si presentava come un'impresa facile. Aveva pensato che, visto che erano riusciti ad andare d'accordo quando Zayn aveva avuto bisogno di aiuto dopo l'incidente di Liam, Harry avesse superato l'avversione nei suoi confronti. Evidentemente non era così. Louis scrollò le spalle. «Pensavo ti servisse una mano a pulire o roba del genere. Sono sicuro che tu non voglia occuparti di queste cazzate adesso.»

Harry non si smosse. «Me ne occuperò io. Se avrò bisogno di aiuto mi aiuterà Niall»
«Sono sicuro che neanche lui ne abbia voglia. Non è un problema.»

«Perché?» lo interruppe Harry. Louis gli si avvicinò di qualche passo. Parole maliziose gli formicolavano sulla punta della lingua... Perchè sei maledettamente sexy. Prima di rispondere andò alla ricerca di quel filtro che tutti lo accusavano di non possedere. «Perché mia madre mi ha insegnato a essere gentile e ad aiutare le persone quando ne hanno bisogno.» Il che era vero. Il corpo di Harry si irrigidì talmente tanto da rivaleggiare con il marmo.

«Non ho bisogno della tua pietà. Se è questo che...»

«Pietà? Ma di che stai parlando? Ascoltami, pietà è l'ultima cosa che potrei provare guardandoti. Se non mi credi, te lo posso dimostrare.» Sapeva di essersi fregato da solo, non appena le parole lasciarono la sua bocca.  Dove diavolo era andato a finire il suo filtro? Louis sospirò. «Mi dispiace. Non sono venuto qui per provarci con te. È solo...»

«Zio Harry! Zio Harry!» chiamò la voce di una bambina, sempre più vicina.

«Se non l'hai capito, mi sto occupando di cose ben più importanti del tuo cazzo. Sai già dov'è la porta.» E gli voltò le spalle. «Harry,» lo richiamò Louis, ma l'altro procedette dritto verso la cucina e la porta sul retro. Louis lasciò ricadere la testa all'indietro. «Dannazione.»

Aveva già rovinato tutto.











**

Harry si fermò sulla porta, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. L'ultima cosa di cui aveva bisogno quel giorno era arrabbiarsi per qualche cavolata detta da Louis. Aveva capito che tipo era. Gli aveva preso le misure già dalla sera in cui si erano conosciuti e sembrava uno che non aveva mai avuto una giornataccia in vita sua. Bello, simpatico, piaceva a tutti; il tipo che esigeva attenzione. Era abituato ad avere ciò che voleva e, in quella notte che avevano passato insieme, Harry aveva desiderato esattamente lo stesso: sesso. Sollievo. Per Harry era stata una notte in cui dimenticare che Gemma stesse morendo e che voleva che fosse lui a crescere sua figlia. In cui dimenticare che ancora una volta stava per perdere una persona amata. Aveva combinato un guaio quando se n'era andato prima che Louis si svegliasse. Così facendo si era reso interessante e si era trasformato in una sfida agli occhi dell'altro, mentre lui non voleva essere interessante proprio per nessuno. Aveva cose più importanti di cui occuparsi e non aveva tempo per mettersi a giocare. E sicuramente non voleva pietà.

«Zio Harry. Sbrigati!» lo chiamò Jessie, con la voce piena di gioia tipica di una bambina di quattro anni. Aveva capito di aver perso la madre per sempre? Era piccola e presto di lei non le sarebbero rimasti che ricordi sbiaditi. Succedeva sempre. Avrebbe dimenticato il sorriso di Gemma, la sua risata. Non avrebbe mai saputo cosa volesse dire avere il suo incrollabile sostegno. Non avrebbe potuto parlare con sua madre, ma avrebbe avuto... Harry.
A cosa stava pensando Gemma quando aveva deciso di affidargliela? Al ragazzo gay e single che aveva lasciato il suo lavoro per venire fin lì, che faceva pena ad aprirsi con la gente, e che perdeva sempre chi gli era più caro?
Scosse la testa, sperando di riuscire a mettere da parte quei pensieri per un altro momento. Harry scese le scale per raggiungere Jessie prima che lei venisse da lui. Perché l'avrebbe fatto. Lei e sua madre avevano molto in comune.

Niall, sua moglie Lydia, e i suoi due figli piccoli, sedevano al tavolo da picnic. Lì accanto c'era un'altalena, molto diversa da quella che Harry aveva appeso all'albero a casa. Distesa a letto, Gemma era riuscita a guardare sua figlia Jessie librarsi su quell'altalena fatta a mano. Ora sarebbe toccato a Harry guardarla. Lui e Niall erano cresciuti insieme e ad un certo punto, come nei cliché più classici sua sorella aveva pensato che fosse una buona idea fidanzarsi con il suo migliore amico, poi per fortuna avevano capito che funzionavano meglio come amici. Niall aveva trovato Lydia, a detta sua, l'amore della sua vita e ci aveva sfornato due bambini dell'età di Jessie. Alla fine, era l'unica famiglia che aveva.

«Spingimi, zio Harry!» lo chiamò Jessie. nessuno si accorgesse dei suoi nervi a fior di pelle. «Cosa? Non potevate farlo voi? Siete tutti qui.» Harry sbatté le palpebre, «Voleva te. E quando Jessie vuole qualcosa...» La piccola interruppe Niall, urlando ancora una volta: «Zio Harry! Zio Nì, puoi dire a Harry di venire da me?! Per favore, per favore.»

«Arrivo, arrivo.» Le foglie autunnali scricchiolarono sotto i piedi di Harry, che si incamminò verso l'altalena per dare una spintarella a Jessie. Niall le aveva legato i capelli quel giorno, ma i riccioli già le sfuggivano dall'elastico, quando si levò in aria. Come poteva acconciarle i capelli ogni giorno? Non ne aveva idea.

«Più in alto! Più in alto!» gridò.

«Ci provo.» Harry sperava che la sua voce suonasse più tranquilla di come lui si sentiva. Alle sue spalle, Niall rideva mentre Jessie gridava di gioia quando lui la faceva volare. La spinse per quella che sembrò un'ora, nonostante fossero passati probabilmente solo quindici minuti, prima che lei finalmente si stancasse. Quando scese dall'altalena, Lydia, sua moglie, si offrì di portare i bambini a fare una passeggiata. Harry lo sapeva, era una scusa per dare modo a Niall di parlare con lui. Evitando il boschetto sul retro, fecero il giro della casa. Non appena furono spariti dalla loro vista, Niall gli domandò: «Come stai?»

Quando si sedette di fronte a lui, la panchina cigolò al di sotto. «Sto bene.» I suoi occhi si addolcirono e sapeva cosa volessero esprimere. Pensava che l'avrebbe avuta per sempre al suo fianco e ora non c'era più.

Gli occhi di Niall trasmettevano la sua preoccupazione per lui, «Ti chiamava sempre fratello. Lei era così fiera di essere tua sorella.» Gli occhi di Harry si incollarono al tavolo. Non aveva idea del perché, ma Gemma era stata davvero fiera di lui. Sembrava che il sole girasse intorno a Harry, e questo lo aveva fatto sentire maledettamente bene. Dopo alcuni minuti di silenzio, Niall gli chiese: «Chi era quel Ragazzo?»

«Quale ragazzo?» Sapeva esattamente di chi stava parlando. Dannato Louis, aveva catturato l'attenzione di tutti. «Lo sai chi. Ti ha fissato per tutto il giorno.» Era vero. Harry non avrebbe voluto farlo, ma anche lui aveva sbirciato Louis. «E tu sai chi è. Holmes Chapel non è grande e tu ci vivi da anni.» «Sì, ma Louis è qui da meno di uno.» Harry inarcò un sopracciglio.

«Ok, va bene, so chi è. Perché ti stava guardando? Vi frequentate?» «Dobbiamo davvero parlare di questo oggi?» si lamentò Harry. Niall sorrise. «È un bel tipo. Se fossi gay, ci uscirei. Hai notato quegli occhi? Sexy.»

Sentire il suo migliore amico definire un uomo con cui lui aveva passato una notte- sexy era qualcosa che si sarebbe volentieri risparmiato per il resto dei suoi giorni. «Non ci
stiamo frequentando,» «Potresti farlo, lo sai.» «Voglio dire, se vivrai qui, dovrai sentirti a tuo agio. Avere una vita tua. Sai che ti sosteniamo. Gemma ha sempre insegnato a Jessie che l'amore è amore.»

Harry chiuse di nuovo gli occhi, come se così potesse bloccare i ricordi. L'aveva sostenuto così tanto quando aveva fatto coming out a sedici anni. Non importa chi è la persona fratello, se la ami, la ami con tutto il cuore. Aprì di nuovo gli occhi. «Senza offesa, ma gli appuntamenti sono l'ultimo dei miei pensieri adesso.» «Non fingere che sia solo adesso. Non esci seriamente con qualcuno da anni. Non far finta che sia per via della morte di Gemma o del dover badare a Jessie.» Era l'ultima cosa di cui aveva voglia di discutere in quel momento.

Harry iniziò a grattare la vernice sul tavolo. «Non parliamo di questo. Louis è...» Cos'era? Non poteva nemmeno definirlo un amico. Lo conosceva da un paio d'ore quando era andato a casa con lui. Poi si erano a stento rivolti la parola fino a quando Liam non si era fatto male, o meglio, Harry gli aveva a stento rivolto la parola. Per il resto, tutto era girato attorno a Zayn e Liam.

Ma il fatto che non fossero amici, non aveva impedito a Louis di chiamarlo due volte nelle ultime due settimane. Di chiedere a Harry di uscire e poi presentarsi lì, quel giorno. «Louis è...?» chiese Niall. La mente di Harry tornò alla bambina che poco prima aveva spinto sull'altalena. Alla nipote che avrebbe dovuto crescere. Alla sorella morta, e... «Nessuno. Louis non è nessuno.» Quelle parole lo fecero sentire un Bastardo. «Ok, lascerò stare. E Jessie? Lei voleva che te ne occupassi tu.» Il suo cuore si gonfiò e subito si infranse a quelle parole. «Non so niente su come si crescono i bambini, Niall.»

Lui alzò gli occhi al cielo. «Chi sa come fare il genitore? Non è mai come lo immagini. E sappi che ti aiuteremo. Siamo una famiglia. Ti aiuterò.»

«Se fuggirai da quella bambina, lo rimpiangerai.» «Sono suo zio, non fuggirei. Sarò sempre suo zio.» Come scusa suonava debole perfino alle sue orecchie. «Lo sai che non è quello che intendo.» Harry si alzò. «Lo so e sono qui, no? Lo sai che non potrei mai andare contro la volontà di Gemma o a Jessie.»  «Troveremo una soluzione, amico. Lo faremo insieme. È passato tanto tempo da quando vivevi vicino a noi. Sono così contento che tu sia qui.»

E per quanto adorasse averli di nuovo accanto, tremava di terrore. Non poteva permettersi di rovinare tutto. Non poteva.











**

l capo dei pompieri lo occhieggiò dall'altro lato della scrivania. Louis si appoggiò alla sedia e provò a decifrare il significato del «Non posso dire di non essere deluso.» Bridges inarcò un sopracciglio. sorrisetto sul suo volto.
«Sei un pompiere davvero bravo, Lou.» Louis gli fece l'occhiolino. «Ma non mi dica! È ovvio.» Louis si alzò e gli tese la mano. «Anche lei è un ottimo capo.» Gli piaceva lavorare per Bridges, il che non significava che non volesse un avanzamento di carriera ed era per questo che il suo capo aveva dato un'occhiata in giro per lui.

Anche Bridges si alzò per stringergliela. «Solo perché questa promozione non è andata, non vuol dire che sarà così anche per la prossima. Ti farò sapere se ci saranno altre possibilità.»

Annuì. «Lo so. Non vado di fretta. È tutto a posto.» Si salutarono, poi Louis lasciò l'edificio. Lanciò la borsa all'interno del pickup, prima di salirci e ascoltare il motore mettersi in moto con un brontolio. Il suo corpo era stanco morto, ma i riflessi erano pronti. Non soffriva troppo la mancanza di sonno, probabilmente perché era fin troppo pieno di energia. Oh, e non usciva da un sacco di tempo. Liam era sempre stato la sua spalla quando si trattava di uscire e divertirsi, ma ora preferiva rimanere a casa con Zayn piuttosto che andare da qualche parte. Non che Louis gliene facesse una colpa. Ok, quella era una bugia.

Louis non invidiava Liam, non era fatto così. Lui prendeva la vita come veniva, troppo entusiasta di quello che gli accadeva per desiderare ciò che non aveva. C'era da dire, però, che dividere il letto con un uomo come Zayn o Liam non doveva essere male.

Ho davvero bisogno di scopare.

Uomo o donna che fosse, a lui non importava. Come aveva detto, il corpo umano era bellissimo in qualsiasi forma e a Louis piacevano tutte. Lanciò un'occhiata al telefono, per scoprire che erano solo le quattro e mezza di pomeriggio. Non c'era una grande varietà di opzioni per andare a divertirsi a quell'ora, così si diresse al negozio di alimentari. Aveva attraversato un paio di corsie quando notò una testolina bionda, dagli scompigliati capelli ricci, sporgere da dietro comprare alcune cose. una vetrina. Louis avvertì le labbra stirarsi in un ghigno, quindi abbandonò il carrello al reparto carni e si accovacciò dietro la vetrina con lei.

«Ci nascondiamo?» Chiese. Jessie alzò lo sguardo fissandolo con grandi occhi e disse: «Zio Harry vuole iscrivermi a karate, così potrò picchiare gli sconosciuti che provano a parlare con me. Anche se ti ho visto guardare zio Harry al funerale della mamma. Vuol dire che non sei uno sconosciuto?» Ora era il turno di Louis di spalancare gli occhi. Cazzo. Non ci aveva proprio pensato. «Tuo zio ha ragione, non dovresti parlare con gli sconosciuti.» Non voleva che pensasse che era un estraneo. Ma non voleva dirle di non esserlo, perché in qualche modo lo era. Per lei, almeno. Quindi, cosa diavolo poteva dirle?

Louis decise di risolvere con: «Non lo stavo guardando.» Lo faceva sembrare come un cane che gli gironzolava attorno o qualcosa del genere. «Sì, invece.»

«No, non è vero.»

«Sì, è vero.» I suoi ricci, che non erano legati come quando l'aveva vista due settimane prima, dondolarono con lei quando annuì.

Cristo, quanti anni aveva quella bambina? Era brava a discutere come qualsiasi altra donna da lui conosciuta, e nessuno tra i suoi nipoti si sarebbe mai accorto se una persona fissava o meno qualcun altro. «Ero preoccupato per lui. È stato molto carino da parte mia, se posso dirlo.»

«Ci nascondiamo?» chiese di nuovo, provando a cambiare discorso.
Che stava dicendo? E invece lui quanti anni aveva?

«Sì! Zio Harry non...» «Jessie! Che stai facendo? Non puoi andare in giro a nasconderti così.» Harry sembrò materializzarsi dal nulla, prima di tirarsi Jessie al petto e abbracciare forte la bambina. Louis sentì sprofondare lo stomaco. Lui si era messo a giocare e a nascondersi con lei, mentre Harry non aveva idea di dove fosse.

«Scusa, mi annoiavo. » Jessie fece un passo indietro.
«Non fa niente,» rispose Harry, la cui voce vacillò leggermente, mentre cercava di sistemarle i capelli, che tornavano subito com'erano prima. «Hai un cane?» chiese Jessie a Louis, indicando il cibo per cani nel suo carrello. Harry si alzò e sembrò mostrare un certo disagio quando si rese conto che anche Louis era lì.

Louis gli fece un cenno. «L'ho vista qui e mi sono fermato.» «Grazie... per aver aspettato con lei finché non l'ho trovata.»

Anche no. Non aveva minimamente pensato di aspettare con lei.

«Nessun problema.» Abbassò lo sguardo a Jessie. «Sì, ce l'ho. Un labrador color cioccolato, giocherellone e scatenato come solo i labrador possono essere.»
«Oooh! Voglio un cucciolo. Possiamo prenderne uno, zio Harry?» Poi si rivolse a Louis. «Come si chiama? Mamma dice che i nomi devono avere un significato.» Harry sbiancò. Chiuse per un attimo gli occhi ed emise un lungo, profondo respiro. Jessie non sembrò notarlo, ma Louis sì. Jessie aveva detto, 'mamma dice,' e non 'mamma diceva' Louis avvertì un dolore al petto, pensando all'uomo davanti a lui. Harry si passò una mano tra i capelli e chiuse di nuovo gli occhi; era ovvio che desiderasse scomparire.

«Si chiama Jock.» Louis si inginocchiò per guardare Jessie negli occhi, nella speranza di dare a Harry un attimo per riprendersi. «Che vuol dire?»

Che ha un debole per i giochetti.
«Non ho abbastanza fantasia per cercare un nome con un significato. Se mai prenderò un altro cane, sarai tu a dargli un nome. Quale sceglieresti?» Lei rispose senza esitazione. «Zio Harry.» Sentì Harry ridere alle sue spalle. «Non puoi chiamare un cane come me.»

«Perché no?» chiese Louis proprio mentre Jessie diceva: «Come mai?» Louis si alzò. «A me piace come nome.» Harry incrociò le braccia. «Nessuno te l'ha chiesto.» Jessie tirò la maglietta dello zio. «Non è carino da dire.» Anche Louis incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio. Riusciva a vedere il fuoco ardere negli occhi verdi e bellissimi di Harry, lo stesso fuoco che aveva visto in quella notte passata insieme.

«Vero, non è stato carino.» Louis ghignò, e le fiamme nelle pupille di Harry sfavillarono ancor di più. «Mamma dice che bisogna chiedere scusa quando si dicono cose poco carine.» Jessie piantò i grandi occhi verdi su Harry, e Louis capì che l'altro era fregato. Come poteva dire di no a quella bambina? Doveva ammettere che era abbastanza divertente.

E ciò che rendeva tutto ancor più divertente era il piccolo sorriso che lottava per aprirsi sulle labbra di Harry. L'uomo provò a nasconderlo, ovviamente, ma con scarsi risultati. Louis si chiese quando fosse stata l'ultima volta in cui aveva sorriso. Durante quella notte passata insieme, ne aveva abbozzato qualcuno solo quando aveva infastidito Liam  riguardo a Zayn, e ora si chiedeva se fossero stati sinceri.

Così, quella volta, senza nemmeno provarci, trovò il suo filtro. Ma perché mai qualcuno doveva averne bisogno? «Le scuse aiutano sempre, zio Harry. Sono sempre stato carino con te.» Specialmente quella notte, più di una volta, prima che Harry sgattaiolasse via da lui.





**

L'unica cosa che impedì a Harry di strangolare Louis era la piccola Jessie accanto a lui. Non gli importava nemmeno che fossero in pubblico. Valeva la pena andare in prigione solo per vedere scomparire quel sorriso impertinente dalle sue labbra. Non che a Harry importasse qualcosa di quelle labbra. «Hai ragione, Jess. Non è stato molto carino da parte mia.» I suoi occhi incontrarono quelli di Louis, cosa che gli rese ancor più difficile pronunciare quelle parole. «Scusa.»

Ti ammazzo.

«Ho dimenticato quello che hai detto. Scusa per cosa?» Louis gli fece un sorrisetto. Era tutto un gioco per lui? Harry si morse la lingua, cercando di non dire a Louis quello che pensava realmente. Quell'idiota. «Scusa per essere stato maleducato.» Jessie gli strinse le piccole braccia attorno alla vita. «Ben fatto, zio Harry.»

Il suo cuore batté forte e quelle false scuse assunsero improvvisamente un nuovo valore. «Grazie, piccola.» Louis aggrottò leggermente la fronte, ma poi recuperò terreno. «Sì, zio Harry. Ben fatto, ti perdono. A che servono gli amici, altrimenti?» «Smettila di chiamarmi così. Per favore,» aggiunse prima che Jessie lo riprendesse di nuovo. Era forte e ostinata proprio come sua madre.

«Oh, posso prendere qualche snack alla frutta?» Jessie indicò un reparto alle loro spalle e Harry, dopo aver annuito, si girò per poterla tenere d'occhio. Due secondi dopo stava già correndo per esaminare cinque milioni di varianti dello stesso prodotto.

«Hai ragione.» Louis gli si fece vicino, ma Harry non arretrò di un millimetro. Il che non gli impedì di farsi ancora più avanti, avvicinare la bocca all'orecchio di Harry e sussurrare: «Forse non è il modo migliore per chiamarti, visto che sono stato dentro di te.» Provò a tirarsi indietro, ma Harry lo afferrò per un braccio, tenendolo fermo. «So che sei bisessuale, ma non dimenticare con chi stai parlando. Non provare a flirtare con me come faresti con una donna, perché non avrai la stessa reazione.»

Detto questo, Harry andò via. Jessie aveva preso i suoi snack e quando lui arrivò alla fine del reparto, lanciò un'occhiata alle sue spalle. Louis lo guardava, ancora lì dove l'aveva lasciato. Jessie non smise un attimo di parlare per tutto il tragitto di ritorno e quando arrivarono alla piccola casa, con tre stanze da letto, in cui aveva vissuto con sua madre, si avviarono dritti in cucina per mettersi a preparare dei tacos, una delle poche cose che sapeva cucinare. Aveva la sensazione che avrebbero mangiato molto, troppo spesso, dei tacos. Mentre cucinavano e durante la cena, Harry si sforzò di trovare le parole per parlare a Jessie di sua madre. Ma ogni volta che apriva bocca, non riusciva a emettere un suono e il petto gli faceva male. Jessie era una sua responsabilità e la prendeva dannatamente sul serio. Ma questo non faceva scomparire il dolore e non riusciva a fargli pronunciare parole che desiderava non fossero vere.

«Ehi, Jess?» «Possiamo guardare la TV? Voglio guardare la TV. La guardi con me?» chiese. La sua testa era sempre da un'altra parte. «Sì, certo, possiamo guardare la TV.» Codardo.

Guardarono un paio di episodi di un cartone animato, prima che Harry le preparasse un bagno caldo e pieno di bolle. Uno a settimana, gli aveva detto Gemma, non più di un bagno di bolle a settimana, anche se non aveva idea del perché. Sapeva solo che gli altri bagni dovevano essere privi della sua parte preferita. Una volta finito, le fece infilare un pigiama e quando lei prese un pacchetto di snack alla frutta, le disse: «È ora di andare a letto, piccola.»

«E i miei capelli?»

Cosa c'era che non andava con i suoi capelli?

«I capelli?» «Sono ancora bagnati. Mamma dice che non devo andare a letto con i capelli bagnati quando inizia a far freddo.» «Ah.» Harry si grattò la fronte. «Ok.» Si mise a cercare un asciugacapelli nell'anticamera del bagno, ma non riuscì a trovarne uno ed era assolutamente sicuro di non averne uno nella sua stanza, così si mise a frugare nell'armadietto. Non era neanche lì. Harry lanciò uno sguardo verso l'altro lato della casa. Verso quella porta chiusa che non voleva aprire. Avrebbe voluto solo farla andare a dormire coi capelli bagnati, ma se Gemma aveva detto che non poteva, non l'avrebbe fatto. Lei si era presa cura di lui e lui avrebbe fatto lo stesso per sua figlia.

«Vai in bagno e aspettami, ok? Vado a prendere l'asciugacapelli.» Jessie saltellò in bagno, senza capire che lui stava per avere un colpo al cuore. Prese un bel respiro e lo fece: s'incamminò verso l'altra ala della casa, aprì la porta e andò dritto in bagno, spalancò l'armadietto, tirò fuori l'asciugacapelli nero e uscì di corsa.

Aveva respirato almeno una volta mentre era lì dentro?

Quando qualcuno moriva, l'aria prendeva un odore particolare. L'aveva sentito spesso all'ospedale in cui lavorava, ma non aveva mai immaginato di doverlo sentire in casa sua, nella camera di Gemma. Probabilmente era sfumato ormai, eppure credeva che non sarebbe riuscito a respirare lì dentro di nuovo. Non ci mise molto ad asciugarle i capelli. Le disse di andare al bagno un'altra volta e poi l'aspettò nella sua cameretta rosa. I capelli di lei volavano in ogni direzione, ma non provò nemmeno a legarli. Aveva quasi perso un occhio nel farlo quella mattina. Quando Jessie si infilò sotto le coperte, Harry si sedette sul bordo del letto.

«Ti ricordi quando stavamo parlando con Louis prima, al negozio? Hai parlato di quello che diceva la mamma.» Jessie annuì.

Era come se qualcuno gli avesse messo il cuore in un frullatore e l'avesse accesso. «Volevo solo sapere se ti andava di parlare di lei. Possiamo farlo quando vuoi, sai? È un bel modo per ricordarla.» La velocità del frullatore aumentava. «È una cosa bella parlare di lei, per tenere viva la sua memoria. Ti ricordi che non tornerà, vero?» Si allungò per accarezzare il braccio di Jessie, ma quella maledetta mano tremava. Jessie annuì, senza dire una parola.

«È normale che ti manchi.» «A te manca?» gli chiese. Chiuse gli occhi e si concentrò per rallentare il battito del suo cuore. «Sì, mi manca.» «Anche a me.» Si girò sul fianco, e questa volta la sua mano era ferma quando le scostò i capelli dal viso. «Ti amava più di ogni altra cosa, piccola.» «Amava anche te. Mamma diceva che la famiglia è la cosa più 'portante al mondo.» Sorrise per come lei pronunciò la parola. «Vero. Stai bene?» Jessie annuì e Harry si chinò per darle un bacio sulla fronte. «Buonanotte, Jess.»

Era già sulla soglia della camera, quando la voce della bambina lo fermò. «Louis è uno sconosciuto?» Harry strinse il pomello. «No... non proprio.» «Allora è un tuo amico. Era da zio Niall per il funerale della mamma.» Lasciò che quella domanda vagasse per la sua mente. Lei aveva già abbastanza problemi e non voleva che Louis diventasse un ulteriore motivo di confusione. «Sì, certo è un amico. Ma abbiamo un sacco di amici. I compagni dell'asilo e Liam e Zayn. Ti ricordi di loro?» Jessie annuì. «Sono contenta che sia tuo amico, mi piace. E non voglio prenderlo a colpi di karate.»

Harry rise, mentre la tensione al petto scemava un po'. Ma poi si ricordò delle ultime parole che Louis gli aveva rivolto. Jessie non sarebbe arrivata a colpirlo, perché probabilmente Harry l'avrebbe ucciso prima. Forse sarebbe bastato per togliersi dalla testa quelle labbra fatte per baciare e quelle mani esperte. Perché, per quanto non volesse ammetterlo, erano rimaste lì, nella sua mente, da quando quella notte era andato via dalla casa dell'uomo.











**

Il giorno dopo, mentre si rilassava sulla poltrona reclinabile, Louis digitò un numero sul telefono. Per un secondo pensò che forse non avrebbe dovuto, ma non era il tipo che esitava. Che ci avrebbe guadagnato a trattenersi? Aveva qualcosa da dire e aveva in programma di farlo.

Era probabile che Harry, d'altra parte, non fosse d'accordo con lui. Louis sorrise quando Harry rispose al terzo squillo. «Che vuoi?» «Hai risposto.» «Non è quello che si dovrebbe fare quando qualcuno chiama?» Uhm. Quella non era la risposta che si aspettava. «Hai sempre ignorato le mie chiamate.» «Preferisci che riattacchi? Potrei. Ho altre cose da fare.» Il tono di voce di Harry aveva, come al solito, una sfumatura di sensuale serietà. Mandava Louis fuori di testa, anche se non sapeva perché. Di solito non amava la serietà.

«No, non riattaccare. Non credo vorrai perderti quello che sto per dirti.» Louis premette il pulsante per chiudere la poltrona reclinabile, prima di dirigersi in cucina. «Ti chiamo per chiederti scusa. Spero che tu capisca quanto raro sia questo evento. In effetti, potrei rimanere in attesa se vuoi registrare la conversazione, annotarla o che so io.»

Lo accolse il silenzio. «Ah, cazzo. Non ti avrò mica fatto svenire?» Una risata roca risuonò attraverso il telefono e Louis sorrise. Era forse la prima volta che sentiva Harry ridere. «Sei pazzo.» Louis si appoggiò al bancone della cucina. «Significa che sono perdonato?» Quando Harry non rispose, aggiunse: «Mi sto solo scusando per quello che ho detto alla fine della commemorazione. Lo penso davvero, ma il mio tempismo è stato pessimo. E anche per quello che ho detto al negozio di alimentari ieri. Il mio dottore sta ancora cercando una cura per la mia dissenteria verbale.»

Per un minuto, ascoltò il suono del respiro di Harry attraverso il telefono, prima che quest'ultimo alla fine rispondesse: «A essere sinceri, diciamo pure che non c'è un vero motivo per cui tu debba scusarti. Io, invece, ce l'ho. Ma le cose sono state un po'...» Louis aspettò che continuasse, ma l'altro non lo fece e non ne fu sorpreso. Non sapeva molto su Harry, ma era ovvio che si tenesse parecchie cose dentro. Negli altri quel tratto del carattere non gli aveva mai dato fastidio, ed era anzi abbastanza comprensivo, ma ora gli dava la sensazione di un irritante prurito che non riusciva a grattare. Perché Harry non voleva aprirsi con lui?

«Non fa niente, amico. Ne stai passando tante, lo capisco. Possiamo essere amici. So come essere solo un amico, sai?» Harry fece un'altra delle sue tipiche pause e mentre aspettava, Louis pensò di dirgli che gli piaceva il modo in cui aveva iniziato a tagliarsi la barba. Per fortuna, riuscì a trattenersi. «Senti, dovrei andare. Tra un po' devo passare a prendere Jessie all'asilo e ci sono cose di cui mi dovrei occupare prima,» disse infine Harry. Louis espirò lentamente. Ecco la sua risposta. «D'accordo, passa una buona giornata.»

Scostò il telefono dall'orecchio e stava per chiudere la chiamata, quando la voce di Harry lo fermò. «Grazie... grazie per aver chiamato.» Prima che Louis potesse rispondere, l'altro aveva già riattaccato, ma lui sorrideva di nuovo. Non era sicuro del perché, ma le parole di Harry lo facevano sentire bene.


Un paio di giorni dopo, Louis salì sul suo pickup, diretto a casa di Liam. Aveva il turno di riposo e si annoiava da morire e, visto che Zayn lavorava tutto il giorno e Liam non era ancora rientrato in servizio, aveva deciso di passare a trovarlo.

Il suo collega aprì subito la porta. «Dov'è la fascia?» chiese Louis. «'Fanculo,» rispose Liam, facendolo scoppiare a ridere. «Scommetto che la indossi quando c'è Zayn.» Zayn era un bravo ragazzo ed era ovviamente innamorato perso di Liam. Louis non lo conosceva bene, ma era sicuro che se il dottore avesse detto a Liam di continuare a portare la fascia, Zayn si sarebbe assicurato di fargliela indossare quando era lì con lui.

«E di nuovo, fottiti. Mi fa uscire di senno. E inizio la riabilitazione questa settimana. Se posso affrontare quella, posso anche stare qualche ora senza quel coso addosso.» Louis seguì Liam in salotto, ridendo di quel suo tono scontroso. Liam si sedette sulla poltrona e Louis sul divano. «Ti fa uscire di testa non essere al lavoro, vero?» gli chiese. «Sì, mi manca. Ho bisogno di uscire di qui. Sto facendo impazzire anche Zayn.»

Louis annuì. Lo capiva. Lui aveva bisogno di tenersi sempre impegnato. Se non era al lavoro, doveva comunque fare qualcosa. Giocava a calcio nella squadra locale, si allenava e davvero tanto. Quand'era piccolo, sua madre gli diceva che passava tutto il tempo alla ricerca della prossima avventura, ma non era nemmeno quello il motivo. Semplicemente, non trovava mai qualcosa che catturasse la sua attenzione a lungo. Ma non era colpa sua. «Sono sicuro che tu non lo stia facendo impazzire.»

Liam inarcò un sopracciglio. «E tu invece? Stai facendo impazzire Harry?»

«Non è la stessa cosa, neanche lontanamente.» Louis non riusciva ancora a definire con precisione quale fosse il fascino che Harry aveva su di lui. Ma c'era qualcosa nell'uomo che incuriosiva Louis e lo portava a chiedersi perché lo sguardo di Harry fosse sempre così distante, nonostante fosse evidente che aveva un cuore d'oro. Louis lo vedeva nel modo in cui guardava Jessie, e lo aveva visto quando aveva aiutato Zayn e Liam, eppure, quando si trattava di lui, non faceva altro che respingerlo. Una parte di lui era istigata a provarci quanto più Harry lo respingeva. Sua madre gli avrebbe fatto passare le pene dell'inferno per una cosa del genere. I suoi genitori erano ancora felicemente sposati, dopo quasi quarant'anni.

Nessuna delle sue relazioni era durata più di un paio di mesi, e anche così ne aveva solo avute due. La più lunga era stata con Gavin. Si erano frequentati quando aveva diciott'anni, ma erano decisamente meglio come amici. Aveva ventinove anni, era andato via di casa all'età di diciotto, e aveva vissuto in quattro diversi stati. Semplicemente, non aveva trovato nulla che gli facesse venir voglia di restare. Liam sorrise. «Questo non vuol dire che tu non lo stia facendo impazzire.» Louis scosse la testa. «'Fanculo. Che senso ha se non è il tipo di pazzia che ci fa finire sudati a letto insieme?»

«E allora lascia perdere.»

Lasciare perdere? Che diavolo voleva dire? «Non è che io mi sia fissato con lui. E nemmeno lo sto aspettando. Solo perché tu ti sei innamorato, non cercare di vedere cotte da tutte le parti.» Liam rise. «Ti sto prendendo in giro. Ma devi ammettere che non stai uscendo più così spesso.»

Louis prese una rivista dal tavolo accanto a lui e la lanciò contro Liam. «Questo è perché quell'idiota del mio amico si è quasi fatto ammazzare, e poi ho solo offerto amicizia a Harry. Ha perso sua sorella e si è ritrovato con una bambina. Dev'essere difficile.» Aveva chiamato Harry un'altra volta da quando gli aveva chiesto scusa, per controllare come andavano le cose. Non scherzava quando diceva che era così che sua madre l'aveva cresciuto. Dovevi esserci per i tuoi amici, e Louis c'era. «Ora possiamo cambiare argomento e vedere un po' di sport o roba del genere? Hai davvero bisogno di tornare al lavoro e tenerti impegnato. Stai diventando una pettegola.» Liam rise e schiacciò il pulsante sul telecomando. «E solo perché tu lo sappia, stasera esco.» Liam aveva ragione. Non usciva da troppo tempo.

Qualcosa doveva cambiare.








**

«Ho un colloquio tra un'ora. Ho bisogno di un lavoro. Per favore, devi aiutarmi.» Harry camminava su e giù nel salotto, il cuore pericolosamente vicino a esplodere dalla sua gabbia toracica. «Non sapevo avessi un colloquio oggi e non è colpa di nessuno se si è ammalata. Posso parlare con il capo e chiedere di uscire prima. Ma siamo a corto di personale oggi, potresti doverlo spostare.»

Holmes Chapel e dintorni non offrivano esattamente una miriade di ospedali tra cui scegliere.

«Dannazione. Perché si è dovuta ammalare oggi? Ho fatto tutto nel modo giusto! Ho fissato l'appuntamento nell'orario dell'asilo.» Aveva voluto cavarsela senza chiedere aiuto. Avrebbe potuto fissarlo nel pomeriggio, alla fine del turno di Niall, che avrebbe dato un'occhiata a Jessie. Voleva fare le cose per bene con lei, ma al primo tentativo, aveva incasinato tutto.

Harry si lasciò cadere sulla poltrona, poggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi la testa fra le mani. «Sono cose che succedono. So che è dura, ma fa parte dell'essere genitori. Fammi parlare con il mio capo. Vedo se riesco a uscire prima. Stai andando bene, tesoro.» Ma! Non ne era proprio sicuro. «No. Non è giusto sia tu a cercare di risolvere. Io... me ne occuperò io.»

Harry riattaccò, passandosi il cellulare tra le mani. Un piccolo colpo di tosse arrivò dalla camera da letto e lui ci si diresse di corsa, affacciandosi per scoprire che Jessie stava ancora dormendo. Forse avrebbe dovuto annullare il colloquio. E se avesse avuto bisogno di andare dal dottore? E se era malata?

Allontanò quei pensieri dalla mente. Aveva solo trentotto di febbre quando le aveva dato la medicina. Ma quello non risolveva la questione del suo colloquio. Harry ritornò nell'ingresso. 'Fanculo il lavoro, Jessie era più importante. E se non lo avessero capito, allora avrebbe fatto meglio a non lavorare per loro.

Anche se avrebbe potuto chiedere a Zayn. Si fidava a lasciare Jessie con lui. Jess si trovava bene praticamente con chiunque e Zayn era l'unica persona che conosceva abbastanza bene a cui sentiva di poter lasciare Jessie. Non gli veniva in mente nessuno più responsabile di lui.

Provò prima col numero di Zayn, ma non rispose. Il telefono di casa squillò per quattro volte e poi sentì: «Nido d'amore di Liam e Zayn.» «Idiota!» gridò Liam, mentre Harry diceva: «Louis?» «Ooh, ti mancavo? Hai chiamato tutta la città per trovarmi?» chiese lui, con un tono di voce che trasmetteva un misto di sesso e umorismo. «Non ho tempo per giocare. C'è Zay?» «È al lavoro. Che succede?» La voce di Louis si era fatta subito più seria.

«Ho un colloquio di lavoro tra quarantacinque minuti e ci vuole mezz'ora per arrivarci in macchina. Jessie è malata, Niall è al lavoro e ora anche Zayn. Cazzo!» Se ne occupava solo da qualche settimana e già non sapeva più come fare. Harry si appoggiò al muro, piegando indietro la testa.

«Dammi dieci minuti e sono lì.» Alle parole di Louis, strabuzzò gli occhi.

«Hai appena risposto al telefono, dicendo "nido d'amore di Zayn e Liam" e ora vuoi fare da babysitter alla mia nipotina malata?» «Veramente ho detto Liam e Zayn, e sì, voglio farlo. Peccato che tu non abbia il tempo per litigare.» E la linea cadde.

Harry strinse il telefono nella mano con la tentazione di lanciarlo dall'altra parte della stanza. Ma c'era almeno una cosa che girasse per il verso giusto? Si infilò le scarpe e andò in bagno a sistemarsi la cravatta, sperando che quella distrazione lo aiutasse a dimenticare di non avere altra scelta che lasciare Jessie con Louis Tomlinson. Dopo qualche minuto, sentì bussare alla porta. E fu quando l'aprì che si rese conto di non aver mai detto a Louis dove vivesse. «Come facevi a sapere l'indirizzo?»

Louis si infilò dentro, sfiorando Harry. Notò il profumo di sapone, che gli aleggiò intorno quando Louis lo superò. «Ho chiesto a Liam, che ha dovuto chiamare Zayn al negozio. Mi ha chiamato mentre guidavo per darmi l'indirizzo e abracadabra, eccomi qui. Dov'è la marmocchia?» Sembrava completamente a suo agio quando si mise comodo sul divano verde di Harry.

Come diavolo erano finiti a quel punto? Si era scopato quell'uomo un'ora dopo averlo conosciuto e ora faceva da babysitter a Jess?

Poteva fidarsi di lui.

«È nella seconda stanza alla fine del corridoio. Sta dormendo adesso. Magari controllala ogni dieci minuti, più o meno. Le ho dato la medicina un paio d'ore fa. Ne prende un cucchiaino ogni quattro ore, ma solo se non si sente bene o ha la febbre. È sul mobiletto del bagno. Terrò il telefono con la vibrazione. Scrivimi ogni tanto per farmi sapere come sta. Se hai bisogno, chiamami. Non me ne frega niente se è solo perché le cola il naso o perché vuole parlare con me. Chiamami.» Solo quando ebbe finito di parlare, si accorse che l'angolo destro della bocca di Louis si era incurvato in un piccolo sorriso. La sua scura barba corta, insieme ai suoi capelli color cioccolato, facevano risaltare il suo profilo. Stronzo. Perché doveva essere così sexy?

«Ho cinque sorelle, e un fratello: ce la posso fare. È meglio che tu vada, se non vuoi fare tardi.» Wow.

Il sorriso di Louis  si allargò. «Non stai perdendo tempo?» Harry scosse la testa e si aggiustò di nuovo la cravatta. Certo, doveva andare. Doveva andare a fare un colloquio per guadagnare i soldi per prendersi cura di sua nipote, che dormiva nella stanza accanto. Quelle erano le cose su cui si doveva concentrare. «Torno il prima possibile.»

Si girò verso la porta, ma la voce di Louis lo fermò. «Harry.» Si voltò «Cosa?» «Il vestito. Per la miseria, non sai le cose che immagino di farti con quello addosso. Ti sta bene.» Harry chiuse gli occhi. Non poteva adesso. Davvero non ce la faceva in quel momento. E magari mai. Non era bravo in quelle cose. Non sapeva davvero come aprir bocca per accettare il complimento. E in quel momento della sua vita, non aveva bisogno di preoccuparsi per un uomo. E comunque non avrebbe saputo cosa dire in ogni caso.

Harry aprì gli occhi e si diresse di nuovo verso la porta. Mentre la apriva, Louis lo chiamò di nuovo.

«Che c'è?» sbottò Harry, questa volta senza girarsi. «Stai andando alla grande con lei. Pensavo che dovessi saperlo.» Strinse la presa sulla maniglia. Voleva solo che le cose andassero bene con la piccola. Il gli rimase incastrato in gola; non perché avesse problemi a ringraziare qualcuno, ma perché le parole di Louis avevano un grande valore per lui. Gli fecero gonfiare il petto e pompare il sangue nelle vene.

Chiunque lo conoscesse sapeva quanto fosse difficile per lui parlare delle cose che importavano davvero. Se non ne parlava, poteva far finta che non fossero reali. Non sentire nulla rendeva tutto più facile quando le perdeva, e Harry aveva sempre perso le persone più importanti per lui. Louis lo trasse in salvo.

«Il tempo scorre. Farai tardi.» Harry colse al volo quell'àncora di salvezza e, senza un'altra parola, uscì.




















-----

Che sorpresa eh?

Chi se lo aspettava? Io si.

Non riesco a portare a termine un progetto prima di iniziarne un altro. Non ci riesco proprio, la mia testa iperattiva è così. Avrei dovuto aggiornare OHAAT e magari pubblicare FRIENDS SHOULND'T LOVE ME LIKE YOU DO, perchè è già completata e sono mesi che ne rimando la pubblicazione. Prima o poi la pubblicherò. Ma è impegnativa e mi serviva qualcosa di comfort e fluff. E, non penso di aver mai scritto una comfort ff più comfort di questa. Harry è un testone ma imparerà a fidarsi, e Jessie? Jessie è fantastica. Ovviamente lo è anche Louis.

Questa ff è un abbraccio caldo che ti fa venire solo voglia di guardarli e 'awww' Tutto qui. Comunque sono pochi capitoli, quindi non impiegherà molto tempo la pubblicazione.

Questa è STAY,

xx.

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