Figlia del Caos - Darkness...

By omlifestyle

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Nel continente di Gealyqui, la terra degli esseri umani, erano due le paure più comuni: le tenebre e le Ingan... More

Qualche parola
𝐵𝑒𝑛𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝐺𝑒𝑎𝑙𝑦𝑞𝑢𝑖...
𝐴 𝑐ℎ𝑖...
Prologo: 𝐿𝑒𝑛𝑡𝑖𝑔𝑔𝑖𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒
Capitolo 1: 𝐷𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝐼𝑛𝑔𝑎𝑛𝑛𝑜
Capitolo 2: 𝐼𝑙 𝑐𝑎𝑜𝑠 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎 𝑐𝑎𝑜𝑠
Capitolo 3: 𝐹𝑎𝑢𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒
Capitolo 4: 𝑃𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒 𝑇𝑒𝑛𝑒𝑏𝑟𝑖𝑠
Capitolo 5: 𝑀𝑎𝑛𝑑𝑜𝑟𝑙𝑒 𝑒 𝑟𝑜𝑠𝑎
Capitolo 6: 𝑈𝑛𝑎 𝑙𝑢𝑠𝑖𝑛𝑔𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑠𝑎𝑝𝑜𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑠𝑜
Capitolo 7: 𝑁𝑜𝑡𝑡𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒' 𝑠𝑖𝑛𝑜𝑛𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑏𝑢𝑖𝑜
Capitolo 8: 𝐸𝑟𝑟𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎
Capitolo 10: 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑞𝑢𝑖𝑙𝑖𝑏𝑟𝑖
Capitolo 11: 𝐿'𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝑖𝑚𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑖𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
Capitolo 12: 𝐶𝑜𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖
Capitolo 13: 𝑅𝑜𝑚𝑝𝑖𝑐𝑎𝑝𝑜
Capitolo 14: 𝐴𝑛𝑖𝑚𝑒 𝑔𝑢𝑖𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒

Capitolo 9: 𝐿𝑦𝑠𝑏𝑎𝑖𝑙, 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎' 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑢𝑐𝑖

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By omlifestyle

La barca si lasciava trasportare dal flusso ormai placido delle acque del fiume. Il primo tratto lo avevamo fatto a cavallo su una strada scoscesa, perché il ruscello era troppo piccolo e torrentizio per poterlo navigare con una barca. Nisha mi aveva spiegato che quello era l'unico modo per poter raggiungere la città, che avevo scoperto si chiamasse Lysbail.

Ci aveva accompagnato fino al porticciolo buio Wil, un ragazzo delle stalle del castello dai capelli ricci e gli occhi color cioccolata, un amico piuttosto intimo di Nisha. Appena me lo aveva presentato era arrossita come un pomodoro fino a far scomparire le lentiggini. Wil, imbarazzato, mi aveva baciato la mano e aveva abbassato lo sguardo.

Avevo chiesto a Nisha di camuffare con del trucco il tatuaggio sulle mie braccia e di fornirmi un mantello bello coprente per non destare sospetti. Lei, però, mi aveva detto che non era necessario, che sarebbe bastato non presentarsi come Ingannatrice. Non riuscivo a capire come non potesse essere un problema e come avrei fatto a passare inosservata. Per quanto Nisha non mi sembrasse avere cattive intenzioni, rimasi comunque in disparte con le braccia giunte dietro la schiena nascoste dal mantello e il capo per metà coperto dal cappuccio. Non potevo proprio rischiare che qualcuno mi riconoscesse e ancor peggio avvisasse il Principe prima che di riuscire a vedere la città.

Me ne stavo immobile seduta sulla prua della piccola barchetta di legno meditando sulle conseguenze.
Il fiumiciattolo era immerso in un bosco silenzioso e buio. L'unica luce che illuminava il percorso, era quella che proveniva dalla lanterna issata su un'asta di legno. Non faceva affatto freddo, il clima era perfetto. Mi carezzava la pelle una brezza fresca che accompagnava il flusso del corso d'acqua dall'imponente montagna alle nostre spalle. Mi voltavo di tanto in tanto alla ricerca del castello, ma non era possibile scorgerlo.

Giustificavo quell'uscita, senza permesso, dicendomi che era una questione di sopravvivenza. Dovevo sapere come era fatta l'isola per poter avere un vantaggio nella fuga che stavo progettando di mettere in pratica non appena avrei trovato il luogo nel quale tenevano in ostaggio Cali. Eppure, il modo con cui Nisha e Roy mi avevano parlato di Lysbail, aveva acceso in me una vera e propria scintilla di curiosità. 

Sentii sospirare l'anima in pena alle mie spalle.
«Roysyn, smettila di piangerti addosso. Ormai siamo a metà strada.» alzai gli occhi al cielo.

«In realtà, siamo quasi arrivati, Milady.» mi corresse da poppa Wil, intento a remare e indirizzare la barca.

La povera guardia a cui era stato affidato l'ingrato compito di sorvegliarmi e assecondare le mie capricciose richieste, si era ritrovata di punto in bianco di fronte ad un bivio: seguirmi e disobbedire al suo Re, o restare preda di uno dei miei inganni che l'avrebbero bloccato fino a quando non sarei tornata dalla città, in cui avrei dilagato il mio caos. O almeno, così avevo voluto fargli credere per convincerlo a collaborare. E aveva funzionato. Aveva sbuffato e detto: "Preferisco tenervi d'occhio in prima persona ed evitare che mettiate sottosopra la città attirando l'attenzione di Vostra Maestà."

Mi stupì che continuava a credere che avessi ancora i miei poteri. La maschera e la reputazione che avevo costruito nei secoli si stava rivelando più salda di quanto pensassi. E forse tutto il mio potere d'inganno si concentrava lì: nell'aver creato una schermatura perfettamente credibile.

Non avevo davvero bisogno di mettere in pratica i miei giochetti con i poteri, né tanto meno scatenare il caos.

«Non appena Vostra Maestà lo scoprirà, punirà voi e ucciderà me.» piagnucolò.

«Il Principe non può confinare in casa sua un'ospite. Sa bene che non me ne andrò da qui fino a quando Cali non sarà sana e salva. Ragion per cui, Roysyn, potete smetterla di preoccuparti così tanto.» mi rivolsi verso di lui. «Metterò una buona parola perché vi mutili un braccio, anziché entrambi.»

Persino alla fioca luce della lanterna, vidi il suo volto sbiancare. Ed io scoppiai a ridere divertita dalla sua suscettibilità.

«Vacci piano con queste battute. Roy è un po' sensibile.» canzonò con aria divertita, Nisha.

Abbozzai un sorriso e tornai a guardare di fronte a me. La corrente dell'acqua accelerò e così anche la barca. Dopo una grande curva iniziai ad intravedere delle luci sulle sponde del fiume, che illuminavano delle casupole.

Ci avvicinammo sempre di più e il silenzio venne colmato dai tipici rumori delle abitazioni. Queste ultime non erano particolarmente grandi e alte. Si affacciavano a qualche passo sul fiume e tutte avevano piccole porticine e piccole finestre in legno. Sopra le nostre teste, mano a mano che procedevamo, si intrecciava una fitta rete di piante rampicanti che avevano creato un arco naturale sopra il torrente. Le lanterne che vi erano state appese, riflettevano la luce sull'acqua calma e in movimento, illuminandone il fondale pulito e animato di piante acquatiche e pesci variopinti. Rimasi senza parole e non mi premurai di nascondere lo stupore. In novecento anni di vita, non avevo mai visto un luogo tanto spettacolare.

Ci avvicinammo sempre di più in quello che doveva essere il centro della città. Il torrente si divise in tanti piccoli fiumiciattoli creando come delle vie.
Nel villaggio in cui ero cresciuta le strade erano fatte di fango e terra, solcato da cavalli e carrozze, in quel luogo magico le vie erano i fiumiciattoli. Trovai conferma di quella strana teoria anche per le barchette legate ai pontili fuori da ogni casa. Erano talmente piccole che a malapena ci si poteva stare in due. Wil fece leva con il remo che aveva in mano e ci indirizzò a sinistra. Le lanterne divennero più frequenti e il vociare delle persone più persistente.

Qui, si affacciavano delle locande senza pareti, con il bancone in legno in vista e clienti sorridenti seduti ad ordinare. Più avanti un fabbro nella sua rimessa, anche questa senza pareti, assestava colpi decisi sull'incudine. E poi negozi di abiti, sartorie e stoffe appese alle travi in legno scuro che oscillavano a tempo della delicata brezza. Delle signore percorrevano il lungofiume con dei cesti di vestiti sporchi. Dall'altro lato un uomo dietro ad una serie di cestini di vimini pieni di frutta e verdura, le salutò con la mano.

La notte imperversava ovunque, non c'era un briciolo di sole, ma nonostante questo, le luci delle lanterne illuminavano tanto da mettere in ombra il dubbio del sole. Ora capivo perché Nisha non si fosse mai preoccupata del giorno. Si respirava una strana aria di libertà e giovialità.

Mi irrigidii di colpo quando mi sfrecciò davanti agli occhi un insetto luminosissimo. Spostai gli occhi per seguire la sua traiettoria e lo vidi sorvolare la superficie delle acque. Una Lisbetta. Allora spalancai la bocca. Non ne vedevo una da almeno cinque secoli e non ne avevo avvistate più di due in tutta la mia vita.  Erano degli insetti gradi tanto quanto una nocciolina, simili a delle libellule, ma in grado di volare molto più velocemente. La loro peculiarità era la bioluminescenza azzurrina. Ne avevo potute vedere poche, perchè vivevano dove era presente un forte quantitativo di magia. Come polline per api, le lisbette si nutrivano di piccolissime dosi di magia sospese nell'aria. E i Regnanti di Gealycqui avevano fatto fuori, oltre a tanti Magus, anche quelle creaturine così piccole e magiche durante la loro caccia. 

Mi focalizzai sulla superficie del fiume e mi resi conto che più allungavo l'occhio, più lisbette riuscivo ad individuare. Quel luogo doveva essere un pozzo infinito di magia. I miei doni l'avrebbero percepito, se li avessi ancora avuti.

Wil, accostò ai piedi di un molo su cui issò la barca.
Nisha saltellò superandomi e mi porse la mano.

«Venite! Oggi c'è il mercato, tutti gli abitanti sono là a fare l'acquisto migliore.» i suoi occhi nocciola brillavano come scintille.

Venni scossa da una profonda ed estasiante positività, una sensazione quasi estranea alla mia vita fatta di nascondigli e maschere di seduzione.

Seguii Nisha, mantenendo il profilo basso. Al mio seguito, che di tanto in tanto inciampava sui miei talloni, c'era Roysyn. Camminammo, come le due signore, lungofiume per alcuni istanti. Sentivo di sottofondo una sinfonia sottile e soave, doveva essere un'arpa.

Svoltammo fra due case, immergendoci in una via stretta, ma non buia. Le abitazioni erano costruite di pietra e argilla, sembravano molto più solide rispetto a quelle dei villaggi di Gealyqui. Un'altra cosa che mi stupì, per quanto fosse nuova fu l'architettura delle costruzioni: erano una attigua all'altra. Sembrava che fossero un tutt'uno. Nemmeno ad Edania, che essendo la capitale del continente era maggiormente popolosa, c'erano case di quel genere. Svoltammo in varie piccole viuzze secondarie rispetto al fiumiciattolo. Passammo davanti ad un banco imbandito di dolciumi e pietanze fumanti. Il mio stomaco andò in visibilio. La glassa luccicante, la candida panna bianca, il cioccolato colante e le soffici torte.
Il languorino mi obbligò a rallentare per fare una rassegna dettagliata di ogni cibo sistemato sul banco. C'erano piatti che mai avevo visto prima e che sembravano gridare: "provami o te ne pentirai". Il cuoco, che lavorava in bella vista, tirò fuori dal forno un'altra teglia fumante e presi un assaggio grazie al profumino che solleticò le mie narici.

«Freya, vieni?» mi chiese Nisha.
«Questo posto è stato progettato dal dio dei peccati.» affermai ipnotizzata.
Nisha ridacchiò.
«Te l'avevo detto.» disse Roysyn.
Ripresi a seguire Nisha controvoglia.

I miei occhi si spostavano da un punto all'altro, dalla miriade di fiori colorati posizionati in ogni finestra ai volti luminosi delle persone che ci sorpassavano. Sembravano tutti così felici e impegnati, cordiali con chiunque passasse loro accanto. In Gealyqui, in qualsiasi villaggio, gli esseri umani erano per lo più diffidenti o pronti alla cattura del prossimo Magus.

Ora capivo per quale motivo Nisha mi aveva detto di non preoccuparmi per il mio aspetto.

La sinfonia dell'arpa mi sembrò sempre più sottile e bassa, mano a mano che raggiungemmo una via più spaziosa e di forma circolare. Una quantità innumerevole di persone concentrate in un unico punto.
Ci immergemmo nella folla.

«Benvenuta nel mercato di Lysbail.» sussurrò Nisha al mio seguito. Si camminava a fatica fra le persone. Erano tutti intenti ad aggiudicarsi i pezzi migliori dei banchi, che vendevano oggetti, stoffe, spezie e cibo. Sembrava una gara a chi riusciva a raccattare qualcosa. Vidi un banco svuotarsi in meno di qualche minuto.

«Perché sono tutti così eccitati per questo mercato?» domandai.
«Non è un mercato qualunque questo. I mercanti qui vendono quello che sono riusciti a raccogliere in Gealyqui.»

Aggrottai le sopracciglia confusa.

«Nessuno nel continente sa che esiste questo posto. Per altro c'è la guerra sulla Frostcoast, che impedisce di accedere alle terre di Gealyqui. Come fanno a raccogliere?» osservai confusa.

«Alcuni esseri umani lavorano per loro a buon prezzo sul lato Nord, sulle montagne di Candova. I nostri mercanti dicono di averci trovato tantissimi oggetti abbandonati dagli umani e dai Magus. Per non parlare degli animali magici confinati in quelle terre gelide.»

«Per questo ci sono così tante Lisbette qui? Le hanno portate i mercanti?»

«No, quelle si sono infilate di nascosto nelle imbarcazioni dei mercanti che si trascinano la grande quantità di magia che abbiamo qui su Hodr.» aggiunse Roy.
«Sì, è probabile che sia così.» confermò Nisha.

Continuai a camminare fra le persone, rapita dai loro modi e dagli oggetti esposti.

«Perché gli esseri umani di Gealyqui non hanno mai rivelato ai regnanti la vostra presenza?» chiesi.
«Perché come vedi, siamo un popolo piuttosto ricco e i mercanti sanno che ad un buon prezzo è possibile comprare il silenzio degli esseri umani.» constantò Roy.

Feci una smorfia annuendo, dopo tutto non facevano altro che mettere in pratica lo stesso modo dei regnanti sugli esseri umani. Avevano posto una taglia sulla testa di noi ingannatrici in cambio di ingenti somme. Si guadagnavano la fiducia degli umani allo stesso modo.

Il forte vociare si mescolava ad un'altra sinfonia ancora. Questa volta erano tamburi e liuti a suonare. Più avanti scorsi un gruppo di musicisti posizionate su un piccolo palco nel punto più ampio della via, mi fermai e feci un giro su me stessa. Era un punto circolare, una piazza.
Attorno ai musicisti volteggiavano entusiasti delle persone.
I colori si intrecciavano con le lanterne che irradiavano una luce calorosa fra i cespugli delle piante rampicanti. I fiori sprigionavano forti profumi estivi che si scontravano con il dolce odore di pane e torte appena sfornate.

Era notte, è vero, ma non era buio lì.
Qualsiasi villaggio in Gealyqui, in qualunque momento, non avrebbe mai diffuso la stessa vitalità, nemmeno durante le giornate estive.

Lysbail era la città delle luci nel pieno di una notte cupa ed eterna. Era il riflesso di una speranza viva, persino nelle tenebre più ostinate.

«C'è una festa in corso?» chiesi accennando al gruppo.

Nisha sorrise guardandoli. «No, lo fanno sempre quando c'è il mercato. È solo un modo per omaggiare i mercanti del loro servizio affatto facile, dato che rischiano di continuo la vita per attraversare il mare e approdare in una terra nemica.»

«Nessuno li costringe a farlo infatti. Potrebbero benissimo starsene qui, in una locanda a bere e chiacchierare.» replicai.
Nisha sembrò turbata dalle mie parole.
«Siete alquanto cinica, Milady.» rispose al suo posto Roy. «Il loro lavoro è molto apprezzato e ogni volta che tornano la città è in festa per ringraziarli. Sono certo che anche voi se foste al loro posto, accolti da tanta gratitudine, continuereste a mettere a rischio la vostra vita.»

«Non c'è bisogno di tutto questo.» dissi celando le sensazioni positive che quello stato d'animo condiviso mi stavano infondendo.

«Oh bè! Ma questo è nulla a dispetto di ciò che vedrete al ballo di domani a Palazzo.» ridacchiò Nisha. «Qui c'è soltanto un quarto della gente che verrà.»

Il mio stomaco venne solleticato da una piacevole curiosità. Forse, non appena il Principe fosse venuto a sapere della mia scappatella, non avrei visto altro che le pareti della cella per il resto della mia vita. Ma l'idea di partecipare ad un ballo di corte mi avrebbe di sicuro fatto trovare una soluzione per farmi uscire. Non avevo mai partecipato ad un evento mondano. Se le guardie fossero riuscite a portarmi all'Accademia di Formazione i balli sarebbero stati all'ordine del giorno.

«Sapete una cosa? Non posso passeggiare fra tutto questo cibo e non prendere almeno un pezzo di torta.» dissi arrestandomi dinnanzi all'ennesimo fornaio.
«Ti consiglio quella, è una torta ai mirtilli.» indicò una soffice torta alta almeno quattro dita e ricoperta di una marmellata violetta, luccicante e invitante.

«Consiglio accolto.» mi avvicinai, ma Roy mi bloccò il passaggio.
«Ci penso io per voi, Milady. È meglio che non vi vedano in troppi e che non si chiedano chi siate. Qui i forestieri sono rari.» affermò.
Alzai gli occhi al cielo.

«Sei un po' troppo paranoico Roy.» non appena Nisha lo rimproverò, lui si rivolse al fornaio e chiese il mio pezzo di torta.

«Ho notato che utilizzate moltissimo i mirtilli.» dissi osservando il banco d'esposizione e ricordando il succo ai mirtilli della mattina.

«Sì, i contadini delle terre limitrofe hanno tutti impegnato almeno un pezzo dei loro terreni in piante di mirtillo. La temperatura è perfetta e queste piante sono le uniche che riescono a vivere senza la luce del sole a differenza di tutte le altre, che invece hanno bisogno di un sostentamento magico per poter restare in vita senza sole.»
«Che intendi per sostentamento magico
«I contadini spargono dei piccoli chicchi, grandi tanto quanto il caffè, intrisi di magia di noi figli della Terra. Sai, possiamo donare parte del nostro potere che si autorigenera. In cambio ci viene dato un mese di cibo gratis.» mi rivelò.

Rimasi affascinata. Che cosa significava donare il potere? Come facevano a donare?

Non avevo mai sentito nessuno nel continente farlo, era una cosa del tutto nuova e quella scoperta scatenò un vortice di domande sull'argomento, ma accanto a noi, una ragazza raggiunse una donna in fila dopo Roysyn. Le due iniziarono a sussurrare con fare cospiratorio.

Catturando la mia attenzione, cercai di origliare, per quanto mi fosse possibile senza poteri, nel tentativo di capire se fossi io l'oggetto di tanto stupore.

«...è qui?» chiese la donna sgranando gli occhi.
«Sì! È stato avvistato.» replicò l'altra appena arrivata.
«Non ci credo. Dobbiamo avvisare tutti, dobbiamo accoglierlo...» la donna si voltò di scatto dall'altro lato, verso un altro uomo intento ad osservare il banco. «Il Principe Nixal è qui.»

Il fiato mi si mozzò in gola. Un'ondata di paura mi investì. Era lì per me.
Lo sapevo. Lo sentivo.
Roysyn ascoltò quelle parole e guardò allarmato prima me, poi Nisha.
Mi passò il sacchetto.
«Seguitemi.»

Facemmo lo slalom fra le persone già abbastanza concitate per il mercato.
Più la voce della sua presenza qui si diffondeva, più le persone si radunavano in quella via e sulla piazza. Aprivano le porte delle loro case uscendo dall'uscio, si affacciavano dalle finestre, scendevano dalle barche e si accalcavano alla ricerca del viso del Principe Tenebris, chiamandolo e acclamandolo.

Mentre seguivo Roysyn, fui sfiorata da un pensiero: perché non si nascondevano anche loro? Non sembravano aver paura, piuttosto erano curiosi. Eppure la sua fama preannunciava solo brutti eventi in arrivo.

«Di qua.» ordinò Roysyn girando verso destra.
«No! Meglio di qua!» suggerì Nisha.

I due non erano così tanto distanti l'uno dall'altra, ma le loro voci si persero fra la folla accresciuta e Roy sparì fra le persone. Quando mi voltai verso la figlia della Terra, i suoi capelli ramati vennero inghiottiti fra la massa e persi anche lei. Li chiamai e lo cercai per un lungo istante. La situazione però, stava degenerando.

Il panico mi bloccò. Non sapevo dove andare, né che cosa fare se l'avessi incontrato.
Guardai le persone e le loro ombre. Non erano tanto intense quanto quelle provocate dal sole, ma potevo comunque sfruttarle per muovermi inosservata. Così mi spostai con velocità e precisione. Mi accucciai un po' e mi poggiai alle spalle delle persone che transitavano come un gregge di pecore, verso il punto più ampio della via.
Individuai una via più piccola e vuota.
Per raggiungerla dovetti strisciare fra la gente tenendo stretto a me il mantello, che veniva calpestato da alcuni e si incastrava fra altri. Non potevo proprio permettere che mi vedessero.

Mi raddrizzai e rallentai quando le persone si diradarono a lato della via. Avere un atteggiamento inconsueto era l'altro modo per destare sospetti. E siccome tutti sembravano guardarsi intorno alla ricerca di quel viso, il suo viso, li imitai incespicando verso la viuzza non illuminata. Fu utilissimo quel comportamento per accertarmi di non avere nessuno alle calcagna. Di non avere il Principe alle spalle. Anche se dubitavo che non me ne sarei accorta se fosse stato dietro di me.

Quando arrivai al mio punto obiettivo, mi arrestai sulla soglia, così da poter controllare la via. Avrei dovuto ritrovare Roy e Nisha per tornare a Palazzo e tenermi ben lontana nel caso in cui fosse giunto il Principe.

Mi concessi un momento di pausa per riprendere fiato e rallentare il battito cardiaco. Mi nascosi a qualche passo dalla luce della via principale, celandomi nel buio.
Tolsi il cappuccio, scostai il mantello dalle braccia e poggiai la testa al muro. Davanti a me, l'altro muro dell'altra abitazione, si stagliava a pochissimi centimetri di distanza. Era impossibile camminare affiancati in due in quella viuzza.
Il forte vociare della gente arrivava più attutito lì.
Respirai a fondo e aprii i palmi sulla pietra fredda della parete. Chiusi gli occhi.

«Questa vostra attitudine a disobbedire gli ordini non vi porterà molto lontana, Ingannatrice.»
Sgranai gli occhi.
La sua voce mi graffiò le braccia provocandomi una scia di brividi di paura. Il cuore riprese a battere così forte che mi fece male il petto.
Mi aveva trovata.

~•~
Buona sera cari lettori!
Come state? Spero bene🫶🏻

Il capitolo in realtà era molto più lungo, ma ho dovuto dividerlo in due. Mi sono resa conto che ho praticamente scritto già 100 pagine di un libro cartaceo e non ho neanche introdotto la vera trama della storia... sono diventata un po' prolissa.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e perdonatemi per eventuali errori (ho fatto una rilettura molto veloce).

Spero di riuscire ad aggiornare in settimana.

Un bacino
Auri

     

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