Figlia del Caos - Darkness...

By omlifestyle

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Nel continente di Gealyqui, la terra degli esseri umani, erano due le paure più comuni: le tenebre e le Ingan... More

Qualche parola
𝐵𝑒𝑛𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝐺𝑒𝑎𝑙𝑦𝑞𝑢𝑖...
𝐴 𝑐ℎ𝑖...
Prologo: 𝐿𝑒𝑛𝑡𝑖𝑔𝑔𝑖𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒
Capitolo 1: 𝐷𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝐼𝑛𝑔𝑎𝑛𝑛𝑜
Capitolo 2: 𝐼𝑙 𝑐𝑎𝑜𝑠 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎 𝑐𝑎𝑜𝑠
Capitolo 3: 𝐹𝑎𝑢𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒
Capitolo 4: 𝑃𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑒 𝑇𝑒𝑛𝑒𝑏𝑟𝑖𝑠
Capitolo 5: 𝑀𝑎𝑛𝑑𝑜𝑟𝑙𝑒 𝑒 𝑟𝑜𝑠𝑎
Capitolo 6: 𝑈𝑛𝑎 𝑙𝑢𝑠𝑖𝑛𝑔𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑠𝑎𝑝𝑜𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑠𝑜
Capitolo 8: 𝐸𝑟𝑟𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎
Capitolo 9: 𝐿𝑦𝑠𝑏𝑎𝑖𝑙, 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎' 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑢𝑐𝑖
Capitolo 10: 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑞𝑢𝑖𝑙𝑖𝑏𝑟𝑖
Capitolo 11: 𝐿'𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝑖𝑚𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑖𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
Capitolo 12: 𝐶𝑜𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖
Capitolo 13: 𝑅𝑜𝑚𝑝𝑖𝑐𝑎𝑝𝑜
Capitolo 14: 𝐴𝑛𝑖𝑚𝑒 𝑔𝑢𝑖𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒

Capitolo 7: 𝑁𝑜𝑡𝑡𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒' 𝑠𝑖𝑛𝑜𝑛𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑏𝑢𝑖𝑜

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By omlifestyle

Mi ritrovai di fronte a cinque persone. Su per giù sembravano avere tutte la mia età, ma riconobbi subito dal colore dei loro occhi, dalla stazza e dai loro capelli che erano Magus. Rimasi per un lungo istante ad osservarli, studiarli. Mi concentrai per primo su un ragazzo e poi sulla ragazza affianco, avevano catturato la mia attenzione le sfumature rossastre dei loro capelli e gli occhi accesi un vivace arancione.

Di fronte a loro, a fare da scherno al mio arrivo, c'era un uomo alto e con spalle possenti. Aveva occhi verdi e capelli biondi, perciò doveva appartenere all'elemento acqua. Rivolgeva sorrisi scintillanti e affascinanti alle serve che si dirigevano verso l'interno del castello con i cesti di vestiti pieni.

Tutti quei secoli vissuti nell'ombra e nelle poche uscite da Tolv Maner, mi avevano permesso di studiare i Magus. Gli elementi a cui erano legati, i loro poteri in qualche modo influenzavano anche il loro carattere. Ed era così anche per noi Ingannatrici.
I Figli del Fuoco avevano decisamente un temperamento acceso e difficile da contrastare. Erano dotati di grande intraprendenza e coraggio ineguagliabile. Tuttavia, si arrabbiavano con estrema facilità, tanto che stare vicino ad uno di loro in un momento d'ira era come segnare il momento della propria morte. Al contrario, gli appartenenti alla stirpe Acqua, erano dominati da una calma placida e una buona dose di empatia a comprendere e percepire lo stato d'animo altrui. Forse quest'ultimo aspetto li rendeva particolarmente bravi nella manipolazione. Anche chi aveva il dono dell'elemento aria, era un prodigio nella manipolazione verbale, ma solo grazie prodigioso intelletto che possedevano. Nemmeno uno di loro non aveva una propensione alle arti o alle scienze. C'era chi adorava l'astronomia, chi la scultura, chi la medicina. Gli inventori più famosi erano tutti Figli dell'Aria. I Magus di Terra invece erano più basici, dotati di grande pazienza, ma di una forza ineguagliabile, erano sempre impiegati nei mestieri più duri e fondamentali. I fabbri, ad esempio, erano tutti Magus di Terra. Erano anime gentili e particolarmente facili da ingannare. Li preferivo agli altri proprio per questo.

Uno di loro ad un tratto ricambiò il mio sguardo circospetto. Aveva le iridi azzurre e corti capelli color argento, se ne stava a braccia incrociate con un broncio che la diceva lunga sulla sua voglia di fare la mia conoscenza. Erano caratteristiche inconsuete, ma non meno riconducibili all'elemento aria.

Infine, non poteva mancare un'altra ragazza dell'elemento terra, con lentiggini ramate e gli occhi color sabbia, simili a quelli di Nisha. A dirla tutta, le somigliava.

Dovevano essere amici, perché si stuzzicavano con colpetti e prese in giro, come se io non ci fossi. E in un primo momento preferii fosse così. Studiarli era una parte fondamentale del piano, mi serviva sapere quali fossero i loro punti di forza per poter insegnare loro a muoversi nelle ombre e anche i loro punti deboli, per potermi difendere nel caso in cui il Principe decidesse di punto in bianco di farmi fuori. Indossavano tutti una divisa da guerra, con polsiere e parastinchi in cuoio, pesanti stivali neri da cavallo e tuniche altrettanto scure tanto rigide da mettere in risalto i fisici allentati. Questo era decisamente il punto a loro svantaggio. Avrebbero fatto fatica a passare inosservati. Soprattutto il ragazzo dagli occhi verdi, che aveva una stazza più grande persino della media dei Magus.

Roysyn mi diede un colpetto delicato.
«Milady, preferite che vi presenti io?»
«Shh, taci Roysyn.» lo fermai prima che ci sentissero. Troppo tardi.

Erano Magus e avevano l'udito sviluppato.
Già, quello che io non possedevo più.
Se solo avessi avuto i miei poteri...

Sentii una fitta al petto di dolore. Iniziavo davvero ad averne nostalgia e ad essere preoccupata. Spostavo di continuo la lancetta dell'attenzione su altri problemi da risolvere in quelle circostanze, perché concentrami sulla perdita di poteri, mi avrebbe fatto soffrire più del resto. Mi proteggevo dal dolore in quel modo. Il problema era che quando ci pensavo, le fitte erano più devastanti.

Prima che la riflessione dilagasse a macchia d'olio, schiarii la voce e assunsi il mio solito sorriso ammaliante.

«Ma che piacere conoscere i galoppini di Nixal Da'Hodr. Sono Freya.» mi presentai facendo un passo verso di loro e un discreto, ma cordiale, inchino. Mostrarmi pacifica e al loro servizio li avrebbe fatti sentire superiori, con più potere.

Erano riuniti attorno ad un tavolino di pietra, in quello che riconobbi essere un giardino, curato in ogni dettaglio. Non era completamente buio, il crepuscolo che avevo visto si era schiarito ancora un po', come se il sole al di sopra della nube che imperversava su di noi, fosse talmente forte che alcuni raggi riuscivano comunque a filtrare per fare luce. Eppure, era ancora possibile distinguere l'ammontare anomalo di stelle. Erano davvero tantissime, molte più di quelle che avessi mai visto a Obnia. E forse l'unica cosa che ricordavo davvero delle serate fra le spighe di grano erano proprio le lentiggini della notte.

«Non avete bisogno di presentazioni, Freya.» il ragazzo alto mi venne incontro e afferrò la mano per scoccarvi un candido bacio sul dorso. «Nix...» qualcuno, dietro di lui, tossicchiò sonoramente «...il Principe ci ha parlato molto di voi e delle vostre incredibili capacità.»
Alzai un sopracciglio.

«Davvero lusinganti le vostre parole, ma dopo aver fatto la conoscenza di Vostra Grazia il Principe, posso dire con certezza che non credo abbia belle parole tante quante volete farmi credere.» obiettai.

«Se cercate la sua approvazione, mettetevi il cuore in pace. Lui è fatto così. Ama solo se stesso.» parlò la ragazza dell'elemento fuoco.

«Brirah, non portiamo una buona reputazione del nostro Re in questo modo.» si voltò verso di lei il ragazzo.

La ragazza in tutta risposta fece spallucce e sorrise con noncuranza.

«Vi ringrazio per l'avvertimento, ma mi importa ben poco dell'approvazione del Principe Tenebris, confinato in questo posto da secoli.» risposi alla ragazza.

«In questo posto ci ha costruito un intero regno, mentre voi vi siete nascosta nelle ombre di Gealyqui spaventata come un topolino inseguito da un gatto.» intervenne il ragazzo con le braccia incrociate.
Quando rivolsi gli occhi su di lui, si voltò per alzarsi.

«Madryt.» lo ammonì la Figlia del Fuoco, Brirah.

«E non trovi che sia esilarante che abbiate bisogno di me proprio per questo?» abbozzai un sorriso di compiacimento.

Sentii la pressione degli occhi di qualcuno su di me e quando alzai lo sguardo verso le imponenti balconate, vidi il Principe, che a dispetto della grandezza della facciata del Palazzo non sembrava poi così tanto piccolo.

«Non abbiamo bisogno di voi, solo il Principe crede che il vostro intervento sia fondamentale.» commentò il ragazzo dai capelli rossi. Riportai l'attenzione su di lui. Aveva le braccia conserte e una posizione rigida. Mi stava sfidando, eppure, non lo faceva con gli occhi. Mi squadrava piuttosto, con aria giudicante, come se tutto di me fosse sbagliato.

Quel tipo di atteggiamento nelle persone, mi piaceva, dava vita ad una scintilla sotto la mia pelle. Se avessi avuto i miei poteri avrei percepito il caos agitarsi. La tensione e l'opposizione erano delle dolci calamite per il mio potere. Tuttavia, non avevo più i miei poteri e non sentii nulla.

«Se non avete bisogno di me, significa che sapete già muovervi nell'ombra.»

«Noi viviamo nell'ombra.» puntualizzò la Magus dell'elemento Terra.

Feci un cenno al cielo. «Voi vivete nella notte, che è ben diverso dall'ombra. Ed è questo il problema: non conoscete davvero le ombre, come si spostano e quanto sono intense.» feci un passo verso di loro. Li vidi irrigidirsi e mettersi in posizione di battaglia. Il ragazzo che mi aveva accolta con grande calore, ora non dimostrò la stessa cortesia. Aveva portato una mano al cinturone in cui vi erano le sue lame, una spada e un pugnale.

«Devo porvi una domanda...» mi spostai. Passeggiai attorno a loro, che come degli sciocchi, per difendere l'uno le spalle dell'altro, si misero a cerchio. Mi temevano, nonostante non avessi usato i miei poteri su di loro. Mi chiesi se a metterli in guardia era stato il loro Re o fosse la mia reputazione.

«...avete mai visto la luce del sole?»
Mi prolungai in quella soddisfacente accerchiata. Sembravo un avvoltoio che giocava con le sue prede impaurite. Li osservavo nei movimenti e cercavo i loro occhi, ma loro sfuggivano sempre.

«Che state facendo?» chiese uno di loro.

«Sto cercando di conoscere i miei alunni.» ironizzai.
«Noi non siamo i tuoi alunni e come ti ha già detto Iley, non abbiamo bisogno dei tuoi insegnamenti, Ingannatrice.»

Mi arrestai di colpo. Loro ancora in cerchio, spaventati e sulla difensiva, io con le mani unite dietro la schiena a guardare il palazzo, il balcone da cui il Principe Tenebris ci stava osservando. Gli rivolsi uno sguardo carico di soddisfazione e compiacimento per il timore che i suoi galoppini provavano.

Alzai le mani in segno di resa. «Se è così allora, non c'è bisogno che io vi insegni nulla, potete benissimo cavarvela da soli fra le ombre di Gealyqui.»

Ero troppo lontana, ma scommisi di aver visto un'espressione contrita balenare sul viso del Principe.
Si guardarono fra di loro, ma nessuno aggiunse altro.

«Con il vostro permesso.» li sorpassai. «E smettetela di sfuggire al mio sguardo, mi servo di ben altro per ingannarvi.» commentai annoiata e di spalle.

Non me l'ero presa affatto per le loro parole, di sicuro non mi aspettavo un trattamento fatto di fiori e venerazioni. Se il Principe non si fidava di me, loro tanto meno avrebbero potuto farlo. L'avevo capito subito che erano fedeli. Sarebbe stato difficile corromperli per poterli portare dalla mia parte. Quell'incontro mi era servito più di quanto potessi immaginare. Avevo scoperto che si coprivano le spalle. Il ragazzo che era venuto a presentarsi, l'aveva fatto perché era la prima linea di difesa della squadra, la sua stazza lo aiutava a proteggere i suoi compagni. Brirah, la ragazza fuoco, era la voce del gruppo, riassumeva ed esprimeva le intenzioni di tutti. Iley, la ragazza terra, era un cuscinetto pacificatore, aveva usato diplomazia. Se mi fossi spinta più a fondo simulando un attacco, avrei scoperto i vari ruoli del gruppo.

Entrai all'interno del palazzo, le guardie alla porta aprirono le enormi porte scure. Sentii i passi svelti di Roysyn al mio seguito.

«Milady, dove state andando?» chiese.
«Ad accertarmi che il Principe Tenebris non abbia reso poltiglia quello che è rimasto della mia compagna di viaggio.» lo informai imboccando l'imponente scalinata verso destra. Dovevo raggiungere l'ala Sud. «Nisha mi ha parlato delle sue tendenze violente.»

«Ma non avete svolto il vostro compito, così farete solo peggio! Metterete in serio pericolo la vostra amica.»

«Avete sentito anche voi Roycyn, loro sanno già muoversi nell'ombra. Non mi resta che trovare un accordo con il Vostro Principe e andarmene da questo posto buio e infelice.»

«Milady, per favore, siate ragionevole...»
Alzai gli occhi al cielo e smisi di ascoltarlo. Parlava e mi seguiva.

Studiai il percorso. Il castello era ampio e a renderlo ancora più grande erano le arcate che davano sull'esterno. Non riuscivo proprio a spiegarmi come mai non ci fossero finestre. Imboccai il corridoio, che dava sul giardino in cui mi trovavo pochi istanti prima.

Superate un paio di stanze, mi trovai in un ampio androne che si apriva in una balconata fatta di immense colonne di pietra. Mi sentivo davvero piccola a confronto ed era lo stesso punto nel quale avevo avvistato il Principe Tenebris poco prima. Mi avvicinai al parapetto per vedere se il gruppo dei suoi galoppini se erano andati via.

Discutevano animatamente. Tentai di ascoltare la conversazione, intuendo esserne l'oggetto della conversazione, ma non riuscii ad origliare nulla. Non avevo più nessuna delle mie capacità. Digrignai irritata.

«Maledizione...» ringhiai guardando le mie mani.
«Avanti!» ringhiai cercando di far scattare una scintilla di caos.

«Che succede, Ingannatrice? Vi siete già arresa? Vi facevo un po' più ostinata di così.» la sua voce mi colpì dietro alle spalle.

Sentii il cuore salirmi in gola. Avrebbe potuto capire per quale motivo imprecavo, per quale motivo mi guardavo le mani... Deglutii.

Stavo giocando una partita a scacchi con la morte. Una semplice mossa sbagliata mi avrebbe eliminata.

Se avessi avuto i miei poteri avrei potuto ingannarlo, fornirgli una visione distorta della realtà, di una me più tranquilla e controllata, intenta ad osservare quel gruppo di persone laggiù come se stesse cogliendo davvero le loro parole. Invece, ero costretta a fare i conti con l'ansia che mi aveva assalita. E dovevo farlo in tempi stretti, prima che lui potesse accorgersene e credere di avere chissà quale ascendente su di me.

Unii le mani tremolanti dietro la schiena e mi voltai a guardarlo.
Se ne stava a braccia conserto, poggiato allo stipite dell'enorme entrata.

«Mi sottovalutate, Principe?»
«Al contrario, vi sopravvaluto. Non avete ancora dato prova di voi, dei vostri inganni e delle vostre capacità. Siete solo una leggenda.»

Sentii nel sangue le scintille, proprio quelle che avrei dovuto percepire prima durante la discussione con i suoi galoppini. E in una reazione a cascata, percepii l'orgoglio ferito e l'impellente voglia di dimostrargli esattamente il contrario di quello che aveva appena detto.

Ma l'orgoglio è la malattia dei deboli.

Sfoderai un sorrisetto. «I vostri galoppini laggiù, sono presuntuosi tanto quanto voi.» affermai.

«Come se voi non lo foste...» fece una smorfia e si avvicinò. «La loro presunzione non è un buon motivo per mollare. Vi ho affidato una parte del mio piano molto importante e avete solo un mese di tempo per portarla a termine.»

«Un mese?» squittii lasciandomi trasportare dallo sgomento.
«Vi sottovalutate, Ingannatrice?» rimbeccò furbo.

«Sottovaluto piuttosto i vostri uomini, che oltre ad essere dei presuntuosi bastardi, non hanno idea di come sia fatta una vera ombra.» incrociai le braccia al petto. «Se volete che io porti a termine il mio piano, dovreste lasciare che il sole filtri su queste terre.»

Lui sbuffò una risata tetra e cupa. «E credete che io abbia il controllo sul cielo?»

«L'Isola di Hodr è l'unico luogo nel quale non è mai giorno. Eppure il sole sorge, splende e tramonta ovunque. Perché qui non dovrebbe, se non per merito di un incantesimo da voi progettato? Voi siete così senza pietà che non mi stupirebbe scoprire che per tenere sotto controllo i vostri sudditi abbiate istituito una prigione asfissiante a loro insaputa.»

Si accese una scintilla di rabbia nei suoi occhi, come se le mie parole avessero sfiorato un tasto dolente. Serrò le mascelle.

«Voi non conoscete queste terre, Ingannatrice. Dovreste tenere la lingua a bada, se non vorrete assaggiare la mia vera poca pietà.» scandì lento e basso, minaccioso come nessuna creatura esistente.

Minaccioso per chiunque. Lo era anche per me, infondo. Ma la maschera che avevo messo in piedi mi impediva di mostrarmi spaventata.

«D'accordo, allora datemi il permesso di conoscere le vostre terre. Nisha mi ha detto che ai piedi del castello c'è una città meravigliosa.»

Lo sfidai. A quanto avevo carpito dai suoi modi, avevo la stessa rilevanza dei suoi sudditi. Tuttavia, non ne facevo parte. Un'ospite, in Gealyqui, veniva sempre trattato come tale, su di lui non incombeva il potere del padrone del castello né tanto meno della terra in cui era di passaggio, se non una buona dose di cortesia. Perciò, in quanto ospite, il Principe Tenebris non aveva alcun potere su di me, ed io non feci altro che ricordarglielo, contrattando con lui alla pari.

Lui scoppiò a ridere. «Mi credete davvero così ingenuo da permettervi di uscire da qui e andare nella mia città a seminare panico solo perché cercate disperatamente un modo per scappare?»

Abbozzai una smorfia di dolore. «Mio caro Prinicipe...» iniziai a camminare «...nel giro di così pochi giorni, si sono presentate una moltitudine infinita di occasioni per scappare da questo lugubre posto. Eppure, eccomi qua.» mi fermai davanti a lui, più vicino. «Dinnanzi a voi.»

Adoravo la teatralità. In modo elegante e mai eccessivo, la teatralità era un'ottima fonte di distrazione e seduzione, un marchingegno ipnotico per ingannare le vittime.

«Già, perché senza la vostra amica non ve ne potete andare.» osservò.

Tuttavia, manipolarlo era più complicato del previsto. Mi studiò passando il suo sguardo attento dall'alto verso il basso. Potevo prenderla come una piccola vittoria.

I suoi occhi, notai, erano più limpidi delle volte precedenti. Iridi scure, nere come la notte più buia di sempre, ma erano punteggiate da scie di stelle che li schiarivano, una via lattea che orbitava attorno alla pupilla a sfumarle di blu. Erano piccole galassie. Non avevo mai visto occhi di quel tipo in novecento anni. Una bellezza rara.

«Non uscirete di qui fino a quando non vedrò dei progressi, Ingannatrice.» disse.
«Senza la luce del sole non posso insegnare nulla.» rimbeccai.
«Per quanto vi possa sembrare assurdo, non stabilisco io il colore del cielo.»

La sua espressione non sembrava dare segni di bugie. Ma allora qual era la spiegazione a quello strano fenomeno? Guardai per un momento la notte, come se questo potesse darmi una risposta. Il cielo era ovunque lo stesso.

«Era così quando sei arrivato qui?» chiesi di getto, sovrappensiero. Fui investita da una sensazione strana, come se ci conoscessimo da tempo e quella domanda fosse la più naturale delle domande che gli avrei potuto porre. Come se io non fossi la Figlia del Caos, e lui il Principe Tenebris.

Lui alzò le sopracciglia e mi guardò stupito, anzi confuso. Sembrava che lo avessi preso molto più alla sprovvista di quanto potessi immaginare. Ci guardammo negli occhi, forse furono solo secondi, ma a me parvero minuti interminabili. Mi sentii travolta da una nuova sensazione di calore al cuore, antica e conosciuta, che diede moto ad una scia di brividi nelle mie vene. Somigliavano molto alle scintille del mio potere.

Poi lui distolse lo sguardo.

«Creerò uno spazio in cui verrà riprodotta la luce del sole e il suo ciclo.» disse algido.

Schivò la domanda, il che mi fece insospettire. Strinsi gli occhi e annuii. Che cosa era appena successo?

«Non prendetevela con me, se quando i vostri uomini saranno in Gealyqui, si ritroveranno spaesati e non riusciranno a mettere in pratica quello che io in un solo mese ho potuto insegnare.»

«Tornate laggiù dalla mia squadra per anticipare il lavoro, allora.» ordinò imperatorio.
«Senza luce del sole.» puntualizzai.

«Sono certo che siate in grado di fare miracoli. Oppure i vostri poteri non sono poi così potenti per poter creare un inganno comune?»

Persi un battito. Era vero, se avessi avuto ancora i miei poteri, la soluzione più logica sarebbe stata ricreare nelle loro menti le giornate in Gealyqui.

«L'inganno non è mai la realtà, anche quando se ne riproduce la più fedele copia. Sarebbe solo un modo distorto di ricreare il continente che io ho visto e potrebbe essere uno svantaggio per i vostri uomini.»

Lui abbozzò un sorriso infastidito. «Avete sempre la risposta pronta.»

«Avete paura che vi legga nel pensiero, Principe Tenebris?» chiesi affilando lo sguardo.

«Siete in grado di farlo, Figlia del Caos?» abbassò il tono di voce, sporgendosi verso di me.

«Farei impallidire la vostra reputazione per tutto il continente, se vi rivelassi ciò che sono in grado di fare.» replicai spostando gli occhi sulle sue labbra.

Non erano poi così tanto carnose, erano piene certo, e avevano una linea impeccabile, messa in risalto dal velo di barba che le circondava.

«La vostra vanità mette in imbarazzo la mia.» ricambiò.

Sorrisi. «Non siamo poi così diversi, Principe.»

Lui alzò il capo e mi guardò dall'alto.
«Perché credete che vi dia tanta libertà di parola, Ingannatrice?»

Fece un passo indietro e un veloce inchino, prima di congedarsi e di andarsene.

Mi faceva sorridere quell'affermazione. Ma la reputavo un'affermazione stupida. Magari credeva che avessimo molte più cose in comune di quanto si potesse credere, magari la mia reputazione aveva qualcosa di simile alla sua. La mia fama di crudele annientatrice di uomini e la sua di mietitore senza pietà. Ma nessuno è fatto di una sola maschera. Ci sono strati e lati incastrati a comporla, e infondo, in meandri lontani e assai irraggiungibili a volte, si trova la vera essenza.

Magari le nostre maschere erano simili, magari i pezzi combaciavano, ma nessuno dei due sapeva cosa c'era sotto e dubitavo che fossimo simili laggiù. Io la mia vera umanità l'avevo dimenticata, non avrei saputo riconoscerla neppure, l'avevo voluta abbandonare quella notte di secoli prima con i miei genitori.

Dopo tutto chi vorrebbe ricordare un periodo tanto confuso e doloroso, dove una diversità era vista come un pericolo, dove un fiore raro viene scambiato per abominio?

«Milady.»

Roysyn interruppe la mia riflessione. Chino davanti a me, attese qualche istante prima di rialzarsi. Forse si aspettava che fossi io a fargli un cenno di consenso, ma l'unica cosa che feci fu avvicinarmi di nuovo alla paratia per osservare il cielo.

«Tutto bene?» chiese.
Se ne stava a qualche passo da me, dietro.
«Come è possibile che qui non sorga il sole?» chiesi di nuovo.

«Se non avessi viaggiato dal continente fino a qui, vi direi che assocerei la parola Sole esclusivamente alla divinità che leggevo nei libri di scuola.»

Strinsi gli occhi in due fessurine. Era ironia, una contorta e seccante ironia. «Roy, sei un po' arrugginito con le battute.»

Quando mi voltai a guardarlo le guance si erano accese di un porpora vivace.
«Chiedo scusa.»

«Non dovete scusarvi.» replicai. «Vi siete mai chiesto perché qui il cielo fosse così?»

«In realtà no. Ho sempre così tante cose da fare, spostamenti di detenuti, cattura di furfanti in città o spedizioni come la vostra, che non mi sono mai fermato a riflettere. Ho sempre pensato che fosse così e basta.»

«È un grave spreco d'intelletto non domandarsi il motivo di un qualsiasi fenomeno che ci circondi, Roy, anche della cosa più piccola e insignificante.» sospirai.

«E voi, avete elaborato una teoria a riguardo?» chiese con tono davvero incuriosito.

«Ne avevo una, ma ho appena scoperto essere infondata.» dissi «Ma lo scoprirò, forse sarà una delle poche cose che porterò davvero a termine in questo posto lugubre e tetro.»

In risposta alle mie ultime parole lui emise una sonora smorgfia.

«Vi assicuro che qui di lugubre e tetro c'è ben poco. So che il Principe non vi permette di visitare la città, ma se vorrete vi mostrerò alcuni punti del castello da cui è possibile mirarne la bellezza. Per non parlare di ciò che vi spetta fra due sere. Credetemi: qui notte non è sinonimo di buio.» gli brillavano gli occhi.

Rimasi affascinata dalle sue parole, ancor di più dall'ardore e dalla passione con cui parlava di quel posto. Se da un lato Nisha, mi aveva raccontato le gesta poco romantiche e tutto fuor che compassionevoli del Principe, dall'altro sia lei che Roysyn mi avevano entrambi accennato della bellezza rara della città. Ero curiosa. Di solito quando qualcuno crea qualcosa, quella creazione ne rispecchia l'anima. Ed io dell'anima del Principe avevo un'idea che non combaciava molto con le parole bellezza rara.

«D'accordo. Il Principe ha espresso in maniera educata il suo pensiero sulla mia reclusione qui. Dato che non sono d'accordo e dato che sono un'ospite, decido di agire in modo diverso.»

Roy corrugò la fronte confuso. «Che intendete?»
«Portatemi a visitare la città.» lo sorpassai.

~•~
Buonasera!
Come state? Spero bene!
Io purtroppo non molto :( nell'ultima settimana ho avuto febbre e mal di testa.

Spero che il capitolo ci sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate🫶🏻

Penso che aggiornerò giovedì!

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