Face// Yoonmin

By CallmeGei

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(Sequel- Alcyone: Le stelle) "A tutti i fiori nati senza petali, a tutte le rose cresciute senza spine, acqua... More

Prologo
L'Orologio
L'Ospedale
L'Affetto
Il Compleanno
Lo Strano
La Speranza
La Fine
La Casa
Il Riscatto
L'Estate
L'Abbraccio
La Fiducia
Le Emozioni
Le Sensazioni
Il Pensiero
Il Coltello
Il Panico
Le Palpitazioni
L'Amore-L'Amare
L'idea
La stanza di Hoseok
Il Dottore
Il "Face Reality"
il Giusto, lo Sbagliato
Il corpo
L'effetto
Zero sentimenti, Zero tradimenti
La biblioteca
La risposta
Le parole
Epilogo
Ringraziamenti
โ—๏ธIMPORTANTEโ—๏ธ

Viva La Vita

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By CallmeGei

"Per favore salvami da questo posto, sbrigati e fammi uscire."

La mattina dopo Yoongi si svegliò con un forte mal di testa, ricordandosi alla perfezione ciò che era successo la sera prima, chi aveva incontrato e soprattutto di essere tornato sano e salvo a casa di Seokjin e Hoseok.
Si guardò intorno, notando che quest'ultimo aveva la testa appoggiata sulle sue gambe mentre ancora dormiva pesantemente in modo distratto, così decise di evitare di svegliarlo.

Si tolse i vestiti, appoggiandoli lentamente su una sedia restando in pantalocini e canotta, presi dall'armadio del maggiore, uscendo dalla camera trascinandosi dietro la stanchezza di una notte passata simil- insonne.
Guardò leggermente fuori dalla finestra, fermandosi ad osservare il suo scenario preferito mosso tra la freschezza del venticello che soffiava fra le foglie e il grigiore di nuvoloni pronti a scaricare della pioggia.

Sorrise.

Si sedette al tavolo della cucina, mentre aspettava che la macchinetta del caffè potesse riscaldarsi in modo tale da utilizzarla, tenendosi la testa fra le mani che, lentamente, si passò sul viso; ripensava spesso a quello che aveva fatto il giorno prima, come per essere sicuro di non dimenticarsi nulla, essere certo di aver vissuto quel momento non solo come un ricordo lontano o un presentimento.

-

Lamentarsi della propria infanzia significherebbe giudicare quel piccolo ragazzino non ancora formato del tutto, ignaro dei pericoli della vita, delle cattiverie altrui, dei problemi, significherebbe giudicare quella parte di sé stessi che si trova nelle vesti migliori che potessimo indossare, nell'età più bella e spensierata che potessimo vivere, nella consapevolezza di non poter mai sbagliare come solo un adulto può fare.

Ma certe volte capita che l'adulto può rendersi conto delle situazioni avvenute in passato, può rendersi conto di tutto il male che gli è stato fatto, di tutti gli sbagli a cui ha dovuto sottostare e abbassare il capo senza proferire parola; certe volte l'adulto può decidere di cambiare il suo presente per dimenticarne il passato o, al contrario, lasciarsi mangiare vivo dai fantasmi.

Della mia infanzia ho vaghi ricordi, probabilmente legati a quei momenti in cui giocavo con i miei compagnetti, in cui ero realmente felice, in cui ridevo spesso e non mi facevo problemi nel socializzare; poi d'un tratto mi resi conto che qualcosa stava cambiando ed era l'esatto momento in cui stavo crescendo.

Dovetti avere la capacità di capire tutto da solo, di rendermi conto dei miei sbagli, delle mie vittorie senza l'aiuto di nessuno poiché quei genitori erano la fonte che mi donava rancore, tristezza, solitudine.
Non erano mai stati pronti per fare i genitori, non avevano mai voluto avere dei figli o addirittura sposarsi ma non appena nacqui io tutte queste cose vennero a galla.

Non avevano mai fatto paragoni così grandi tra me e mio fratello maggiore, ma sostanzialmente c'erano. Lui era normale,un figlio buono e giusto solo perché aveva scelto di dedicarsi allo stesso lavoro del padre ed era tutto ciò che si aspettavano anche da me, nonostante non capissero di cosa io realmente avevo bisogno e di quale fosse realmente la mia vera passione.

Mi piaceva leggere, mi piaceva scrivere, mi piaceva inventare delle storie realistiche, e non, nel quale immergere una parte di me, mi piaceva toccare con mano quella carta ruvida, profumata, lasciarmi cullare dalle onde di parole, delicate come canzoni, dal quale non potevo separarmi, mi piaceva perdere lo sguardo in quelle copertine e sperare un giorno di vedere il mio nome sù una di quelle.

Mai, in tutta la mia vita, avevo sentito una parola di conforto, un qualcosa che avrebbe aiutato me e i miei piccoli progetti a crescere in modo sano e costruttivo senza distruggere nessun sogno, mai i miei genitori avrebbe fatto una cosa del genere ed infatti tutto ciò che mi restava, oltre alle passioni, era il vuoto.

Crescendo accantonai leggermente questo mio piccolo spiraglio di luce, sbagliando logicamente, ma non ci feci molto caso dato che avevo ben altro a cui pensare, qualcos'altro a cui sfuggire, inziando dagli altri ragazzi che altro non facevano sé non guardarmi male, finendo agli incubi che ogni notte mi lasciavano sveglio.
Non ero diventato nulla di tutto quello che mi ero aspettato durante la mia tenera età, ma avevo sperato fino all'ultimo che l'odio avrebbe portato dei cambiamenti e non mi sbagliavo del tutto.

Guardandomi allo specchio, mi resi conto di quanto fossi stato stupido nel poter anche minimamente pensare che quelli più grandi non avessero ragione ogni qualvolta mi richiamavano con dei nomignoli brutti, strani, dei soprannomi che avevo inciso tutti sulla pelle uno dopo l'altro e che non ho mai avuto nemmeno il coraggio di ripetere.
Fù quello il momento in cui la porta si chiuse, il buio mi travolse del tutto e il mio stato d'animo iniziò a farsi dello stesso nero che quando, dopo aver riempito il mio stomaco di farmaci, rinchiudeva i miei occhi.

Fui travolto dá questo problema, legato all'ansia sociale e l'inizio di uno stato depressivo che mi portavano a stare chiuso in casa senza vedere nessuno, per davvero tanto tempo.
Odiavo avere contatti con il mondo esterno, non riuscivo a sopportare lo sguardo delle persone sulla mia pelle, non riuscivo a sentire per più di qualche secondo la voce di una qualsiasi altra persona senza iniziare a respirare con fatica, e tutto questo valeva anche per la mia famiglia.
Nessuno capiva cosa avessi, nessuno si preoccupò tanto quando vedevano la porta della mia camera perennemente chiusa, nessuno riusciva a sentire quelle urla silenziose di aiuto disperato che volevo mandare al resto del mondo.

Perché ero rimasto solo? Perché avevo permesso a quei mostri di sovrastarmi? Perché non avevo avuto la forza di reagire?

Nonostante queste domande mi facessero male sempre di più, ci fù dell'altro, oltre a questo, che mi portò a chiudermi ancora di più e tentare, perché no, il suicidio più di una volta.

"Yoongi non era etero", questo lo sapevano tutti ed io non mi permisi neanche di nasconderlo perché non me me vergognavo, anzi mi portavo addosso con fierezza il primo bacio ad un ragazzo in un bagno dello spogliatoio della palestra scolastica.
Non sò esattamente come ma la maggior parte dei miei compagni aveva scoperto questo piccolo segreto e mi piaceva il fatto di poter essere al centro di "scandali" di corridoio senza essere bullizzato o deriso da tutti, sembravano solo averlo accettato senza troppe cerimonie.

Quel ragazzo mi piaceva tanto, era la reincarnazione di uno dei personaggi di un libro che avevo letto tempo prima, un principe dagli occhi chiari e i capelli biondi, un fisico perfetto e la faccia da bravo, dolce e gentile ragazzo, ed ero stato fortunato ad averlo avuto solo per me, ad averlo trovato così.
La nostra storia continuava senza problemi, i nostri genitori né sapevano meno di noi quattordicenni ingrati e le nostre vite avevano preso una piega migliore; mi portava delle ciambelle in classe, mi lasciava dei bigliettini nell'armadietto, mi teneva per mano fra i corridoi e mi baciava delicatamente sulle labbra ogni volta guardandomi negli occhi, lasciando che una delle sue mani si posasse sempre sulla mia vita mentre l'altra mi accarezzava i capelli.

San era uno dei ragazzi migliori che avessi mai potuto conoscere e la nostra era una relazione che avrebbe potuto avere del potenziale, come dicevano alcuni dei nostri amici.
Ero soddisfatto quando sentivo dire "ecco la coppia migliore del mondo, Yoongi e San", mi si arrossavano le guance mentre il cuore scoppiava di gioia o almeno... questo valeva per me.

Scoprii che era tutta una falsa nel peggiore dei modi, in uno di quelli che non auguri nemmeno al tuo miglior nemico.
Durante la festa di fine anno, in un ballo, mentre delle canzoni di basso livello avevano iniziato a riempire la stanza di corpi che si muovevano all'unisono, San si avvicinò a me, mi prese per mano e mi portò al centro della pista, con il suo cellulare smanettò qualcosa prima di lasciarmi un bacio leggero sulle labbra, l'ultimo che ricevetti da quel momento in poi, e poi...tutto buio.

Aveva postato tutte le nostre chat, tutti i nostri messaggi privati, tutte le nostre registrazioni o meglio, tutte quelle in cui parlavo io, in cui mi confidavo io, in cui mi sentivo io e tutto questo su uno degli schermi più grandi della sala, mentre una piccola luce illuminava solo me.
Da allora tutti avrebbero saputo qualsiasi cosa sù di me, sul mio conto, sui miei problemi che confidavo tranquillamente al mio ragazzo, sui miei desideri da quattordicenne innamorato, sui miei pensieri.

San si allontanò velocemente da me, durante quel ballo dove ormai l'unica canzone che sentivo erano le risate e gli sguardi degli altri, contornati dal mio cuore frantumato in mille pezzi, e mi confidò una delle cose peggiori che non potrò mai dimenticare poiché guardandomi negli occhi, pieno di odio e ribrezzo, mi disse:

"Secondo te potevo davvero amarti come ti ho fatto credere? Sono stati dei mesi belli, soprattutto quando tornavo a casa e ridevo di te davanti ai miei amici. Ricordati Yoongi, il mondo sarebbe un posto migliore senza quella testa vuota di cocomero che ti ritrovi e adesso hai ottenuto ciò che meritavi!"

contornato da una fragorosa e grassa risata che coinvolse tutti.

Dà allora non riuscii più a riprendermi e, dare ascolto alle sue parole lasciando per sempre questa terra che fino ad allora mi aveva solo dato dolore, sembrava essere qualcosa che mi faceva sentire bene.

Eppure...

...il rasoio faceva male, la corda si spezzava, la pistola era proibita, il gas puzzava, per questo dovetti provare solo ad urlare: "viva la vita".

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