Come Acqua e Fuoco

Por Miss_Chandra

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| ATTENZIONE: Questa è la seconda parte de "Come Aria e Terra"; se non hai letto quella, non proseguire con l... Más

Bentornati
Cast
Guardiani
Prologo
• Parte prima: Guardiana •
1. Consacrazione
2. Ti amo
3.1 Sacerdoti
3.2 Sacerdoti
4.1 Leblanc
4.2 Leblanc
5.1 Consiglio
5.2. Consiglio
6.1 Silenzio
6.2 Silenzio
7.1 Le Gall
7.2 Le Gall
8. Gennaio
9.1 Capirsi
9.2 Capirsi
9.3 Capirsi
10.1 Dame Noyer
10.2 Dame Noyer
11.1 Mamour
11.2 Mamour
11.3 Mamour
• Parte seconda: Arthur •
12.1 Fratelli
12.2 Fratelli
13.1 Ile-et-Vilaine
14.1 Per lei
14.2 Per lei
15.1 Trio - Artie
15.2 Trio - Nova
15.3 Trio - Jesse
16.1 Delegato
16.2 Delegato
17.1 Le Foyer
17.2 Le Foyer
17.3 Le Foyer

13.2 Ile-et-Vilaine

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Por Miss_Chandra

«Scusami, mia figlia Elara aveva bisogno di parlare.» La donna rimase in piedi davanti alla porta scorrevole, a fissare Arthur dritto negli occhi.

«Non.. non fa niente, signora.»

Lucine scoccò un'occhiata al marito; Deimos guardava il fondo della tazza. «Arthur, ti dispiacerebbe venire al piano di sopra con me?»

«Certo, signora.» Arthur si alzò dalla sedia e la seguì fuori dalla cucina. Avrebbe preferito che ci fosse stato Deimos con loro, una presenza che gli trasmetteva molta più sicurezza rispetto a Lucine; ma l'uomo Noyer sembrava perso nei suoi pensieri, e forse era giusto lasciargli un momento per se stesso senza dover rendere conto a nessuno.

Nel più rigido dei silenzi, Arthur stette al passo di Lucine senza che questa si voltasse mai a guardarlo. Non capiva dove lo stesse portando, né perché avesse l'urgenza di parlargli in un luogo diverso dalla cucina o dal salotto, ma la lasciò fare e salì le scale alle sue spalle.

Al piano superiore, tuttavia, l'attenzione di Arthur venne calamitata da una foto sul mobile all'ingresso del corridoio. Ritraeva una bambina dai capelli argentati, tirati su da uno chignon ordinato, e con un tutù rosa indosso. Chandra.

«Ha studiato danza classica in una scuola degli Altri, per qualche anno.» Lucine gli arrivò di fianco, con un sorriso deprimente a far da padrone sul viso. «La maestra diceva che aveva tutte le doti fisiche necessarie per essere una buona ballerina.»

Arthur annuì e tornò a guardare la foto. Chandra non gli aveva mai raccontato di aver fatto danza da bambina, ribadendo più e più volte di essere sempre stata negata per lo sport. Però c'era da ammettere che era molto tenera in versione ballerina, con quell'incisivo mancante in bella vista.

«Quanti anni aveva, qui?»

«Sei anni.» Lucine in mano prese la cornicetta. «Ha smesso di ballare a nove.»

«Come mai?» osò chiedere Arthur, pur non sapendo se fosse il caso.

«Voleva dedicare più tempo ai libri e agli incantesimi», rispose Lucine, poggiando il portafoto sul mobile. Poi si schiarì la gola e gli fece segno di seguirla verso la prima porta a sinistra.

Camera di Chandra. Lucine Noyer aveva appena portato lui, Arthur Leblanc, fedele del Sole, in camera di sua figlia Chandra.

Arthur rimase al centro della stanza, osservando quell'armonia ordinata di bianco e verde creata dall'insieme dei mobili, mentre Lucine lisciava la coperta del letto a baldacchino – come se ce ne fosse bisogno, dato che lì dentro non c'era una singola nota fuori posto.

«Ho sempre voluto il meglio per le mie figlie», esordì Lucine, cercando e trovando lo sguardo di Arthur. «Non ho mai agito contro i loro interessi.»

Arthur si vide costretto ad annuire in silenzio, senza dare un'effettiva risposta. Purtroppo, a lui non era mai stata data un'immagine positiva di Lucine o della sua tendenza a decidere per le figlie: Chandra l'aveva sempre dipinta come la dittatrice di casa Noyer, mossa dal desiderio di risplendere agli occhi della comunità.

Anche se, a giudicare dallo sguardo lucido della donna, a lui in quel momento pareva tutto tranne che una stronza con le manie di controllo.

«Chandra è nata il ventisette dicembre del 1996. A mezzanotte», proseguì Lucine nel suo flusso di coscienza. «Da quando l'ho stretta fra le mie braccia, ho sentito che lei era speciale. Che avrebbe compiuto grandi imprese come la nostra trisavola.» Le scappò un singhiozzo amaro, camuffato da sorriso. «L'ho spinta a candidarsi come accolita perché vedevo in lei la Guardiana perfetta, non per infrangere i suoi sogni di Sacerdotessa.»

«Signora, non deve dirmi quest-»

Lucine lo interruppe alzando la mano. «Devo, invece. Perché è colpa mia se è successo questo, se mia figlia ha pagato l'odio che io stessa ho mandato avanti.»

E lì Arthur non seppe come ribattere per consolarla, per toglierle almeno una parte del senso di colpa che reggeva sulle spalle, o per pura e semplice umanità. Purtroppo, era indubbio che Lucine Noyer era stata una delle fedeli più puritane dell'Ordine della Luna.

A quel punto, la donna Noyer si schiarì la voce. «Voglio scusarmi, Arthur, per il modo vergognoso in cui mi sono posta quando ci siamo conosciuti in Monastero.»

Arthur trasalì. Lo sguardo disgustato che Lucine gli aveva rivolto tornò a invadergli la memoria, umiliante proprio com'era stato quella mattina in giardino. «Non... non fa niente. Aveva le sue motivazioni, signora.»

«Motivazioni prive di fondamenta.» Lucine scosse la testa. «Credevo che il Reverendo fosse una guida per Chandra e la stesse aiutando a crescere. Per questo non ho mai messo in dubbio la sua parola.»

Arthur si trattenne dall'aprire bocca. Quando Chandra si era finalmente decisa a sfogarsi con lui, non aveva mai trattenuto una singola lamentela sulla madre e sulla sua cieca fedeltà a Dundra. Certo, non aveva mai mancato di sottolineare che Lucine Noyer si sottometteva a qualsiasi Sacerdote in carica, e che lo facesse anche con Dundra non era una grande novità, ma comunque si capiva che era una faccenda che la urtava molto.

E lui, sebbene non aveva idea di come qualcuno potesse vedere una guida in Dundra, non aveva mai espresso alcun commento su quella donna. Anche suo padre, quando era stato Reverendo, aveva schiere di seguaci che pendevano dalle sue labbra: era normale che succedesse lo stesso, nella Luna.

Chi mai poteva immaginare che Dundra, in verità, fosse un esaltato col terrore delle Noyer e della loro influenza sociale?

Forse colpita dal silenzio di Arthur, Lucine sospirò. «È stata mia figlia a raccontarmi cos'è successo in Monastero. A smontare ogni mia convinzione. E io ho sottovalutato il problema, come una stupida. Perché credevo che da Guardiana si sarebbe presa tutte le sue rivincite.»

Arthur deglutì. In fondo lo aveva creduto anche lui.

«Chandra ti ama», esordì Lucine, facendolo sussultare. «Io l'ho capito dal modo in cui parlava di te. E ti chiedo scusa per non averla incoraggiata a proseguire nella vostra relazione. Forse avrei dovuto, forse sarebbe cambiato qualcosa.»

«Non... non credo, purtroppo», dovette ammettere Arthur. «Ci siamo allontanati a prescindere da lei.» Sperò che così il sottinteso arrivasse in maniera edulcorata, e non suonasse come un sua figlia se n'è fregata del suo giudizio su di me, signora, mentre facevamo l'amore. È colpa del mio orgoglio se è sparita.

Tuttavia, Lucine non sembrava stesse più ascoltando. Si torturava la gonna violacea con le dita e pareva sovrappensiero, mentre scrutava fra le fughe del parquet. «Arthur... io non mi sono mai comportata bene con te o la tua famiglia, anche se voi siete stati l'unico appoggio di mia figlia.»

«Signora, per favore...» Non ce la faceva più a sentire quella storia, o a ricordare quanto Chandra fosse stata innamorata di lui e quanto lui fosse stato prezioso per lei in Monastero. Non meritava di essere dipinto come un eroe dai signori Noyer quando, in verità, era colpevole di aver distrutto loro figlia tanto quanto Jesse.

«Lucine, soltanto Lucine.» Lei si sforzò di sorridergli. «Voglio che mia figlia trovi una famiglia unita ad accoglierla, quando tornerà. E tu sei incluso.»

Arthur boccheggiò, incapace di esprimere qualsiasi emozione. Aveva varcato casa Noyer con la certezza che sarebbe stato insultato, cacciato fuori a pedate, che l'unico disposto ad ascoltarlo sarebbe stato Deimos e solo perché le buone maniere imponevano di comportarsi così con gli ospiti.

Invece, era stato accolto a braccia aperte proprio da Lucine: la donna che fino a pochi mesi prima lo credeva un villano, il male più grande che avesse colpito la figlia. Il calore nel petto gli fece venire gli occhi lucidi.

«Grazie... grazie davvero.» Arthur si sforzò di sorridere. «Lo apprezzo tanto, Lucine

«Per questo ci tengo che tu recapiti un messaggio a tuo padre da parte mia, perché siamo un'unica famiglia ed è giusto essere onesti.» Lucine si fece seria. «Riguarda tua madre.»

E lì, Arthur non ebbe più la certezza di voler ascoltare il seguito. Ma al contempo era cosciente di non potersi ritirare.

«Sono mortificata per quello che vi è successo», iniziò Lucine. «La malattia di tua mamma non sarebbe stata ingestibile, se presa immediatamente. Il tempismo le è stato fatale.»

Sì, la sensazione avuta in precedenza trovò conferma: Arthur non voleva aprire quel discorso. Non era abbastanza stabile, a livello mentale, per gestire anche le solite frasi di circostanza che gli rivolgevano su sua madre.

"Una tragedia, una vera tragedia", dicevano sempre. "Condoglianze."

"Grazie", rispondevano i Leblanc.

Se questo poi proveniva da Lucine, Arthur immaginava sarebbe stato ancora peggio.

"Mi dispiace, non mi sono presentata per il mio credo e adesso che sei circa impegnato con mia figlia mi sento in colpa."

"Non fa niente, Lucine", avrebbe dovuto rispondere lui. Quando in verità avrebbe soltanto voluto dire, con rabbia: "È tardi per pentirsi, ormai."

Tuttavia, ciò che disse la donna andò contro ogni sua più crudele aspettativa.

«Incantavo io ogni notte l'Acqua che mio marito usava con tua mamma, perché non ce l'ho fatta ad abbandonarla a se stessa, come invece crede mia figlia.» Lucine aveva lo sguardo basso. «Deimos è un ottimo Guaritore, ma l'Acqua è il mio elemento e riesco a trattarlo con la giusta attenzione.»

Arthur annaspò. Quindi gli eroi che avevano concesso un mese extra a sua mamma, quei trentuno giorni per scambiarsi gli ultimi addii, erano stati due? Deimos e Lucine Noyer? «Ma... ma io non lo sapevo.»

«Lo sa solo mio marito», sospirò Lucine. «Nessuno del nostro Ordine stava rispondendo alla richiesta d'aiuto di tuo padre, l'allora Reverendo del Sole. E io ero troppo terrorizzata dal giudizio sociale per farmi avanti.» Alzò gli occhi verso Arthur. Brillavano. «Ti chiedo umilmente perdono.»

Quello era il momento di far pace col passato. Arthur avrebbe dovuto dire il solito "non fa niente, è acqua sotto i ponti" ed entrare a tutti gli effetti nelle grazie della famiglia Noyer. Ma non ci riuscì.

Una realtà alternativa dove mamma Aurore avere a totale disposizione ben due Guaritori si fece strada nella sua testa, senza più mollarlo. E la martoriante domanda che si poneva da ormai dieci anni, quella che certe sere non gli permetteva di chiudere occhio, tornò con prepotenza alla coscienza: cosa sarebbe successo, se...?

«Che giudizio sociale negativo potrebbe mai esserci per una persona che svolge il proprio lavoro?» sibilò Arthur, crudele nel suo tono piatto e nello sguardo infuocato.

Lucine fu colta da un singulto. «Noi Noyer non abbiamo più potere concreto nel nostro Ordine da anni, ma ne siamo comunque un emblema. Un nostro errore equivale a un tradimento imperdonabile... Come avrai visto anche tu con Chandra.»

Che Chandra venisse ripetutamente accusata di tradimento alla Luna non era una novità per Arthur; soprattutto in Monastero, le minacce fioccavano a causa della sua voglia di approcciarsi agli elementi del Sole.

Ma Chandra aveva sempre ricondotto il tutto ai suoi doveri, prima da accolita e poi da Guardiana – una parola che ormai Arthur detestava con tutto se stesso – e infine alla loro relazione sconvenevole per due rivali. Mai al suo cognome o a ciò che quest'ultimo rappresentava per l'Ordine.

La sua confusione dovette riversarsi sul viso e palesarsi a Lucine, che difatti riprese a spiegare: «Saprai della favoletta su Sorella Chandra e Sire Chevalier che circola nel tuo Ordine, no?»

Arthur annuì. «Si sono innamorati man mano che stilavano l'Accordo, io so.»

Lucine arricciò il naso. «Noi ripudiamo questa versione, perché Chandra Noyer era sposata con un altro uomo. Ma, in ogni caso, non è questo il punto.» Guardò fissa negli occhi di Arthur, più seria in quel momento che in qualsiasi altro. «Chandra è sempre stata associata alla nostra trisavola, soprattutto per colpa mia. E questa cosa le si è ritorta contro a causa di quella favola romanticizzata che circola nel tuo Ordine.»

Arthur deglutì. «Non credo di star capendo, signora.... Lucine», si corresse a seguito dell'occhiataccia di lei. «È la prima volta che sento questa storia.»

Lì per lì, la donna si stranì. Ma qualsiasi domanda fosse in procinto di fare, fortunatamente la tenne per sé. «La comunità si è convinta che la prima Guardiana ha ceduto l'Ordine al vostro Sire per amore, senza pensare al bene dei fedeli. E pensano lo stesso di te e mia figlia.» Sospirò. «Il buon nome delle Noyer dipende... dipendeva da Dundra.»

Arthur fu colto da un giramento di testa. Chandra non gli aveva detto che l'intero cognome Noyer, lo stesso che avrebbe dovuto sfruttare per realizzare il loro sogno in futuro, era stato distrutto a causa del loro legame. Si era sempre concentrata su quel maledetto conflitto fra Ordini, sul panico che il passato sarebbe tornato quando il Sole fosse insorto alla rottura dell'Accordo.

Gli sarebbe piaciuto chiedersi cosa sarebbe cambiato se l'avesse saputo subito e scaricare parte di colpa sul silenzio di Chandra su quella faccenda, ma non poteva mentire a se stesso: sapeva bene che in ogni caso avrebbe finito con l'arrabbiarsi. Vedere Chandra ancora sottomessa al giudizio della sua gente, dopo quattro mesi di prediche, gli aveva annebbiato la ragione. L'avrebbe comunque colpevolizzata per non aver reagito agli abusi di potere di Dundra, di non aver almeno provato a cercare un'alternativa con lui – il suo ragazzo.

Arthur avrebbe indifferentemente fatto lo stronzo senza ascoltarla davvero.

«Perché dipendeva, e non dipende?» chiese Arthur, provando a scavare più a fondo.

«Perché mia figlia è stata Epurata e sconsacrata, Arthur.» Lucine strizzò le palpebre, ferita dalle sue stesse parole. «Dundra è riuscito a dipingerla come un'infedele, a distruggere la buona reputazione della nostra famiglia, e ad innalzare se stesso come unica guida e protettore dell'Ordine.»

Le ginocchia di Arthur si rammollirono. E lui si pentì di essersi piazzato al centro della stanza senza un mobile vicino a cui reggersi. «Sco... sconsacrata?!»

Quel dettaglio era stato omesso dal resoconto che Cyriaque gli aveva fatto in salotto, forse per non ferire il figlio o forse perché Arthur si era fiondato in Monastero e non gli aveva dato modo di continuare la conversazione più del dovuto.

In ogni caso, era un'informazione terribile. Non tanto perché cambiasse la posizione di Chandra col suo Ordine, dato che comunque era già scontato che nessun fedele la vedesse più di buon occhio, ma piuttosto per il peso che avrebbe avuto sulla sua emotività.

Al di là del senso del dovere sfiancante, Chandra era sempre stata una fiera fedele della Luna. Arthur aveva sempre notato quanto lei fosse credente, quanto si sentisse connessa alla sua Dea Madre. Saperla da sola e privata persino della Sua protezione, come di certo di sentiva lei in quel momento, gli tolse il fiato dai polmoni.

Epurata dal Sole e sconsacrata dalla Luna: un destino che una ragazza accorta e laboriosa come Chandra non meritava.

Lucine annuì, mesta. «Dundra stava sfruttando lo status sociale di mia figlia per i propri scopi.» Impossibile definire se quella frase avesse fatto più male a lei, che aveva parlato, o ad Arthur che stava ascoltando. «L'ha tenuta in pugno con le sue minacce in privato, ha finto di tutelarla in pubblico e poi l'ha gettata via al momento opportuno.» Le labbra della donna si contrassero in una smorfia. «Tutto ciò mi disgusta.»

A differenza delle altre, quella non era un'informazione nuova ad Arthur: Chandra gli aveva fatto presente a più riprese, seppur velatamente, di avere una lama puntata al petto e rischiare di essere trafitta al primo passo falso.

E Arthur, per ben due volte, l'aveva accusata di tenere più al giudizio degli altri che a lui e al loro futuro da Guardiano e Sacerdotessa. Non si era mai chiesto, da bravo egoista qual era stato, come Chandra stesse vivendo soffocata dal guinzaglio a cui Dundra l'aveva costretta: per lui, contava solo che i suoi sogni puerili erano stati infranti, che l'accondiscendenza di Chandra aveva rovinato tutto, e quei tre giorni di silenzio che neppure lui si era degnato di infrangere.

Pertanto, il ragazzo non poté far altro che condividere l'emozione della donna che gli stava di fronte: anche lui era disgustato. Non tanto dalla mossa vile di Dundra, come forse si poteva intuire dalla sua espressione, no: da se stesso.

«Ha persino raccontato di aver affrontato e vinto il Sole in solitaria, all'ultimo Consiglio, mentre Chandra ha cercato di patteggiare per accontentarvi con una sospensione del suo mandato», proseguì Lucine, sfogandosi nel suo flusso di coscienza. «Ma io non gli credo: se si fosse davvero schierata col Reverendo del Sole a discapito di Dundra, questi non l'avrebbe mai Epurata.»

Ancora una volta, Arthur si trovò spiazzato. E adesso come poteva dire alla mamma di Chandra che sua figlia, in effetti, si era davvero rifugiata fra le braccia – metaforicamente – di Jesse e che questi l'aveva tradita senza remore? Che colui che Arthur aveva sempre ritenuto un amico un po' troppo borioso in realtà era assetato di potere e non aveva esitato un attimo a calpestare una ragazza in difficoltà?

Arthur scosse la testa. Meglio indagare ancora, sì, prima di compiere passi falsi e peggiorare una situazione già critica di suo. «E quindi, questa cosa, come l'ha giustificata Dundra alla vostra comunità? Da quando gli alleati vengono puniti?»

Lucine sospirò mortificata. «Nel solito modo: voi del Sole siete violenti persino con chi simpatizza per voi.»

Su quello, Arthur non si stupì: era la scusa che Dundra usava per tutto, la stessa che era riuscito a inculcare a Chandra e che, purtroppo, si era confermata veritiera quella mattina.

«Mi dispiace», fece Arthur. «Farò del mio meglio per rimediare a nome mio, del mio Ordine e del mio Dio.»

Sempre che esistesse davvero, il suo Dio, e non fosse una semplice palla di Fuoco roteante nel Cielo. Sempre che in quel momento l'Astro Creatore stesse davvero affiancando la sua compagna – la Luna – e non l'avesse abbandonata a se stessa come il suo accolito, poiché sarebbe stato inutile sostenere qualcuno privo di coscienza, potere e volontà.

«Stai partendo per cercare Chandra?» si distanziò dal discorso principale Lucine. «Ho visto che sei arrivato con uno zaino da campeggio.»

Arthur annuì. Aveva preparato quello zaino in fretta e furia subito dopo essere tornato dal Tempio del Guardiano, ficcandoci dentro i primi vestiti che aveva raccattato e una carta di credito che gli sarebbe bastata per un mese intero – anche di più, se avesse soggiornato nelle bettole e non negli hotel a cinque stelle. Era uscito di casa con l'intenzione di setacciare l'Europa da cima a fondo pur di trovare Chandra; gli sarebbe bastato avere un punto iniziale da cui partire.

«Mi tocca invitarti a rinunciare, anche se sembra un'affermazione contraddittoria in questo momento.» La madre aveva parlato con vergogna ma, allo stesso tempo, convinzione. «Chandra non tornerà a casa, finché la sua condizione sociale resterà tale.»

Arthur si raggelò. «Sono pronto a sfidare l'opinione pubblica, per lei. Non mi importa di cosa penseranno Dundra, Jesse e le comunità.»

«Non fraintendere: neanche a me importa più del giudizio altrui. Conta soltanto il benessere di mia figlia», dichiarò Lucine, drizzando il mento. «Ma per i fedeli del nostro Ordine l'Epurazione è una vergogna troppo grande per essere retta. E Chandra non si farà mai vedere da nessuno con quel marchio orribile sulla faccia, nemmeno da noi che siamo la sua famiglia.»

Arthur deglutì. Non osava pensare a come fosse stata sfregiata la pelle di porcellana di Chandra in quel momento, proprio al centro della fronte. Più per la vergogna che le causava che per estetica: lui era certo che sarebbe stata bellissima in qualsiasi circostanza – sebbene non fosse quello il pensiero più consono alle circostanze.

«Cosa facciamo, allora?»

«Io non posso far nulla, purtroppo», sospirò Lucine. «Tu, invece, puoi tanto per lei.»

«I-io?» Arthur sbarrò gli occhi. Se non aveva alcun senso andare a cercarla e i suoi genitori non sembravano comunque avere idea di dove fosse finita, quali alternative gli restavano a disposizione? Chandra non rispondeva neanche ai suoi messaggi: aveva tutte le strade sbarrate.

Lucine annuì e il suo viso riacquistò una parvenza di speranza. «Tu conosci mia figlia e sai cos'ha davvero passato. Se provassi a testimoniare per lei, magari, almeno il tuo Ordine potrebbe capire chi è il vero nemico e lei avrebbe uno stigma sociale in meno.»

C'era solo un'esclamazione che, in quel momento, balenava nella mente di Arthur: una piuttosto blasfema da non poter neppure essere pensata, secondo i dettami del suo credo.

I fedeli del Sole – per non parlare del loro nuovo Sire – erano già a conoscenza del fatto che era Dundra la mente dietro alla separazione degli Ordini, e la procrastinazione di Chandra durante il suo breve mandato era stata interpretata come una conferma della sua omertà, non una richiesta d'aiuto. Ma era impensabile dirlo ad alta voce, soprattutto se Lucine lo guardava con gli occhi lucidi e un sorriso mesto stampato in volto.

«Non... non lo so», parlò Arthur, dopo aver deglutito il groppo di angoscia e impotenza che lo soffocava. «Neanche io godo più dell'approvazione del mio Ordine.»

Il che, purtroppo, era vero: da quando si era arreso, i fedeli avevano iniziato a squadrarlo con diffidenza. Si erano convinti che il suo fosse stato un atto di cavalleria, una plateale dichiarazione d'amore a un qualcuno che se n'era approfittato, e adesso che la verità era venuta a galla quelle voci di corridoio sarebbero di certo peggiorate. Magari, dall'oggi al domani, Jesse avrebbe accusato anche lui di cospirazione contro il Sole pur di guadagnare uno sputo di consenso extra.

Lo sguardo nero di Lucine si spense. «Che mi dici di tuo padre, allora? Lui potrebbe provare a far ragionare i suoi colleghi... Non è funzionario a Héos?»

«Mio padre ha lasciato la carica questa mattina», comunicò Arthur, con scherno.

Una mossa avventata da parte di Cyriaque, forse anche troppo per chi come lui tendeva a soppesare tutto per giorni interi. Non che Arthur potesse giudicarlo: assistere a una maledizione così brutale non doveva essere stato facile, e mai Cyriaque avrebbe potuto immaginare che così facendo avrebbe negato a Chandra l'ennesima opportunità di riscatto.

«Quindi... quindi non c'è speranza per la mia bambina neanche nel tuo Ordine?» Lucine si portò le mani alle labbra, trattenendo i singhiozzi che minacciavano di unirsi alle lacrime.

Arthur rifletté. Non aveva intenzione di arrendersi al suo primo giorno di ricerca, anche se tutto lasciava presupporre che aveva fatto un buco nell'acqua appena varcata la soglia di casa Noyer.

Eppure restava convinto che c'era un modo concreto per aiutare Chandra, da qualche parte: bastava soltanto pensarci un po' finché l'idea giusta gli sarebbe venuta in mente.

Anche a costo di causarsi un mal di testa intollerabile, Arthur avrebbe capito come riportarla a casa e risolvere il casino causato da Jesse e Dundra. Lo doveva alla famiglia Noyer e, soprattutto, a Chandra.

«Mi inventerò qualcosa», esordì lui, con meno convinzione di quanto avrebbe voluto. «Te lo prometto.»

E aveva tutte le intenzioni di mantenere quella promessa. 

Eh niente, il nostro Arturo è stato accettato dalla famiglia di Chandra. Grande, Lucine, che ti sei svegliata un pelo in ritardo :)

Ve l'aspettavate questa reazione da parte della mamma di Chandra? 

Devo dire che questo capitolo è stato molto divertente da scrivere, un po' anche perché l'ho scritto editando alcune cose di CAeT e quindi è estremamente preciso nelle informazioni che dà al lettore. 

Adesso bisognerà capire cosa farà Arthur dato che non può andare a cercarla e si è bruciato tutti gli alleati a disposizione. Chi è nei miei amici stretti di IG già sa, per non parlare di chi è stato torturato da me su Telegram. 

Curiosità del capitolo: l'idea di Chandra che ha studiato danza classica da bambina è stata ispirata da Carola Puddu, ballerina classica di Amici21 e mia protetta, in particolare da questa esibizione che secondo me riassume al 100% Chandra.

Per darvi un'idea, vi spiego il video che ho linkato.

Nella scuola di Amici, Carola aveva un quaderno dove si appuntava di tutto, soprattutto le correzioni dei passi, ed era molto legata ai "modi giusti di fare le cose". Questa coreografia, dove alla fine strappa le pagine anche se qui non si vede, era un modo per spingerla ad essere più spontanea e meno legata ai suoi schemi.

Ps. Ovviamente la maestra di Chandra è Alessandra Celentano 

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