In nome del sangue, in nome d...

By kiralalucedelsole

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. 1 . Vecchie cicatrici e nuove ferite
. 2 . La verità
. 3 . Punta d' ago e balsamo guaritore
. 4 . Dal passato nuovi fantasmi
. 5 . Sera di lucciole e mattino d'argento
. 6 . Indecenti proposte
.7 . Un patto col diavolo
. 8 . Confronti
. 9 . Il velo caduto
. 11 . Promesse.
. 12 . Terra e acqua, muschio e sale
. 13 . Un passo indietro
. 14 . Preludio
. 15 . Miele
. 16 . Rivelarsi
. 17 . Il diavolo e l'acqua santa
. 18 . Come fratelli
. 19 . Prima di partire
. 20 . Il fiume dell'ira
. 21 . Sulla strada di casa
. 22 . Nessuno tranne una
. 23 . Incubi e sogni di un prigioniero
. 24 . La mano del gigante
. 25. Ad un passo dalla libertà
. 26 . Il prezzo della libertà
. 27 . Un nuovo giorno
. 28 . Una effimera tregua
. 29 . 7° 24' 25''
. 30 . L'esca
. 31 . Quando viene il buio
. 32 . Giochi di potere
. 33 . A casa prima dell'uragano (parte prima)
. 33 . A casa prima dell'uragano (parte seconda)
. 34 . Storia di un duello
. 35 . Tutto il mondo brucia
. 36 . Di piani, di fughe e di abbandoni
. 37 . Oltremare
. 38 . Qualunque cosa accada
. 39 . Lupi e agnelli, falchi e colombe
. 40 . Odi et amo
. 41 . Desiderio
. 42 . Il passato alle spalle
. 43 . L'ultimo conto da pagare
AVVISO
. 44 . Di culle, di baci e di bocciuoli di rose

. 10 . Grandi speranze

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By kiralalucedelsole

. 10 . Grandi speranze

Una parte di sé, sempre più ingombrante, un respiro alla volta, prendeva il sopravvento sul raziocinio, sulla propria stabilità emotiva, sull'assennatezza, che da sempre guidavano i propri passi.
Come avrebbe potuto biasimare sua madre che non comprendeva il gesto che si accingeva a fare, dal momento che neanche ella stessa ne possedeva la giusta misura?
Ogni volta che nella testa si affacciavano le parole di lui, i suoi occhi, le mani e quel profumo irriverente di muschio, quella parte di sé si espandeva, prendeva il sopravvento e decideva per lei.
Come nell'istante in cui aveva detto a sua madre che avrebbe sposato lui e non l'altro.
Come in quello stesso momento, in cui si dirigeva decisa, a passo di marcia, a cercare il dottor Elmisk perché le facesse da intermediario.
Non sapeva ancora dove avrebbe trovato la sfacciataggine per una simile richiesta, ma non se ne dava alcuna pena: avrebbe lasciato fare all'altra sé, quella senza paura, che poco prima aveva affrontato la madre Asmha.
- Cercavo di voi, dottore: per parlarvi di una questione molto delicata. - gli disse, trovandoselo, finalmente, di fronte, nel salotto.
- Ditemi pure, Ariela. Non si tratterà della vostra salute, spero: siete così pallida e sembrate preoccupata. - le chiese, invitandola a sedersi con lui.
- No, no, godo di ottima salute. Non abbiate timore ... - lo rassicurò, torcendo il fazzoletto tra le dita, come una lavandaia il bucato sciorinato. - Ciò di cui intendo parlarvi è di tutt'altra natura, sebbene sia la cagione della mia ansia. -
- Sapete che nutro per voi e per la vostra signora madre grande e radicata stima, fin da quando vostro padre era ancora in vita. Potete dirmi tutto, tranquillamente. - disse confortante.
- Caled ... mi ha chiesta in sposa e mia madre acconsente al matrimonio, giacché lo considera un gentiluomo ed un ottimo partito. - cominciò, prendendo la strada più tortuosa per giungere alla sua meta.
- Non posso che essere d'accordo, sebbene con Caled non spartisca molte idee ed opinioni, come avrete notato. - le spiegò, con un mezzo sorriso, riferendosi alla discussione di qualche sera prima.
- Io, però non nutro per lui alcun interesse e ciò mi ha spinto a rifiutare la sua proposta ... -
- Avete agito con senno, Ariela: stima e rispetto sono la prima pietra sulla quale posare le mura di uno sposalizio. -
- Sì, lo credo anche io, ma ... vedete, io vorrei comunque prendere marito. -
- Se state pensando a me ... - disse in tono giocoso, - Credo di essere ormai troppo maturo per voi. - concluse per stemperare l'imbarazzo evidente della giovane e per metterla a proprio agio.
Ariela abbozzò un piccolo sorriso ed espirò, cercando la calma giusta per proseguire.
- In verità, dottore, pensavo a ... Eìos! - rivelò d'un fiato, perché le parole non le si incastrassero in gola.
- A Eìos, mio figlio? - ripeté, sgranando gli occhi.
- So che una richiesta del genere può sembrarvi inusuale e sconveniente, ma, vi prego, non consideratemi sfacciata o ... -
- No, no ... vi conosco, da quando siete venuta al mondo. - la interruppe per rassicurarla, - Siete una fanciulla modesta e assennata, degna di stima e di rispetto: non potrei mai considerare la vostra proposta a Eìos sfacciata o sconveniente. Solo, comprendete la mia sorpresa ... Non avrei mai creduto che potesse accadere, sebbene, da padre, ne sia lusingato! Ma voi, conoscete tutto di Eìos? - le chiese con circospezione.
- So che ha un carattere ispido e spesso amaro; so che sa essere crudo e tagliente, ma la sua rabbia verso il mondo è frutto di una sorte sciagurata e di tante sofferenze. Egli possiede, però, anche una sensibilità e una nobiltà d'animo non comuni, sebbene faccia di tutto perché gli altri non se ne avvedano. - gli spiegò puntuale, come se di lui avesse trovato la chiave giusta per aprire il petto indurito.
- Non mi riferivo, Ariela, soltanto alla sua indole. - replicò il dottore.
- So anche che egli è figlio illegittimo di Esem; che la signora Leria gli riconoscerà il nome e so che ella ha ceduto per celare la ... - si irrigidì all'idea di rivelare oltre, - ... la relazione che la mia sciagurata sorella ha avuto con lui prima del matrimonio. - concluse, con non poco imbarazzo.
- E intendete comunque sposarlo? - insistette.
- Se ... se vostro figlio vuole ... sì, intendo sposarlo. - replicò decisa.
- E sia, Ariela. Non vi chiederò le reali motivazioni che vi animano, giacché è chiaro che vogliate tenerle per voi stessa, ma parlerò con Eìos immediatamente. - la rassicurò, sollevandosi.
- Vi ringrazio, dottore ... - disse con aria più serena.
Elmisk si congedò, chinando il capo con deferenza, e si diresse alle stanze di Eìos, come aveva promesso.

*********

Era abbastanza vecchio, Elmisk, nonché di consumata esperienza, da avere visto davvero tante cose strane nella vita.
E non solo nell'esercizio della professione medica; nelle infermità del corpo e nelle relative cure, ma anche nelle mutevoli forme della mente umana e nelle brusche virate dei caratteri.
Ritrovarsi, però, a fare da paraninfo ad uno come Eìos, non l'avrebbe mai potuto neanche immaginare.
Aveva amato quel ragazzo la sera stessa che si erano conosciuti e non era stata, neanche per un attimo, solo riconoscenza per essere stato salvato. Era stata, fin da subito tenerezza, complicità, comprensione e soprattutto, era stata necessità di salvarsi a vicenda.
La vita, del resto, li aveva feriti alla stessa maniera: a Eìos aveva negato l'amore che i genitori destinano ai propri figli, a Elmisk l'opportunità di amare una moglie morta dando alla luce il loro bambino.
Eppure, nonostante la stima ed il rispetto che nutrivano reciprocamente, il dottore sapeva che quel giovane uomo, nascondeva una parte di sé, finanche a sé stesso: una parte rilucente, che a tratti riverberava nella sua generosità con chi era malavventurato e nella testardaggine salvifica dello stesso mondo che lo denigrava.
Proprio per quella parte oscura di lui, Elmisk non riusciva a capacitarsi della reazione che avrebbe avuto suo figlio sapendo della proposta di Ariela.
Non trovandolo nelle proprie stanze, si diresse verso le scuderie: cavalcare era la passione più grande di Eìos, dopo quella per il mare.
- Cercavo di te, figlio. Dove sei stato? - gli domandò, quando lo ebbe raggiunto.
- Con Miran ... - gli rispose vago, armeggiando con la sella del proprio cavallo.
- E ... - lo incoraggiò, con un gesto della mano, perché lo mettesse a parte della conversazione.
- E ... continueremo a detestarci cordialmente! - scrollò le spalle, quasi la questione fosse di poca rilevanza.
- Eìos! Miran non ti detesta, così come tu non detesti lui. Comprenderai che accettare una simile rivelazione, non è cosa semplice. -
- Sì, ne sono cosciente, padre. Ma non ha importanza: abbiamo vissuto l'uno senza l'altro per una vita intera, non si può divenire fratelli soltanto perché il sangue è lo stesso. -
- Avevi giurato ... - gli ricordò, con un tono deluso.
- Sono un bugiardo ... - rispose, serrando la mascella, infastidito da quelle pressioni.
- Eìos! - lo richiamò, costringendolo a rivolgergli gli occhi.
- Ma non capite che è meglio così, per lui e per me ... Se cominciassimo a comportarci come vorreste, prima o poi la verità salterebbe fuori, come il coniglio dal cilindro di un prestigiatore. Egli saprebbe che donna ha sposato ed io finirei col perdere ciò che mi sono conquistato! - chiarì, con i pugni stretti ed un malcelato dolore nelle parole.
- Temi che avere vicina Nubia potrebbe indurti in errore, dunque? -
- E', il vostro, un modo diplomatico per domandarmi se l'amo ancora? - sorrise ironico, stringendo il morso nella bocca del cavallo e sistemando gli altri finimenti.
- L'ami? - chiese diretto, Elmisk.
- Si può amare chi ti mentisce? Chi ti chiede di spartire il proprio ventre con un altro? - ribatté, amaro, - Mentirei se vi dicessi che ella mi è indifferente, ma è solo carne, padre, soltanto carne e sangue! - concluse.
- Dunque il tuo cuore è libero? - insistette, deciso ad arrivare alla foce.
-Non vorrete trovarmi moglie? - scherzò, lisciando il pelo dell'animale, pronto e scalpitante per l'imminente galoppata.
- E' lei che ha trovato te! Ariela ... vorrebbe sposare te! - sorrise di rimando, vedendolo sgranare gli occhi.
- Non giuocate, padre mio ... - lo ammonì.
- Ti sembro forse un giullare? Ariela ha ricevuto una proposta di matrimonio da quel Caled e sua madre caldeggia questa unione. Ma ella non vuole sposarlo: ella vuole te! - precisò, sul volto rugoso lo stesso sorriso soddisfatto del padre che vede finalmente la sorte benevola in favore del figlio.
- Me? Il ladro, il bugiardo, il bastardo senza nome? - insistette.
- No, vuole l'uomo che sei dentro e che, testardo e masochista quale sei, tieni nascosto e in catene perché nessuno possa amarlo ... - cercò di spiegare.
- E sia! - lo interruppe.
- Cosa? -
- La sposo. -
- Perché? -
- Fate troppe domande, padre! - pose fine alla conversazione, montando a cavallo. - La sposo, questo vi basti! - aggiunse, spronando l'animale a partire.

*********

- Sciocca ... sciocca e presuntuosa! - ripeteva come una litania, inginocchiata sulla prima panca della piccola cappella, le mani a stringere il rosario e le labbra a baciarne ad uno ad uno i grani di madreperla.
Con quale sfacciata presunzione aveva chiesto a quell'uomo di sposarla, proprio a lui che non conosceva affatto e che, per di più, era stato l'amante si sua sorella? Si sentì morire di vergogna a pensare a loro due insieme, a Nubia così avvenente e smaliziata, alle sue belle forme di donna e alla maniera conquistatrice con cui le ostentava e a Eìos, il carattere selvatico, senza retaggi e senza limiti.
Non le avrebbe mai detto di sì, non a lei pudica ed ingenua, insipida come una pietanza scondita. Non avrebbe mai accettato, Eìos, una come lei, nonostante le parole che le aveva riservato con tanta sincerità e che continuavano ad impegnarle tutti i sensi.
E se, di contro l'avesse fatto, se avesse accettato, sarebbe stato certo per ripicca, per far patire a Nubia l'oltraggio del tradimento ed il suo acre sapore.
D'un tratto rimpianse tutte quelle futili cose che aveva rifuggito per tutta la vita: la cura di sé, il briciolo di vanità che fa di una donna una creatura attraente, la spigliatezza felina e le moine che si prendono petto e mente degli uomini.
Una spina le punse il cuore a quelle costatazioni dolorose, così rivolse un ultimo sguardo orante alla Croce, senza sapere per quale risposta pregare.
Si sollevò segnandosi, e, uscendo, accese una candela all'altarino della Beata Vergine, sussurrando: - Sia fatta la tua volontà! Tutta la tua volontà! - piegò il capo, in segno di devozione, e, calando il velo di pizzo che la copriva, uscì dalla cappella.

*********

Cavalcare gli piaceva: il vento a schiaffeggiargli il viso, il rumore sordo degli zoccoli sulla terra compatta, l'odore acre della polvere sollevata ed il panorama sfuggente che correva nella direzione opposta alla propria, come fosse anch'esso in movimento. Tutto contribuiva a sedare l'istinto, i pensieri balordi che lo opprimevano ed alla fine della corsa la mente era libera, ripulita, una stanza vuota pronta ad ospitare nuovi inquilini.Rientrò con calma, ripercorrendo il tragitto a ritroso, godendosi il percorso, i colori riverberanti delle foglie splendenti dell'ultimo sole, l'odore delle messi, il canto ristoratore dei braccianti ancora a lavoro. Tenne la mente a riposo: non voleva pensare né a Miran, né ad Ariela, tantomeno al nuovo nome che presto avrebbe portato, un abito che non avrebbe vestito mai con agio e disinvoltura, nonostante l'avesse voluto più di un assetato l'acqua.
Avrebbe fatto i conti con ciascuno di quei rovelli asfissianti quando fosse ritornato nel mondo, quando non ne avesse più potuto farne a meno.
Ma il destino gioca a dadi su di un tappeto truccato.
Ariela era a pochi metri da lui, bella, come l'alba che si accende di promesse, ed il tempo di riposo della propria mente era terminato.
Perché avesse accettato la sua proposta era, ai suoi stessi occhi, incomprensibile e stupido: il tentativo di uno stolto di prendersi qualcosa cui aveva sempre saputo di non aver diritto. Eppure non era riuscito a negarsi a quella parte di sé che cercava da una vita di essere compresa e scovata in un abisso profondo e buio.
Se fosse quel matrimonio la rete che avrebbe catturata quella parte nascosta, se fosse Ariela il suo ristoro, in quell'istante poco importava. Poco contava per ogni parte del suo corpo e della mente a cosa stesse andando incontro, ora che davanti si trovava gli occhi di lei.
Smontò da cavallo e compì pochi passi, trascinando dietro la schiena il suo animale pigro e stanco della galoppata.
- Buonasera. - le augurò, quando furono vicini, lasciando le redini del cavallo, che si dedicò incurante all'erba fresca da brucare.
- Buonasera. - ripeté, Ariela, fermando i propri passi di fronte a lui.
- Perdonatemi, torno da una cavalcata: temo di non essere ... presentabile. - continuò, allargando le braccia per mostrarsi, e lasciando che un sorriso leggero gli tendesse le labbra.
- E perché mai? Non siete abbigliato in maniera così diversa dal solito. - constatò Ariela, osservandolo.
La camicia era maltrattata dal vento della corsa, i calzoni leggermente macchiati dalla polvere sollevata, i capelli spettinati. Un altro uomo sarebbe apparso disordinato, scomposto, ma su di lui tutto prendeva un'aura selvaggia, indomita, come il suo stesso carattere, e lo rendeva meravigliosamente imperfetto e unico.
- Di solito, però indosso la camicia nei calzoni ... - ammiccò, il sorrisetto dispettoso e un poco sfacciato del ragazzino impertinente.
Ariela sorrise di rimando: i tratti del viso di Eìos, disteso e placido, la conquistavano. Egli era bello sempre, ma le labbra scure e carnose, addolcite da un sorriso, lo rendevano ancora più attraente e gli occhi verdi, animati da quell'insolenza giocosa, divenivano, per lei, pirati all'arrembaggio dei propri sensi scompigliati.
Camminarono lungo il viale che divideva in due il giardino, l'uno accanto all'altra, per diversi metri, senza parlare. I passi furono lenti quasi entrambi intendessero scongiurare l'avvicinarsi del traguardo. Le vesti di Ariela, frusciavano, nel suo incedere cadenzato, ed il profumo di muschio della pelle di lui, mescolato al cuoio delle redini, che aveva stretto tra le mani, le ottundeva i sensi.
Nei respiri di entrambi, risuonava preciso un silenzio leggero, tanto che la mente di Eìos riprese a macinare quesiti, come la ruota del mulino i chicchi di grano.
Gli era ben chiaro che qualcosa gli si muovesse dentro nel sentirsela accanto e non era solo una fiamma lenta che scuoteva i lombi. Era un languore caldo che si prendeva prima cuore e cervello e poi si espandeva conquistatore per il resto del corpo. Quando, come in quegli istanti, un anelito vibrante di sentire la pelle di lei scorrergli sotto le dita, di orlarle le labbra con le proprie, lo inseguivano, non poteva fare a meno di chiedersi cosa provasse Ariela e, più di tutto, cosa l'avesse spinta a quella proposta così avventata.
Si trovò costretto a cedere a quella domanda, che veniva direttamente dal petto, e lo fece come un bimbo che chiede alla madre il numero esatto delle stelle.
- Perché? - domandò, annullando la distanza che li teneva ciascuno nei propri pensieri. - Perché volete sposarmi? - insistette, rivolgendole gli occhi indagatori e fermando i propri passi e quelli di lei.
Ariela, ne scrutò l'espressione interrogativa, colta di sorpresa, come se mai avesse potuto aspettarsi una simile domanda, posta con tanta risoluta determinazione.
- Se voi non volete, se ... -
- Certo che lo voglio: siete così bella, così dolce ... e animata da un ardore tanto puro, che faccio fatica a credervi sincera ... - la rassicurò, con slancio. - Ma voi, perché, perché volete sposare me? - aggiunse determinato.
- Perché mia madre vuole vedermi sistemata e ... - si giustificò, quasi l'idea del matrimonio non fosse stata sua.
- Avete già ricevuto una proposta ... e per di più da un gentiluomo. - la interruppe, - Perché, dunque, non accontentate vostra madre, accettando quella. - insistette, deciso ad ottenere le risposte a cui anelava.
- Caled non è il tipo di uomo con il quale potrei accompagnarmi per la vita ... - spiegò, vaga, con gli occhi lucidi di imbarazzo per quella conversazione così scomoda.
- E potrei esserlo io? - chiese, con tono di beffa. Eìos sapeva con certezza assoluta di non avere alcunché di attraente per una donna come Ariela: non era un gentiluomo; i suoi modi, sebbene il dottor Elmisk l'avesse bene erudito, non erano ricercati e misurati; le sue parole erano lo specchio dei propri pensieri, senza filtro alcuno; la sua vita era stata un'altalena tra povertà e ricchezza, tra illegalità e tentata probità; la sua anima era uno sporco groviglio di rabbia e veleno contro il mondo.
Né, per Ariela, la conquista di quel nome poteva essere una lusinga sufficiente ad offuscare consolidati difetti e punte di un carattere tanto aguzzo.
- Io ... lo credo, sì ... - rispose, con più decisione di quanto egli si aspettasse.
-Voi lo credete? - ribatté, scettico: la fermezza della risposta di Ariela l'aveva non rassicurato, ma indispettito.
Non le credeva, non riusciva a farlo, poiché, per colui, al quale la sorte è sempre stata avversa, è più semplice credere che il mondo gli sarà sempre contro, piuttosto che illudersi del contrario.
- O, invece, credete, in tal maniera, di tenermi lontano da vostra sorella? - la provocò, velenoso.
Ariela chinò il capo, torturandosi le dita. Di fatto, il primo sprone a quella decisione era stato proprio il desiderio di impedire che quei due potessero ancora incontrarsi, ma ella sapeva che dietro di esso altre motivazioni ingarbugliate ed oscure animavano i suoi propositi.
Eìos si accorse dell'imbarazzo che le impediva di mostragli gli occhi e fu intenerito e, al contempo, infiammato dalla necessità di scongiurare in lei un tale infamante pensiero.
- Vi ho già detto che non nutro più alcun interesse per lei ... - ribadì, deciso: per la prima volta la necessità di essere creduto, fu più determinante dell'orgoglio.
- Avete uno strano modo di dimostrarlo: l'hanno veduta uscire dalla vostra camera soltanto alcune sere orsono. - gli rivelò delusa, una punta di malcelata gelosia nella voce.
- Dunque, non ero in errore! - sospirò, affranto. - Se questa è la motivazione che vi ha indotto a una simile proposta, consideratevi sollevata dall'impegno. - le disse scostante, ruvido e tagliente, come solo lui riusciva a essere.
Ariela sentì la terra fremere sotto i piedi, un equilibrio instabile le scompigliò il petto. Lasciò gli occhi di lui sconfitta, nascondendogli i propri: non voleva essere sollevata dall'impegno, poiché, pur non comprendendone le vere ragioni, ella desiderava quell'unione.
Si sentiva strana quando Eìos la guardava, quando le parlava. Percepiva una voragine misurata aprirle lo stomaco ed un fiamma sottile, come di candela, percorrerle la pelle fino alle gote. Le piacevano le sue mani, come avevano carezzato le proprie qualche giorno prima, il calore della voce un po' roca e penetrante che la sfiorava.
Si voltò e fece per allontanarsi dal corpo di Eìos, così vicino da sentirne il calore, il profumo seducente e dolce, il respiro leggero che le investiva le tempie. Ma la mano di lui la fermò, catturando il polso sottile, solo con la punta delle dita.
I polpastrelli ruvidi ne solleticarono la pelle, laddove la vena pulsava forsennata, eco perfetta del cuore.
Senza muoversi, le spalle a sfiorarsi, Eìos continuava a tenere lo sguardo dritto davanti a sé, quasi quel contatto rubato, gli costasse imbarazzo e fatica.
Inspirò, domando il fiato che usciva agitato dal petto, e con una voce profonda e dolcemente roca, le parlò: - Ariela, giuro su Dio, che non nutro più alcun interesse per lei ... - ripeté solenne, con il tono fermo e sicuro di chi non mentisce.
- Quale Dio, signore? - chiese, cercando di aumentare la distanza tra i loro corpi, ormai ridotta ad un respiro.
- Credevo ne esistesse solo uno ... - replicò, stingendo la presa, perché ella non sfuggisse a quel chiarimento necessario e a quel contatto caldo.
- E da quando? - lo interrogò, la voce leggermente stridula, per l'agitazione.
- Da quando ho conosciuto voi! - terminò, la sua voce, di contro, sicura ed avvolgente. Ariela sospirò, socchiudendo gli occhi, prendendosi la dolcezza di quel tocco e la determinazione delle parole. - Mi credete? - chiese, voltando il viso di lato per guardarla.
Il profilo di lei era perfetto, come in un ritratto sapiente, le palpebre erano chiuse dalle lunghe ciglia e le labbra si arrossavano man mano che Ariela le torturava tra i denti.
Ella annuì, immobile.
- Desiderate ancora sposarmi, dunque? - insistette, mentre la sicurezza della voce e la presa sul polso scemavano.
- Sì ... - rispose, come la parte più intima di sé le suggeriva.
Ma fu l'unica sillaba che riuscì a pronunciare, tanto il petto le si era increspato dall'emozione.
- Bene ... - sussurrò lui, lasciando scivolare la mano nel palmo contratto di lei.
Essa ne seguì devota le linee spezzate che lo incidevano, raggiunse gli incavi delle dita, riempiendoli con le proprie. Strinse in una morsa feconda e promettente, come l'appiglio necessario a tenersi in piedi. Poi allentò le dita, il calore del contatto che si disperdeva, come una fiamma che si allontana; risalì con la stessa devozione, lungo il dorso della mano e su, per il polso e l'avambraccio, fino al gomito ossuto, così come il salmone risale il corso del fiume, con la vita nel ventre.
Le girò intorno, fermandosi sull'altro fianco di lei, i visi rivolti entrambi nella medesima direzione, le posò il palmo aperto della mano sulla schiena e con una leggera pressione, la invitò: - Torniamo a casa ... -
Compirono alcuni passi verso la dimora, in silenzio, respirando l'uno i respiri dell'altra, le menti sgombre da ogni rovello, il cuore ripulito da ciascun impedimento, sino a che ella gli si aggrappò al braccio che sfiorava il proprio, alla ricerca di un nuovo contatto. Eìos trattenne malamente un sorriso incerto, tormentandosi le labbra scure: quel gesto era così semplice ed intimo, che egli aprì il cuore a una languida invasione.
- Toglietevi quel sorriso compiaciuto dalla bocca ... - lo avvertì, guardando altrove da lui, - Ho solo bisogno di un appiglio, giacché la ghiaia rende i miei passi incerti. - mentì, imbarazzata dalla sua stessa audacia.
- E tu smetti di darmi del voi. Non vorrai aspettare la prima notte di nozze per farlo? - la provocò, senza riuscire a smettere di sorridere.
Ariela perse un respiro all'idea di quel momento e strinse di più le dita sottili tra le pieghe scomposte della camicia di lui, come se davvero mancasse di equilibrio. Eìos percepì in quella stretta l'incertezza, l'imbarazzo e la pudicizia di lei, e si intenerì come gli accadeva ogni qual volta l'anima semplice ed ingenua di lei emergeva, quindi posò la propria mano sulla sua, stringendola con la stessa forza rassicurante che ella aveva profuso nel proprio tocco, dita tra le dita, pelle sulla pelle e l'anima dell'uno alla ricerca di quella dell'altra.

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Ben trovate!
Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono e seguono la mia storia.

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