Come Acqua e Fuoco

By Miss_Chandra

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| ATTENZIONE: Questa è la seconda parte de "Come Aria e Terra"; se non hai letto quella, non proseguire con l... More

Bentornati
Cast
Guardiani
Prologo
• Parte prima: Guardiana •
1. Consacrazione
2. Ti amo
3.1 Sacerdoti
3.2 Sacerdoti
4.1 Leblanc
4.2 Leblanc
5.1 Consiglio
5.2. Consiglio
6.1 Silenzio
6.2 Silenzio
7.1 Le Gall
7.2 Le Gall
8. Gennaio
9.1 Capirsi
9.3 Capirsi
10.1 Dame Noyer
10.2 Dame Noyer
11.1 Mamour
11.2 Mamour
11.3 Mamour
• Parte seconda: Arthur •
12.1 Fratelli
12.2 Fratelli
13.1 Ile-et-Vilaine
13.2 Ile-et-Vilaine
14.1 Per lei
14.2 Per lei
15.1 Trio - Artie
15.2 Trio - Nova
15.3 Trio - Jesse
16.1 Delegato
16.2 Delegato
17.1 Le Foyer
17.2 Le Foyer
17.3 Le Foyer

9.2 Capirsi

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By Miss_Chandra

Jesse si paralizzò e non parlò più per un paio di secondi. Se non fosse stato per l'alzarsi e abbassarsi del petto ampio, Chandra avrebbe creduto che avesse persino smesso di respirare. Poi lui si schiarì la gola e riprese contegno, più o meno: era ancora sul punto di esplodere o di piangere – Chandra non riuscì a capirlo con assoluta certezza.

«È questo quello che pensi?» le chiese Jesse, tutto a un tratto amareggiato.

Chandra esitò un attimo, poi annuì. «Sì, penso ogni parola.»

«Che vuoi che ti dica, Chichi?» Jesse allargò le braccia: un gesto così colmo di amarezza che Chandra ebbe un tuffo al cuore. «Non mi hai detto nulla di nuovo: è una cosa che mi sento dire fin da bambino.» Detto ciò, tornò seduto sul divano e si accese la seconda sigaretta della serata.

Chandra si girò, in modo da guardarlo di nuovo in viso. Adesso, le posizioni si erano invertite: lui accucciato a gambe larghe e lei in piedi. «Come, fin da bambino?»

«Sorpresa, Chichi?»

«Be', sì. Mi aspettavo che tutti amassero il nipotino del Guardiano.»

«Vero, mio nonno era il Guardiano e tutti rispettavano la nostra famiglia», confermò Jesse, con lo sguardo basso e la fronte corrugata. «Ma Artie era il bambino più allegro, quello più simpatico, quello più creativo; era considerato persino quello più monello, ma questa è colpa mia perché cercavo ogni scusa per non essere punito.»

Chandra si strinse nelle spalle. «Capita che le persone introverse brillino un po' meno delle estroverse.»

«Io non sono introverso», dichiarò Jesse, quasi vedesse l'esserlo come un'offesa. «Sono gli altri che preferiscono Artie in tutto. La stessa Nova, che dovrebbe vederci uguali, si è ricordata della mia esistenza solo quando doveva mettere in difficoltà te.»

Chandra inclinò la testa. «Infatti io credevo che per Nova foste uguali.»

«Perché, hai fatto amicizia anche con lei e te l'ha confessato?» dichiarò Jesse, sarcastico.

«No, con lei no», precisò Chandra, sebbene immaginasse che Jesse dovesse saperlo già. «Però ti ha raccontato cosa facevamo io e Arthur da accoliti, quindi davo per scontato foste amici allo stesso modo.»

«Nova mi ha solo detto che avete studiato i quattro elementi insieme, che vi siete innamorati e che lei non voleva servire una fedele della Luna, soprattutto dopo una vittoria simile», disse Jesse.

Chandra alzò gli occhi al soffitto. «Nova è proprio una stronza.»

Jesse ridacchiò. «Non è stronza, è solo impulsiva.»

«Così impulsiva che mi ha mollato al primo giorno di mandato», ricordò Chandra. Il suo abbandono era un tema ancora vivo nella sua mente, una presa di posizione che continuava a bruciare. Era un qualcosa che tuttora la sminuiva nel suo ruolo di seconda Guardiana della Luna.

«Ti dispiace così tanto che ci sia io al suo posto?» le chiese Jesse a bruciapelo.

«Non è questo il punto», mise in chiaro Chandra. «Dico solo che dovrebbe capire che Arthur non è l'unica persona al mondo con dei sogni e sentimenti.»

«Te l'ho detto, Nova ha sempre avuto una forte predilezione per Artie», sottolineò Jesse, dopo aver espirato il fumo. «Pensa che non mi ha detto neanche mezza parola dopo la Cerimonia. A lei bastava avere il suo amicone Artie come accolito.»

Chandra strizzò le code degli occhi. «Zero totale? Neanche una pacca consolatoria sulla spalla?»

Jesse scosse la testa mentre fumava. «Dopo la Cerimonia, io sono tornato a casa quasi subito e la mattina dopo Artie è partito molto presto. Ci siamo risentiti a ottobre, quando ti ho conosciuta, e solo perché li ho contattati io.»

«Ma quindi sei stato da solo per tutto il tempo?» chiese Chandra, un po' basita. Dai racconti di Arthur, si era sempre fatta l'idea che il loro fosse un trio molto unito: mai avrebbe creduto possibile che Nova non avesse minimamente considerato Jesse in un momento per lui così delicato – o che lo stesso Arthur avesse archiviato l'amico dopo aver ottenuto ciò che voleva.

«No, in quel periodo c'era Mira con me», rispose Jesse, con un leggero sorriso sul volto. «Lei è stata la luce arrivata al momento giusto.»

«E immagino sia stato per questo che vi siete messi insieme», inferì Chandra.

«Quanto sei intuitiva, Chichi.»

«Grazie», rispose Chandra. «Ma sapevo già che Miranda ti veniva dietro. Ho solo fatto due più due.»

Jesse fece sobbalzare le sopracciglia. «Come facevi a saperlo? Io non te l'ho mai detto.»

«E tu come facevi a sapere dello studiare con Arthur senza che te lo dicessi?»

«Touché», esclamò Jesse, alzando le mani. «Ho due amici pettegoli.»

Chandra sorrise. «Me l'ha detto Arthur, in questo caso», specificò.

«Ti diverte che Artie mi abbia sputtanato, Chichi?»

«Non fare l'offeso. Non ti ha sputtanato, mi ha solo detto questo e che lei tifava per lui.»

«Evidentemente, Artie era troppo impegnato a studiare con te per raccontarti altro», la provocò Jesse.

«No, era a me che non interessava approfondire», sminuì Chandra, con una scrollata di spalle.

«E per essere chiari,» disse Jesse, come se qualcuno avesse il dubbio, «in realtà Mira tifava sia per me sia per Artie, non solo per lui.»

Chandra storse il naso. Le pareva un po' difficile che Miranda avesse fatto il tifo per tutti e due: Arthur era suo fratello e Jesse la sua cotta, due mondi inconciliabili. D'altro canto, non voleva mettere in dubbio le parole di Jesse: la strategia con la quale l'attuale fidanzata lo avesse accalappiato non era affar suo. «Certo, comprensibile», disse, dunque.

«E ti dirò di più», riattaccò Jesse. «All'inizio tutto l'Ordine dava per scontato che venissi scelto io, un Deroy, alla Cerimonia. Ma poi boom» – simulò un'esplosione con le mani – «Arthur Leblanc è il nuovo accolito del Sole.»

Chandra sbuffò: gira e rigira, Jesse andava a parare sempre allo stesso punto. Diventava noioso, dopo un po'. «Te l'ho già detto quando ci siamo conosciuti, Jesse: la discendenza non è l'unico elemento rilevante.»

«Non prendermi per il culo, Chichi. Ché non ci credi neanche tu», disse Jesse, adesso di nuovo infastidito – bastava un nonnulla per rivoltare l'umore di quel ragazzo, per la Madre. «Se sei stata scelta dalla tua Dea è per la tua discendenza e il tuo colore di capelli, come dicevo prima.»

Per la seconda volta, l'accento veniva messo sull'essere una Noyer e, sempre per la seconda volta, Chandra preferì non difendersi: ormai neanche lei sapeva più cosa la Luna avesse visto in lei oltre il cognome e la capigliatura. Tutti i buoni propositi sull'essere la nuova Chandra Noyer, colei che avrebbe riunito gli Ordini e completato l'operato della sua trisavola, erano andati perduti il giorno del suo ventunesimo compleanno.

«Niente da dire?» la invogliò Jesse.

Chandra arricciò le labbra. Se avesse realmente detto ciò che voleva dire, sarebbero stati i capelli corvini di Jesse a diventare d'argento. «Sole e Luna avranno usato criteri diversi, a questo punto.»

«Davvero, solo questo?» rimase deluso Jesse.

«Sì, non ho altro da dirti in merito», sbuffò Chandra, scocciata.

Jesse serrò la mascella. «Ti viene così difficile metterti nei panni degli altri?»

«Senti chi parla», ribatté Chandra. «Proprio Jesse Deroy, colui che si mette sempre nei panni degli altri.»

«Non è difficile farlo con te e Artie», rimbeccò Jesse. «Lui è uno stronzo che si nasconde dietro la maschera del bravo ragazzo e tu sei la classica prescelta che si lamenta di continuo, anche se il mondo si piega al suo volere.»

Chandra s'abbracciò il busto, dondolandosi appena. «Certo, come no, sono proprio io: la prescelta capricciosa con il mondo ai suoi piedi.»

«L'hai detto tu stessa: avresti perso se Artie non avesse rinunciato al suo sogno pur di farti felice.»

«Eh, già», commentò Chandra, guardandosi le dita dei piedi che sbucavano dal pigiama. «Proprio per farmi felice.»

«Artie ha mollato dopo cinque minuti senza neanche sfiorarti, si è inchinato ai tuoi piedi e poi è scappato a casa a ubriacarsi», riassunse Jesse. «C'è altro modo per spiegarlo?»

Chandra infiltrò le dita fra i capelli e li tirò all'indietro. «Che vuol dire che si è ubriacato

«Mira mi ha detto di averlo assistito per tutta la notte», esplicò Jesse. «È stato poco bene sia fisicamente che emotivamente.»

«Io non...» Chandra abbassò gli arti e si coprì il viso. «Io non volevo finisse così.»

«Purtroppo non tutto va come vogliamo, Chichi.»

«A me niente va come voglio.» Sotto lo sguardo perplesso di Jesse, Chandra andò a sedersi sul divano, a un cuscino di distanza da lui. Quell'argomento le rammolliva le gambe e le appesantiva la testa; accusava anche un leggero peso al petto, ma a quello era ormai troppo abituata per farci caso.

«E poi dici di non essere la prescelta lamentosa», ironizzò Jesse. «Sei la Guardiana in carica, dovresti essere felice.»

«Appunto per questo non sono felice.» Chandra si strinse le gambe al petto e affondò la fronte fra le ginocchia. Jesse la stava osservando: pur essendo accovacciata e nascosta dai capelli, riusciva a sentirsi i suoi occhi curiosi e basiti addosso.

«Non ti seguo», disse lui.

«Lascia stare», tagliò corto Chandra. «Non capiresti.»

«Mettimi alla prova, no?»

Chandra alzò il viso e lo indirizzò verso quello di Jesse. Non vi trovò alcun tipo di ilarità: solo una sincera voglia di ascoltarla.

E Chandra non capì. Non capì perché dal nulla le stesse sorridendo, perché si stesse mostrando disponibile e perché non avesse ancora fatto battute pungenti sul suo essere una pessima Guardiana. Non capì un accidente. E ancor meno perché, dentro di sé, dopo settimane di silenzio auto-imposto, sentisse il bisogno di confidarsi – non su tutto, ovviamente: solo su ciò che lei riteneva condivisibile.

«Quello che hai detto su di me è vero, Jesse: la Luna mi ha scelta come accolita solo perché sono una Noyer dai capelli bianchi e sono diventata Guardiana grazie ad Arthur. E non avrei nulla di cui lamentarmi se la mia autorità contasse qualcosa, ogni tanto.»

«Neanche nel tuo Ordine conta?» chiese Jesse.

"Soprattutto nel mio Ordine", avrebbe voluto liberarsi Chandra. Invece, dopo un sospiro, rispose: «Da nessuna parte, in realtà. Sembra che conti soltanto quello che non faccio.»

«La dura vita del Guardiano, Chichi», rispose Jesse. «C'erano volte in cui mio nonno arrivava a fine giornata completamente esaurito.»

«Io mi sento completamente esaurita ogni giorno», confessò Chandra, prendendosi la testa fra le mani. «Vogliono tutti cose diverse, leggono tutti la storia in modo diverso; nessuno si guarda allo specchio.»

«Fammi aggiungere un ultimo punto», avanzò Jesse. «Tutti pretendono che tu risolva istantaneamente i loro problemi, e si arrabbiano se non sai come fare.»

Chandra annuì. «E tu come...?»

«Visto che posso capirti, Chichi?» disse Jesse, con un sorriso amaro. «Il Consiglio mi chiede ogni giorno novità sull'Equilibrio Elementale. Si aspettano che io ti convinca a renderlo realtà il prima possibile.» Fece una pausa per guardarla negli occhi. «E quando dico loro che bisogna aspettare, sbuffano, alzano gli occhi al Cielo e mi invitano a fare quello che devo. Ma cosa devo fare io? Sono solo un Reverendo: non posso cambiare le tue decisioni, posso solo influenzarle... E neanche ci riesco bene.»

«Mi dispiace», pigolò Chandra. «Non volevo creare casini anche a te.»

«Non fa niente», disse Jesse. «Anzi, dispiace a me di averti insultata. Non te lo meritavi.»

Chandra sobbalzò. «Ma no, non era nulla di grave: tanto ci sono abituata.»

«Non darmi ragione per farmi sembrare meno patetico, Chichi», la fece ammutolire Jesse. «Sappiamo entrambi perché l'ho fatto. E mi dispiace: non avrei dovuto prendermela anche con te.»

Jesse aveva da poco concluso la seconda sigaretta, e stava già andando alla ricerca della terza. Aprì il pacchetto, ne estrasse una, se la portò alle labbra e l'accese con una scintilla. Nulla che Chandra non gli vedesse fare ogni giorno. Eppure c'era qualcosa di diverso.

C'era qualcosa di diverso nel viso imbronciato di Jesse, che si stendeva solo dopo aver gettato fuori il fumo dal petto.

C'era qualcosa di diverso nel suo sguardo basso, diventato più cupo da quando avevano parlato.

C'era qualcosa di diverso nel Reverendo Deroy, considerato da Chandra sempre e solo un peso inutile.

«Stai bene?» gli chiese.

«No, per niente.» Jesse torse il collo a destra, in direzione della ragazza. «Non mi dà pace che Artie abbia preso il mio posto come accolito o che il ciclo Deroy sia finito a causa mia. E, sì, sono invidioso, ma non di Artie: di te. Io ti invidio tantissimo, Chichi. Perché tu grazie al tuo cognome ce l'hai fatta, mentre io mi sono dovuto accontentare dell'elemosina di Nova.»

Chandra sussultò e abbassò di nuovo il viso, incapace di reggere ancora lo sguardo azzurro dell'altro. Non aveva alcun senso che si sentisse colpevole: era stata lei a provocarlo, a dirgli che era pesante e a sbattergli in faccia quant'era... invidioso. Vederlo arrendersi alla realtà avrebbe dovuto rappresentare una vittoria per lei, non un motivo per stare peggio.

«In realtà anche io ti invidio un po', Jesse», esordì Chandra, in un bisbiglio.

Jesse sbuffò una risata. «Ne dubito.»

«No, sono sincera», affermò lei, con maggior sicurezza. «Ti invidio perché sei Reverendo.»

«Ma non ha senso: sei la Guardiana, sei superiore ai semplici Sacerdoti.»

«Sì, ma a me non interessa la gerarchia: il mio sogno fin da bambina è sempre stato quello di servire la Luna come sua Sacerdotessa.»

Jesse sbarrò gli occhi; poi tirò dalla sigaretta e placò il proprio stupore. «Cosa ci fai qui, allora?»

«Mia madre voleva che diventassi Guardiana e ha inviato la candidatura al mio posto, a inizio estate.»

«Aspetta... non sei neanche qui per scelta tua?»

Chandra si passò le dita fra i capelli, alzandoli verso l'alto. «Con questo nome e con questi capelli, non ho avuto molte alternative.» Liberò la massa argentata e questa ricadde con eleganza ai lati del suo corpo.

«E allora perché è stato Artie ad arrendersi e non tu?» chiese Jesse, con ragione.

«Nessuno dei due avrebbe dovuto arrendersi», ammise Chandra. «Avremmo dovuto scontrarci davvero.»

Jesse la guardò per qualche istante senza aggiungere nulla. Chandra non riuscì a decifrare la sua espressione: non pareva più confuso ma, allo stesso modo, neanche curioso o sorpreso. «Sai, c'è chi dice che sia stata tu a spingerlo a farlo.»

Chandra indurì lo sguardo. «No, ha scelto di sua spontanea volontà. Io lo amo: non gli avrei mai fatto un torto simile.»

«Ma lui lo sapeva che avevi altri programmi?» chiese Jesse, con la fronte aggrottata. «Insomma, altrimenti perché arrendersi spontaneamente per qualcosa che non ti andava di fare?»

Chandra si passò entrambe le mani sul viso. «Sì, lo sapeva. Infatti non sarebbe dovuta andare in quel modo.» Avrebbero dovuto battersi, Arthur avrebbe dovuto vincere e lei avrebbe dovuto essere la sua Sacerdotessa della Luna; invece tutti gli eventi si erano svolti al contrario e lei era a discuterne con Jesse Deroy... e non le dispiaceva nemmeno. «È precipitato tutto alla fine.»

«In che senso?»

«Be', ecco...» Si morse il labbro, frenandosi. No, non poteva. «Preferisco non parlarne, scusami.»

«Ho capito, la resa di Artie è off-limits», le disse Jesse. «Ma grazie comunque per... queste confidenze

«Grazie a te per questa conversazione, piuttosto», fece Chandra. «Non pensavo che anche tu potessi sentirti insicuro.»

Jesse le sorrise. «Visto, che ti avevo detto? Posso capirti più di chiunque altro.»

«Sì, ora lo so.» Chandra gli rivolse un sorriso delicato.

L'idea che qualcuno potesse capirla non le era mai balenata in testa, men che meno che quel qualcuno fosse Jesse Deroy. Eppure, adesso le pareva così scontata che si diede della stupida per non esserci arrivata prima.

Chi meglio di lui poteva capire come ci si sentiva a essere intrappolati in un ruolo che non si sentiva proprio? 

Chi meglio di lui poteva capire come ci si sentiva a essere circondati da gente che ti riteneva un fallimento su tutta la linea? 

Chi meglio di lui poteva capire il peso di milioni di richieste impossibili da realizzare a causa di un'altra persona? 

Nessuno. Neanche Arthur, purtroppo.

«Odio fare la Guardiana», confessò Chandra.

«E io odio fare il Reverendo», la seguì Jesse.

Forse, in un'altra vita, Chandra e Jesse avrebbero potuto essere amici. Forse, in altre circostanze, Jesse avrebbe potuto aiutarla davvero con l'Ordine del Sole. Forse, se avessero parlato prima, se si fossero capiti prima, entrambi avrebbero affrontato gennaio in modo diverso. Ma adesso era troppo tardi: a quasi una settimana dalla rottura dell'Accordo, dopo aver giocato con la pazienza di entrambi gli Ordini, Chandra non poteva più permettersi di pensare ai se e ai ma. Doveva soltanto agire e accettare i frutti marci che aveva coltivato.

E qualcosa, in quell'istante, sfuggì dal ferreo controllo di Chandra. Non capiva cosa stesse accadendo. Anzi, stava capendo benissimo il cosa: era il perché a crearle confusione.

Perché non si era accorta di nulla?

Perché aveva le labbra di Jesse premute contro le proprie?

Perché lei, pur senza assecondarlo, era appagata da quel contatto?

E forse fu proprio l'assenza di una risposta a quest'ultima domanda a impedire a Chandra di chiudere gli occhi: temeva che, se lo avesse fatto, la sua mente si sarebbe lasciata andare a qualcuno che non fosse Arthur. E lei mai si sarebbe lasciata andare a qualcuno che non fosse Arthur.

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