Come Acqua e Fuoco

Bởi Miss_Chandra

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| ATTENZIONE: Questa è la seconda parte de "Come Aria e Terra"; se non hai letto quella, non proseguire con l... Xem Thêm

Bentornati
Cast
Guardiani
Prologo
• Parte prima: Guardiana •
1. Consacrazione
2. Ti amo
3.1 Sacerdoti
3.2 Sacerdoti
4.1 Leblanc
4.2 Leblanc
5.1 Consiglio
5.2. Consiglio
6.1 Silenzio
6.2 Silenzio
7.1 Le Gall
8. Gennaio
9.1 Capirsi
9.2 Capirsi
9.3 Capirsi
10.1 Dame Noyer
10.2 Dame Noyer
11.1 Mamour
11.2 Mamour
11.3 Mamour
• Parte seconda: Arthur •
12.1 Fratelli
12.2 Fratelli
13.1 Ile-et-Vilaine
13.2 Ile-et-Vilaine
14.1 Per lei
14.2 Per lei
15.1 Trio - Artie
15.2 Trio - Nova
15.3 Trio - Jesse
16.1 Delegato
16.2 Delegato
17.1 Le Foyer
17.2 Le Foyer
17.3 Le Foyer

7.2 Le Gall

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Bởi Miss_Chandra


Alla fine la fecero entrare, quella Alhena Le Gall.

Mentre la ragazza avanzava verso il centro del tavolo, per stare sotto gli occhi di tutti, Dame Noyer la squadrò da testa a piedi così tante volte da perdere il conto.

Non era così che immaginava gli incantatori epurati, men che meno se eredi di Lénaïc Le Gall. Nell'immaginario di Chandra, alimentato da racconti catastrofici di quel pezzo di storia, avevano tutti lo sguardo cattivo, erano sporchi e pieni di cicatrici – okay, forse stava ragionando un po' troppo da bambina, adesso.

Alhena Le Gall, però, pareva una ragazza più che normale: era alta e formosa, quasi fosse stata modellata con precisione con la creta; gli occhi smeraldini erano disturbati da un ciuffo corto color carota, che quasi si confondeva con la criniera che le stava intorno.

Chandra si fermò sulla fronte, nascosta. Era un bene che avesse coperto quello.

Quando Alhena giunse a destinazione, ficcò le mani dentro le tasche dei calzoni. Anche nell'abbigliamento, notò Chandra, era diversa da come se l'era immaginata nei trenta secondi seguenti l'annuncio della sua visita. A dispetto di tutti gli altri presenti, vestiti grosso modo con indumenti normali, Alhena Le Gall pareva un gentiluomo della Belle Époque, quasi non avesse avuto contatti col mondo moderno.

Alhena sorrise. «Buongiorno, Dame Noyer. Grazie per avermi accettata. Per me è un onore potervi parlare di persona.»

Chandra storse il naso. «Perché sei qui?» chiese, senza neppure curarsi di ricambiare il saluto.

Fu Cyriaque a intromettersi e rimediare per lei: «Buongiorno, Alhena.»

La ragazza alzò la mano verso di lui.

«Parto col presentarmi, anche se sembra inutile, perché è più educato.» Alhena si schiarì la voce. «Mi chiamo Alhena Le Gall e, come avrete capito, faccio parte di quella famiglia. Anche se, ci tengo a precisare, non discendo da Lénaïc ma da suo fratello Samson.»

«Anche lui epurato», puntualizzò Chandra. «Quindi non fa differenza.»

«Be', forse. Però lui è stato epurato in quanto Le Gall perché c'è stata un po' di pulizia generale, non di certo per qualche crimine.» Dato che nessuno le rispose, Alhena continuò a parlare da sola: «Ho venticinque anni, vengo da Le Foyer e, come vi avranno già detto, sono qui a nome degli incantatori epurati nel 1914.»

Chandra storse il naso e inclinò la testa. «Cos'è Le Foyer

«Oh, già, voi siete della Luna; non penso lo conosciate», commentò Alhena. «È il villaggio dove i nostri trisnonni, prozii e chi ne ha più ne metta si sono rifugiati dopo essere stati mandati via.»

Chandra si voltò verso Jesse. «È concesso agli incantatori epurati di vivere insieme?»

Alhena ebbe un sussulto che la Noyer colse con la coda dell'occhio.

Jesse fece spallucce. «Il Guardiano se ne libera e basta, mica gli importa di cosa gli epurati fanno dopo.»

«Okay.» Chandra tornò dritta sul seggio. A giudicare dagli sguardi calmi dei suoi funzionari, soltanto a lei pareva tremendamente sbagliato che dei criminali invasati vivessero felici in un posto comune mentre i fedeli della Luna vivevano ancora in casette sparse per la Francia. Chissà cosa ne pensavano gli incantatori del Sole a riguardo, se credevano fosse una scelta della Luna o se fossero consapevoli che dipendeva dalle invasioni da loro commesse pre-Accordo. «E si trova qui in Bretagna?»

Alhena scosse la testa. «In Normandia, Dame Noyer. Si è cercato di riprodurre Héos quanto più possibile, all'epoca.»

Udendo quella regione, Chandra ebbe un sobbalzo. In Normandia... si erano rifugiati, guarda caso, in Normandia. E a tutti, a quanto pareva, andava benissimo.

Jesse si calò sul suo orecchio. «Qualcosa non va?»

«Va tutto bene», mentì Chandra, ora più rigida e severa. Poi tornò diretta alla Le Gall e si presentò, inutilmente, a propria volta: «Il mio nome è Chandra Noyer, erede della prima Guardiana Chandra Noyer, accolita della Luna scelta alla Cerimonia e vincitrice dello scontro, Guardiana del quinto ciclo e protettrice dell'Accordo che lega i due Ordini da centodiciassette anni.» Fece una pausa. «Ti invito a rispondere a un'unica mia domanda: perché dovrei reintegrare te e tutta la tua comunità?»

Alla sua presentazione di rimando, Alhena rispose con un'alzata di sopracciglia. «Sesto ciclo, vorrete dire.»

«Cosa?» finse di non capire Chandra.

«Voi siete la sesta Guardiana in carica», spiegò Alhena. «E il vostro mandato corrisponde al sesto ciclo.»

«Quinta Guardiana», insistette Chandra. «Il mandato di Lénaïc Le Gall non viene conteggiato.»

«Avrei dovuto immaginarlo», rispose Alhena, non capendo la gravità delle sue parole. «Non ha lasciato un bel ricordo di sé.»

«Lénaïc Le Gall ha infranto i termini dell'Accordo», intervenne Esther Deroy, con la sua fredda oggettività. «Le memorie che di lui sono rimaste corrispondono alla realtà dei fatti.»

Alhena annuì. «Mai negato.»

«Sono d'accordo con la consigliera Deroy», s'intromise Cyriaque. «A noi del Sole era stato chiesto di essere pazienti.» Si voltò verso la Guardiana, ma questa non ricambiò il suo sorriso. «Ed è solo grazie a questo piccolo sacrificio che siamo cresciuti un minimo durante il mandato della prima Chandra Noyer.»

«Concordo anche io.» Orion Mergnac. «In quei nove anni, le nostre conoscenze sugli incantesimi d'Acqua sono effettivamente migliorate.»

«E poi,» s'intromise Léonie Dubois, la giustiziera della gioventù, «le fonti storiche ci dicono che Chandra Noyer aveva provato a dare alla figlia un'istruzione elementale completa. Quindi le buone intenzioni prima di Le Gall c'erano.»

Chandra rimase rigida sulla sedia, passando lo sguardo da uno all'altro a seconda di chi prendesse la parola. Tre dei sette funzionari al tavolo – Antares Prigent era assente – riconoscevano i danni provocati da Le Gall, il che era paradossale: a quale scopo discutere di reintegrazione se il passato era ben chiaro a tutti? Erano davvero sinceri o era un tentativo di rabbonirla?

Alhena alzò le mani, mostrando i palmi. «Scusatemi, non so mai quando tacere. In ogni caso, per rispondere alla domanda della Guardiana», riprese, per sviare l'attenzione dal proprio errore. «Non so come vi hanno presentato la faccenda ma, in questo caso, non sono qui per richiedere l'integrazione.»

Chandra inclinò la testa. «E per cosa, allora?»

«La mia gente è stata colpita da una brutta grippe», disse Alhena, con occhi pietosi. «Purtroppo, non avendo più contatti con gli Ordini dalla prima decade del Novecento, le nostre conoscenze magiche sono così scarse che non riusciamo a contrastarla.»

Chandra sbarrò gli occhi e serrò le dita intorno ai braccioli del seggio. «Sei qui per l'Acqua?!»

«Per le Cure, Dame Noyer», confermò Alhena. «Ci serve soltanto un Guaritore: siamo pochi e per il momento la maggior parte di noi non presenta sintomi gravi.»

«Buona fortuna, cara», commentò Nath Bernard, il consigliere più spigoloso di tutti. «Servono anche a noi e veniamo puntualmente ignorati!»

Chandra lo fulminò. «Consigliere Bernard, ma lei sa parlare soltanto a sproposito?»

L'uomo s'accese come una lampadina per l'imbarazzo e poi scivolò lungo il seggio, soffocando ogni lamentela nella sciarpa di lana come l'ultima volta.

Alhena, che intanto aveva seguito la faccenda, chiese: «Perché, non avete ancora raggiunto l'Equilibrio Elementale?»

«No», dichiarò secca Esther Deroy.

Chandra la ignorò. «Ci sono stati piccoli miglioramenti dall'ultima volta, ma per l'Equilibrio vero e proprio serve ancora tempo.»

«Comprendo, ma l'importante è andare avanti, anche se con i propri tempi», commentò Alhena, dondolando sui talloni. «Quindi... dovrò supplicare la Luna per avere un Guaritore?»

«Non devi supplicare proprio nessuno», sentenziò Chandra. «Non avrai Guaritori né dell'uno né dell'altro Ordine.»

L'indignazione serpeggiò fra i bracci del tavolo, scavalcando soltanto Cyriaque che, nonostante ne avesse meno motivo di tutti, continuava a supportare la Guardiana da lontano.

«Per quale motivo, Dame Noyer?» parlò Orion Mergnac, il funzionario anziano e tarchiato specializzato proprio nel settore delle Cure.

«Ve lo devo proprio spiegare?» parlò Chandra, sfruttando la domanda del consigliere per rivolgersi a tutti gli altri presenti. «È una Le Gall venuta a chiedere l'intervento della Luna a nome degli incantatori epurati.» Li tranciò, con gli occhi, uno ad uno. «E avrei tanto altro da aggiungere, ma per adesso mi fermo qui.»

Se quello bastò a zittire il Consiglio, lo stesso non si poteva dire di Alhena che, al contrario, pareva ancora più agguerrita. «I colpevoli hanno già pagato ai loro tempi; noi stiamo continuando a scontare ingiustamente le loro pene.»

«Sai cos'è ingiusto, Alhena?» Dame Noyer si alzò in piedi. «Che, dopo nove anni d'assestamento con la mia trisavola, Lénaïc Le Gall abbia distrutto l'Accordo per la smania di ottenere tutto e subito.»

«Lo so, ma io non-» Alhena venne interrotta ancor prima di concludere.

«E sai cos'altro è ingiusto?» continuò Chandra. «Che durante il suo mandato la Luna si sia vista lentamente annullata da lui: prima cancellando gli Ultimi Pleniluni senza ragione, poi decidendo che la sua Sacerdotessa fosse sempre scortata dal Reverendo del Sole e, infine, mettendo il divieto per i suoi Guaritori di toccare i pazienti, obbligandoli ad avere assistenti dell'altro Ordine per lavorare. E non conto nemmeno tutte le ore di servizio volontario per la manutenzione di Héos che sono state svolte.»

Chandra e Alhena si scambiarono una lunga occhiata: l'iride nera delle Noyer urlava contro la verde tipica dei Le Gall. La prima lesse nella seconda tutto il disagio dettato dalla mortificazione, ma se ne infischiò: lei era la Guardiana e aveva il diritto di agire come le pareva più congeniale.

«Ma la cosa davvero ingiusta, Alhena Le Gall, è che si è intervenuti dopo tre anni. Hanno preso provvedimenti soltanto dopo quello che è stato trovato in Normandia, dove voi ora vivete.»

Chandra tornò seduta nel silenzio generale. Non aveva ritenuto necessario specificare l'oggetto della sua accusa: era certa che lo conoscevano tutti; in più, dirlo ad alta voce in mezzo agli incantatori del Sole non la faceva sentire molto a suo agio.

L'evento che aveva messo fine al mandato di Sire Le Gall, condannando lui e i suoi seguaci all'epurazione, era uno dei temi preferiti – per modo di dire – degli istitutori della Luna.

Chandra aveva ancora in mente la scena di quando Mademoiselle Hina, come ci teneva a essere chiamata, era arrivata a casa sua con un saggio di quattrocento pagine e ne aveva parlato per un mese intero. E il fatto che ricordasse ancora ogni parola dopo dieci anni non dipendeva dalla sua buona memoria, bensì dallo scoprire che si era intervenuti solo quando si stava per sfiorare la tragedia.

Lénaïc Le Gall, stando agli storici, aveva avviato la costruzione di un bunker segreto proprio in quella regione a nord della Francia; colui o colei che all'epoca lo aveva spifferato, la cui identità non era mai stata resa chiara, aveva aggiunto anche la motivazione: chiuderci dentro alcuni monaci della Luna e spingerli a usare Fuoco e Aria per salvarsi la vita, se non volevano perire.

Lénaïc Le Gall era pronto ad appiccare incendi e interrompere la circolazione dell'Aria proprio come i suoi predecessori del Sole, accecati dalla fame di conoscenza, avevano fatto per secoli.

Lénaïc Le Gall, se non l'avessero fermato in tempo, se ne sarebbe infischiato dell'unico punto dell'Accordo che interessava all'Ordine della Luna: la fine delle ostilità.

«Avete ragione, Dame Noyer: quello che è successo è... atroce; non c'è altro modo per definirlo», disse Alhena, con le spalle curve. «Ma sono passati quasi centoquattro anni da allora e nessuno di noi ha più a che fare con quella storia. Se non fosse per la nostra maledizione, neanche sapremmo da chi discendiamo.»

Chandra serrò le dita intorno ai braccioli. «Allora è un bene che ce l'abbiate sempre sotto gli occhi.»

Alhena sembrò farsi più rigida mentre si sfiorava la frangia con le dita della mano destra.

A quel punto, Jesse sì avvicinò all'orecchio di Chandra e vi bisbigliò: «Ma hai le tue cose, per caso?»

Chandra gli diede una gomitata sottobanco. Che stesse zitto, quell'idiota maschilista.

«Si trasmette anche ai neonati, Dame Noyer», dichiarò Alhena, dopo essersi accertata che i capelli carotati erano ben attaccati alla pelle. «Non è una bella cosa.»

«Non è un problema mio e non posso farci nulla», ribatté Chandra. Soltanto chi era l'artefice di quella maledizione poteva annullarla; nel caso degli epurati, bisognava rivolgersi ad Augustin Jolivet, terzo Guardiano morto nel 1928.

«Chichi, sul serio, che ti prende?» sussurrò ancora Jesse, senza farsi udire da nessuno.

Una seconda gomitata.

«Ahi!» lamentò Jesse, poco più forte.

Alhena inspirò ed espirò. «Dame Noyer, le ripeto che non sono qui per essere reintegrata, ma per le Cure. C'è una qualche possibilità di ricevere aiuto, almeno per i bambini?»

Léonie Dubois si portò le mani alle labbra spalancate. «Si ammalano anche i bambini?!»

Alhena annuì, accalappiandosi la pietà di tutti. «Non è un virus letale, eh! Ma ci è completamente nuovo e non vorremmo trovarci da soli in situazioni spiacevoli.» Tornò rivolta alla Guardiana. «Per favore, poi non vi disturberemo più.»

Per un attimo, incatenata allo sguardo smeraldino di Alhena, Chandra vacillò. Nei suoi occhi non c'era traccia della famiglia Le Gall che aveva conosciuto tramite i libri di testo: c'era solo la supplica di una ragazza preoccupata per sé e per la propria gente. Ma poi salì sulla fronte, sempre nascosta da quel ciuffo ben lisciato e immobile, e tornò sui suoi passi.

Per di più, pur volendo aiutarli in qualche modo, c'era sempre lo stesso problema: Dundra. Se Chandra avesse anche solo osato prendere in considerazione la richiesta di un'incantatrice epurata, e la voce fosse stata messa in giro nel suo Ordine, ogni suo progetto per garantire la pace sarebbe saltato. E ogni accusa che la dipingeva complice dell'oppressione del Sole verso la Luna confermata.

«Le azioni di Lénaïc Le Gall e dei suoi seguaci sono imperdonabili», dichiarò Chandra, dopo aver scosso la testa. «Pertanto, la vostra richiesta è respinta.»

Alhena sbarrò gli occhi e rimase paralizzata, quasi incredula. «Non avete neanche intenzione di pensarci?»

«No», sentenziò Chandra. «È già troppo che ti abbia ascoltata oggi; in quanto epurata, dovresti stare lontana da noi normali

La Guardiana si attirò, con quella frase, gli sguardi indignati di tutti. Fra questi solo uno la colpì in particolar modo: quello di Miranda. Era strano rispetto al solito, quasi tagliente e discordante con la sua solita gentilezza. Ma forse era stata solo un'impressione di Chandra, perché la segretaria era già tornata a prendere appunti come se nulla fosse accaduto.

«E cosa dirò alla mia gente?» chiese Alhena, agitata.

«Di' loro di mettersi davanti allo specchio, spostare la frangia e guardarsi», dichiarò Chandra, algida. «Avranno la risposta da soli.»

E fu allora che Alhena si macchiò dell'atto più irrispettoso che potesse essere commesso in un'assemblea presieduta da una Guardiana della Luna: si scoprì la fronte.

Chandra voltò il viso e si schermò con la mano, ma la prontezza le fu nemica e non la protesse dalla vista come auspicato. E adesso, seppur fosse girata e con gli occhi chiusi, non riusciva più a togliersi dalla testa il marchio nero che bruciava il viso lattiginoso della ragazza, con i suoi contorni di sangue rappreso che lo facevano somigliare a un'eclissi.

Già, un'eclissi: il perfetto simbolo di un popolo dimenticato.

«Copriti, la stai infastidendo», intervenne Jesse, con sorpresa di Chandra. E in verità, continuando sulla scia delle reazioni inattese, anche il Consiglio si schierò dalla parte della Guardiana.

«No.» Con ancora la mano che le reggeva alti i capelli carota, Alhena s'addentrò nell'area convessa della U formata dal tavolo, fino a poggiare la mano sul legno, proprio davanti al seggio occupato dalla Guardiana. «Sapete come funziona questo schifo, Dame Noyer?»

Sì, Chandra lo sapeva benissimo.

L'incanto d'Epurazione era frutto di uno combinato di Fuoco e Acqua, generato all'interno della vittima e non di chi lo scagliava. Nonostante si adoperasse l'elemento principale del Sole, tutti i bambini dell'Ordine della Luna erano autorizzati a conoscerlo; era l'eccezione alla loro rigida istruzione magica che confermava la regola.

Gli istitutori spiegavano loro, quand'era il momento di trattare il Guardiano e il culto dell'Astro Creatore, che l'Epurazione era una maledizione potente e terribile allo stesso tempo, una condanna che appestava un soggetto e poi si trasmetteva, col sangue, a tutta la sua stirpe.

«Adesso, basta», s'immischiò Cyriaque. «Signorina Le Gall, sta esagerando.»

La ragazza, finalmente, abbassò la mano e la frangia le ricadde sul viso. «Potete guardarmi.»

Anche Chandra si liberò. Adesso, gli occhi verdi di Alhena erano privi della sottomissione intravista poc'anzi. «Cosa volevi dimostrare con questa sceneggiata?»

«Che non è un cerchio nero ereditato contro la propria volontà a rendere cattive le persone», insistette Alhena. «Ma lo è restare chiusi nelle proprie convinzioni retrograde e negare aiuto a degli innocenti.»

La fedele della Luna meno retrograda... come l'aveva chiamata Arthur.

Chandra scattò in piedi e, fronteggiando la Le Gall, col collo teso, dichiarò: «Vattene, vattene dalla tua gente e lascia la mia in pace.»

Alhena era in procinto di rispondere, e neanche in modo pacato: Chandra lo capiva dal modo in cui i muscoli delle sue braccia tese, poggiate contro il tavolo, fremevano. Ma poi, contro ogni sua aspettativa, sospirò e fece un passo indietro.

«Che stai facendo, adesso?» chiese Chandra, col braccio davanti al viso pronto a proteggerla.

Dopo aver frugato nella tasca, Alhena cacciò fuori un biglietto e lo mise sul tavolo. «Perdonatemi se vi ho mancato di rispetto. Purtroppo sono fatta così: smetto di ragionare quando vengono toccate le persone a cui tengo.»

Chandra gettò un'occhiata al pezzetto di carta spiegazzato. «Cos'è questo?»

«Le coordinate precise del nostro villaggio, nel caso cambiaste idea. Mi sono preparata a ogni evenienza prima di venire da voi, perché il vostro aiuto ci serve.» Alhena arretrò prima di un passo e poi fece un lieve inchino, piegata in avanti come un gentiluomo del passato. «Chiedo scusa anche a voi se vi ho messi a disagio.»

Dopodiché, nel silenzio generale, senza che nessuno provasse a fermarla o salutarla, Alhena Le Gall abbandonò la sala.

Chandra si lasciò cadere sulla sedia. Aveva il fiatone come se avesse appena finito una maratona, anche se non aveva fatto alcuno sforzo fisico. Guardò di nuovo il biglietto e, spinta da chissà quale impulso, lo conservò in tasca.

Lei non avrebbe mai accolto la richiesta di una Le Gall, ma quella ragazza, se scollegata dalla sua famiglia, se pensata solo e soltanto in quanto Alhena, non le era sembrata cattiva.

Jesse si guardò intorno. «E quindi?»

Chandra si girò verso di lui. «E quindi, adesso, dichiaro sciolta-»

«Dame Noyer,» attaccò Esther Deroy, non permettendole di concludere, «ci sono novità rispetto all'ultima volta?»

Un tuffo al cuore.

Scema Chandra che credeva di aver già finito e poter tornare a guardare il diluvio dai propri alloggi.

«Rimandiamo», rispose Chandra. «Non riuscirei a gestire un'altra discussione pesante e non programmata.»

«Come preferite», disse Esther, visibilmente infastidita. «Vi ricordate la scadenza, giusto?»

Chandra annuì. «Fine gennaio. E ora, se permette, dichiaro sciolta la seconda seduta di Consiglio.»

• • •

«Eccoci a casa come volevi tu, Chichi», le disse Jesse, lasciandole la mano.

Chandra guardò la cancellata dorata dell'ingresso. Era tornata in Monastero: il luogo meno vicino a una casa che potesse esistere.

Due monaci in tunica arancione vennero ad aprire il cancello, per poi sparire nel giardino. Chandra entrò spedita, con la testa bassa e i pugni serrati.

«Te ne vai così?» Jesse l'aveva raggiunta e fermata con una mano sulla spalla. «Senza salutare?»

Chandra si voltò e alzò il viso, così da incontrare quello di lui. «Voglio andare nei miei alloggi.»

Jesse corrugò la fronte. «Ma che hai? Hai fatto come volevi e nessuno si è lamentato.»

«Come volevo?!» sbottò Chandra. «Mi avete costretta a parlare con una Le Gall. Una Le Gall, Jesse: una figlia, nipote, o quel che è, del Guardiano che ha causato tutto questo.»

Jesse roteò gli occhi. «Andiamo, non esagerare. Le hai tenuto testa e hai pure vinto.»

«Se camminiamo sul filo del rasoio è colpa sua, colpa di quel Le Gall!» urlò ancora Chandra, allargando le braccia. «Se non ci fosse stato lui, l'Accordo... l'Equilibrio Elementale...» Si portò le mani sulla testa. «Forse sarebbe già stato tutto risolto.»

Jesse sospirò e, in quello che Chandra interpretò come un moto di pietà, la prese per le spalle. «Se è per mia zia, ignorala: risolvere il trentuno gennaio o il primo febbraio non farà differenza.»

Chandra venne incatenata al suo sguardo. Forse perché vi vide comprensione, o forse perché le iridi erano tanto chiare da sembrare di vetro, il labbro inferiore le tremò.

«Invece la fa, perché... perché...» Una Chandra immaginaria tirò uno schiaffo a quella reale, mozzandole la voce in tempo. Zitta, doveva soltanto stare zitta: i burattini non erano autorizzati a parlare fuori dal palcoscenico.

«Non l'avrai presa un po' troppo sul personale?» chiese Jesse.

«Sì, forse sì.» Se mortificarsi era l'unico modo per uscirne, Chandra si sarebbe mortificata: tanto collezionava umiliazioni ogni giorno. «La verità è che sono troppo fedele alla Luna e vedere una Le Gall mi ha sconvolta più del dovuto.»

Jesse l'avvolse per le spalle. «Dai, un pranzetto orrido preparato dai monaci ti tirerà su il morale.»

Chandra non si liberò: rimase stretta a lui finché non arrivarono nell'atrio circolare. A quel punto, si svincolò dall'abbraccio di Jesse e andò in tutt'altra direzione rispetto al refettorio.

«Non mangi?» le chiese Jesse.

«Non ho fame», rispose Chandra. Era già sotto il secondo arco più estremo a sinistra, quello che portava agli alloggi dei Sacerdoti e, tramite una viuzza secondaria, a quelli del Guardiano.

«Ti faccio portare un filetto di salmone alla parigina?» proseguì Jesse.

«Davvero, non voglio nulla.»

«Peserai quaranta chili, Chichi», insistette Jesse. «Non puoi non mangiare.»

Chandra sbuffò: la finta apprensione di Jesse era snervante. «Fammi portare quello che c'è e basta.»

Detto ciò e senza attendere altro, Chandra andò a rintanarsi nelle proprie stanze, dove aveva già deciso sarebbe rimasta per un tempo a lei indefinito.

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