Come Acqua e Fuoco

Da Miss_Chandra

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| ATTENZIONE: Questa è la seconda parte de "Come Aria e Terra"; se non hai letto quella, non proseguire con l... Altro

Bentornati
Cast
Guardiani
Prologo
• Parte prima: Guardiana •
1. Consacrazione
2. Ti amo
3.1 Sacerdoti
3.2 Sacerdoti
4.1 Leblanc
4.2 Leblanc
5.1 Consiglio
5.2. Consiglio
6.1 Silenzio
6.2 Silenzio
7.2 Le Gall
8. Gennaio
9.1 Capirsi
9.2 Capirsi
9.3 Capirsi
10.1 Dame Noyer
10.2 Dame Noyer
11.1 Mamour
11.2 Mamour
11.3 Mamour
• Parte seconda: Arthur •
12.1 Fratelli
12.2 Fratelli
13.1 Ile-et-Vilaine
13.2 Ile-et-Vilaine
14.1 Per lei
14.2 Per lei
15.1 Trio - Artie
15.2 Trio - Nova
15.3 Trio - Jesse
16.1 Delegato
16.2 Delegato
17.1 Le Foyer
17.2 Le Foyer
17.3 Le Foyer

7.1 Le Gall

111 16 51
Da Miss_Chandra


Il clima a gennaio non era mai stato molto clemente in Bretagna. E, quando quel giorno arrivò la tempesta, nessuno se ne fece meraviglia.

Chandra aveva programmato di stare a osservare il maltempo dalla vetrata dei suoi alloggi, distante dalle raffiche di vento e dalla grandine torrenziale, finché non fosse finito.

Era quasi certa che non avrebbe visto neanche un fedele al Tempio: nessuno era così folle da lasciare la propria casa con quel tempaccio. Quindi, concluso il rituale incontro con i Reverendi, avrebbe avuto l'intera giornata libera.

Era un programma giornaliero piuttosto semplice, ma comunque destinato a fallire come tutti i suoi predecessori.

Jesse si era presentato in riunione con una certa urgenza, avvisando Chandra che era stato convocato il Consiglio in via del tutto straordinaria. Chandra, a detta sua, era obbligata a presentarsi: era un'emergenza che pretendeva la presenza della Guardiana.

Chandra, in verità, essendo Guardiana non era obbligata a fare niente: aveva pieno diritto di rifiutarsi e nessuno avrebbe potuto contestarla – in sedi dove lei potesse udire, chiaramente. Ma l'agitazione sul viso di Jesse la bloccò dal precisarlo e la spinse ad accettare.

La seconda comunicazione strana della giornata riguardava il luogo dell'incontro: sempre secondo Jesse, dovevano essere loro a recarsi a Héos. Per forza.

E Chandra, nonostante la titubanza, non si oppose neppure a quello. Se persino Jesse Deroy stava prendendo l'incontro così seriamente, doveva trattarsi di una questione seria.

Adesso, Guardiana e Reverendo del Sole erano fuori dal Monastero a combattere contro il freddo, i proiettili di grandine e la pioggia a catinelle.

Benché fosse nascosta sotto un lungo parka, Chandra stava patendo il freddo come non mai. L'unica soluzione che trovò per porvi rimedio fu accoccolarsi al fianco di Jesse.

Jesse le scoccò un'occhiata perplessa ma non fece battute: mantenere l'ombrello controvento era decisamente più importante.

«Partiamo?» gli chiese Chandra, alzando lo sguardo su di lui.

Jesse storse il naso. «Devo fare io l'incantesimo?»

«No, faccio io con la mia grande conoscenza di Héos», ribatté Chandra.

Jesse storse le labbra in un ghigno. «Troppo distratta l'ultima volta che ti ci ho portata, Chichi?»

Chandra gonfiò le guance e s'imbronciò. Quell'espressione, unita alle braccia incrociate al petto, la facevano sembrare un pulcino inferocito. «Andiamo o vuoi fare il cretino sotto la pioggia?»

«Che permalosa che stai diventando.» Jesse le porse la mano.

Chandra non ebbe neppure il tempo di afferrarla: un colpo di vento improvviso irruppe fra i due.

L'ombrello si rivoltò, le aste interne si piegarono verso l'alto e la cerata si lacerò su più punti. E i due malcapitati rimasero senza la minima protezione.

Jesse si lasciò andare a un'imprecazione fin troppo colorita per un Reverendo.

«Ehi, bada a come parli!» lo riprese Chandra. Non capiva perché Jesse e Arthur avessero la brutta abitudine di bestemmiare: era irrispettoso sia per il loro Dio sia per chi li stava a sentire.

«Ma che te ne frega», la rimbeccò Jesse, mentre cercava di rimettere a posto l'ombrello. «Sei della Luna.»

«Guarda che noi rispettiamo il Sole, anche se non lo veneriamo.»

Jesse sbuffò senza neanche guardarla e smise di combattere contro l'impossibile. Avvolse le spalle di Chandra con il braccio e se la schiacciò al petto.

Il cuore di lei sussultò.

«Ma che fai?!» gracchiò, senza però ottenere risposta: iniziò a dissolversi nell'Aria subito dopo e a percepire sempre meno l'ambiente circostante.

Chandra tornò in sé un secondo dopo. Aveva avuto l'impressione che l'incantesimo lanciato da Jesse fosse stato molto più frettoloso rispetto a quelli di Arthur.

Il cielo sopra Héos non era tanto diverso da quello lasciato in Monastero: era dello stesso grigio carico, buio come se non fosse mai sorto il Sole.

Chandra si staccò da Jesse, rischiando di inciampare nella neve.

«Grazie, Jesse, per avermi portata qui. Ti sono debitrice», disse d'un tratto lui, imitando la vocina di Chandra. «Figurati, Chichi. Per te questo e altro.»

«Hai finito di parlare da solo?»

Jesse sospirò sconsolato, anche se era palese che stesse continuando a prendere Chichi in giro. «Oggi mi stai trattando proprio male.»

Chandra lo ignorò: non aveva voglia di star dietro alle sue battute.

«Quello è Roc'h Heol?» chiese lei, indicando la vetta che sovrastava le mura. «Dove il Sole ha generato il primo incantatore del vostro Ordine?»

«Hai letto davvero il Libro Sacro?» chiese Jesse.

«Certo», confermò Chandra. «Le vostre preghiere sono molto interessanti. Ci sono dei dettagli sulla vostra cultura non indifferenti.»

Jesse inarcò un sopracciglio corvino. «Quindi saprai con chi ha generato i suoi incantatori.»

«Sì, con la sua Compagna.» Chandra distolse lo sguardo e lo puntò sulla cima. «Che nelle preghiere sembra essere la Luna.»

«Non sembra essere: lei è la Luna», la corresse Jesse – per quella che Chandra giurò a se stessa essere la prima e ultima volta.

Chandra alzò le spalle. «Nei nostri Scritti questa cosa non c'è.»

«Forse la vostra Dea è timida e non voleva farvi conoscere i suoi amanti», disse Jesse.

Chandra lo fulminò con lo sguardo. «O magari seguite voi una versione sbagliata.»

«Non credi possano coesistere entrambe?» le chiese Jesse, stavolta senza ironia.

Chandra sospirò. «Mi piacerebbe crederci ancora.»

• • •

Héos era diversa da come Chandra la immaginava.

Le palazzine erano basse, con al massimo tre piani ciascuna, e le strade strette. Se non fosse stato per i colori sgargianti delle facciate, la cittadella di incantatori avrebbe potuto benissimo essere scambiata per una normale abitata da Altri.

«Eccoci nella Héos popolare», annunciò Jesse al suo fianco. Non aveva più l'ombrello rotto in mano: lo aveva gettato nel primo cassonetto trovato. «È soffocante rispetto alla parte ovest, dove viviamo io, Artie e Nova.»

Chandra si guardò attorno. «È normale che ci siano così tante persone in giro?»

Uomini, donne, bambini... tutti accalcati per le strade o affacciati alle finestre.

Uomini, donne e bambini tutti con gli occhi fissi sulla nuova arrivata.

Chandra aveva già messo in conto di poter incontrare qualcuno durante il tragitto: il Consiglio si sarebbe svolto al vecchio Monastero del Sole, collocato al centro della città, dunque non un luogo propriamente appartato. Ma neanche nelle sue aspettative peggiori si aspettava l'intera popolazione di Héos a farle da pubblico.

Per la Madre, tutta quell'attenzione le faceva sudare i palmi.

Jesse ridacchiò. «Direi di sì. Sai da quanto tempo non si vede una fedele della Luna qua dentro?»

«Credo dai tempi della mia trisavola», rispose Chandra.

«Indovinato, Chichi.»

Fece per passarle un braccio intorno alle spalle, ma Chandra si scansò subito.

«Contegno in pubblico, per cortesia», gli ricordò. «E niente Chichi oggi.»

Se già la infastidiva che Dundra era a conoscenza del nomignolo, non osava immaginare come si sarebbe sentita se quel Chichi fosse arrivato alle orecchie di Arthur e se lui vi avesse dato il peso che non aveva e mai avrebbe avuto.

«Come vuoi», dichiarò Jesse, lievemente offeso.

La folla di incantatori del Sole per le strade si aprì al passaggio di Noyer e Deroy.

Chandra sfilò fra una serie di riverenze e sguardi colmi d'ammirazione. Ne sarebbe stata onorata, forse anche imbarazzata, se vi avesse letto almeno un briciolo di sincerità.

Purtroppo, sapeva che tutti loro – ogni fedele del Sole lì presente – avrebbe preferito Arthur Leblanc come Guardiano. Sapeva che ai loro occhi era e sarebbe sempre stata la Guardiana ignorante e incapace di soddisfare le loro richieste.

E supponeva fosse proprio quello il motivo per cui l'avevano riconvocata in Consiglio: per ricordarle, dopo ben quindici giorni di totale silenzio, che aveva una scadenza da rispettare.

Chandra non aveva dimenticato l'impegno messole addosso da Esther Deroy, la zia di Jesse: entro fine gennaio avrebbe dovuto comunicare i suoi piani per il raggiungimento dell'Equilibrio Elementale. E non aveva scusanti per non farlo, secondo la consigliera e i suoi colleghi: Chandra era della Luna e di conseguenza perfettamente in grado di gestire l'Ordine più schivo.

«Rilassati, non c'è», esordì Jesse, distogliendola dai propri pensieri.

Chandra inclinò la testa. «Non c'è chi?»

Jesse rimase stupito dalla sua sincera confusione. «Come chi? Artie.»

«Ah», se ne uscì Chandra. «Non lo stavo cercando.»

Per la prima volta era la verità: non stava scrutando i presenti alla ricerca dell'unico di cui le importasse. Era consapevole da prima di mettere piede a Héos che Arthur non si sarebbe fatto vivo.

«Facciamo passi avanti», ridacchiò Jesse.

Chandra fece finta di non sentire. D'altra parte, essendo già arrivati a destinazione, non c'era più motivo di intrattenersi in discorsi superflui.

«Qui è dove si riunisce il Consiglio?» chiese Chandra.

«Sei sveglia, Chichi», ironizzò Jesse.

Lei gonfiò le guance. «Ti ho detto di-»

«Tranquilla, la mandria non può sentirci.» Si accompagnò con un gesto del capo.

Chandra torse il busto. Gli abitanti della città erano ammassati ai confini della piazza, lasciando l'intera area centrale libera. Da quella distanza, non avrebbero potuto sentirli.

«E dove dovrebbero essere Tempio e Monastero?» chiese Chandra. Davanti a lei c'era solo una reggia scolpita nell'oro.

«Su Roc'h Heol.»

Chandra sgranò gli occhi. «E allora questo posto cos'è?»

«È il palazzo dove stava il nostro Sire prima dell'Accordo.» Jesse la squadrò. «Non so se lo sai, ma-»

Chandra lo fermò mostrando il palmo della mano. «Sì, lo so: l'attuale Guardiano si rifà al vostro vecchio Reverendo, chiamato appunto Sire

«C'è anche questo nelle preghiere?» la punse Jesse.

«No, sono cose che sanno tutti.» Chandra guardò ancora la facciata ocra del palazzo. «Quello che non sapevo era che qui vivesse come re.»

Jesse liquidò tutto con un'alzata di spalle.

«Dai, entriamo. Ché saranno arrivati già tutti», concluse Chandra, sorpassando il gradino che innalzava il portone dalla piazza.

L'interno del palazzo, benché s'imponesse per regalità e sontuosità, urlava a chiunque che quel luogo era ormai disabitato. I quadri si erano anneriti, il tappeto rosso era diventato un tutt'uno con la polvere e le fiammelle sparse qua e là aumentavano la spettralità dei corridoi.

Un po' si dispiaceva nel vedere la struttura così malridotta: se fosse stata ben curata, avrebbe fatto invidia a qualsiasi sovrano.

La sala dove la portò Jesse, forse perché l'unica zona ancora in uso, splendeva in ricordo del passato.

«Mamour!» Una voce calda e femminile invase l'aria, accompagnata da una serie di passi veloci che rimbombarono contro il pavimento in granito.

Jesse allargò le braccia, accogliendovi Miranda, e le bocche dei due innamorati si fusero insieme.

Chandra arricciò il naso: lei era lì accanto, accidenti. Rispetto e pudore erano pari a zero per loro.

Chandra finse un colpo di tosse. «Ciao, Miranda.»

Finalmente, Miranda si scollò dal fidanzato. «Oh, Chandra, che bello rivederti.»

Chandra si ritrovò presto avvolta fra le braccia di Miranda. Ricambiò la stretta con imbarazzo, sfiorando i fianchi perfetti che l'Astro Creatore le aveva donato. A lei la Luna aveva pensato bene di dare un insulso corpo a grissino privo di forme.

«Dame Noyer.» Si avvicinò anche Cyriaque, piegandosi in un elegante inchino.

Chandra sorrise. Non lo vedeva dall'ultima riunione e un po' le era mancato, con quei suoi occhialetti rotondi e lo sguardo troppo simile a quello di Arthur. «Ciao, Cyriaque.»

«Papi, ora possiamo iniziare?» Miranda, allontanatasi da Chandra, tornò stretta al fidanzato.

«Se la Guardiana lo desidera», rispose Cyriaque.

Chandra sporse la testa di lato. I consiglieri si erano già seduti intorno al tavolo a U, lasciando liberi solo i tre seggi sul lato più corto.

«Sì, direi di partire subito», intervenne Esther Deroy. «Buongiorno, Dame Noyer.»

«B-buongiorno, consigliera Deroy», balbettò Chandra, già a disagio sotto gli occhi azzurri della donna.

«Ecco, la zia ha ragione.» Jesse sbucò alle spalle di Chandra. «Prima iniziamo e prima finiamo.»

Jesse mise una mano sulla schiena di Chandra e fece per guidarla verso il tavolo.

Chandra, basita da quell'improvviso contatto, lanciò un'occhiata a Miranda. Non capiva se il gesto del fidanzato la stesse infastidendo oppure no: guardava i due con insistenza ma ogni suo muscolo era rilassato.

Per eliminare il dubbio alla radice, Chandra scosse le spalle. «Togli quella mano, idiota», sibilò a denti stretti.

Jesse obbedì e alzò entrambe le mani. «Scusa, volevo essere gentile.»

Chandra lo ignorò e raggiunse il lato corto del tavolo a U da sola. Il posto centrale spettava a lei, quello a destra al Reverendo del Sole e la sinistra andava lasciata vuota per rispetto immaginario verso la Luna. Bene, aveva già imparato.

Una volta seduta e avuto Jesse di fianco, Chandra strusciò i palmi lungo le cosce, strette nei pantaloni. «Dichiaro ufficialmente aperta la seconda riunione di Consiglio.»

I consiglieri, sparsi ai lati esterni dei due bracci del tavolo, si scambiarono occhiate perplesse.

Chandra seguì i loro movimenti per un paio di secondi. Non capiva perché tanto mistero: in teoria sarebbe toccato a loro esporre il motivo di quella riunione, in special modo perché l'avevano fatta venire personalmente a Héos.

«Sto lavorando alle vostre richieste per gli incantesimi d'Acqua», annunciò Chandra in direzione di Orion Mergnac, consigliere della sanità a Héos.

L'uomo, anziché rispondere alla Guardiana, guardò i colleghi con aria spaesata. «Non credevo fosse di nuovo questo l'argomento da discutere.»

Chandra s'accigliò. «Come? E per cos'altro mi avete chiamata?»

«Non gliel'hai detto?» si sconvolse Cyriaque, sempre al fianco di Jesse.

«Non sarebbe venuta, altrimenti», provò a giustificarsi Jesse.

Cyriaque sospirò e si strofinò le palpebre da sotto gli occhiali.

«Potreste spiegare anche a me?» intervenne Chandra, furiosa ancor prima di iniziare. Per una volta, per una singola e insulsa volta, le sarebbe piaciuto non passare sempre per la scema di turno in pubblico.

Esther Deroy tamburellò con le dita sul legno. «Conoscete la storia del secondo Guardiano, Lénaïc Le Gall?»

Il viso di Chandra si fece di pietra. «Per mia sfortuna, sì.»

Lénaïc Le Gall: impossibile non conoscerlo. Era stato il Guardiano successivo alla prima Chandra Noyer e, in soli tre anni di mandato, era riuscito a distruggere tutto ciò che di positivo l'Accordo aveva.

Altre occhiate rimbalzarono dai lati opposti del tavolo.

«Fratello Jesse, potresti fare il tuo lavoro e spiegarmi perché siamo qui?» ordinò Chandra, perentoria.

«Dame Noyer», rispose Cyriaque, anticipando l'interpellato. «Come di certo saprete, Sire Le Gall e i suoi seguaci sono stati epurati dalla nostra comunità a seguito delle attività illecite contro la Luna e l'Accordo.»

Definire attività illecite le azioni di Lénaïc Le Gall e dei suoi seguaci era deplorevole; i crimini da loro commessi erano stati dei veri e propri attentati contro la Luna.

Ciononostante, Chandra non interruppe Cyriaque e lo invogliò a continuare con un lieve cenno del capo, desiderosa di capire fin dove si sarebbe spinto.

Cyriaque riprese: «Il nostro Ordine ha chiuso i contatti con loro nel 1914, anno in cui il mandato del Sire Le Gall venne forzato alla fine.»

«Be', era l'unica cosa da fare», constatò Chandra. «Sono stati epurati dalla comunità.»

«Tutta la loro famiglia lo è stata, Dame Noyer.» Cyriaque non era sereno per niente, e questo per Chandra non era un buon segno. «E i loro discendenti lo sono tuttora.»

Chandra arricciò il naso. Il tentativo di impietosirla di Cyriaque le fece ribrezzo. «È giusto così. Condivideranno la visione dei loro avi.»

«No, non la condividono», intervenne Jesse.

Chandra lo fissò. Gli occhi le si erano ridotti a due spiragli. «E tu come fai a saperlo?»

«Lascia spiegare a me, nipote.» Esther Deroy, ancora scossa per essere stata chiamata zia in pubblico. «Dame Noyer, gli eredi degli epurati nel 1914 chiedono da anni la reintegrazione nella nostra comunità. Ma, non avendo mai avuto un confronto con il vostro Ordine, è sempre rimasta una questione aperta e rinviata a data da destinarsi.» La perforò con il suo sguardo tagliente e gelido, tipico della famiglia Deroy. «Adesso che ci siete voi, una Guardiana della Luna, possiamo discuterne senza la paura di urtare la sensibilità degli assenti.»

Chandra boccheggiò. Non volle crederci, non poteva essere vero. Non le stavano davvero chiedendo di reintegrare gli incantatori epurati. E non potevano essere così stupidi da credere che per l'Ordine della Luna non ci sarebbe stato alcun problema, solamente perché una sua incantatrice era al comando.

Chandra guardò Jesse e gli mimò un gelido: «Grazie.»

Lui trattenne il fiato.

«Non ho nulla da dire al riguardo», disse Chandra, diretta al Consiglio. «Possiamo chiudere la riunione anche adesso, per me.»

«Non per noi, Dame Noyer», ribatté sempre Esther. «E prima tratteremo questa faccenda, prima potremo concentrarci su altre. Dico bene?»

La stanza fu invasa da mormorii d'approvazione; come l'ultima volta, dovuti a un pensiero condiviso da tutti anche se espresso dal singolo.

«Non voglio farlo», s'impuntò Chandra, tentando di nascondere la rabbia.

Ma Esther, anziché fare un passo indietro, la guardò dritto negli occhi e le disse: «Il Guardiano non deve volere: deve e basta.»

Chandra si alzò in piedi. Ne aveva abbastanza.

Jesse si issò con lei. «Cinque minuti di pausa.» Le mise una mano sulla spalla. «Io e Dame Noyer dobbiamo parlare.»

Chandra non si oppose: anche lei aveva bisogno di parlargli... o di insultarlo. La scelta era tanto labile quanto difficile.

Lasciarono la sala insieme, fianco a fianco, e si fermarono solo una volta giunti a metà del corridoio, così da rendere nessuna parola intercettabile.

«Allora, Fratello Jesse,» lo canzonò Chandra, incrociando le braccia al petto, «mi dica tutto, anche se ormai penso sia un tantino tardi.»

«Mi dispiace, okay? Ma non saresti venuta se ti avessi detto per cos'era la riunione.»

«Tanto non fa differenza», sentenziò Chandra. «Fuori dagli Ordini sono e fuori dagli Ordini resteranno.»

Jesse inspirò e lanciò un'occhiata veloce alla fine del corridoio. «C'è una ragazza che vorrebbe-»

«Una... di loro?»

«Sì.»

«Splendido, meraviglioso», sbottò Chandra. «Volete pure farmi parlare direttamente con gli incantatori epurati.»

«Per favore, Chandra: non fare così», quasi la supplicò Jesse. «È una brava ragazza.»

Chandra inspirò e incrociò le braccia al petto. «Voglio sapere chi è.»

«Non la conosci», rispose Jesse.

Oh, ma a Chandra non interessava quello. «Nome e cognome, Jesse. Voglio sapere da chi proviene.»

Jesse in un primo momento tentennò, ma poi cedette e rispose: «Si chiama Alhena Le Gall. Sì, discende proprio da quel Le Gall.»

Una Le Gall... avevano organizzato un incontro fra un'incantatrice della Luna e una discendente di Lénaïc Le Gall, il Guardiano che aveva tentato di assoggettare l'Ordine della Luna con la violenza.

Era troppo.

Chandra fece un passo indietro, tenendo lo sguardo basso. «Io me ne vado.»

Girò i tacchi e s'avviò all'uscita, in direzione opposta rispetto alla sala dove il Consiglio la stava aspettando.

Ma Jesse riuscì a fermarla con un'unica frase: «Artie l'avrebbe almeno ascoltata.»

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