Bluebird

By Mari_Blackstar

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[COMPLETA] Trasferirsi nella moderna e multiculturale repubblica di Sayfa avrebbe dovuto segnare una svolta n... More

EXTRA - Premesse & Fanart
EXTRA - Moodboard [Parte 1]
EXTRA - Moodboard [Parte 2]
✿ Primo arco: Primavera ✿
Capitolo 2 - Nessuno sospetta mai di una ragazza graziosa
Capitolo 3 - Valeva la pena sperare
Capitolo 4 - Accettabile compromesso
Capitolo 5 - Un brindisi alle idee stupide
Capitolo 6 - La linea del necessario
Capitolo 7 - Pur di vederti sorridere
Capitolo 8 - Qualcosa di vero
Capitolo 9 - Bethelie
Capitolo 10 - Senza più esitazione
Capitolo 11 - Così ho trovato la mia fede
Capitolo 12 - Se solo ti lasciassi andare
☀ Secondo arco: Estate ☀
Capitolo 13 - Inno alla Vittoria
Capitolo 14 - Quello di cui ho bisogno
Capitolo 15 - Scorciatoie di pensiero
Capitolo 16 - Vodka. Liscia. Doppia.
Capitolo 17 - Altocumuli
Capitolo 18 - Occhi velati di nebbia
Capitolo 19 - Eredità
Capitolo 20 - Non è impossibile
Capitolo 21 - Cosa ti piacerebbe fare?
Capitolo 22 - Essere uomo
Capitolo 23 - Respira
Capitolo 24 - La scelta migliore
Capitolo 25 - Ti fidi di me?
Capitolo 26 - Chloe
Capitolo 27 - Sognare a occhi aperti
Capitolo 28 - Giudizio [1/2]
Capitolo 28 - Giudizio [2/2]
Capitolo 29 - Ogni giorno della mia vita
Capitolo 30 - Non preoccuparti
Capitolo 31 - Quando si parte?
Capitolo 32 - Semplice precauzione
❦ Terzo arco: Autunno ❦
Capitolo 33 - Rimuovere il velo
Capitolo 34 - Casa dolce casa [1/2]
Capitolo 34 - Casa dolce casa [2/2]
Capitolo 35 - Le radici delle orchidee
Capitolo 36 - Così semplice
Capitolo 37 - Chi sei davvero [1/2]
Capitolo 37 - Chi sei davvero [2/2]
Capitolo 38 - Deriva
Capitolo 39 - Far suonare i tamburi
Capitolo 40 - Un brindisi ai novelli sposi [1/2]
Capitolo 40 - Un brindisi ai novelli sposi [2/2]
Capitolo 41 - Mandare un messaggio
Capitolo 42 - Qualunque cosa accada
Capitolo 43 - Quello freddo e tagliente di Kiyoko
Capitolo 44 - Come un vero uomo
Capitolo 45 - Increspature nell'acqua [1/2]
Capitolo 45 - Increspature nell'acqua [2/2]
Capitolo 46 - Era più semplice fingere
Capitolo 47 - Famiglia
Capitolo 48 - Ti amo
❆ Quarto arco: Inverno ❆
Capitolo 49 - La fortuna bacia gli audaci [1/2]
Capitolo 49 - La fortuna bacia gli audaci [2/2]
Capitolo 50 - Cortesia tra colleghi
Capitolo 51 - Vita comune
Capitolo 52 - Ciò che hai sempre desiderato
Capitolo 53 - Tempo, respiro, speranza
Capitolo 54 - Solo un essere umano
Capitolo 55 - Vocazione
Capitolo 56 - Inspirare ed espirare
Capitolo 57 - Mantenere l'equilibrio
Capitolo 58 - In principio fu il buio
Capitolo 59 - Quando, non se
Capitolo 60 - Chiudi gli occhi
Capitolo 61 - Quante volte
Capitolo 62 - Oscurità, silenzio, vuoto
Capitolo 63 - Non c'era Chloe
Capitolo 64 - I frutti della negazione
Capitolo 65 - Soltanto una bugia
Capitolo 66 - Chiudere il cerchio
Capitolo 67 - Caro Brycen
Capitolo 68 - Lo giuro
Capitolo 69 - Libertà e vita
Capitolo 70 - C'è sempre tempo per risanare la propria anima
Capitolo 71 - Costruire
[EXTRA] Ringraziamenti
Epilogo
[EXTRA] Funfacts

Capitolo 1 - Curiosi occhi neri

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By Mari_Blackstar

Brycen maneggiava l'orologio da taschino in modo compulsivo quando si stava annoiando. Non lasciava neppure cadere lo sguardo sul quadrante, chiudendo e riaprendo lo sportellino così tante volte da rendere quel ritmico tla-tlack il sottofondo delle sue lezioni.

Era diventato un gesto così automatico che faticava a credere di aver vissuto senza per buona parte della sua vita. A Zima avrebbero sgranato gli occhi alla sola idea di un orologio così piccolo, anche se lui ne aveva già letto: sapeva dell'esistenza di treni, radio e macchine da scrivere prima ancora di mettere piede a Sayfa, ma per i suoi familiari non erano che oltraggiose esagerazioni, così come un uomo che intraprende la professione dell'insegnante.

Un'eresia. Qualcosa di tanto incocepibile da risultare grottesco.

Adesso Brycen teneva una di quelle esagerazioni tra le mani e sedeva dietro a una cattedra di noce intarsiata, circondato da persone che consideravano tutto questo normale; avrebbe dovuto sentire il sapore della libertà, la frenesia della vittoria, eppure quelle sensazioni erano svanite così in fretta che a stento le ricordava.

Aveva sognato troppo in grande? O forse non lo aveva fatto abbastanza?

Elena cercò il suo sguardo dopo aver finito di scrivere, e Brycen chiuse l'orologio in uno schiocco più secco. Lo fece scivolare in tasca e si alzò per affiancare la donna minuta, osservando i segni bianchi sulla lavagna in un mugolio compiaciuto.

«Molto bene, Rochella. La grafia è buona, ma le linee diagonali della runa diek sono troppo lunghe.» Brycen raccolse il gesso che Elena aveva posato, disegnando il simbolo corretto sopra il suo. Ne tracciò uno simile subito accanto, stavolta facendo fuoriuscire i segmenti dal triangolo in cui erano rinchiuse. «È molto simile alla runa em, perciò si rischia facilmente di confonderle. È preferibile accennare appena le linee, piuttosto. Sarebbe come scrivere la lettera A senza il tratto orizzontale, per fare un paragone. Tecnicamente scorretto, ma ugualmente comprensibile.»

Elena annuì, tornando al suo posto. A volte Brycen si domandava se i suoi studenti provassero risentimento per le sue correzioni. Il duro accento zimeo sporcava in modo così marcato la sua pronuncia che trovava bizzarro, se non ridicolo, bacchettare i suoi studenti per i loro errori.

Ancora più strano era insegnare le basi della sua lingua a persone che avevano dieci o addirittura vent'anni più di lui. La libertà d'accesso ai corsi dell'Accademia era encomiabile, ma generava classi disomogenee. I suoi studenti avevano età comprese tra i diciotto e i sessant'anni, con estrazione sociale, nazionalità e formazione che non avrebbero potuto essere più varie, ma condividevano tutti lo stesso obiettivo. Che fossero uomini o donne, figli di ex marchesi o di operai, c'era solo un motivo per cui i sayfani decidevano di imparare lo zimeo: le Pietre di Sihir.

Brycen tornò alla cattedra, seguendo distrattamente la figura slanciata dello studente che si avvicinava alla lavagna. Lo lasciò a ripulire la superficie scura dai segni del gesso e alzò lo sguardo, scrutando la mappa di Zima appesa alla parete. Un territorio immenso a nord del continente, rappresentato in modo così impreciso e poco dettagliato che mancavano persino i nomi di alcune città importanti. Le posizioni delle Cave, però, erano accurate e tradotte in sayfano; anche le rune della Capitale sembravano sbiadire, a paragone con le lettere viola acceso che segnalavano la presenza di depositi tra le montagne.

Era questo che vedevano i sayfani quando osservavano quella mappa: nulla più di un gigante ghiacciato da cui estrarre minerali, i cui abitanti erano così sciocchi da sprecare le Pietre di Sihir per ornamenti e gioielli piuttosto che sfruttarle come fonte di energia.

Brycen aveva smesso di cercare tra i suoi studenti qualcuno spinto dal puro desiderio di imparare, che fosse incuriosito dalla cultura zimea, dal beyledismo o dalle sue filosofie: per loro Zima esisteva solo in funzione delle Cave, e quel linguaggio dall'alfabeto incomprensibile e dalla fonetica rigida era utile solo per estrazione, commercio e affari.

"La volontà di apprendere non va mai denigrata a prescindere dalle motivazioni" si ripeteva Brycen, eppure non era per quegli sguardi vuoti che era venuto a Sayfa. Avrebbe potuto elencare uno a uno i motivi per cui aveva lasciato Zima, parlando per ore di ogni più piccolo dettaglio di ciò che avrebbe voluto cambiare nella sua terra, ma cosa veniva dopo aver superato i confini? Cosa restava di tutte quelle lamentele, speranze e ponderazioni?

L'aveva dimenticato. Forse non l'aveva mai saputo. Sayfa gli aveva concesso la libertà, ma dopo tre anni non aveva ancora idea di cosa farne.

Brycen sospirò quando vide le lancette scoccare le diciotto, sfuggendo ai suoi pensieri per congedare gli studenti. Sciolse i capelli dalla coda alta solo per legarli con un nodo più basso e morbido, facendo ricadere le ciocche viola sulla spalla, e indossò il giaccone scuro prima di uscire. Era il suo preferito, ma forse era arrivato il momento di riporlo nell'armadio: l'estate era alle porte e i passanti avevano già braccia e gambe scoperte, ampi cappelli per tenere in ombra il viso e ventagli con cui concedersi sollievo dalla calura.

Molti si voltavano a fissarlo straniti mentre camminava. I loro sguardi bruciavano di curiosità, divertimento e persino invidia, sicché Brycen fece di tutto per evitarli: superò i confini dell'Accademia e imboccò via Meridia, facendo vagare lo sguardo lungo le vetrine, sulle insegne illuminate a Sihir e sugli espositori di merci, lasciandosi distrarre dai suoni e dagli odori che solo le vie commerciali potevano offrire. Mehtap era così diversa dal paese in cui era cresciuto che non smetteva di stupirlo anche adesso che era diventata la sua quotidianità. A Zima non si trovavano vie simili, dove negozi dalla natura più disparata si alternavano in un cammino dedicato alla compravendita. La sua lingua non aveva neppure una traduzione per "negozio", dato che non era un concetto familiare per gli zimei.

Il profumo di pane appena sfornato gli solleticò le narici, e Brycen notò che le panetterie erano assaltate da nutriti gruppi di persone che si accalcavano fin oltre le porte, smaniosi di entrare. Chi usciva dai locali aveva in mano il medesimo sfilatino intrecciato, condito con pomodori secchi e olive. Brycen non ne rammentava il nome, ma a Sayfa era usanza mangiarlo durante una qualche festa lucista. A quale Angelo fosse dedicata, però, non avrebbe saputo dirlo: la Chiesa della Luce ne venerava tanti quanti erano le stelle e persino lui non riusciva a ricordarli tutti.

Scansò le persone in fila e puntò un bar all'angolo della strada, pressoché vuoto. Non era il solito bar dove sovente si fermava a bere qualcosa dopo le lezioni, ma non aveva voglia di sfidare la folla per raggiungere l'ingresso e il Nerea si presentava come un degno sostituto. All'interno il profumo di zucchero, alcool e caffè permeava l'aria in un miscuglio invitante, mentre una piccola radio diffondeva musica leggera. L'arredamento strizzava l'occhio allo stile moderno di Sayfa, con linee pulite e legno laccato, abbellito da decorazioni che richiamavano l'ambiente marittimo: pesci colorati dipinti sulle pareti nuotavano tra coralli e alghe, mentre reti da pesca cadevano giù dal soffitto reggendo conchiglie e stelle marine. Luci al Sihir colorate illuminavano i pochi tavoli rotondi e il lungo bancone ad angolo, che si ergeva come uno scoglio colpito dalle onde.

Una scelta curiosa, dato che Mehtap non aveva alcuno sbocco sul mare, ma gradita: Brycen aveva visitato simili ambienti solo attraverso i suoi libri, perciò si ritrovò a distendere le labbra mentre prendeva posto al bancone, ammirando la cura con cui erano state realizzate quelle decorazioni.

«Ciao! Cosa ti porto, caro?»

Brycen sobbalzò, voltandosi per incrociare lo sguardo della giovane barista che gli sorrideva dall'altro lato del bancone. Aveva un viso piccolo e tondo, capelli azzurri raccolti in un coda alta e una carnagione chiara dal forte sottotono caldo, tipica di Jiyu. Non aveva il minimo accento, ma i curiosi occhi neri tradivano le sue origini per via della forma sottile e allungata che neanche la frangetta riusciva a nascondere.

Caro, aveva detto. E ora lo fissava con allegria, china sul bancone come se fosse in procinto di rivelargli un qualche segreto.

«Ah, salve» boccheggiò lui, facendosi più indietro sullo sgabello. Poteva abituarsi ai treni, alle radio e alle macchine da scrivere, ma l'informalità di Sayfa non avrebbe mai fatto parte di lui. «Gradirei un'acqua tonica con aggiunta di limone, grazie.»

«Solo questo?» La barista tirò su il busto, picchiettando un indice sulla guancia. «Avrei detto vodka, o magari grappa. Ho sentito dire che dovresti offrire solo alcolici a uno zimeo, se non vuoi rischiare di offenderlo.»

Brycen distese le labbra in un sorriso cortese. I lineamenti zimei non erano inconfondibili come quelli jiyani, ma sapeva di possedere tutti i tratti caratteristici del suo popolo: carnagione nivea, altezza superiore rispetto alla media sayfana, viso allungato con fronte alta e mascella decisa. Se anche non avesse aperto bocca, non si sarebbe stupito di essere riconosciuto come straniero. Dopo aver parlato, però, risultava persino ovvio.

«Se ci manteniamo sul piano culturale, è generalmente corretto» disse, schiarendosi la voce. «La tradizione però vieta di offrire acqua agli ospiti: anche se gli alcolici sono da preferire, qualsivoglia bevanda può considerarsi adatta. Inoltre, non vedrà mai uno zimeo bere alcool da solo a meno che non sia particolarmente depresso.»

"Sempre che non si tratti di Edvokin: allora dovresti temere l'esatto opposto."

Quel pensiero allungò il sorriso sulle sue labbra, ma lo tenne per sé. Dubitava che alla barista interessasse sentir parlare di suo cugino, forse non le importava neppure della sua spiegazione. Zima non era il Regno dell'Eterna Primavera, come i sayfani chiamavano Jiyu, non suscitava lo stesso fascino e curiosità che spingeva a porre domande e omaggiare usi e costumi. I più si limitavano a stupirsi del fatto che Brycen fosse lì, senza neppure comprendere perché fosse così difficile per un uomo zimeo viaggiare oltre i confini.

«Sono felice che tu abbia chiesto solo un'acqua tonica, allora. Se avessi voglia di un bicchierino, però, fammi sapere. Ti farò compagnia volentieri, ma non dirlo al mio capo!» La barista si abbandonò a una risata leggera, e la curiosità nel suo sguardo si rinvigorì. «Ti trovi bene qui? Da quanto tempo sei a Sayfa?» Posò sul bancone un lungo bicchiere di vetro, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio che versava al suo interno. Raccolse un limone dalla cesta e ne tagliò uno spicchio, lasciandolo cadere nel bicchiere. «Se dovessi basarmi sulla retorica direi non meno di dieci anni, forse persino quindici, ma considerando il tuo accento... Due anni, tre al massimo. Hai studiato sayfano a lungo, quello è evidente, ma non lo hai parlato a sufficienza.»

Brycen sgranò gli occhi quando la vide lanciare una bottiglia di acqua tonica verso l'alto, facendola roteare a mezz'aria prima di raccoglierla. Si rigirò il coltello tra le dita mentre la bevanda volteggiava, poi lo impugnò saldamente e usò la lama per far schizzare via il tappo; se non l'avesse visto con i suoi occhi, osservando il dischetto metallico concludere la sua parabola all'interno di una pattumiera, Brycen avrebbe dubitato che fosse possibile farlo.

La barista accentuò il sorriso, versando l'acqua tonica nel bicchiere. «Ci sono andata vicino?»

«T-tre anni, sì» confermò Brycen, balbettando appena. Quanto si era allenata per ottenere una fluidità simile? «La sua analisi è corretta. Studio sayfano ormai da quattordici anni, ma i miei unici insegnanti sono stati i libri. Ahimé non erano in grado di aiutarmi con la dizione, per quanto abbiano svolto un lavoro egregio. Lei, invece, ha un'ottima...»

Si fermò, serrando le labbra. L'aspetto di quella ragazza era una mera indicazione genetica: forse era nata a Sayfa, non a Jiyu. Forse non aveva accento perché il sayfano era la sua lingua, e quello che sarebbe stato un complimento per uno straniero si sarebbe trasformato in un'offesa.

Brycen abbassò lo sguardo sul bicchiere e abbozzò un sorriso. «Ha un'ottima capacità di analisi.»

Lei picchiettò le unghie tonde contro il bancone, liberando un mugolio pensoso. «Stavi per dire che ho un'ottima pronuncia

Brycen si irrigidì. Si sforzò di non sgranare gli occhi e si schiarì la voce per dissimulare, ma la risata della barista ruppe il silenzio prima ancora delle sue parole.

«Rilassati, nel mio caso puoi dirlo: dopo tutto l'impegno che ci ho messo, direi che mi sono meritata un po' di complimenti. E ti prego, dammi del tu.»

Il suo sorriso si distese, e così anche i muscoli di Brycen. Si abbandonò a un sospiro di sollievo e annuì, allungando una mano per afferrare il bicchiere, ma lei lo fermò. Armeggiò rapida dietro il bancone, poi gli mostrò un ciuffetto di foglie che stringeva tra le dita. Brycen annuì quando il profumo pungente della menta gli sfiorò le narici, e la barista mescolò le foglie alla bevanda con un sorriso soddisfatto sul volto. Solo allora fece scivolare il bicchiere verso di lui, lasciandolo libero di afferrarlo.

«Ascolta, posso farti una domanda stupida?» chiese lei, assottigliando lo sguardo. «Te l'avranno fatta mille volte, ma se non te lo chiedo morirò di curiosità: come riesci a sopportare il cappotto?»

«Abitudine» tagliò corto Brycen, sfuggendo dal contatto visivo. «Potremmo dire che non soffro il caldo.»

Né il freddo, avrebbe potuto aggiungere. Avrebbe voluto rivelare di essere un Dotai, spiegare il modo in cui Subsidence regolava la temperatura del suo corpo attraverso il Sihir, raccontare di come aveva sbloccato quei poteri - ma lo immaginò soltanto.

Mentire riguardo al suo Naru era l'abitudine più difficile da perdere.

«Che invidia! Io resisto bene al freddo, col caldo mi sciolgo» sospirò la barista. «Non è ancora estate e vorrei già strapparmi i vestiti di dosso.»

Tenne lo sguardo fisso su di lui per un istante, poi gettò la bottiglia vuota e si liberò di limone e coltello. Brycen credeva che si sarebbe allontanata, invece puntò l'indice verso la tracolla che teneva appoggiata sulle gambe. «Sei venuto a Mehtap per studiare?»

«Oh, non esattamente. Non frequento l'Accademia come studente, sono un professore.»

Lo sguardo della ragazza si illuminò. «Sul serio? Ma è fantastico, sei così giovane! Mi rifiuto di credere che tu abbia più di trent'anni.»

«Ventisei» la corresse Brycen. «Ma non è un traguardo così straordinario, se tieni in considerazione il fatto che insegno zimeo. I professori madrelingua sono così rari che...»

«Zimeo? Dèi, che bello! Potrei diventare una delle tue studentesse, lo sai? Ho sempre voluto imparare almeno le basi. Mi piacerebbe andare in vacanza a Zima, un giorno, ma da quel che so lì non spiccicano una parola in sayfano.»

Brycen le rivolse un tiepido sorriso. «Se prendiamo in esame l'intera popolazione, è vero. La capitale e le altre grandi città del sud, però, sono più attrezzate per il turismo: negli ultimi anni è diventata buona norma apporre anche le traduzioni in sayfano almeno nei luoghi turistici più famosi.»

«È che pensavo a qualche paesino più a nord... sai, per vedere come si vive davvero lì, è questo il bello dell'esperienza! Anzi, se avessi qualche meta da consigliare...»

"Non raggiungeresti il nord" avrebbe voluto dirle, "non senza nascondere i tuoi occhi."

Invece serrò le labbra, chinando lo sguardo. Zima possedeva località splendide, ma poche di esse erano sicure per una jiyana.

«Se posso offrire il mio parere, non privarti dell'opportunità di visitare Skeld. È per buone ragioni che la chiamano Arcobaleno Ghiacciato, l'intera capitale è un monumento religioso e artistico di una meraviglia indescrivibile. Se vorrai fidarti del mio consiglio, non ho dubbi che ne resterai affascinata.»

«E Skeld sia. Vorrei comunque imparare la lingua, però, e ora che ho conosciuto il professore...» La barista allungò il sorriso, mordicchiandosi un labbro mentre faceva scorrere gli occhi su di lui. «Chissà, magari potrei davvero iscrivermi al corso.»

«Le iscrizioni riapriranno nel mese di Scorpius, se ti interessa» borbottò, indeciso se bere o no. Non aveva ancora avvicinato il bicchiere alle labbra, limitandosi a rigirarselo tra le mani. La barista avrebbe notato che il ghiaccio non si scioglieva rapidamente come avrebbe dovuto? «Hai già concluso le scuole alte o ti diplomerai quest'anno?»

Lei liberò uno sbuffo divertito, tirando alcuni ciuffi azzurri dietro le orecchie. «Le ho concluse da un bel po', a dire il vero. Ho ventitré anni...»

Brycen sentì il viso avvampare. «Sono mortificato.»

«Oh, non è colpa tua. Me lo dicono tutti, che sembro più giovane» lo rassicurò lei, scrollando le spalle. «Un giorno un cliente ha cominciato a sbraitare, lamentandosi che avessero assunto una minorenne. Va bene darmi un paio di anni in meno, ma credere addirittura che ne abbia meno di sedici... Eppure non voleva sentire ragioni, insisteva nel voler chiamare i Sovalye!»

Rise di nuovo, e Brycen sentì la vergogna scivolare via. In quella breve conversazione lui era stato in grado solo di accumulare figuracce, ma lei sembrava risplendere. La sua allegria era così spontanea, così... serena. Sembrava che ogni negatività si fosse dissolta, incapace di sopravvivere di fronte al suo sorriso.

Aveva sempre invidiato quel tipo di carisma, quella facoltà di illuminare le giornate, le conversazioni e le persone con la semplice presenza. Suo cugino Edvokin lo possedeva, ma non lui: per quanto avesse provato a imitarlo, aveva sempre fallito.

Avrebbe voluto chiederle la conclusione di quella vicenda, invece si limitò ad accennare un sorriso. Abbassò lo sguardo e si concesse un sorso della sua acqua tonica, maledicendosi per quel silenzio. Era certo che avrebbe concluso la conversazione, invece la barista si guardò attorno, poi si chinò sul bancone.

«Scusa se chiacchiero tanto, ma è la prima volta che incontro uno zimeo» ammise in un sussurro. «Ti scoccia se ti faccio qualche domanda su Zima? Ho letto un po' di cose, ma non so se sono vere o solo stereotipi.»

Brycen sgranò gli occhi, boccheggiando per un istante. Lei lo fissava con gli occhi ridotti a una fessura e un'espressione buffa che insieme alla frangetta dal taglio dritto la facevano sembrare davvero una ragazzina, ma il suo sguardo era attento. Carico di curiosità e passione.

Quello era lo sguardo che sperava di vedere nei suoi studenti. Quello per cui era venuto a Sayfa.

Annuì, e l'espressione della jiyana si ravvivò di una tale gioia da contagiarlo.

«È vero che al matrimonio gli sposi cavalcano una renna?»

«Sì, è vero. Inizialmente è solo la donna a farlo, mentre l'uomo le cammina accanto tenendo le redini e guidandola nel santuario. La cavalcheranno insieme solo una volta conclusa la cerimonia, per tornare all'abitazione della sposa.»

«Oh Dèi, è così romantico! Ed è vero che non vengono scambiati anelli?»

«Vero anche questo. La tradizione vuole che si utilizzi un panno di tessuto benedetto dalle Sacerdotesse per legare le mani degli sposi, rigorosamente bianco. È il colore sacro della Dea Beyled.»

«In effetti ho letto anche che vestite tutti di bianco e...» Gli occhi della barista brillarono di un'improvvisa consapevolezza. «Ma certo, ecco perché il White Wedding si chiama così!»

Brycen aggrottò le sopracciglia in un mormorio confuso, e lei proseguì: «Parlo del cocktail, il White Wedding: in dunier si traduce come "matrimonio bianco". Si prepara con vodka, liquore al caffè e panna... Due alcolici uniti dal bianco. Se ci pensi, è un matrimonio zimeo!»

«Non ne avevo mai sentito parlare.»

«Sei fortunato, i cocktail sono la mia specialità. Magari la prossima volta potrei preparartene uno, che ne pensi?»

«Chloe!» Una barista dai corti capelli castani si affacciò dall'angolo, asciugandosi le mani sul grembiule. «Andresti a prendere altro ghiaccio?»

La jiyana liberò un sospiro lamentoso, abbandonando le mani lungo i fianchi. «Ma lo zimeo...»

L'altra non rispose, dandole le spalle per salutare un cliente. La barista dai capelli azzurri sospirò, rivolgendo a Brycen un sorriso agrodolce. «Scusa, il lavoro chiama... però ti aspetto per il nostro matrimonio bianco, d'accordo?»

Brycen prese fiato per rispondere, poi si fermò. Restò a fissarla finchè non vide un lampo di consapevolezza attraversarle gli occhi, e quando lei scoppiò a ridere non riuscì a trattenersi dal fare lo stesso.

«Oh, Dèi! Scusami, nella mia mente suonava in modo diverso...» si affrettò a dire la barista, sistemandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie. «Spero che tornerai presto a trovarci, insomma. Ci conto!»

Brycen annuì e lei gli rivolse un occhiolino prima di allontanarsi, scivolando verso una piccola porta sul fondo con la leggiadria di una farfalla.

"Chloe" ricordò Brycen, osservandola sparire nel retro del locale con le labbra che non volevano saperne di abbandonare il sorriso. "Si chiama Chloe."



Benvenuti e grazie di aver letto ♥

Facciamo la conoscenza dei due protagonisti, in particolare di Brycen: che impressione vi ha fatto? :3

Non spaventatevi dei termini nuovi: mi rendo conto che possa risultare confusionario per chi non mastica Fantasy (io ci ho fatto il callo a trovarmi una pioggia di termini astrusi che non so cosa vogliano dire ahahah), ma vi assicuro che sono tutti concetti con cui avrete modo di familiarizzare durante la lettura.

Pur non essendo questo un Fantasy "classico", il worldbuilding verrà esplorato ampiamente, abbiate fiducia ♥ Spero che questo capitolo vi abbia intrigato a volerne capire di più!

Ci vediamo al prossimo capitolo! Vi lascio con un disegno di Brycen e una canzone che ritengo perfetta per lui e per l'inizio della storia, "Shy" dei Sonata Artica ♥


Brycen Metsiz


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