Come Acqua e Fuoco

By Miss_Chandra

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| ATTENZIONE: Questa è la seconda parte de "Come Aria e Terra"; se non hai letto quella, non proseguire con l... More

Bentornati
Cast
Guardiani
Prologo
• Parte prima: Guardiana •
1. Consacrazione
2. Ti amo
3.2 Sacerdoti
4.1 Leblanc
4.2 Leblanc
5.1 Consiglio
5.2. Consiglio
6.1 Silenzio
6.2 Silenzio
7.1 Le Gall
7.2 Le Gall
8. Gennaio
9.1 Capirsi
9.2 Capirsi
9.3 Capirsi
10.1 Dame Noyer
10.2 Dame Noyer
11.1 Mamour
11.2 Mamour
11.3 Mamour
• Parte seconda: Arthur •
12.1 Fratelli
12.2 Fratelli
13.1 Ile-et-Vilaine
13.2 Ile-et-Vilaine
14.1 Per lei
14.2 Per lei
15.1 Trio - Artie
15.2 Trio - Nova
15.3 Trio - Jesse
16.1 Delegato
16.2 Delegato
17.1 Le Foyer
17.2 Le Foyer
17.3 Le Foyer

3.1 Sacerdoti

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By Miss_Chandra

Un raggio di sole colpì forte il viso pallido di una ragazza dormiente.

Lei, a metà fra il mondo dei sogni e quello reale, si rigirò sul lato sinistro, dando le spalle alla luce molesta.

Strizzò le palpebre e cercò di costringere il corpo a rilassarsi di nuovo, senza però ottenere alcun tipo di successo: a ogni tentativo, la mente era sempre più vispa e il mondo attorno sempre più concreto.

No, per favore, non voleva svegliarsi adesso... e non in quel modo, soprattutto.

Spese un abbondante paio di minuti ad agitarsi fra le coperte prima di arrendersi alla realtà: il sonno l'aveva del tutto abbandonata. E il suo mandato era appena cominciato.

Chandra si distese sulla schiena e spalancò le braccia, guardando il soffitto bianco. Non fu difficile identificare dove fosse: la poca familiarità della camera era inequivocabile.

Si mise seduta e stropicciò gli occhi assonnati; la coperta le scivolò lungo il petto e andò ad adagiarsi sulle gambe incrociate.

Ricapitolando, cos'era accaduto il giorno precedente? Al tramonto aveva affrontato Arthur, alla sera era stata consacrata Guardiana e durante la notte si era dedicata un po' a se stessa; poi, per concludere, aveva deciso di mandare un messaggio.

Abbassò le mani e guardò a destra, oltre il vetro che la separava dal balconcino.

Arthur non le aveva risposto... non aveva risposto al suo ti amo. Ed era impossibile che lo avesse fatto ma che Chandra, nel pieno del sonno, non se ne fosse resa conto: era stata in allerta per tutta la notte scattando a ogni minimo rumore.

Sbuffò e tornò a fissare le lenzuola, aggrovigliate.

Non voleva neanche pensare alla possibilità che lui l'avesse ignorata: sarebbe stato troppo dolorosa da accettare. Però, al medesimo istante, non c'erano poi tante altre spiegazioni alternative. O quella o Chandra aveva sbagliato l'incantesimo, disperdendolo nell'Aria.

Forse avrebbe dovuto mandargliene un secondo, per sicurezza, e avere la conferma definitiva a una o l'altra ipotesi.

Fece per unire le mani a coppa sulle labbra, posizione richiesta dall'incanto d'Aria, ma cambiò idea qualche secondo dopo e bloccò il movimento sul nascere. 

No, non aveva senso cercare il contatto in quel modo, che già si era dimostrato fallimentare: il rapporto con Arthur andava ridiscusso faccia a faccia, senza nascondersi dietro a un incantesimo. 

L'unica cosa che Chandra poteva fare, adesso, era attendere che si presentasse l'occasione perfetta per incontrarlo, quella che giustificasse lei agli occhi della Luna e che, al contempo, non permettesse ad Arthur vie di fuga.

Sarebbe stato complesso, visto che da quel giorno la Chandra Guardiana avrebbe dovuto avere l'assoluta priorità, ma non impossibile. D'altra parte, superare le divergenze e tornare ad amarsi era interesse di entrambi, sia di Chandra sia di Arthur, no?

D'improvviso, un soffio le sfiorò il viso. «Aprite», recitò la voce femminile.

Eccolo, il terzo ma non per questo meno ansiogeno problema di Chandra: Nova Prigent, la Sacerdotessa del Sole, nonché migliore amica di Arthur.

Il loro rapporto non era mai stato facile; anzi, era sempre stato un continuo lanciare di frecce da un lato e uno schivarle con educazione dall'altro. Ora poi che l'accolito del Sole si era arreso, decretando la vincita della Luna, l'antipatia di Nova sarebbe stata ingestibile.

Eppure Chandra doveva trovare un punto d'incontro con lei, il tramite più vicino all'Ordine del Sole che avesse, se voleva portare a termine il suo progetto – sempre che così potesse essere definito – nel modo più pacifico possibile.

Da Guardiana non poteva accontentare la Luna senza sapere come far fronte alla conseguente reazione del Sole, quando si fosse trovato costretto a rinunciare all'Equilibrio Elementale dopo oltre un secolo d'attesa vana. Così come andava scongiurata l'insurrezione autonoma della Luna, per la stessa ragione non si poteva essere precipitosi e correre il rischio di urtare la sensibilità del Sole con la scissione prematura dell'Accordo: una parola detta nel modo sbagliato e i due Ordini sarebbero comunque entrati in collisione, tutto ciò che Chandra lottava per evitare.

«Devo aspettare ancora tanto?» si fece risentire Nova.

Chandra roteò gli occhi e congiunse le mani sulle labbra. «Cinque minuti.»

Scostò il piumone e, di malavoglia, abbandonò il letto.

Non aveva vestiti consoni per incontrare qualcuno, soltanto il pigiama scartato la notte precedente su cui, purtroppo, avrebbe dovuto ripiegare. Difatti, benché le valigie mandate dalla madre fossero arrivate quella mattina, Chandra aveva ignorato il messaggio d'Aria dei monaci e aveva continuato a dormire; di conseguenza, questi avevano mollato tutto dietro la porta, dove al momento stava Nova.

«Io sto ancora aspettando», giunse un terzo messaggio.

Chandra alzò gli occhi al cielo. «Arrivo», mandò, prima di lasciare la camera e addentrarsi nel dedalo di viuzze che era il piano superiore, il più intimo della casa.

Il futuro incerto del mandato non avrebbe permesso alla neo-Guardiana di esplorare tutti gli ambienti, ma a lei poco importava dello scoprire quante camere da letto vantasse e in quanti bagni potesse farsi una doccia: aveva già memorizzato lo stretto indispensabile per orientarsi. Il merito era stato di una tela appesa alla fine del corridoio principale, raffigurante il vecchio Guardiano Melchior Deroy, che si era imposta come punto di riferimento dal primo istante.

Ciò che aveva colpito Chandra era stato l'aspetto fisico dell'uomo. Forse perché in casa Noyer non era mai giunta neppure una sua foto, ma non si aspettava di trovarsi davanti un anziano corpulento con il riporto sale e pepe. Se proprio dovevano sbatterle in faccia il Guardiano dal mandato più longevo di tutti, perché scegliere una versione di lui che non gli rendeva giustizia?

Giunta al cospetto di Melchior Deroy, Chandra si fermò.

In quell'ammasso di fronzoli, soltanto gli occhi gelidi tipici della famiglia richiamavano alla regalità del suo ruolo, sposandosi alla perfezione con i simboli da Guardiano che aveva addosso. Anche se Corona e Manto dovevano essere stati allargati per adattarsi al suo fisico rotondo e stanco, perché era impossibile che su entrambi – Melchior e Chandra – calzassero a pennello.

«Buongiorno, fate con calma!» L'ennesimo – e stavolta più canzonatorio – messaggio di Nova che, però, tirò fuori Chandra dal passato.

La Guardiana scosse la testa e, lasciandosi il predecessore alle spalle, iniziò a scendere per la scala a chiocciola. Dame Noyer non aveva tempo da perdere con Sire Deroy e lui, dalle stelle, non aveva niente da comunicarle.

Il piano inferiore dell'abitazione del Guardiano avrebbe dovuto essere un salone dove vivere la propria quotidianità immersi negli agi e il luogo perfetto per incontrare eventuali ospiti. Alla nuova inquilina, però, dava soltanto l'idea di essere una sala da ballo mezza vuota e un po' troppo illuminata, forse a causa dei finestroni privi di tende.

Chandra sospettava fosse colpa dei Deroy. Nulla le toglieva dalla testa che, una volta deceduto il patriarca, questi avessero preso tutto il prendibile e lasciato giusto un paio di mobili per non destare troppi sospetti; il pianoforte all'angolo era l'unico oggetto di valore che contraddiceva un po' quella supposizione, ma più che sacrificato lo strumento doveva essere stato dimenticato.

La stessa sensazione dovette averla Nova. Difatti, non appena varcata la soglia d'ingresso, la ragazza aveva iniziato a guardare tutto con una smorfia di disappunto, preoccupandosi più di quello che della faticata che stava facendo Chandra per portare all'interno le cinque valigie abbandonate sul pianerottolo.

Peraltro, anche adesso che le due si erano accomodate nell'isola di divani, Nova continuava a far saltellare lo sguardo da un angolo all'altro della stanza. E Chandra, che non era ancora stata resa partecipe del motivo che aveva spinto la Sacerdotessa a farle visita direttamente nei suoi alloggi, stava iniziando a perdere la pazienza.

«Questo posto non è uguale a come lo ricordavo», esordì Nova, tutto a un tratto.

«Prima era più arredato?» chiese Chandra.

Nova annuì. «Prima era più vivo. Io, Artie e Jesse venivamo spesso rinchiusi qui dentro da bambini per non dare fastidio ai monaci.» Ridacchiò, accompagnata da un sorriso nostalgico. «Sapevo che prima o poi sarei ritornata, anche se non immaginavo sarebbe stato per voi.» Incatenò i propri occhi bruni a quelli neri dell'altra.

Chandra deglutì. Avevano iniziato, per la Madre. «Vuoi parlare di questo, vero?»

«Non solo», rispose Nova. «Ci tenevo prima di tutto a informarvi di persona che non sono più la Sacerdotessa in carica.»

«Come?» sfuggì a Chandra, in evidente stato confusionario.

«Avete capito bene, Dame Noyer.» Nova le rivolse un ghigno di scherno. «Non siete più un problema mio.»

No, non anche quello. Non tutto insieme.

Doveva essere uno scherzo, per forza: la Sacerdotessa del Sole non poteva abbandonare la Guardiana appena eletta al primo vero giorno di mandato. Non solo non era mai capitato, ma il buonsenso suggeriva che mai sarebbe dovuto capitare.

Chandra squadrò la ragazza alla ricerca di un qualsiasi dettaglio che confermasse la presa in giro. Perché Nova la stava prendendo in giro come sempre, no? Quella era una provocazione studiata per farla sentire microscopica come al solito.

Giusto?

Purtroppo i jeans stretti, la felpa corta che lasciava scoperta la pancia e l'assenza dell'anello al dito, dove in genere spiccava la pietra rossa, non permettevano equivoci: Nova Prigent stava dicendo la verità.

«Perché?» fu l'unica parola che Chandra riuscì a spiccicare.

Nova inarcò un sopracciglio perfettamente disegnato, messo in evidenza dalla crocchia che teneva alti i riccioli bruni. «Non è ovvio?»

«Senti, so che sei arrabbiata per come è andato lo scontro», anticipò Chandra. «Ma questa non ti sembra una soluzione un po' estrema? Insomma, sapevi già che avrei potuto vincere io.»

L'espressione di Nova si rabbuiò. «No, non lo sapevo. I patti con Artie non erano questi.»

«Be', però ti aveva detto che stavamo studiando e migliorando insieme.»

«Per favore, non prendiamoci in giro», la zittì Nova. «Se hai vinto, è stato solo grazie alla resa di Artie. Non c'è nessun miglioramento di mezzo.»

«Avete vinto», la corresse Chandra. «E, in ogni caso, continua a non essere una motivazione valida per lasciarmi senza Sacerdote del Sole. Non sono così esperta da sapere a chi passarla.»

Quando il Sacerdote si ritirava senza scegliere un successore, il compito ricadeva sul Guardiano: era la regola a cui Arthur si sarebbe appellato, se i suoi sogni non fossero sfumati nell'aria, per nominare Chandra nuova Sacerdotessa della Luna una volta capito come far dimettere Dundra.

Dato il poco preavviso con cui Nova stava comunicando le dimissioni, la nomina del nuovo rappresentante sarebbe stato un problema dell'attuale Guardiana. E come avrebbe fatto Chandra a risolverlo se fra i fedeli del Sole aveva ben poche conoscenze e l'unica a cui si sarebbe volentieri affidata – Arthur Leblanc – era da scartare a priori?

«Ma voi non siete senza Sacerdote del Sole», la informò Nova, forse leggendo la preoccupazione nel viso dell'altra.

Chandra inclinò la testa. «Ah, ci hai già pensato tu. E chi è?»

«Jesse Deroy, ve lo ricordate?»

«Ma sei seria?» non poté trattenersi Chandra.

Aveva conosciuto Jesse Deroy nella seconda metà d'ottobre, quando aveva appena iniziato a insegnare l'elemento della Terra ad Arthur. Jesse le era stato spacciato, dall'ex rivale stesso, come il terzo membro del gruppo formato da lui e Nova.

Tuttavia, Chandra non si era trovata davanti l'amico d'infanzia supportivo che si aspettava, bensì un ragazzo borioso che non aveva fatto altro che svalutare i due accoliti scelti. Inutile dire che, a partire da quell'occasione, l'opinione che aveva di Jesse Deroy non era migliorata; anzi, quello lì era persino riuscito a peggiorarla.

«Mai stata di più», confermò Nova. «Jesse è cresciuto in una famiglia di Guardiani: sa meglio di me come trattare con voi.»

Chandra strinse i pugni. «Meglio di una che ha già lavorato con un Guardiano per tre anni?»

Nova ridacchiò e accavallò la gamba destra sulla sinistra. «Oh, non pensavo faceste così tanto affidamento su di me.» Si portò una mano sul cuore. «Ne sono onorata e vi ringrazio.»

«Smettila di rigirare la frittata», le intimò Chandra. «Non sono stupida come credi. So che questa è solo una presa di posizione contro di me, perché non ti sono mai piaciuta.»

«Vero, non mi siete mai piaciuta e mai mi piacerete.» Nova la fissò dritto negli occhi, perdendo l'ilarità finora mantenuta. «Ma non penso voi siate stupida, non più, almeno.»

«E allora perché?» sbottò Chandra. «Perché mi stai mancando di rispetto così?»

Ecco, lo aveva detto: abbandonare la Guardiana appena eletta era solo e soltanto una grossa mancanza di rispetto, una presa di posizione per affermare la propria contrarietà alla sua elezione.

E se già la vincita della Luna allo scontro era atipica, se già Chandra sospettava che il Sole non la vedesse troppo di buon occhio, la rinuncia della Sacerdotessa a mandato appena iniziato non avrebbe fatto altro che minare ancor di più la sua autorità.

Nova sospirò e calò gli occhi bruni sul vassoio in argento, posto sul tavolinetto fra loro. Un ricciolo scuro, sfuggito alla crocchia disordinata, le cadde davanti al viso. «Perché siete una persona cattiva.»

Chandra sbarrò gli occhi. Le si potevano rivolgere tante accuse, come l'essere codarda, schiva, troppo riservata e spesso rigida fino all'estremo, ma la cattiveria non faceva parte di lei. Di quello era certa. «Io non sono cattiva.»

«Sì che lo siete», insistette Nova, alzando la voce. «Avete prima illuso Artie e poi lo avete spinto alla resa. E io non ce la faccio a voltare le spalle al mio amico.»

Il salone tremò, anzi no: si sfracellò direttamente sulla testa di Chandra. O forse un miscuglio di entrambi. Sì, prima aveva vacillato e poi si era disintegrato. Non c'era altra spiegazione.

«Come puoi dire una cosa simile?» biascicò Chandra, basita. «Io... io lo amo.»

«E allora cos'è successo fra di voi? Perché è stato Artie ad arrendersi e non tu, se lo ami così tanto e conoscevi i suoi progetti?» insistette Nova.

«Perché...» iniziò Chandra, con tutte le intenzioni di scagionarsi. «Perché...»

"Perché Dundra ha convinto tutti che Arthur mi abbia sedotta per portarmi dalla parte del Sole e diventare Guardiano con ancor meno fatica." Chandra si morse il labbro. "Quasi la stessa cosa di cui mi stai accusando tu."

Alzò lo sguardo, puntandolo verso gli occhi felini di Nova.

Cosa sarebbe accaduto se Chandra lo avesse detto davvero?

"Perché?" avrebbe richiesto Nova.

"Perché vuole che io rompa l'Accordo, così da renderlo il capo dell'Ordine della Luna."

E poi, come sarebbe andata a finire?

Se la semplice resa di Arthur l'aveva spinta ad abbandonare la carica, Chandra non osava immaginare cosa avrebbe provocato in Nova la verità. L'unica certezza era che avrebbe immediatamente allarmato l'Ordine del Sole, scatenando il suo malcontento prima del previsto.

A quel punto, mentre la Guardiana sarebbe stata impegnata a imbastire giustificazioni inesistenti, Dundra avrebbe proceduto con il suo piano: la rabbia dell'altro Ordine sarebbe stata la scusa perfetta per dargli il via.

E da lì, il putiferio. Un putiferio che Chandra non era ancora pronta a gestire.

«Quindi, Noyer, cosa è successo?» la invogliò Nova.

Chandra si morse il labbro inferiore e abbassò gli occhi sulle proprie dita, strette ancora al tessuto del pigiama. Era così agitata che non si curò di correggerla nell'appellativo informale impiegato: quello era l'ultimo dei problemi, al momento.

No, per quanto potesse rifletterci sopra, sostando nel silenzio, non c'era verso di scagionarsi: una bugia sarebbe stata controproducente e, senza delle motivazioni razionali che giustificassero la Luna, la verità era bandita

Chandra strizzò gli occhi e abbassò il capo, usando le onde argentate come uno scudo dal mondo esterno. «Non lo so.»

Chissà se Arthur l'avrebbe capita, in quel momento.

A seguito di un sospiro rassegnato, Nova si alzò in piedi. «Come pensavo. Buon lavoro con Jesse.»

Anche Chandra scattò in piedi e bloccò l'altra ragazza per il polso, anticipandola.

Nova si voltò e la guardò in cagnesco. «Che fai-fate?» Tentò di liberarsi strattonando il braccio.

«Ti prego,» la supplicò Chandra, «non lasciarmi anche tu.»

Aveva il cuore accelerato, le palpebre gonfie e pesanti, sull'orlo del pianto. Era certa di star risultando pietosa e ridicola, molto lontana dal ruolo di Guardiana che avrebbe dovuto ricoprire. Ma l'orgoglio andava messo da parte per quella volta: non poteva essere abbandonata anche da Nova, l'unica incantatrice del Sole che conoscesse oltre Arthur. Non aveva abbastanza energie mentali per gestire al contempo Dundra e un Deroy.

«Ho già dato fiducia a te e Artie una volta.» Nova si liberò con uno strattone. «Non commetterò lo stesso sbaglio di nuovo.»

E mentre Nova ondeggiava verso la porta, con il portamento fiero di una regina, Chandra rimase con il braccio tremante a mezz'aria e la mano sporta in avanti, come se quel patetico gesto potesse trattenerla.

Ma Nova non si girò e mai l'avrebbe fatto. D'altronde, perché avrebbe dovuto tornare sui propri passi? Perché avrebbe dovuto sopportare la ragazza che, ai suoi occhi, aveva sfruttato e umiliato il suo migliore amico? Aveva già scelto di restare coerente con quanto aveva sempre sostenuto, ovvero la sua fedeltà ad Arthur come unico Guardiano, e di certo le condizioni correnti e future non l'avrebbero aiutata a ricredersi.

«Mi aprireste, Dame Noyer?» le chiese Nova, quando fu alla porta.

Senza più forze, Chandra camminò come un automa verso l'uscita. Strinse con entrambe le mani un solo battente e lasciò che Nova – ormai solo Nova Prigent, semplice fedele del Sole – varcasse l'uscita.

«Congratulazioni alla seconda Guardiana Noyer!» esclamò Nova, già al sommo della scala, prima di inchinarsi con fare teatrale.

La neo Guardiana non rispose: si limitò a richiudere il portone e incassare in silenzio quell'ultima presa in giro che, in fondo, un po' sentiva di meritare.

Subito dopo accasciò le spalle al centro delle due ante e cadde seduta per terra.

"Oh, Arthur. Che devo fare, adesso?"

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