Held

By inashtonsarms

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Un'aria opprimente e pesante non mi permetteva di respirare regolarmente, il mio petto saliva e scendeva velo... More

Prologo
L'uomo senza volto
Marco's
Incubo
Coltello
Il mondo fuori da quella casa
Gli amici
La speranza di essere trovati
Il Dottore
Una buona dormita
La prima neve
La nuova ragazza
Confusione
Quello che ho amato
Rapita
Frustrazione
Un po' di caffรจ
Il primo sogno
L'ultima neve
Nel mezzo del bosco
Il bacio di Giuda
La parte buona e quella cattiva
Pensando all'America
Domande senza risposta
"Il caso Hall"
Situazioni pericolose
Disobbedire
La felicitร 
America
Normal
Drunk
Fly away
Ready
Cruel
Miss you
Buoni propositi

Manette

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By inashtonsarms

I pantaloni caddero attorno alle mie caviglie, rimasi ferma con le braccia tese lungo i fianchi non riuscendo a fare il minimo movimento.
Chiusi gli occhi e strinsi i denti sul pezzo di stoffa umido che avevo ancora tra le labbra quando il ragazzo davanti a me iniziò a sfiorarmi le gambe nude.

Il ribrezzo si presentò sotto forma di pelle d'oca, le sue mani continuavano a salire e a scendere, sorpassarono le ginocchia e superate le cosce si fermarono sulle ossa dei miei fianchi.

Tenni gli occhi ancora chiusi, non volevo vedere che sguardo aveva mentre mi toccava, non volevo vedere se provava piacere o se i suoi occhi si erano velati di violenza e pazzia.

Lo sentii alzarsi, mi tolse anche le manette ai polsi e potei dire che le posò dentro al lavandino per il rumore che la ceramica fece quando entrò in contatto con il metallo, sobbalzai a quello strano e forte suono.

Mi mise le mani sulle spalle e fece scendere la giacca lungo le braccia, notai che non avevo più la mia sciarpa ma probabilmente me l'aveva tolta prima di infilarmi nel bagagliaio.

Cercai di massaggiarmi i polsi doloranti ma le sue mani subito mi bloccarono, piansi ancora. Volevo solo accarezzarmi i lembi di pelle martoriati per procurarmi un po' di sollievo in quella situazione che mi stava facendo esplodere il cervello, ovviamente non me lo permise.

Le sue dita si mossero lungo il mio ventre, le mise sotto la maglietta e arrivò alla mia vita.

-Alza le braccia.- mi ordinò, il tono sempre basso e atono.

Feci come disse, le mie braccia tremavano ma riuscii a tenerle sopra la testa il tempo necessario.
Lui prese il bordo di essa e la tirò su, sorpassò il mio petto ansante e la tolse completamente.

-Guardami.- disse dopo.
Nel silenzio di quel bagno potevo sentire i miei singhiozzi ancora meglio, tenni gli occhi chiusi, non volevo ascoltare neanche una sua parola, avrei preferito pensare che tutto quello non fosse reale. Non volevo guardarlo e provare altra paura. Non volevo dover realizzare sempre di più di trovarmi in quella situazione.

-Meghan, guardami.- ripeté con voce più dura.

Spalancai gli occhi, e tutto il mio corpo iniziò a tremare. Come faceva a sapere il mio nome?
Nel suo viso apparve un leggero senso di soddisfazione quando vide i miei occhi chiari e bagnati. Finalmente era riuscito ad ottenere la mia piena attenzione.  
Lo guardai, si tolse la giacca spessa e l'appoggiò sul lavandino dove vidi che aveva messo anche la mia maglia.
Si arrotolò ai gomiti il leggero maglione che portava, scoprendo milioni di tatuaggi, dopo si piegò verso la vasca, chiuse lo scarico e aprì il rubinetto. In quel momento il rumore principale era lo scroscio continuo dell'acqua.

Si girò verso di me dopo aver chiuso la porta a chiave, il vetro dell'unica finestra che c'era si stava appannando. Era troppo piccola, avrei potuto cercare di fare male all'uomo che si muoveva meccanicamente davanti a me e provare ad uscire ma probabilmente non ci sarei riuscita per colpa dello piccolo spazio che a malapena mi permetteva di vedere cosa c'era all'esterno della casa. 

Mi prese lentamente un polso, feci dei versi di disapprovazione ma lui riuscì comunque a farmi fare qualche passo verso di lui e a farmi uscire dai miei pantaloni.

Portò le mani dietro la mia schiena, prese il gancio del mio reggiseno ed io subito cercai di allontanarmi.

Mi tenne stretta contro di se e, dopo che sbloccò la chiusura del mio reggiseno bianco, fece scorrere le spalline sottili lungo le braccia. Quando lo tolse lo posò vicino alla mia maglia.
Non si soffermò troppo sui miei seni scoperti e per questo feci un leggero sospiro, che mi si fermò in mezzo alla gola quando agganciò con le dita il bordo delle mie mutande.
Rimasi di nuovo ferma, ero agghiacciata da quello che stava facendo e lo straccio contro la mia bocca bloccava le imprecazioni che stavo pensando.
Pregai, pregai di vivere. Pregai di sopravvivere a tutta quella situazione.

Fece scendere le mutande lungo le gambe e le lasciò cadere a terra, mi fece fare un altro passo in avanti e posò l'indumento vicino agli altri, sul lavandino.

Ero completamente nuda davanti a lui e stavo tremando come se fosse pieno inverno e io fossi stata all'aria aperta in mezzo ad una tempesta di neve.

I suoi occhi scuri viaggiarono per una manciata di secondi lungo il mio corpo, dopo mi posò una mano sulla base della schiena e mi spinse con cautela verso la vasca.
Entrai dentro all'acqua calda e lui chiuse il rubinetto.
Mi sedetti e lo fissai. Cosa aveva intenzione di fare?
Si tirò ancora su le maniche, prima di prendere la spugna verde a lato della vasca mi tolse lo straccio dalla bocca.
Non feci neanche un respiro che lui subito parlò, bloccando ogni mio tipo di pensiero.

-Se urli ti affogo in questa vasca.- parlò, la sua voce era diventata così dura che avevo paura a far entrare aria nei polmoni.
Sbarrai gli occhi per le parole e altre lacrime scesero lungo le mie guance, per poi cadere nell'acqua della vasca.

Mi ritrassi quando si avvicinò al mio corpo con la spugna.

Le mie labbra non smettevano di tremare.

-Lasciami andare.- la mia voce uscì roca e bassa. Non la riconoscevo quasi.
Non avevo mai provato così tanta paura in vita mia.

I suoi occhi mi guardarono, fece finta di non aver sentito e iniziò a passare la spugna sulle mie gambe, ogni volta che premeva un po' di più la schiuma usciva dalla spugna e faceva diventare più opaca l'acqua in cui ero immersa.

Le punte dei miei capelli erano bagnate e io feci di nuovo per parlare.

-Per favore.- piagnucolai.

-Te lo dico una sola volta Meghan, stai zitta.-

Neanche mi aveva guardata, neanche aveva posato gli occhi su me e sentii di nuovo la paura creare un nodo alla bocca del mio stomaco.

Rimasi zitta, mentre lui continuò a passare la spugna sul mio corpo.

Quando finì di lavarmi anche i capelli si alzò dalla sua posizione, io lo avevo guardato tutto il tempo. Neanche lui aveva parlato, mi aveva solo pulito in un silenzio che sembrava essere studiato apposta per farmi impazzire ancora di più.

Cercai di fare mente locale, anche il più piccolo pensiero mi richiedeva uno sforzo mentale e fisico enorme. Senza più nessuna forza a sostenermi mi sentivo inerme come una bambina. Arrivai alla conclusione che se avesse voluto uccidermi non avrebbe perso tempo a farmi un bagno, eppure questo pensiero non mi rassicurava più di molto, sembrava pronto ad aggredirmi da un momento all'altro.

Cercavo di creare una qualsiasi scusa plausibile del fatto che non volesse farmi del male, ma la realtà era che, non lo sapevo. Non potevo sapere quello che pensava, quello che mi avrebbe fatto. Lo guardavo muoversi come se non stesse succedendo niente di strano.

-Resterai qui per un po' di tempo.- biasciò, aprì un mobiletto e prese un grosso asciugamano.

Mi fece uscire dalla vasca e mi passò il pezzo di tela su tutto il corpo asciugandomi, dopo mise i miei vestiti in una cesta di vimini. Aspettai cercando di non muovermi neanche di un centimetro. La caviglia ferita mi fece più male dopo il bagno ma comunque provavo ad essere impassibile per non attirare in nessun modo la sua attenzione. 

Avrei voluto parlare, chiedere pietà, dirgli che avevo pochi soldi ma che glieli avrei dati tutti in cambio della mia liberta. Volevo aprire la bocca per dire una qualsiasi cosa ma non ce ne fu il bisogno, come se mi avesse letto nel pensiero i suoi occhi incrociarono i miei in uno sguardo intimidatorio. Subito rivalutai il bisogno di dire qualcosa e serrai la bocca.

Dopo prese l'asciugamano tra le mani e lo stese su un termosifone, prese dei vestiti sempre dal mobile e li posò sul lavandino di nuovo vuoto. Aveva spostato anche la sua giacca. Prese delle mutande scure, mi fece sollevare prima un piede e poi l'altro prima di farle strisciare lungo le gambe e lasciarle sulla vita. Successivamente prese un reggiseno, me lo mise sempre lui e io rimasi ancora ferma. Era come se non avessi più il controllo del mio corpo, sembravo una bambola, che lui poteva vestire e spostare a suo piacimento. Non mi lamentai, aveva paura e non volevo farlo arrabbiare visto che non sapevo quello che avrebbe potuto farmi.

Mi mise dei pantaloni della tuta ed un felpa, erano da ragazza. Come faceva ad averli?

Quando si chinò, feci un passo indietro. Agganciò di nuovo le manette alle mie caviglie, feci un lamento quando il metallo incontrò la mia pelle ferita.

Si alzò e fece lo stesso con i polsi.

Aprì la porta, mi guardò per qualche secondo. Io abbassai lo sguardo, notai alcuni lembi della mia maglia uscire dal cesto, le mie scarpe da ginnastica ai piedi di esso e la sua giacca appena vicino al mobile. Ora addosso non avevo più niente che mi ricordasse la mia vita prima di entrare in quella casa.

Si avvicinò a me e come prima mi prese per la vita prima di caricarmi sulla sua spalla. Non emisi nessun suono, non scalciai. Non volevo un altro suo schiaffo, sapevo che ancora un colpo mi avrebbe stordito i sensi e volevo cercare di rimanere il più vigile possibile dopo essere già svenuta mentre ero nel bagagliaio della sua macchina. 

C'era un corridoio solo, breve, che dava accesso ad una porta e lui si stava dirigendo esattamente in quella direzione.

Aprì la porta, accese subito una luce rivelando la stanza vuota. Tutte le pareti erano state dipinte di bianco. Oltre ad un letto e ad una lampadina che pendeva dal soffitto non c'era più niente, ovviamente neanche una finestra. La piccola fonte di luce faceva fatica ad illuminare tutta la stanza.

Mi posò sul materasso e mi tolse la manetta da un solo polso.

Mi fece sdraiare e subito dopo richiuse il pezzo di ferro attorno ad una delle sbarre che sostenevano il letto. Guardò i miei occhi, riusciva a guardarmi in quello stato pietoso senza dire niente. Sembrava assorto nei suoi pensieri. Inizia a piangere ad alta voce non riuscendo più a trattenermi.

Lui si alzò e mi diede le spalle, spense la luce e se ne andò chiudendo la porta a chiave dietro di se.

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