Miyazawa, come il giorno precedente lo accompagnò per il manicomio.
Chuuya ci stava facendo amicizia e il ragazzino sembrava contento di avere qualcuno con cui chiacchierare.
- Quindi spero di riuscire a tornare a casa per le vacanze.
Gli disse Miyazawa mentre passavano in un corridoio bianco, pulito e uguali a tutti gli altri. Chuuya aveva scoperto che il ragazzo con la parola casa intendeva il piccolo villaggio in montagna dove era cresciuto con la sua famiglia. Quando Miyazawa gli aveva descritto il luogo, a Chuuya era tornato in mente il suo piccolo villaggio ed era stato colto da un'ondata di nostalgia.
- Sembra un posto splendido.
Mormorò Chuuya.
- Lo è. Sono venuto qui a Yokohama per cercare lavoro l'anno scorso. Ma qui è tutto così spento e monotono. Ci sono pochi orti e non ci sono mucche solo enormi gatti ciccioni che dormono sui davanzali delle case.
Si lamentò il ragazzo strappando un sorriso a Chuuya.
- Poi questo lavoro non fa proprio per me, Julia-San. Avrei bisogno di qualcosa di diverso, più verde, incasinato e movimentato.
Erano quasi arrivati alla porta della stanza di Dazai.
Chuuya annuì:
- Posso capirti. Io facevo l'insegnante, ma quel lavoro mi stava veramente distruggendo, mi è servito tutto il coraggio del mondo per licenziarmi.
- Mi piacerebbe licenziarmi è che dopo non saprei più cosa fare. Prima dovrei trovare un altro lavoro. Eccoci arrivati.
- Grazie mille. Se trovo qualche bel lavoro adatto a te ti avviso, a dopo.
- A dopo e grazie a lei, Julia-San.
Rispose Miyazawa allontanandosi, lasciando entrare Chuuya nella solita stanza.
Dazai guardava fuori dalla finestra, esattamente come il giorno prima, quando vide entrare Chuuya gli sorrise, seppure flebile quel sorriso era più vivace di quello del giorno precedente.
- Che bello vederti, Chuuya-Kun.
Mormorò Dazai mentre Chuuya gli veniva incontro stringendo la sua borsetta tra le braccia.
- Spero ben per te che sia bello.
Sbuffò il ragazzo in risposta, appoggiando tre libri sul comodino.
- Ecco tieni, ti ho portato qualcosa da fare.
Gli occhi di Dazai si illuminarono avidi.
- Libri. Cosa mi hai portato?
Chuuya gli passò i tre libri, erano due classici e una rivista che aveva presa in biblioteca quella mattina, così aveva avuto modo di spiegare la situazione a Kunikida.
- Il signor degli anelli, l'ho già letto due volte ma lo rileggo volentieri. Il sole si spegne di Dazai Osamu, ho già letto anche questo, ma lo rileggo e una... rivista del National Geographic?
- Ho pensato ti avrebbe fatto piacere vedere un po' di mondo.
- È il tuo modo per cercare di convincermi ad andarmene da qui?
- Forse... Sì, okay, lo è. Qualche problema?
Dazai scoppiò a ridere e scosse la testa:
- Va benissimo.
Mormorò accarezzando la copertina della rivista che raffigurava un ghepardo delle nevi che sonnecchiava tra su un ramo ricoperto di neve.
Chuuya ridacchiò e si sedette accanto a lui, come l'altra volta, attento a non urtare o tirare i fili della flebo, però a differenza del giorno prima non attaccati al corpo di Dazai.
- È noioso qui? Che fai tutto il giorno?
- Guardo fuori dalla finestra.
Rispose distrattamente Dazai indicando con un cenno della mano il giardino del manicomio fuori dalla finestra. La stanza di Dazai si trovava al secondo piano quindi si vedeva una grande porzione di spazio, un giardino verde e ombreggiato da qualche grande albero.
Chuuya aguzzò la vista è sotto un'albero vide una ragazzina, rannicchiata nel suo camice bianco.
- Quella ragazza l'ho già vista, il primo giorno che sono venuto l'ho incontrata in corridoio.
Dazai annuí:
- La vedo spesso lì, in giardino a non fare nulla. Non so niente di lei. Nessuno sa niente di nessuno qua dentro a dire la verità.
Tra i due, dopo che Dazai ebbe finito di parlare, calò un silenzio piacevole. Un silenzio fatto da pagine sfogliate e sguardi curiosi.
- Hai conosciuto i miei amici, vero?
Chiese Dazai ad un certo punto chiudendo il National Geographic e girandosi verso Chuuya.
- Sì, e tutti mi hanno pregato di salvarti, nessuno pensa che tu sia morto, sai?
- Immaginavo.
Mormorò Dazai. Chuuya restò a guardarlo a lungo, in silenzio, poi si alzò di scatto e gli prese le mani.
- Alzati dai. Ce la fai?
Dazai sembrò titubante, ma molto lentamente, sorretto da Chuuya scivolò fuori dalle lenzuola e piano si alzò in piedi.
Era stato a letto a lungo, Chuuya si stupì che riuscisse a reggersi in piedi con così poca fatica, Dazai, stringendosi agli avambracci di Chuuya per non cadere lo guardò negli occhi scettico:
- E ora cosa vuoi fare? Camminare su e giù per la stanza mano nella mano canticchiando?
Chuuya ghignò:
- Esattamente, deficiente.
Detto ciò si avvicinò a lui appoggiandogli le braccia sulle sue spalle e invitando Dazai a reggersi a lui appoggiandosi ai suoi fianchi.
- Balliamo.
Al sentire quelle parole, più simili ad un ordine che a un invito Dazai sorrise e si rilassò stringendo il ragazzo tra le braccia.
Così cominciarono a ballare.
Non era vera danza.
Si muovevano a casaccio per la stanza, ad un ritmo sfasato tutto loro, sorridendo come pazzi.
Improvvisando qua e là piroette che facevano gonfiare la gonna di Chuuya e ridere Dazai.
Sembravano due bambini.
Era il ricordo delle loro estati d'infanzia che diventava presente.
La nostalgia rendeva i contorni della scena sfuocati, riempiva la stanza del torpore del sonno.
La musica sarebbe stata di troppo, bastavano le loro risate a riempire il silenzio di quel momento.
Dazai con il fiatone dopo aver fatto volteggiare Chuuya si fermò stringendolo al petto.
Chuuya gli rivolse un sorriso decorato da due luminosi occhi blu e lui si vede costretto a distogliere lo sguardo imbarazzato.
A Chuuya a vederlo così si scaldò il cuore, si strinse ancora di più a lui.
Poi le loro labbra si incontrarono, si trovarono. Chuuya non avrebbe saputo dire come era successo, semplicemente era successo e basta, come se lo sapessero entrambi cosa sarebbe accaduto, come se era stato scritto su un copione che loro stavano mettendo in scena.
Un bacio dolce, con un pizzico di passione e un mondo di nostalgia.
Un bacio diverso da quello di otto anni prima.
Eppure la bocca di Dazai aveva lo stesso sapore, le labbra di Chuuya provocavano lo stesso brivido lungo la schiena.
Lì, in quella bianca stanza di ospedale, in quel silenzio rotto da grida lontane e il brusio dei macchinari, potevano sentire lo sciabordare delle onde contro la scogliera e l'odore del mare bruciare i polmoni.
Con quel bacio stavano riscrivendo la storia di otto anni prima, stavano finalmente continuando il racconto come speravano entrambi sarebbe finita, ora era così come doveva andare.
Un pezzo di puzzle che trova il suo posto e completa il disegno.
L'ultima pennellata della mano esperta e insoddisfatta di un'artista prima di incorniciare un quadro.
Semplicemente perfetto e...
Incompleto.
A. A.
No, non mi sono dimenticata di voi...
SCUSATE, SCUSATEMI PER IL RITARDO. Spero di essermi fatta un po' perdonare con questo capitolo, lo so è parecchio sdolcinato per i miei standard, ma nonostante questo sono piuttosto soddisfatta di come è venuto.
A giudicare dai vostri commenti volete un finale felice (:
Vedremo...
Al più presto, bye bye.