UNCONDITIONALLY

By wendygoesaway

1.9K 282 4.2K

L'amore salva, oppure uccide? ⚠️⚠️⚠️ Trigger warning ⚠️⚠️⚠️ Ci sarebbero un'infinità di motivi per cui inser... More

CAPITOLO UNO - silence
CAPITOLO DUE - rebirth
CAPITOLO TRE - tko
CAPITOLO QUATTRO - dawn
CAPITOLO CINQUE - wake up
CAPITOLO SEI - blind
CAPITOLO SETTE - hurricane
CAPITOLO OTTO - wonder
CAPITOLO NOVE - ruthless heart
CAPITOLO DIECI - rondini al guinzaglio
CAPITOLO UNDICI - monster
CAPITOLO DODICI - fra mille baci di addio
CAPITOLO TREDICI - only for the brave
CAPITOLO QUATTORDICI.1 - stand tall
CAPITOLO QUATTORDICI.2 - stand tall
CAPITOLO QUINDICI - point break
CAPITOLO SEDICI - ghost riders
CAPITOLO DICIASSETTE - fiori di Chernobyl
CAPITOLO DICIOTTO - treading water
CAPITOLO DICIANNOVE - farfalla d'acciaio
CAPITOLO VENTI - city of fallen angels
CAPITOLO VENTUNO - paper moon
CAPITOLO VENTIDUE - l'arte di essere fragili
CAPITOLO VENTITRE - if the world was ending
CAPITOLO VENTICINQUE - a forma di origami
CAPITOLO VENTISEI - angels and demons
CAPITOLO VENTISETTE - under my skin.
CAPITOLO VENTOTTO - till the last breath
CAPITOLO VENTINOVE (prima parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO VENTINOVE (seconda parte) - piccola stella senza cielo
CAPITOLO TRENTA - loner
CAPITOLO TRENTUNO - interlude
for you
CAPITOLO TRENTADUE - la di die
CAPITOLO TRENTATRE - sweet lullaby
CAPITOLO TRENTAQUATTRO - TELL ME ABOUT TOMORROW
CAPITOLO TRENTACINQUE - YA'ABURNEE
CAPITOLO TRENTASEI - NEW MOON
!!!
EPILOGO - BANYAN TREE
GRAZIE

CAPITOLO VENTIQUATTRO - ENDGAME.

53 7 137
By wendygoesaway

Ricordo a tutti che, se lo voleste, potete contattarmi in privato per entrare nel gruppo WhatsApp 🌸
Instagram: iamilaa_
Abbiamo creato delle pagine Instagram dei personaggi, vi lascio i nickname qui, se andaste a seguirli sarebbe bellissimo 💙
Vic: moonchild.vic
Ben: ben.oakwood
Sam: sam.stories
abbiamo anche una pagina tik tok, nel caso foste interessati e aveste l'app il nick è lo stesso del mio nome wattpad: wendygoesaway.

Buona lettura! 💘

🚨🚨🚨 !!! TRIGGER WARNING !!!🚨🚨🚨

non so nemmeno cosa dire a riguardo, se non di prestare attenzione e, semplicemente, fate con calma.

spazio autrice:
LEGGETE CON CALMA, NON SALTATE NULLA RISCHIERESTE DI NON CAPIRE!!! PORTATE ATTENZIONE A OGNI SINGOLA COSA, MI RACCOMANDO.
alla prossima settimana (forse)
ila
x

ps -> spero sia perfetto, se no perdonatemi.

CAPITOLO VENTIQUATTRO – ENDGAME.

Does it ever drive you crazy, just how fast the night changes?

Victoria

Dopo tutto, tutti desideravamo un lieto fine, un finale epico, da poesia. Molto spesso, però, non andava così. Come in quell'occasione, come nel nostro caso. In quel momento mi sentii come se il destino di tutti noi fosse già stato scritto e, mi resi ben presto conto, che non potevamo evitare in nessun modo che le cose brutte accadessero. Per quanto noi potessimo immaginare come sarebbe finita, a prescindere da qualsiasi strada avremmo scelto di prendere, a quel punto ci saremmo arrivati in ogni caso. Non c'era nulla, assolutamente niente, che potessimo fare per evitare che accadesse. Capii che non importava quanto ci fossimo impegnati, quanto avevamo fatto per impedire che si ripetesse la storia nuovamente, perché evidentemente era destino che accadesse e a quel bivio ci saremmo arrivati in ogni caso.
In quella strada talmente vuota da sentire l'eco dei nostri pianti e del suo respiro che si faceva via via sempre più lento, ci saremmo arrivati in ogni caso.
Tutte le storie avevano una fine, ma ciò che faceva di un eroe un vero eroe, era anche accettare la sconfitta. Parte del viaggio è la fine, e forse è proprio quella più importante, e il compito dell'eroe è, tra le altre cose, anche questo: accettare che le cose facciano il loro corso, lasciare andare, perdere, a volte, ma sorridere per averci provato.
Quella notte, mentre la tempesta si abbatteva su di noi, capii che le cose erano andate esattamente come dovevano andare.
Capii che Boadicea non ero io e non avrei mai potuto esserlo.

Due ore prima...

- Ripeto la domanda – Scandì ancora Gabriel, come se nessuno di noi lo avesse sentito quando in realtà lo stavamo fissando tutti quanti confusi, chi più chi meno, per la rabbia che gli si leggeva negli occhi. Sembrava stesse per incenerire tutti quanti, e io in un certo senso iniziai a sentirmi proprio fuori posto, addirittura in colpa per essere in quel locale e per aver accettato linvito di Vanessa. - Che cosa diavolo ci fate voi qui? - Domandò di nuovo senza lasciare andare il polso della mia amica.

Carter prese un respiro profondo, strinse i pugni e rimase a fissare la mano di Gabriel stretta attorno al polso di Vanessa, che aveva l'aria confusa e dolorante, probabilmente perché le stava facendo male. Il biondo scattò in avanti spintonando Gabriel, che automaticamente lasciò la presa su Vanessa e barcollò all'indietro alzando le braccia in segno di resa. - Tu non la devi toccare. - Sibilò il mio amico con gli occhi stretti a una fessura e lo sguardo fulminante, di chi avrebbe potuto uccidere, per lei.

Gabriel fece un sorriso nervoso e annuì lanciando un'occhiata al suo migliore amico, alle spalle di Carter, che stringeva Katherine e la attirava a sé cingendole la vita con il braccio. Stava guardando Gabriel, come se stesse provando a dirgli qualcosa, ma il ragazzo sembrava sempre più teso e disturbato. - Dovete andarvene da qui, adesso. -

- Mi sembra che tu stia esagerando, Gabriel. - Intervenne a quel punto Ryan facendo un passo avanti e fissandolo intensamente. Non era chiaro se lui sapesse ciò che stava succedendo, ma era ovvio che lo sapesse Katherine, tanto che lanciava occhiate supplicanti a Gabriel, e aveva l'aria di chi si sentiva terribilmente in colpa e a disagio. Ryan e Gabriel sembravano avere idee contrastanti, come se non fossero daccordo, e mi domandai se fosse sempre stato così, se lui avesse sempre provato a dirci la verità ma gli fosse stato impedito, magari proprio da lui. - Se mandi via loro, allora devi mandare via tutti. - Gli disse indicando la pista da ballo con gesto della mano e facendo roteare il polso alzando le sopracciglia con aria di sfida.

- Sarebbe anche meglio. - Rispose lui guardandosi intorno. - Ci sono troppe persone. - Sibilò a denti stretti rivolgendosi, a quel punto, alla mia migliore amica. - C'è in gioco troppo: voi non potete e non dovete stare qui. - Katherine sospirò scuotendo la testa e portandosi le mani sul viso, sfuggendo allo sguardo confuso del suo ragazzo, di Sam, mio e anche di Gabriel. Ognuno di noi sembrava aspettarsi una risposta da lei, un intervento, qualcosa che ci potesse dire cosa effettivamente dovevamo fare, ma lei continuava a scuotere il capo e sfregarsi gli occhi nervosamente, mordicchiandosi le labbra.

- Adesso basta – Esclamò Ben scocciato e infastidito. Nessuno aveva ancora osato parlare, per cui sintromise con impazienza, fronteggiando lagente che non si sdegnò dallo squadrarlo come se fosse disgustato da lui. - Sono stufo del vostro modo di parlarvi codice, tagliamo un po' corto e diteci cosa sta succedendo. -

- Quante volte devo ancora ripeterti che tu devi starne fuori e farti i fatti tuoi? - Tuonò Gabriel verso di lui e posando le mani sui fianchi.

Non faceva che ripeterlo: era l'unica cosa che diceva, in continuazione, soprattutto a Benjamin. Mi chiesi se significasse qualcosa, mentre provavo a leggere tra le righe in quella conversazione nella quale, per capire a tutti gli effetti, era evidente che dovessi essere messa al corrente ancora di un tassello importante, un pezzo del puzzle che sembrava non avere nemmeno Ryan, qualcosa che Katherine, però, sapeva. - Sai dire solo questo – Sbottò Ben roteando gli occhi al cielo. - Non fai altro che ripeterlo, in continuazione. Si è per caso rotto il disco? - Domandò con una punta di sarcasmo fin troppo evidente.

Gabriel si spazientì dopo quella provocazione, tanto che strinse i pugni e serrò la mascella provando a mantenere la calma. Scrollò le spalle chiudendo gli occhi, come se stesse contanto mentalmente, e tornò a fissare Katherine, la quale però faceva di tutto per evitare i nostri sguardi, soprattutto i suoi.

- Non possiamo andare via e fare finta di niente per la tua bella faccia, bell'imbusto. – Esclamò Sam sogghignando e facendo un passo avanti lanciando un'occhiata a Katherine al di sotto delle sue ciglia scure. Aveva capito quanto lei si sentisse a disagio, quanto la situazione le mettesse ansia. - Non dal momento che ormai siamo qui, e soprattutto perché tu vuoi mandarci via da un locale come se fossimo dei cani e ci fosse vietato lingresso. -

Carter si era estraniato completamente dalla conversazione, così come Vanessa, la quale era stretta al suo ragazzo e teneva la testa posata al suo petto, preoccupata, nervosa, agitata e leggermente ubriaca, oltretutto.

- Io non mi posso occupare anche di voi, questo lo capite oppure no? - Lo sguardo di Gabriel era furente ed era così esasperato che alla fine lasciò la pista da ballo con le braccia in aria e imprecando per la disperazione. Probabilmente ci stava maledicendo ed ero certa che se avesse potuto ammanettarci tutti per farci stare zitti e buoni lo avrebbe fatto senza alcun tipo di problema.

Ryan lo seguì sbuffando e roteando gli occhi al cielo, dopo aver lasciato la mano di Katherine e scosso la testa borbottando fra se e se. La ragazza alzò le braccia con occhi e labbro tremanti, facendomi chiaramente capire che stava trattenendo le lacrime, mentre mio fratello la osservava al di sotto delle lunghe ciglia, trattenendo l'impulso di avvicinarsi a lei e stringerla fra le braccia, probabilmente. Ben piegò la testa di lato confuso, strinse gli occhi a fessura e seguì i movimenti del fratello, dopo che si era fermato e aveva tirato Gabriel per il braccio, sembrava anche parecchio arrabbiato, osservandolo da quella distanza. Io e Vanessa ci scambiammo un'occhiata ed io deglutii rumorosamente facendole cenno verso l'esterno del locale, ma lei, invece, indicò il bancone con il dito e guardò poi tutti gli altri. Katherine, dal canto suo, iniziò a guardarsi intorno alzandosi sulle punte dei piedi, ma dopo aver girato su stessa alla fine sospirò e spostò lo sguardo nei miei occhi, mordicchiandosi il labbro e scuotendo la testa. Sembrava che mi stesse dicendo che non c'era nulla da fare, tanto che si avvicinò a me, prese la mia mano e mi trascinò fuori dalla pista sotto gli sguardi turbati dei ragazzi.

Ci trovavamo vicino ai bagni, soltanto io e lei, e la mia migliore amica faceva ballare le gambe con la mano posata sul petto e il respiro corto. Lanciai un'occhiata ai ragazzi che, guidati da Vanessa, si spostarono verso il bancone mentre lei tentava di tenerli impegnati. Ryan stava discutendo con Gabriel, gesticolando animatamente e sembrava che si stessero urlando addosso, per cui mi voltai verso Kat, che li osservava con le lacrime agli occhi e mordicchiandosi le unghie nervosamente.

- Kat – Dissi cercando il suo sguardo. - C'è altro che non ci hai detto? - Temevo un po' la risposta, onestamente, soprattutto perché da come guardava il suo ragazzo e Gabriel sembrava che persino lui non fosse al corrente di un tassello che, in realtà, era fondamentale. Katherine tornò a guardarmi negli occhi e deglutì portando il viso al cielo e prendendosi la testa tra le mani, così la presi per il gomito e la trascinai dentro al bagno dove, visto che non cera nessuno, avrei potuto farla parlare liberamente. - Che cosa sta succedendo? Perché volete che ce ne andiamo? -

- Ho dovuto accettare – Disse dun tratto e cominciando a camminare avanti e indietro sfregandosi il viso con le mani. - So che il rischio è alto ma non potevo dire di no, lo capisci? E non mi aspettavo di trovarvi qui, credevo foste tutti da Sam. Io... - Alzò gli occhi al cielo e si asciugò le lacrime con le dita, tirando su con il naso e respirando affannosamente, annaspando in cerca di ossigeno, quasi.

Le sue iridi verdi erano sempre state ricolme di speranza, quella scintilla luminosa che mi aveva rapito il cuore fin dallinizio. Quando le sue labbra sorridevano, sorridevano anche i suoi occhi, e quando lei sorrideva ed era felice, lo ero anche io. In quel momento quella luce che laveva sempre caratterizzata non cera più, era scomparsa del tutto, la speranza era sparita e il verde dei suoi occhi non era intenso come lo era sempre stato, era macchiato da ansia, tristezza, angoscia, senso di colpa e dolore. Quel dolore inarrestabile, tenebroso, cupo, che ti teneva sveglio la notte e si nutriva di ogni cosa bella che cera nella tua vita, portandoti alla totale e triste apatia. Era lo stesso sguardo di Benjamin, lo stesso mio, di Sam. Eravamo spezzati, chi più chi meno, ma lo eravamo tutti quanti, la furia del terremoto ci aveva travolti uno dopo laltro. Katherine non sembrava più la mia Katherine in quel momento, ed io mi ritrovavo persa in balia del vento e della confusione: era sempre stata lei quella a tirarmi su il morale, a fare in modo che pensassi positivo, a portare la luce e il sorriso nella mia vita, io non ero in grado di fare una cosa di quel tipo, non lo ero mai stata. Ero sempre la parte buia nelle vita delle persone che amavo, il nero. Mentre mi fissava cercando delle risposte nei miei occhi, che ovviamente non avevo, mi resi conto che non sapevo che cosa fare, cosa dire, come muovermi. Ancora non avevo metabolizzato la storia di poco prima, non sapevo più nulla. Ogni mia certezza era crollata, insieme a lei. - Cosa hai fatto, Kat? - Domandai ancora una volta nella speranza che mi desse una spiegazione.

- Gabriel è qui per arrestarli – Sussurrò stringendo i pugni e distogliendo lo sguardo.

Rimasi a bocca asciutta e deglutii sperando che il piano che avevano non fosse quello che stavo immaginando, perché se fosse stato così avrei strozzato Gabriel con le mie stesse mani. - Arrestare chi? - Sollevai le sopracciglia arretrando di un passo e fissandola scrutando i suoi movimenti e le espressioni del suo viso.

Cera qualcosa, nella mia testa, come un campanellino dallarme che mi diceva che qualcosa non andava e che dovevo stare attenta, che qualsiasi cosa avessero in mente quello non era il momento giusto, soprattutto per lei, per il terrore che leggevo nei suoi occhi, la paura che la faceva tremare sin da quando aveva visto me e Vanessa. Mi sentii sullorlo di una crisi di nervi: vederla così e non sapere cosa fare, essere lì per aiutarla ma senza aiutarla davvero, mi distruggeva in un modo inspiegabile. Dopo tutto quel tempo, dopo ciò che lei era per me, non riuscivo nemmeno a trovare le parole, non riuscivo a fare qualcosa per lei che fosse utile in qualche modo, che potesse realmente sostenerla. La mia presenza non bastava, non in quel momento, la mia vicinanza non sarebbe stata sufficiente e tutto ciò non faceva altro che alimentare la mia paranoia e dar voce ai miei pensieri più cupi e quelli più tristi.

Vacillai quando vidi il riflesso dei miei demoni nello specchio alle spalle di Kat, quando vidi le loro mani da mostro aprirsi lentamente per afferrare la mia migliore amica, e fu lì che sentii il mio cuore perdere un battito, rendendomi conto che avrei fatto di tutto per risparmiarle quella sofferenza. Cercai di non farmi prendere dal panico e rimanere il più lucida possibile, nonostante tremassi come una foglia e nonostante lalto volume della musica non mi stesse aiutando, mi aggrappai a Katherine, a ciò che eravamo, al suo sguardo perso e al fatto che lei aveva bisogno di me, che dovevo fare qualcosa, che dovevo reagire e respingerle, per lei.

Sei inutile.

La nube nera entrò nella stanza dalle fessure sotto la porta, dalla fessura della finestra, circondandoci e ricoprendoci completamente. Respirai con calma, il più lentamente possibile, cercando di regolarizzare i battiti del mio cuore e ripetendo costantemente il nome di Katherine. Pensai al sorriso della mia amica, alla prima volta che lo vidi e ai suoi occhi brillanti, alla prima volta che mi prese per mano e mi trascinò nella pista da ballo. Il mio punto fisso, in quel momento, doveva essere lei. Non era reale. La nube nera non era davvero lì. Ceravamo solo io e Katherine.

Quando aprii di nuovo gli occhi barcollai leggermente con la mano posata sul cuore, con i capogiri e con le gambe tremanti, ma le ombre erano scomparse. Cera di nuovo solo la mia migliore amica.

- Loro – Disse soltanto. Prese un respiro profondo e mi guardò negli occhi, in preda al panico, come se si fosse resa conto che, forse, non avrebbe dovuto accettare. - Vic – Deglutì rumorosamente e io rimasi a fissarla con il cuore che batteva a mille, con la testa che girava a causa di tutto ciò a cui stavo pensando. La situazione peggiore era che li volessero attirare con Katherine che faceva da esca e, se fosse stato così, quella a finire dietro le sbarre sarei stata io, perché avrei strozzato sia Gabriel che Ryan con le mie stesse mani. - Loro sono qui. - Sussurrò deglutendo rumorosamente e dandomi le spalle stringendosi in se stessa.

Katherine fece qualche passo avanti, fissando la sua figura riflessa nello specchio e piegando la testa di lato scostò i capelli dietro la schiena, mostrando il collo e passandoci i polpastrelli sopra. Avrei voluto posare una mano sulla sua spalla, intrecciare le mie dita alle sue e dirle che andava tutto bene, ma pensai che, a giudicare dalla sua espressione, la sua mente fosse accecata dai flashback di quella di notte e che quindi anche solo sfiorarla lavrebbe allarmata e spaventata. Il suo sguardo vacillò, le sue iridi tremarono e si riempirono di lacrime nuovamente, finché non prese un respiro profondo trattenendo un singhiozzo, e mi guardò negli occhi attraverso il riflesso. - Mi ha colta alla sprovvista – Bisbigliò a voce così bassa che se non fossi stata a un centimetro da lei probabilmente non sarei riuscita a sentire la sua voce. - Stavo camminando verso casa, con le cuffie nelle orecchie, e non lho sentito arrivare. - Continuò trattenendo il respiro e stringendo i pugni. - Mi è piombato addosso stringendomi tra le braccia, mi ha tappato la bocca e stringeva la mia gola. Stringeva così forte che non riuscivo a respirare, mi trascinava con se e si addentrava nel parco, allontanandosi sempre di più dalle case, dalle persone, dove se io avessi urlato non mi avrebbero potuta sentire. Ci ho provato – Disse poi tremando e chiudendo gli occhi a causa di quel ricordo che sapevo benissimo fosse fin troppo vivido nella sua mente, troppo fresco per far sì che riuscisse almeno a respirare raccontandolo. Anche nella mia testa i ricordi di mio padre pulsavano ancora con violenza e non riuscivo a dimenticare le sue mani su di me o i lividi che mi aveva lasciato. Era assurdo il modo in cui i ricordi belli, quelli che volevi portare per sempre con te, svanissero lentamente con il tempo, ma quelli più brutti, gli incubi, rimanessero lì e facessero radici, senza andarsene mai. Avevo trovato un appiglio io, lo avevo trovato in Benjamin e nei suoi abbracci che mi facevano sentire protetta, al sicuro, lo avevo trovato nei sorrisi di mio fratello, nelle risate delle mie amiche, ma il fatto che riuscissi a farmi toccare e abbracciare da tutti loro, perché mi fidavo, non significava che avessi dimenticato quello che mio padre mi aveva fatto. Non avrei mai potuto dimenticare, quei segni sarebbero rimasti per sempre sulla mia pelle, li avrei visti fino alla fine dei miei giorni, non cera modo di cancellarli, di cancellare il passato o ciò che cera stato. Era la mia storia, e quella che stava vivendo Katherine era la sua, non avrebbe mai dimenticato, avrebbe solo potuto accettarlo e reagire, ma dimenticare, quello mai. - A urlare e divincolarmi, io ci ho provato. Ho usato tutte le mie forze, ma non ci sono riuscita. Lui era troppo forte, troppo più alto, troppo tutto, rispetto a me. Ero paralizzata dalla paura Vic: non riuscivo a muovere un muscolo, era come se i miei piedi fossero incatenati a terra e nemmeno con tutta la volontà possibile sarei riuscita a spostarmi, a muovermi, a levarmelo di dosso. Mi aveva sbattuta contro lalbero, e non avevo più via di scampo. Ha spostato la mano sul mio collo e poi ha stretto. Stai zitta continuava a dirmi. Stai zitta e non ti farò del male, però lo stava facendo, e io non riuscivo a respirare. Tossivo e annaspavo in cerca di aria, mentre tremavo come una foglia sperando che arrivasse qualcuno, che venissero a salvarmi. Mai in vita mia ho avuto paura del buio e della solitudine come in quel momento, mai in vita mia ho pregato che qualcuno mi salvasse, che sentisse le mie urla anche se in realtà non cerano. Però non arrivava nessuno e lui stringeva, e stringeva e stringeva ancora. Mi teneva ferma con tutto il suo corpo e con laltra mano toccava dove non doveva toccare. - Chiuse gli occhi mentre le lacrime le bagnavano le guance e mentre le sue mani tremavano come se fosse stata di nuovo in quel parco da sola, al buio, a sperare che qualcuno arrivasse per lei. - Se non fosse arrivato Gabriel non so cosa sarebbe successo, è stato lui a salvarmi. - A quel punto si voltò e si appoggiò al lavandino, posando entrambe le mani sopra di esso e stringendo le dita attorno al bordo. Aveva lo sguardo basso e i miei occhi puntati addosso: la capivo più di qualsiasi altra persona e sentivo il suo dolore sulla mia pelle come se fosse stato il mio. - Io lo so che poteva andare peggio, che poteva succedere di tutto e che devo solo ringraziare Gabriel, ma ci sono notti ancora adesso dopo mesi, in cui non riesco a dormire. Le prime settimane sono state un inferno, e quando Sam è stato da me, quando sono riuscita a farmi toccare da lui senza spaventarmi, per me è stato come ritrovare me stessa dopo essermi persa. - Disse alla fine tornando a guardarmi. - Quanto ci hai messo a superarla? - Mi chiese battendo le palpebre e portando il viso al cielo.

Pensai di dirle che doveva soltanto darsi del tempo, ma in realtà non sarebbe servito a molto. Cerano ferite che nemmeno il tempo era in grado di curare, così profonde che potevi aspettare tutta la vita, ma non si sarebbero mai risanate. Semplicemente si imparava a conviverci: era triste da dire, brutto e doloroso, ma era la pura e semplice verità. Non avevo mai mentito a Katherine e, anche se dolorosa, le avevo sempre detto la verità, così come lo avrei fatto anche in quel momento. - Non lho mai fatto. - Sussurrai distogliendo lo sguardo. In quel momento, chi diede le spalle allaltra fui io. Era estremamente triste dirle una cosa di quel tipo, me ne rendevo conto, soprattutto perché da come me lo aveva raccontato e dal modo in cui mi aveva parlato, mi sembrava che necessitasse disperatamente di sapere quando sarebbe finita quella tortura, quando sarebbe tornata a stare bene e quando avrebbe smesso di sognare quella notte. Ma gli incubi non sarebbero mai finiti, il trauma non se ne sarebbe mai andato, avrebbe solo imparato a conviverci, che era una cosa completamente diversa. - Kat io non ti voglio mentire, e se potessi ti direi che fra due mesi passerà tutto e che ti sentirai come se nulla fosse successo – Mi voltai a guardarla negli occhi di nuovo, stringendomi nelle spalle e con le lacrime agli occhi. Scossi il capo e sospirai profondamente, soprattutto perché sentii il nodo in gola stringersi e portarmi a soffocare, quasi. - Però non posso farti questo, io non ti posso mentire. Non sarà mai più come prima. - Accarezzai le mie braccia, stringendo gli occhi e lasciando cadere una lacrima, mentre affondavo nella costellazione dei miei ricordi dinfanzia. Nella mia mente, era come se io fossi sdraiata in un prato a guardare il cielo e le stelle, in quel momento, e ogni puntino luminoso, ogni piccola stella, rappresentasse un mio ricordo. La cosa triste era che nessuno di quei ricordi era bello, nessuno di quelli era felice, riguardavano tutti ogni cosa brutta che mio padre mi aveva fatto. Avevo deciso di dare un nome a quella costellazione, e di chiamarla Victoria, in modo da ricordarmi che nonostante desiderassi disperatamente dimenticare e cancellare tutti quei ricordi, in realtà ognuno di essi era il tassello fondamentale di qualcosa, perché senza una sola di quelle stelle la costellazione non sarebbe potuta esistere. I miei ricordi facevano parte di me, caratterizzavano la persona che ero diventata, e non avrei mai potuto dimenticare, cancellare o svegliarmi senza uno di quei ricordi. - Purtroppo questa cosa farà sempre parte di te e quella notte non la dimenticherai mai. Con il tempo ti abituerai al ricordo, piano piano il dolore diminuirà e ci penserai sempre meno, grazie allaiuto delle persone che ami e alla tua forza di volontà, soprattutto. Non ti posso promettere che un giorno parlerai di quello che è successo senza versare nemmeno una lacrima, ma posso dirti che parlarne e raccontarlo fa bene, ti aiuta tantissimo. - Le presi la mano e le baciai il dorso con un sorriso, osservandola da sotto le ciglia e accarezzandole il viso. Le sue iridi erano così scure rispetto al solito, sembrava quasi che le screziature del verde speranza fossero rincorse dalle ombre. - Ci tengo a dirti una cosa – Le dissi tossicchiando e asciugandomi le lacrime. - In tutti quegli anni io non ho mai avuto nessuno con cui parlare di questo, che poteva capirmi. Quando ho conosciuto Sam la mia vita è cambiata radicalmente, perché è stato lui a salvarmi, ma è cambiata anche quando ho incontrato te, Kat. Voglio che tu lo sappia, adesso, perché sento che dopo tutto quello che entrambe abbiamo passato, è giusto che io te lo dica. Tu per me ci sei stata fin dal primo momento e io voglio darti tutto quello che tu mi hai dato. Ero abituata a fidarmi solo di me stessa, ogni passo che facevo per me era una tremenda fatica, è stato come se io avessi camminato in salita per tutto questo tempo. Ero abituata a guardarmi le spalle costantemente, a difendermi da tutti e riuscivo a malapena a tollerare che qualcuno respirasse al mio fianco. Mi hanno sempre considerato come una bambina da proteggere, per tutta la mia vita mi sono sentita come se le persone che amavo tentassero di proteggermi da me stessa, come se fossi troppo fragile per affrontare questo mondo. Poi sei arrivata tu e mi hai sorriso, quel giorno al campus. Ho pensato di non aver mai visto un sorriso più sincero e caloroso del tuo, così innocente che aveva fatto sorridere anche a me. Sei stata la mia prima vera amica Kat, praticamente lunica donna della mia vita, e lo sarai per sempre. Potrei stare qui in eterno a descriverti e dire solo cose belle, perché sei così pura Katherine che questo mondo non ti merita. Dopo tutto questo, dopo che ti sei fatta carico dei miei problemi, dopo che mi hai ascoltata ridere e piangere giorno dopo giorno, io non mi sono resa conto che stavi soffrendo e credimi se ti dico che ho il cuore a pezzi e mi sento un vero schifo per non aver capito che avevi bisogno di me più che mai. Voglio solo dirti che comunque vada, io sarò con te. Sarò dalla tua parte e voglio essere lunica zattera stabile in questo mare di incertezze in cui stai affogando. Sei la mia migliore amica, Katherine, lo sei stata fin dallinizio e voglio davvero che tu sappia che farei qualsiasi cosa per te. Vinciamo insieme e perdiamo insieme, supereremo tutto questo insieme, adesso e per sempre. - Conclusi accarezzando il suo viso e asciugandole le lacrime con un sorriso. Stava piangendo così tanto che le si erano gonfiati gli occhi, così per strapparle un sorriso le feci una linguaccia, facendola ridacchiare e scuotere la testa. Borbottò a se stessa, mentre si guardava allo specchio, ed imprecò per il trucco rovinato dicendo che quando piangeva era bruttissima e inguardabile. Le diedi uno schiaffo leggero sulla nuca e diventai seria di nuovo in mezzo secondo, posando le mani suoi fianchi e fulminandola con lo sguardo. - Sei bellissima anche quando piangi, stupidina – Affermai abbracciandola e ciondolando con lei fra le braccia.

Abbracciare Katherine equivaleva a sentirsi a casa, al riparo e protetti. Aveva un sacco bisogno del contatto fisico lei, infatti sapere che le avevano portato via una delle cose che per lei manifestavano laffetto più di qualsiasi altro piccolo gesto, un po spezzava il mio cuore. Era come privare delle sue ali a un angelo, non sarebbe mai più stata la stessa, ma io volevo cederle tutto ciò che avevo per porvare a far sì che non si perdesse, non del tutto almeno. Non potevo impedirle di soffrire e di porvare quel profondo dolore che sentiva nel petto, ma forse con un abbraccio e un sorriso potevo renderlo meno pesante, forse se lo avessimo condiviso, saremmo arrivate alla fine, felici.

Quando sciolsi labbraccio la porta si spalancò allimprovviso facendo sobbalzare sia me che Kat. La testa rosso fuoco di Vanessa sbucò dal nulla, come se galleggiasse nellaria, mentre aveva il sorriso di chi era davvero ubriaca marcia, e barcollava verso di noi inciampando nei suoi stessi passi. Mi lasciai sfuggire una risatina osservandola, perché in poche occasioni era stata a quei livelli, e vederla in quello stato suscitava tanto divertimento, soprattutto perché quando poi la mattina dopo le raccontavi ciò che aveva fatto lei si fingeva disinvolta e diceva che non era assolutamente vero. - Wow – Esclamò battendo le palpebre e piegando la testa di lato stringendo il cocktail nella mano destra e avvicinandosi a noi. - Ops – Ridacchiò grattandosi la parrucca e lanciando occhiate a me e Kat. Scoppiò a ridere e si morse il labbro inferiore osservandoci nella più totale confusione. - Ero venuta qui a dirvi qualcosa... – Disse senza smettere di ridere. - Ma non mi ricordo cosa – Posò il bicchiere sul bancone e le braccia sul fianco. Sembrava divertita e, nonostante non fosse una cosa sana, pensai che tutti noi ne avremmo avuto bisogno dopo tutto. - Ah no – Si grattò il mento e poi mi guardò negli occhi. - No, forse dovevo fare pipì – Si avviò verso il bagno ed entrò senza tanti giri di parole, ma poi uscì di nuovo e ci rise in faccia posando la mano davanti alle labbra dopo essersi schiaffeggiata la fronte. - Cazzo! Ero venuta a dirvi che dovete venire fuori con noi!! - Esclamò sbattendo la porta del bagno e posando entrambe le mani sul viso. - Ma proprio subito! -

Vanessa non ci diede nemmeno il tempo di rispondere perché prese entrambe per il polso e ci trascinò fuori dal bagno, portandoci sotto al palco dove facevano la musica dal vivo, di solito. Il jitters era molto conosciuto anche per quello: era uno dei pochi bar a Stratford che ospitava band e cantanti a fare le serate. Quella sera, però, non cera nessuna band, tanto che il palco era vuoto e gli strumenti erano semplicemente a lato, invisibili a distanza poiché cera buio e lunica cosa che ci illuminava erano le luci stroboscopiche. Mi voltai per guardarmi intorno, seguita da Kat, e trovai Sam, Carter e Gabriel che parlottavano tra di loro. Ryan e Benjamin erano spariti, tanto che rimasi perplessa e mi avvicinai a mio fratello tirandolo per la manica della maglia osservandolo visibilmente confusa. - Dovè Ben? - Domandai sussurrando al suo orecchio.

Sam si voltò ad osservarmi e, senza una motivazione precisa, mi baciò la testa e mi attirò al suo petto, mi fece voltare e indicò il palco con la mano.

Ben era seduto al piano, con un sorriso stampato sul viso e osservava la tastiera con la testa piegata di lato e una vispa curiosità. Lanciò unocchiata verso di noi, lì sotto, che osservavamo la scena a pochi passi di distanza dal palco. I ragazzi fischiavano e applaudivano, mentre io ero confusa e sorpresa, soprattutto perché mi aveva rivelato di non aver mai suonato in pubblico perché aveva ansia da prestazione, ma ad ogni modo vederlo sorridere così, vedere i suoi occhi illuminarsi così divinamente guardando quella tastiera, mi fece vibrare il cuore. Posai la testa sul petto di Sam e mi coprii le labbra con le mani, scuotendo il capo e sorridendo, poi mi avvicinai al palco e lo invitai a venire da me. Ben si inginocchiò e sollevò le sopracciglia con fare ammiccante, poi mi sorrise. - Vuoi dare un bacio alla rockstar? - Domandò scrutandomi negli occhi e accarezzandomi il viso con dolcezza e delicatezza.

Nei suoi occhi, quella sera, riuscii a vedere un briciolo di speranza in quel momento: il Benjamin che mi faceva ridere, quello che pensava sempre positivo, quello raro quanto un diamante come il loro colore in quelloccasione. Le luci colorate riflettevano sui suoi ricci e pensai nuovamente che non ci fosse niente al mondo di più bello di lui. Sfiorai il suo viso con la mano e annuii sorridendo leggermente, facendolo avvicinare tirandolo verso di me per il colletto della maglietta e osservandolo da sotto le lunghe ciglia mentre posava la fronte sulla mia delicatamente, avvicinando le sue labbra alle mie e sfiorendole con estrema lentezza, permettendomi di assaporare il suo profumo e desiderare quel bacio dal profondo del mio cuore. Mi sentii così piena di amore, così in pace nel momento in cui i nostri respiri si mescolarono, che quando posò le sue labbra sulle mie e premette con forza, un brivido percorse la mia spina dorsale. Mi alzai in punta di piedi, posai le mani dietro il suo collo e mi feci più vicina, perché volevo assaporare quella tranquillità e i suoi sorrisi il più a lungo a possibile. Le sue labbra sapevano di tabacco e alcol, di amore e gioia, di sogno ma anche realtà. - Che ci fai qui sopra? - Chiesi allontanandomi e aggrappandomi alle sue mani per sbilanciarmi un po con la certezza che mi avrebbe tenuta stretta e non mi avrebbe cadere.

- Credo di essere ubriaco – Disse guardandomi dallalto e facendo una smorfia. - Però ti prometto che da domani basta. Mi sono lasciato un po andare stasera, lultima volta. - Mi osservava come se mi stesse chiedendo scusa: gli occhi dolci, che avevano una certa luce, come se quella sera si sentisse davvero felice e invincibile.

- Ben - Cominciai a dire scuotendo la testa. Il fatto era che guardandolo, mi resi conto che luce della speranza si era riaccesa nel suo sguardo, come se ciò che gli avevamo detto quel pomeriggio aveva avuto uno scopo davvero. Lui piegò la testa e sollevò le sopracciglia, pregandomi di lasciarlo fare e di rimanere lì con lui. Tra quella coltre di dolore la rivedevo, la luce di cui tutti noi avevamo bisogno. Ben era sempre stato quello che non si arrendeva mai, quello che faceva di tutto per le persone che amava, e vederlo così distrutto e prosciugato dalla forza di volontà aveva sbilanciato lequilibrio di tutti noi. Era come se camminassimo su un pavimento ricoperto di vetri rotti, lui era sempre stato quello che prendeva la nostra mano e ci aiutava ad andare oltre, oppure quello di noi che piuttosto che permettere che ci facessimo del male, ci camminava al posto nostro. Alla fine sospirai e alzai le braccia in segno di resa, scrutandolo in viso e accarezzandolo, prima di dargli un altro bacio e lasciarlo andare.

Sentii Katherine scoppiare a ridere allimprovviso, non molto distante da me, e mi voltai ad osservarla curiosa, insieme a Ben che lentamente si alzava in piedi e piegava la testa di lato. - Chiamami pure Jim Morrison – Stava dicendo Ryan con la chitarra al petto e strimpellando accordi a caso. - Smetterò di amarti solo quando un pittore sordo riuscirà a dipingere il rumore di un petalo di rosa cadere su un pavimento di cristallo di un castello mai esistito. - Mentre recitava a memoria una delle frasi più celebri della rockstar mi ritrovai a sorridere pensando che nei suoi occhi, quando guardava la mia migliore amica, riuscivo a leggerci soltanto puro amore.

- Ci diamo una mossa su quel palco? - Gridò Carter alle nostre spalle. - Sono qui per ballare non per assistere a unopera teatrale di Shakespeare razza di stronzi! - Esclamò attirando Vanessa tra le sue braccia. La mia amica si strusciò sul suo petto e si lasciò sfuggire un risolino, ballando stretta a lui e ad occhi chiusi. Carter la guardava come se fosse la cosa più bella del mondo, lunica persona esistente di cui gli importava, e mi fece sorridere il modo in cui erano stretti luno allaltra, come se fossero una sola persona.

Io e Kat tornammo dai ragazzi, qualche passo dietro a noi, lasciando Ryan e Ben sul palco a scambiarsi occhiate strane. Sembrava che si capissero tra di loro, soprattutto quando il mio ragazzo prese di nuovo posto allo sgabello della tastiera e suo fratello si avvicinò a lei stringendo la chitarra con aria seria e concentrata. Non avevo mai visto o sentito Ryan suonare, per cui sotto quel punto di visto ero anche contenta di averne loccasione. - Come quando eravamo bambini. - Disse alzando gli occhi su suo fratello.

Ben gli lanciò uno sguardo in risposta e sorrise, sorrise davvero. Erano così vicini in quel momento che mi venne istintivo abbracciare Sam e stringere le sue mani dopo avergli lasciato un dolce bacio sulla guancia e avergli strappato un sorriso. Nonostante avesse visto Kat con Ryan, sembrava ugualmente in pace con se stesso e rilassato, e non sembrava più nemmeno detestarlo come faceva prima. Stare accanto a Sam mi faceva sentire al sicuro e, nonostante sapessi che fosse una serata completamente sbagliata per sentirsi felici, in realtà lo eravamo: lo eravamo tutti. Kat si era aperta con me e Vanessa ed ero sicura che le aveva fatto bene parlare con noi e averci detto la verità; io avevo rivalutato Ryan, nonostante lo stessi facendo da tempo, dopo il racconto di Katherine avevo la certezza assoluta che non fosse una persona cattiva, che fosse come suo fratello, e che tutto ciò che faceva da tempo era amare Kat e ricomporre il suo rapporto con Ben. Tornai a sentire le emozioni di quellestate, soprattutto quando sentii la canzone che i ragazzi stavano suonando. - Questi sono i giorni migliori della nostra vita. - Sussurrai stringendomi a Sam quando affondò il viso fra i miei capelli provocandomi un sorriso.

Carter si avvicinò a me e, dopo aver preso per mano anche Kat, ci fece fare una giravolta mentre le voce dei ragazzi colorava quel momento di gloria, tutto nostro. Mi sembrava che fossero riusciti a cancellare tutta la tristezza, tutti i racconti colmi di dolore di quella sera. Sentivo sulla mia pelle la libertà, mentre ballavo con i miei amici pensando solo a quanto fossimo ebbri di quella gioia, di quanto fossimo felici di sentirci così liberi. Non volevo smettere mai di sentirmi così, di ridere come se fosse lunica cosa che realmente contava nella vita, di sentire la musica nelle ossa e lasciarmi trasportare ubriaca di quelle sensazioni.

- Senti Arlecchino dei miei stivali – Sentii Carter borbottare e quando riaprii gli occhi trovai lui che fissava Gabriel con le sopracciglia sollevate, con Vanessa al suo fianco che barcollava e batteva le palpebre ridendo delle sue parole.

- Non è Arlecchino ignorante – Intervenne Sam piegando la testa di lato e osservando il ragazzo dagli occhi verdi. Lo scrutò battendo le palpebre e sfarfallando le lunghe scure e posando il braccio sulla mia spalla sorridendo. - è Tails, quello di Sonic. Carter sei proprio stupido, come fai a non vederlo? -

Gabriel scoccò unocchiata a mio fratello e gli fece locchiolino indicandolo, poi tornò a guardare Carter e gli fece un cenno del capo tirandolo per il braccio. - Tu mi piaci, ora andiamocene – Decretò rivolgendosi a Sam e tirando, poi, Carter per il braccio.

- Tu a me no, in realtà – Gli rispose Sam. - E no, non ce ne andiamo, mi sto divertendo, che stress Gabriel Cristo – Sbottò portandosi il cocktail alle labbra.

A quel punto sospirai e mi spostai davanti al mio migliore amico, dando le spalle a Gabriel che cominciò a sbraitare che non capivamo niente e che eravamo dei poveri stupidi.

- Sammy – Gli dissi prendendo il suo viso tra le mani. - Prendi Katherine e vai a parlarle, andate via di qui -

- Cè il suo ragazzo che sta suonando per lei praticamente, e dovrei trascinarla con me? È qui con lui, non mi metto in mezzo, le parlerò appena possibile. - Replicò osservando Kat che stava discutendo con Gabriel con gli occhi fuori dalle orbite.

- A Ryan ci penso io, tanto gli devo parlare. Ora va, ha bisogno di te, soprattutto adesso – Sussurrai quando lui e suo fratello scesero dal palco per raggiungerci. Dopo quelle parole Sam mi guardò dritto negli occhi e, se prima cera la gioia e la libertà che quella serata e lalcol avevano portato, se nera andata proprio in quellistante in cui il suo sguardo si posò su Katherine e la vide, ma la vide davvero. Il suo sorriso sparì del tutto, le sue iridi verde smeraldo persero colore lentamente facendosi via via più scure e dischiuse le labbra sospirando e deglutendo mentre tutto ciò in cui aveva creduto fino a quellistante crollava in pezzo quando Katherine si strinse in se stessa e fece un passo indietro nel momento in cui Gabriel aveva iniziato ad urlarle addosso.

Quando li guardai mi venne da pensare che lei gli avesse chiesto di annullare qualsiasi cosa avessero in mente, ma a giudicare dalla reazione del ragazzo qualcosa nella mia testa mi disse che non aveva acconsentito. Quando Ryan e Benjamin ci raggiunsero mi feci avanti provando ad intromettermi nella conversazione e nello stesso momento vidi Ryan annuire verso Sam che, dopo quel gesto, allungò la mano a Katherine e la portò via, verso la parte opposta rispetto a dove ci trovavamo noi. Ryan chiamò Sam, che si voltò a guardarlo con occhi lucidi e tremanti. - State attenti. - Gridò verso di loro. - Cerco di capire cosa sta succedendo, ma nel frattempo state attenti. - Sam annuì e si voltò stringendosi Kat al petto, baciandole la testa, e incamminandosi nuovamente.

Vanessa si stava sentendo male per tutto lalcol che aveva in circolo nel corpo, per cui anche lei e Carter si assentarono. Carter andò a prenderle dellacqua e la portò in bagno, consapevole di non poterci entrare, ma fregandosene altamente. Quando, perciò, rimasi con i tre ragazzi, mi resi conto del fatto che il sogno idilliaco finì.

- Tu sai qualcosa? - Mi sussurrò Ben allorecchio e portandomi vicina a sé.

Sospirai senza distogliere lo sguardo da Gabriel, che aveva le braccia conserte e mi squadrava da capo a piedi scuotendo il capo contrariato e in segno di disapprovazione. - Tutto questo non va bene. - Disse indicando il cerchio composto da noi quattro e soffermandosi su di me nello specifico.

- Io so tutto. - La mia era una risposta a Ben, ma anche unaffermazione per Gabriel.

Lagente cominciò a negare con la testa ancora con una frequenza più veloce, finché non ci diede le spalle e sincamminò verso lesterno. Io sbuffai scocciata, roteai gli occhi al cielo e senza pensarci due volte gli andai dietro, notando che si stava dirigendo verso lesterno del locale, nella direzione del parcheggio.

Quando ero bambina, avevo sempre voluto avere una storia che valeva la pena essere ricordata. Una storia da raccontare, come quelle degli eroi, una di quelle che si tramandava di generazione in generazione. Avevo immaginato di poter raccontare la mia storia alle persone, senza un motivo particolare: sedermi su una panchina e raccontare tutto ciò che mi era accaduto, osservando un fiocco di neve che volteggiava silenzioso nel vento. Avevo immaginato le persone ascoltarmi e sorridermi, magari qualcuno mi avrebbe detto che ero uneroina, anche se io avrei detto che ero una sopravvissuta, perché gli eroi erano altri. Gli eroi non erano come me, gli eroi non si arrendevano, mai, anche quando perdevano. Io lo avevo fatto, invece. Mi ero arresa dopo ciò avevo visto quella sera, dopo quello che avevo vissuto e il dolore che avevo provato.

Una cosa che non avevo calcolato, però, era il finale. Avevo dato per scontato che sarei stata felice, quando alletà di sette anni avevo immaginato di raccontare la mia storia, o comunque viva. Avevo pensato che sarei stata grande, che avrei superato tutti gli ostacoli, ma non avevo fatto ancora i conti con il destino. Non avevo ancora vissuto quella sera.

In quel momento non facevo altro che piangere e ripetermi che non era quella la storia che sognavo di raccontare da bambina. Non doveva andare così la mia storia. E dopo aver vissuto la tempesta di quella notte non avrei potuto raccontarla.

1 ora prima

I due fratelli mi seguirono a ruota dopo essere corsa dietro a Gabriel. Sentivo la loro presenza alle mie spalle, e Ben che gridava il mio nome disperato e anche un po scocciato.

Stava ancora piovendo, quando misi piede fuori dal locale, e mi presi qualche istante per assaporare la pioggia, portando il viso al cielo e pregando che andasse tutto bene, che tutto si sarebbe sistemato.

Una volta raggiunto il biondo, ci fermammo davanti a lui, lasciando che ci osservasse con gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia. Gesticolava fuori di sé, come se avesse perso il controllo di ogni cosa e stesse cercando di fare dei calcoli mentali per rimettere a posto tutto, ma senza realmente riuscirci. Per un momento mi fece pena, tanto che mi sentii in colpa per averlo fatto impazzire, anche perché vedere un maniaco del controllo che lo perdeva, non era assolutamente un bello spettacolo.

Mi feci avanti io per prima, avvicinandomi con cautela e piegando la testa di lato cercando il suo sguardo. Dopo averlo visto in quello stato e aver capito quanto fosse disperato, mi resi conto che probabilmente non si poteva sistemare nulla, per cui posai una mano sulla sua spalla, un po tremante, e presi un respiro profondo prima di parlare. Gabriel mi diede le spalle, non mi diede modo di guardarlo negli occhi, ma decisi di lasciar perdere e chiusi gli occhi con il cuore che batteva allimpazzata. - Qualsiasi cosa tu abbia in mente, fermala adesso. - Gli dissi cercando di non fargli notare quanto stesse tremando la mia voce.

- Non si può più fermare. - Sibilò a denti stretti. Si voltò di scatto verso di me e mi guardò dritto negli occhi: in quel momento desiderai affondare e non ritornare più in superficie, perché era così furioso, così disperato, che barcollai allindietro e non crollai a terra soltanto perché Ben mi afferrò e mi strinse fra le braccia. - Avete mandato tutto a puttane. - Sbottò stringendo i pugni. - Voi e la vostra mania di non fare mai quello che vi viene detto. Se io vi dico che ve ne dovete andare un motivo ci sarà. Io sono qui per metterci la faccia al vostro posto, e voi per ringraziarmi vi cacciate nei guai e vi fate i cazzi vostri. Una di voi sta vomitando in bagno perché è ubriaca, voi due vi siete messi a suonare fregandovene altamente di quello che io vi avevo detto, soprattutto tu Ryan, soprattutto tu. Katherine ha deciso di essere la cantastorie della serata e tu, Victoria, sei la persona a cui tutti quanti dovrebbero stare più attenti date le tue condizioni, ma sono tutti ubriachi, dal primo allultimo, e sei tu che stai dietro a tutti. Dovrebbero prendersi cura di te, ma sei tu che ti stai prendendo cura di loro. Ti sembra normale? Adesso mi spiegate come cazzo faccio io riprendere il controllo della situazione? Me lo spiegate? Mh? Siete delle teste di cazzo, io mi faccio il culo per proteggere tutti e il vostro ringraziamento è questo. - Sbottò in preda allesasperazione.

Non lavevo mai visto in quel modo. Da una parte pensavo stesse esagerando, ma dallaltra sapevo avesse ragione. Ci aveva avvisati miliardi di volte, e nessuno gli aveva mai dato ascolto. Era duro, era vero, spesso esagerava e sbagliava i toni non lo si poteva negare, ma dal momento in cui avevamo scoperto chi era in realtà, avremmo dovuto lasciargli fare il suo lavoro senza interferire.

- Se succede qualcosa a uno di voi, sarà soltanto colpa vostra. - Disse squadrando tutti e tre come se fossimo insignificanti e, in fondo, augurandoci che non accadesse nulla di male. Per un momento mi chiesi se per lavoro aveva già dovuto uccidere qualcuno e se sì, come convivesse con quel peso. Guardandolo e sapendo ciò che faceva mi resi conto che non potevo biasimarlo per il carattere irascibile e insofferente che aveva: lavorava ogni giorno per proteggere un sacco di persone, in quel momento si stava occupando del nostro caso ma a prescindere da tutto il suo lavoro era salvarci. Per cui mi chiesi come si sentiva dopo aver salvato delle vite e come si sentiva dopo aver perso qualcuno tentando di salvarle.

Ben stava per rispondere, supponevo per chiedere spiegazioni, ma fummo interrotti da Katherine, che piombò addosso a Ryan seguito da Sam. Avevano entrambi il fiatone e nel momento in cui Ryan la vide piangere, le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi tentando di asciugarle le lacrime, mentre Sam si fece vicino a me e chiuse gli occhi alzando il viso al cielo, nella tempesta.

- Sono qui, Ryan. Loro sono qui – Esclamò Katherine tra i singhiozzi e facendo ballare le gambe agitata. Aveva stretto la t shirt di Ryan fra i pugni e piangeva disperata, in preda al panico. Io comprendevo perfettamente quel terrore nei suoi occhi, era lo stesso che ero certa di avere avuto io quando mio padre era arrivato davanti a me, Ben e Sam. Era quellorribile e tremenda sensazione che ti attanagliava lo stomaco quando avevi paura che succedesse qualcosa di brutto alle persone che amavi. Non era solo ansia, era panico, incubo diventato realtà. Il cuore batteva così forte da far girare la testa, non sentivi altro che non fosse il tuo battito cardiaco pulsare nelle orecchie, il sangue pompare nelle vene mentre ladrenalina circolava e ti dava alla testa così tanto da sentire un buco nel petto risucchiare tutto quanto. Il panico era quello, era quello che leggevo nei suoi occhi.

- Qualcuno può spiegarmi cosa stra cazzo sta succedendo? - Tuonò Ben. - Comè che tutti sapete tutto tranne me? - Esclamò guardando Gabriel e alzando un sopracciglio. Ben si stava esasperando, soprattutto perché non sopportava quando una cosa lo riguardava e non ne era a conoscenza. Dava le spalle al fratello e a Kat, era al mio fianco mentre Sam si passava le mani tremanti sul viso cercando di riprendere il controllo che, evidentemente, aveva perso. Aveva le lacrime agli occhi e non avevo bisogno di domandargli cosa gli avesse detto Katherine, lo sapevo benissimo: lui sapeva tutto.

- Io non sapevo nulla fino a cinque minuti fa, e a quanto ho capito nemmeno Ryan. - Sussurrò Sam prendendosi il viso fra le mani. Lo scrutò con i suoi occhi verdi, mentre Ryan lo osservava con la coda dellocchio e aveva lespressione amaramente affranta, e cercava di tranquillizzare Kat, aggrappata alle sue braccia affogando nel panico. - Mi - Mio fratello alzo il viso al cielo, lasciando che la pioggia lo colpisse, chiuse gli occhi e dopo aver preso un profondo respiro tornò a guardare Ryan. - Mi dispiace. -

Il ragazzo annuì e sorrise debolmente, ma non riuscii a capire se fosse un sorriso sincero, o amareggiato o comprensivo. Aveva solo sorriso, come se avesse accettato le sue scuse, ma era così nel panico che la sua espressione era indecifrabile. - Katherine - Ryan la strinse al petto e le accarezzò la testa chiudendo gli occhi e baciandola fra i capelli, provando in qualsiasi modo possibile a farla calmare, ma lei era così disperata che i suoi singhiozzi si fecero più forti, più disperati, più viscerali. - Respira piano, cerca di calmarti un secondo – Le disse dolcemente accarezzandola. - Cosa è successo? - Domandò scoccando unocchiata a Gabriel. - Io e te facciamo i conti dopo, io ti ammazzo Gabriel, sappilo. -

- Ci hanno seguiti – Disse allimprovviso Katherine allontanandosi da Ryan. - Ero sul retro con Sam, stavamo parlando e lui si è accorto che qualcuno ci stava osservando. -

- Tutto questo è colpa tua! - Gridò Ryan fissando Gabriel su tutte le furie e indicandolo. - Io avevo detto di no. Avevo maledettamente detto di no! Ti avevo detto che era una pessima idea, che era pericoloso, che cera in ballo troppo e che stasera ci sarebbero state troppe persone. Ma tu devi sempre fare di testa tua e hai anche messo in mezzo Katherine. Questo è soltanto colpa tua, non dare la colpa a me, a lei o a nessuno di loro, perché è colpa tua, solo colpa tua. Tu dici che noi dobbiamo ascoltarti senza mai darci uno straccio di spiegazione di quel cazzo che cè nella tua testa, non vuoi aiuto, non dici un cazzo, e pretendi soltanto che tutti facciano i tuoi schiavi e facciano quello che dici quando schiocchi le dita. Scendi dal piedistallo perché tu non sei Dio, sei tale e quale a me e a loro. Risolvi questo casino Gabriel perché a me non frega un cazzo di finire in prigione dopo averti strangolato con le mie stesse mani. -

Mentre Ryan parlava riuscivo a leggere ogni sua emozione, riuscivo a vedere la rabbia, la disperazione e la sua sincerità. Si vedeva che lui e Ben erano fratelli: avevano gli stessi scatti dira, soprattutto quando le persone che amavano venivano messe in mezzo a situazioni di pericolo. - Ti ricordo che se lei è finita in mezzo a questa merda la colpa è soltanto tua. - Replicò Gabriel. - Adesso non ho tempo per rispondere alle vostre stronzate da Avengers, chiudete la bocca e fate quello che vi dico per una cazzo di volta nella vostra cazzo di vita. Sono stato chiaro? - Sbottò squadrando tutti uno per uno. Eravamo uno più terrorizzato dellaltro, ognuno di noi tremava e Ben, in quel momento, prese la mia mano e la strinse con forza.

Girai la testa per osservarlo e fu in quel momento che tutta la sua fragilità e tutte le sue paure vennero a galla sul serio. Non lo avevo mai visto così fragile e spaventato da quando lo conoscevo: trattenere le lacrime faceva tremare le sue labbra, aveva arrossato il suo contorno occhi e le sue palpebre fremevano. Faticava a respirare, la sua mano stretta alla mia tremava, così come tutto il suo corpo. Abbassò il capo e chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, agitò le gambe e raddrizzò la schiena, riaprendo gli occhi solo per posarli nei miei. - Non permetterò che ti accada nulla. - Disse respirando a fatica.

- Non accadrà nulla a nessuno, non finché rimarremo insieme. - Risposi accarezzando il suo viso e alzandomi in punta di piedi. Lo baciai delicatamente, sotto la pioggia, per cancellare le sue paure e lasciare un bacio su ogni ferita.

Gabriel tossicchiò attirando la nostra attenzione e facendoci voltare ad osservarlo. Era voltato di spalle, Sam e Ryan si occupavano di Kat e lui, nel frattempo, aveva tirato fuori il walkie talkie dalla tasca e continuava a chiamare in attesa di risposta. - Finn, sono Gabriel – Disse quando uno rispose. - Raggiungimi al parcheggio del locale con Bruce e Trent, sono qui fuori con i ragazzi, è urgente. -

Lo osservai, lo osservammo tutti, così come lui osservava noi e scuoteva la testa indicandoci fuori dalla grazia di Dio: se il diavolo avesse avuto un volto, in quel momento avrei detto che portava il suo. - Tutto questo è un macello. - Sbottò.

- Gabriel? - Chiamò Ben guardando alle spalle del ragazzo e spingendosi verso destra, stringendo più forte la mia mano e deglutendo rumorosamente. - I tuoi collaboratori sono vestiti tutti di nero e portano un passamontagna? - Domandò allarmato cominciando a indietreggiare, a respirare a fatica e tirarmi per il braccio cercando di farmi fare qualche passo indietro per allontanarmi dai due uomini che correvano verso di noi, armati.

Gabriel lo guardò stranito, mentre noi ragazzi dopo aver posato gli occhi sulle due figure alle sue spalle iniziammo ad arretrare sbiancando completamente. Ryan prese Katherine per il braccio, tirandola indietro, lo stesso fece Benjamin con me e Sam camminando allindietro lanciava occhiate a noi quattro e Gabriel, che si voltò ad osservare il punto fermo che stavamo osservando noi. - Merda! - Gridò camminando allindietro e posando la mano sotto la felpa. - Cazzo, cazzo, cazzo. - Imprecò di nuovo. - Correte, più veloce che potete. Via, via, via!! - Urlò tirando fuori la pistola e correndo insieme a noi.

Iniziai a correre con tutta la forza che avevo, con tutto il fiato che avevo in corpo, nonostante il mio cuore stesse scalpitando e avessi i brividi dalla paura. Gabriel chiudeva la fila mentre parlava al walkie talkie e diceva a due dei suoi colleghi di bloccarli dal lato opposto delledificio in modo da riuscire a circondarli. Mi sentivo come se stessi correndo per salvare non solo la mia vita, ma anche quella delle persone che amavo, e mi chiesi come fosse possibile che ci ritrovassimo sempre in situazioni di quel tipo. Sentii Gabriel imprecare, perché i due ci stavano alle calcagna e gridare di correre più veloce, ancora più veloce. Non sapevo se ce lavrei fatta, mi tremavano le gambe e stavo per vomitare a causa della corsa, dello sforzo, della paura, dellansia, di tutta la situazione.

Era accaduto tutto velocemente, troppo velocemente. Non riuscivo più a connettere e a capire, correvo ma senza sapere dove fossimo diretti, cosa stessimo facendo e nemmeno dove fossero loro. Correvo e basta, a più non posso, per salvare la mia vita. Non cero più con la testa, pensavo solo a correre, e nonostante stessi morendo dalla stanchezza, i miei piedi continuavano ad andare avanti, il mio cuore continuava a battere e sentivo solo la voce di Gabriel che ci urlava di correre e non smettere di farlo.

Percorremmo un vicolo deserto che ci portò a quello che sembrava il parcheggio dipendenti del locale: non cerano case, non cera nessuno, solo qualche auto parcheggiata qui e là. Eravamo nel mezzo del buio, cera un lampione solo a illuminare la schiera dei bidoni della spazzatura, e loro erano spariti, scomparsi nel nulla.

Non volava una mosca, regnava il più totale, assoluto e assordante silenzio.

Eravamo spalla a spalla, schiena contro schiena, con Gabriel che aveva la pistola fra le mani e guizzava con lo sguardo e la testa a destra e a sinistra. Sapevamo tutti benissimo che si trovavano lì, li sentivamo i brividi sulla pelle, stavamo solamente aspettando che si facessero vedere.

- Dove diavolo sono? - Sibilò Ben a denti stretti e con il fiato corto.

- Io ho una brutta sensazione, una tremenda sensazione. - Sussurrò Sam con voce tremante. - Gabriel io mi sento terribilmente osservato. -

- Lo so – Rispose lagente. - Finn dove diavolo sei? - Imprecò fra sé e sé.

Sentimmo passi provenire dal vicolo dal quale eravamo sbucati, Gabriel togliere la sicura alla pistola e puntarla in quella direzione, ma al posto che i due uomini che ci stavano seguendo, comparse un ragazzo che una volta giunto davanti a noi sembrava sulla trentina. Indossava una giacca di pelle e sembrava molto più grosso di quel che in realtà fosse, tanto che pensai che avesse indosso anche il giubbotto antiproiettile che, in realtà, avrebbe fatto piacere da avere pure a me. Di lui non riuscii a vedere altro, era troppo buio. - Finn, cazzo, grazie al cielo, ti stavo dando per disperso. - Esclamò Gabriel respirando ancora con il fiato corto a causa della corsa.

- Allora? Dove sono? - Chiese laltro arricciando il naso e mettendosi dalla parte opposta rispetto a Gabriel. - E soprattutto, quanti cazzo sono? I ragazzi sono andati dall'altra parte, sperano di beccarli alle spalle. -

- Non lo so, non so un cazzo – Rispose il biondo con disperazione. - Cè silenzio, troppo silenzio. -

- Sono in due – Disse improvvisamente Ryan. - Quelli che ci stavano inseguendo erano in due. -

- Forse sono andati via – Sussurrò Katherine tremando.

- Non credo proprio principessa – Finn piegò la testa di lato e le lanciò unocchiata guardinga. - Sarebbe troppo facile. -

Nessuno ebbe il tempo di rispondere, perché si sentì uno sparo rompere il silenzio e spaccare il lampione fulminando la luce. Il rumore di vetri rotti che cadevano a terra rovinosamente mi fece nuovamente pensare al fatto che tutti stessimo camminando sul filo del rasoio, un errore da uno di noi ci sarebbe costato la vita, probabilmente.

Fu in quel momento che iniziarono gli spari, uno dietro laltro, senza sosta. E la situazione crollò a picco, degenerò completamente, portandoci a fondo tutti quanti. Mi tappai le orecchie a causa dei rumori, dei boati che spaccavano il silenzio, mentre Ben mi strinse al petto e Sam, Kat e Ryan erano qualche passo davanti a noi. Stavamo indietreggiando lentamente, come una piramide un po mal fatta, mentre i due agenti sparavano allimpazzata e caricando continuamente le munizioni. - Non allontanatevi – Gridò Gabriel sopra gli spari. - Non vi sparpagliate, restate dietro di noi, non fate stronzate! - Disse di nuovo caricando unaltra munizione ancora.

Stavo per sentirmi male, vomitare i pasti della giornata sullasfalto mentre Benjamin mi tappava le orecchie stringendomi con forza e stringendo le spalle per proteggermi. Non vedevo cosa accadeva davanti a noi, se un agente fosse stato colpito, se uno dei due assalitori fosse morto Non vedevo nulla, non avrei osato voltarmi a guardare mai nella vita, ma vedevo davanti a me.  Potevo solo percepire ciò che accadeva, ascoltare e intuire.

Aprii gli occhi per caso, stringendo le dita sulle braccia di Ben e osservando il vicolo impaurita quando sentii dei passi che battevano sullasfalto, ricordandomi qualcuno che correva. Anche la musica non si sentiva più, si sentivano solo i tuoni del temporale e gli spari. Diedi una gomitata leggera al mio ragazzo e con un cenno del capo gli indicai luscita del vicolo, che proiettava due ombre di persone che correvano. Sperai non si trattasse di altri aggressori, di altri che avrebbero iniziato a spararci addosso a raffica, perché se fosse stato così non avevamo le spalle coperte, soprattutto perché nessuno di noi era armato. Quando però sbucarono Vanessa e Carter scattai in avanti, sgusciando dalla presa di Ben, ma il suo braccio mi tirò indietro e mi fece finire contro al suo petto nuovamente. - Via! - Urlai gesticolando verso di loro con la mano libera. Non riuscivo a vedere lespressione dei due ragazzi, ma erano fermi e immobili come delle statue. - Andate via da qui, adesso! - Scandii ancora sperando che la mia voce sovrastasse il rumore degli spari.

Qualcuno ci piombò addosso e quando mi voltai verso Ben per capire chi fosse stato e perché vidi che Kat stava pericolosamente indietreggiando, in preda al panico, e che Ryan era inciampato cadendo a terra dopo che, con molta probabilità, Gabriel aveva camminato allindietro andando a sbattere contro di lui. Ryan non scollava gli occhi da Kat, come se lei fosse lunica cosa che realmente contasse e Sam cercò di attirare Katherine verso di sé, che camminava allindietro facendosi che lo facessimo tutti noi in conseguenza lei. Ben si fece in avanti facendo indietreggiare anche me e la situazione degenerò totalmente. Eravamo stati presi dal panico, dimenticando completamente ciò che avevano detto Gabriel e Finn, e per la paura ci eravamo allontanati gli uni dagli altri.

- Porca puttana! - Urlò Gabriel dando, automaticamente, le spalle ai due uomini e facendo sì che Finn scattasse in avanti per coprirlo, ma era ovvio che da solo non avrebbe mai potuto proteggere tutti noi, era impossibile. - Vi avevamo detto di non sparpagliavi! -

Automaticamente feci guizzare gli occhi attorno a me, notando che,  involontariamente e inconsciamente, ci eravamo sparpagliati e ognuno di noi era fuori, in qualche modo, dalla protezione di Gabriel e Finn,  mentre il secondo continuava a sparare da una parte allaltra senza sosta, come se fosse un robot.

Accadde tutto in una frazione di secondo: un millesimo di secondo che segnò il destino di quella serata, anche se probabilmente era già stato scritto.

Era stato come leffetto farfalla: se io non avessi visto i ragazzi sbucare dal vicolo non mi sarei spinta avanti; se io non lo avessi fatto Ben non mi sarebbe venuto dietro e Kat non avrebbe indietreggiato a causa della paura per Ryan che era caduto e se Gabriel non asi fosse voltato verso di noi per urlarci di restare uniti, non sarebbe successo nulla di ciò che, in realtà, successe nel mezzo di quella tempesta. Dovevamo solo stare fermi, ma ci eravamo mossi, ci eravamo sparpagliati, e fu quellerrore a segnare il destino di quella serata.

Gabriel notò che cosa stava succedendo e, mentre caricava le munizioni, si mise a urlare fuori di sé, di nuovo, accorgendosi che aveva finito le munizioni. Finn si fece avanti per coprirgli le spalle mentre il suo collega sparava a vuoto e lo lasciava completamente solo, ma non fece comunque in tempo, non riuscì a proteggere tutti, non avrebbe mai potuto.

Sentii un ultimo sparo provenire dai due uomini incappucciati, e poi soltanto le urla di Gabriel e Finn che presero a camminare in avanti sparando a raffica dopo che Finn aveva ceduto una delle sue munizioni al collega, il doppio più veloce, correndo dietro ai due uomini che raggiungevano il lato opposto rispetto al nostro.

Mi chiesi perché stessero scappando, e quando presi a fare saettare lo sguardo un po ovunque, la scena che mi vidi mi spezzò il cuore.

Sammy era sdraiato a terra, Katherine era distesa sopra di lui, Ryan gattonava verso di loro e io Ben  scattammo in avanti verso loro due, inginocchiandoci a terra per aiutarli. Era finita. Se nerano andati, era finita.

- Sam? - Sussurrai piangendo tirando la sua maglietta, tastando il suo braccio in preda al panico e pregando che stesse bene, che non si fosse fatto nulla.

Il ragazzo tossicchiò leggermente e si passò la mano sul viso, ma riuscì a tirarsi su a sedere, aiutando Katherine e stringendola fra le braccia baciando la sua testa, piangendo disperato. - è finita, va tutto bene. Andrà tutto bene amore mio. - Le disse accarezzandole i capelli.

Sentii Vanessa e Carter piombare alle mie spalle e mi voltai ad osservarli, Ryan affiancarsi a Ben e quando vidi i due ragazzi spalancare gli occhi e occuparsi della mia amica, poi posai gli occhi su di lei e mi resi conto di ciò che in realtà nessuno di noi aveva notato prima, un dettaglio non di poco conto oltretutto, dando per scontato che stessimo tutti bene, che fossero soltanto caduti.

Katherine era stata ferita.

Katherine era a terra, fra le braccia di Sam, con una ferita nella parte bassa della pancia, una mano sopra la ferita e la maglia che si faceva via via sempre più rossa, fino a che non lo diventò anche lasfalto e fino a che nessuno di noi riuscì a vedere altro che lei. - Katherine? - La chiamai posando una mano sulla sua spalla e scuotendola leggermente.

La mia migliore amica tossicchiò, Ben si avvicinò ancora di più togliendosi la giaccia e posandola sulla sua ferita, schiacciando con la mano e scuotendo il capo con gli occhi fuori dalle orbite. Ryan era seduto a terra, al fianco della ragazza, nel panico e senza respirare: la testa posata sulle ginocchia, le mani che coprivano le orecchie. - Katherine - Sussurrò con voce tremante e le lacrime agli occhi.

Sentii vagamente Carter allontanarsi e chiamare i soccorsi, urlandogli di sbrigarsi e spiegando velocemente cosa era successo, e Vanessa al mio fianco piangere e pregare, prendendo la nostra amica per mano e baciandogliela ad occhi chiusi, singhiozzando, dicendo il suo nome in continuazione.

Sam la stringeva, piangeva e la cullava, stringendola e baciandole la testa, accarezzando il suo viso ad occhi chiusi. Vidi Ben chiamare Vanessa con un gesto e indicarle di tenere la mano sulla giacca e schiacciare sulla ferita, mentre lui si spostava verso suo fratello. - Mi dispiace – Diceva osservando Katherine. - è tutta colpa mia, Sam aveva ragione, avrei dovuto lasciarla andare - Era ancora inginocchiato a terra e osservava la mia migliore amica in preda alla disperazione.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da mio fratello e dalla mia migliore amica, mentre il cielo tuonava e il suo respiro era debole. Il viso di Katherine si fece pallido, le sue labbra una linea sottile e i suoi accessi si stavano spegnendo. Sollevò la mano accarezzando il viso di Sam, che piangeva silenziosamente e baciò il suo palmo, senza riuscire ad aprire gli occhi. - Mi puoi perdonare, Sammy? - Sussurrò mentre una lacrime bagnò il suo viso. - Mi dispiace, te lo giuro che mi dispiace, perdonami se puoi. - Bisbigliò ancora. - Ti ho sempre amato, sempre. -

- Shh – Le disse lui portandosela più vicina al petto e accarezzando i suoi capelli. - Va tutto bene amore mio, andrà tutto bene. -

Katherine singhiozzò, come stavamo facendo tutti noi, stretti luno allaltro e immersi in un mare di disperazione. - Dimmi che mi perdoni – Tirò leggermente la sua maglietta spingendolo a farsi guardare negli occhi. - Ryan perdonami anche tu, per favore, ti prego, non ti ho mai mentito, perdonami. - Diceva in preda al delirio e senza capire più nulla. - Sam guardami negli occhi e dimmi che mi perdoni. Promettimi che la proteggerai, sempre. Che sarai i miei occhi, le mie mani e le mie braccia, la mia voce e il mio cuore quando avrà bisogno di me. -

Sam scuoteva la testa e piangeva al mio fianco, singhiozzando e stringendola ancora, ancora e ancora, come se lo stesse facendo per tutte le volte in cui non lo aveva fatto, in cui non lo aveva potuto fare. - No – Disse respirando a fatica. - No, non ce ne sarà bisogno. Ci sarai tu, tu vivrai Katherine. Tu devi vivere hai capito. -

Katherine scosse la testa e tossicchiò respirando debolmente, strusciando il capo contro il petto di Sam e accoccolandosi a lui stringendo la maglietta nel pugno. - Ti amo Sammy, voglio che tu lo sappia. Ti ho amato per tutto questo tempo e sempre ti amerò. -

Non avevo mai visto Sam in quelle condizioni. Non lo avevo mai visto così disperato, così spezzato, così senza vita. Sembrava che la stesse cedendo a Katherine pur di non farla smettere di respirare, impallidiva a ogni sua parola e a ogni suo gesto rabbrividiva, distrutto nel silenzio che si rompeva solo con le nostre lacrime, quelle di tutti. - Sh, ti perdono amore mio, ti perdono. - La vidi sorridere e espirare, sorridere tra le lacrime mentre perdeva la vita. - Sei lunica persona che io abbia mai amato in tutta la mia vita, Katherine. Lunica che io mi sia concesso di amare e lunica che amerò per sempre. - Le baciò di nuovo la testa, mentre io le accarezzavo i capelli e mi appoggiavo a Sam, senza riuscire a dire una sola parola. - Promettimi che, se ci sarà unaltra vita dopo questa, ci incontreremo di nuovo e staremo insieme. Soltanto io e te, come doveva essere. Promettimelo. -

La vidi annuire leggermente e sorridere ancora, respirava a fatica, ma sorrideva lo stesso. - Ci sarà sicuramente unaltra vita, e ti amerò anche in quella. Per sempre. - Disse poi facendo ciondolare la testa. - Sammy? - Lo chiamò. - Sono Iron Man, hai visto? - Gli disse lasciando cadere il braccio a peso morto. - Ti amo centomila, Sammy. -

Sam abbassò la testa tirando su con il naso, senza riuscire ad allontanarsi da lei, sollevandola e stringendola al suo petto mentre lei abbandonava la sua vita abbracciata a lui. - Io ti amo tremila. - Rispose tra i singhiozzi.

Tra leco dei nostri singhiozzi, immersi nel buio dove il silenzio era rotto soltanto dai tuoni del temporale e dalla musica che si sentiva in lontananza, accarezzai il suo viso con le dita tremanti, scuotendo la testa immersa tra le lacrime. Non era la prima volta che pronunciavo parole di quel peso e, onestamente, pensavo che prima o poi ci avrei fatto il callo, pensavo che avrebbero fatto meno male, un giorno. Eppure in quel momento il dolore era così bruciante che non riuscivo nemmeno a respirare. - Non avrei mai pensato di doverti dire addio così presto. - Dissi senza riuscire a smettere di tremare per i singhiozzi. - Ti amo immensamente Katherine, sei la persona migliore che potessi mai incontrare. -

Mi avevano detto che tra le nuvole il cielo era sempre azzurro, ma la verità per me era sempre stata unaltra. Non esisteva larcobaleno per qualcuno come me, qualcuno che in un momento come quello non vedeva più la luce, che vedeva anche le stelle scomparire ed essere risucchiate dal buio. Sentivo solo lo scrosciare della pioggia che inzuppava i miei vestiti, in quella strada abbandonata dove ceravamo soltanto noi, e il mio cuore si spezzava mentre il mio mondo crollava lentamente a pezzi. Cera un istante ben preciso che rimaneva piantato eternamente nella mente di ognuno di noi e quello, purtroppo, era di quelli.

Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che una situazione di quel tipo si sarebbe potuta ripetere nuovamente. Nessuno avrebbe mai neanche lontanamente potuto immaginare che ci saremmo ritrovati ancora al punto in cui saremmo stati inginocchiati a terra, nella disperazione, a stringere una delle persone più importanti della nostra vita che esalava il suo ultimo respiro.
Nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe finita così, di nuovo immersi nelle lacrime, in una pozza di dolore infinito. Mai in vita mia avrei potuto immaginare un dolore di quel tipo, mai avrei immaginato di essere distrutta in quel modo.

Quando ero bambina, avevo sempre voluto avere una storia che valeva la pena essere ricordata. Una storia da raccontare, come quelle degli eroi. Una di quelle di che si tramandava di generazione in generazione. Avevo immaginato di poter raccontare la mia storia alle persone, senza un motivo particolare: sedermi su una panchina e raccontare tutto ciò che mi era accaduto, osservando un fiocco di neve che volteggiava nel vento. Avevo immaginato le persone ascoltarmi e sorridermi, magari qualcuno mi avrebbe detto che ero uneroina, anche se io avrei detto che ero una sopravvissuta, perché gli eroi erano altri. Gli eroi non erano come me, gli eroi non si arrendevano, mai, anche quando perdevano. Io lo avevo fatto, invece. Mi ero arresa dopo ciò avevo visto quella sera, dopo quello che avevo vissuto e il dolore che avevo provato.
Una cosa che non avevo calcolato, era il finale. Avevo dato per scontato che sarei stata felice, quando alletà di sette anni avevo immaginato di raccontare la mia storia, o comunque viva. Avevo pensato che sarei stata grande, che avrei superato tutti gli ostacoli, ma non avevo fatto ancora i conti con il destino. Non avevo ancora vissuto quella sera.
In quel momento non facevo altro che piangere e ripetermi che non era quella la storia che sognavo di raccontare da bambina. Non doveva andare così la mia storia. E dopo aver vissuta la tempesta di quella notte non avrei potuto raccontarla. Non avrei mai potuto raccontare la storia di quella di tempesta in cui avevo perso metà del mio cuore, perché da quel momento la mia vita sarebbe stata come guardare un cielo senza stelle. Non ero me stessa di lei, senza la persona che era entrata nella mia vita come un uragano e se ne stava andando portandosi via ogni cosa bella di questo mondo.

Niente sarebbe stato più lo stesso senza di lei, il mondo avrebbe fatto ancora più schifo. Ricordai il suo sorriso quando lavevo vista la prima volta, ricordai quanta vita cera in lei e quanta vita portava sempre, ovunque andasse, anche a me. Ricordai le nostre risate, le notti passate sui banconi dei locali, a ballare luna abbracciata allaltra, godendo una libertà e una felicità unica, che nessuno ci avrebbe mai più dato. Ricordai i suoi abbracci, baciai la sua testa e rimasi incastrata in quel momento in cui giaceva inerme fra le braccia di Sam, che non riusciva a smettere di piangere così come non riusciva a smettere nessuno di noi.

Mi chiesi se il mio cuore stesse battendo ancora, se stessi respirando, oppure se stessi morendo di dolore mentre lei abbandonava la sua vita, il nostro mondo, lasciando qui soltanto il silenzio e la tristezza.

- Avevo ragione – Sussurrò Sam baciando la testa della mia migliore amica fissando il vuoto. - Amare significa essere distrutti. -

Dopo le sue parole ci fu solo il silenzio. Nessuno ebbe il coraggio di dire altro, nessuno ebbe il coraggio di muoversi di un millimetro, a parte Ryan. Lui si prese la testa fra le mani, e urlò. Urlò così forte che Benjamin fu costretto a circondare la sua testa con le braccia e stringerlo con forza, provando ad attutire le sue urla mentre si sdraiava a terra e suo fratello cercava in ogni modo possibile di raccogliere i pezzi del suo cuore che stava perdendo.

Dopo tutto, tutti desideravamo un lieto fine, un finale epico, da poesia. Molto spesso, però, non andava così. Come in quelloccasione, come nel nostro caso. In quel momento mi sentii come se il destino di tutti noi fosse già stato scritto, e mi resi ben presto conto che non potevamo evitare in nessun modo che le cose brutte accadessero. Per quanto noi potessimo immaginare come sarebbe finita, qualsiasi strada avremmo preso, a quel punto ci saremmo arrivati in ogni caso. Non cera nulla, assolutamente niente, che potessimo fare per evitare che accadesse. Capii che non importava quanto ci fossimo impegnati, quanto avevamo fatto per impedire che si ripetesse la storia nuovamente, perché era destino che accadesse e a quel bivio ci saremmo arrivati in ogni caso.
In quella strada talmente vuota da sentire leco dei nostri pianti e del suo respiro che si faceva via via sempre più lento, ci saremmo arrivati in ogni caso.
Tutte le storie avevano una fine, ma ciò che faceva di un eroe un vero eroe, era anche accettare la sconfitta. Parte del viaggio è la fine, e forse è proprio quella più importante, e il compito delleroe è anche questo: accettare che le cose facciano il loro corso, lasciare andare, perdere a volte ma sorridere per averci provato.
Quella notte, mentre la tempesta si abbatteva su di noi, capii che le cose erano andate esattamente come dovevano andare.
Capii che Boadicea non ero io e non avrei mai potuto esserlo.

_______

Non credo ci siano parole da aggiungere.

Ciao Katherine, ti amo tremila.

ila
x

Continue Reading

You'll Also Like

La strega di Eibar By JPDARK1

Mystery / Thriller

4.7K 1.5K 12
La figlia illeggittima del Re di Spagna Alfonso XIII deve morire. Renata, la bimba sopravissuta, sembra avere un particolare legame con il mondo dei...
411K 11.1K 106
cosa faresti se fossi una modella famosissima? cosa faresti se i tuoi migliori amici fossero i magcon? cosa faresti se fossi innamorata di uno di lor...
61.5K 1.9K 20
"Sai di cosa avrei voglia ora?" Chiese Alkida al ragazzo disteso sotto di lei. "Cosa?" "Ciliegie" sussurrò all'orecchio di Calum, sorridendo poi ma...
8.5K 385 29
❝ Chi era Adriana? Adriana era la ragazza più amata della scuola: la segretaria del preside, la rappresentante dell'istituto, la migliore amica di tu...