Epilogo.

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Trattata con lo stesso garbo riservato a un reliquiario, la sala grande abbracciava l'estetica di una visione stilizzata nel Romanticismo, deificata dal nobile lucore dei fiotti aurei protesi verso il soffitto

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Trattata con lo stesso garbo riservato a un reliquiario, la sala grande abbracciava l'estetica di una visione stilizzata nel Romanticismo, deificata dal nobile lucore dei fiotti aurei protesi verso il soffitto.
Scorrendo lungo il pavimento cesellato, attorcigliandosi fra le colonnine bombate e rifiutandosi di eludere i confini dettati dai tendaggi broccati che incorniciavano le porte finestre, il Ballo di Inverno si accingeva ad abbandonare le prime formalità per trasformare lo scomodo distacco in cortese colloquialità.
Alla fine della loro conversazione, Madame non aveva saputo fornire a Clarisse ulteriori particolari sul suo misterioso Alpha, preferendo indorare nuovamente la pillola con la carta di una gioventù che forse avrebbe potuto tradursi come sinonimo di mente aperta.
Se si fosse comportata come si confaceva alla buona signorina da lei personalmente istruita, nulla avrebbe potuto impedirle di convincerlo a farle terminare gli studi o, nella più rosea delle prospettive, egli stesso l'avrebbe esortata a suggellare il suo bagaglio con un titolo adeguato al suo impegno.
- Non vedo ragione per la quale dovrebbe negare il desiderio di una così posata creatura quale sei tu! - Era stato il suo cinguettio.
Detto ciò l'aveva riaccompagnata nella sua stanza affinchè si prendesse tutto il tempo per prepararsi, ma nonostante gli idilliaci presupposti di una favola esule da una qualsivoglia dissoluzione, la ragazza dovette imporre ai propri lineamenti di suturare il malessere dietro il suo migliore sorriso di circostanza per non sfigurare in quel panorama edulcorato dallo sfrigolare del prosecco.
- Sei un'Omega. Dai peso alla tua apparenza -, la ammonì la coscienza, e poco mancò che le strappasse qualche lacrima riprovevole per come al suo eco si fosse associata la monocorde gelidità del Direttore -Hai tante probabilità di ritrovarti con un Alpha caritatevole quante ne hai di essere omologata in qualche harem esotico o di venire ripiegata come madre surrogata. Sta solo a te decidere. -
Desistette dall'impellenza di mordicchiare il labbro, riassestandosi sul corretto bilanciamento che si erse a difesa della sua anima.
L'abito lungo con scollo a cuore di purissimo chiffon color tormalina le pesava come una lontananza forgiata nell'estraneità, discostata da ogni sua preferenza, di quelle che impiegavano poco ad articolare uno sgradevole disagio malgrado l'alabastro della pelle; la scelta degli orpelli di eguale tonalità alla stoffa cucita a mano, la chioma evocante una vermiglia raggiera e lo scarlatto che ne vezzeggiava le labbra elevavano il connubio ponderato alla sua più sperata realizzazione.
I veli fruscianti della gonna assecondarono la baldanza delle gambe a scivolare oltre la mescolanza dei profumi, verso la prima porta finestra adocchiata, lontano dai Patriarchi e dalle Matriarche a capo di danarose famiglie, tanto abituati a non sentirsi negare un capriccio quanto ossessionati dallo spettro di una mancata discendenza.
- Inspira ed espira. -
Il confronto con il vetro assecondò l'esposizione parziale dell'esilità che definiva la delicata linea della spalle, proseguendo in verticale per fondersi con il collo incorniciato da un collier d'argento e rubini, sfiorato dallo chignon a treccia.
- Non fare la fifona -, si impose, stringendo i pugni - Tu non sei le tue emozioni. -
Se anche sfidasse il buio per abradersi palmi e ginocchia nel tentativo di scavalcare il cancello, sarebbe stata davvero capace di sostenere quell'eventuale caparbietà con dei fatti concreti?
Per sette anni l'Educandato era stato il solo mondo messole a disposizione.
Nessuna uscita programmata al dì fuori delle sue mura.
Visite e contatti con i familiari venivano centellinati nel rispetto di una rigida tabella che concedeva uno spiraglio più generoso durante il periodo invernale e un indifferente annullamento in caso di comportamento inappropriato.
Senza un titolo, dei documenti, e con solo il suo secondo genere a prevalere su ogni altra qualità - compresa la totale inconsapevolezza di dove realmente si trovasse e di come muoversi - rischiava che qualcuno la identificasse come una studentessa dell'Educandato e la riportasse indietro.
Inoltre vi era la più che riguardosa questione del suo calore: senza le dovute medicine di soppressione - o con del denaro di partenza che le permettesse di reprimere artificialmente lo spandersi dei suoi feromoni nel regolare periodo di riproduzione - incorreva nel pericolo di essere assalita da chiunque fosse assuefatto dal suo profumo e, a costo di infrangere il suo spirito, quante chances aveva di trovare un lavoro o una persona che glielo fornisse per così consentirle di andarsene? Soltanto ipotizzare di rubare l'indispensabile dall'infermeria si prospettava pressochè impossibile giacchè, oltre a necessitare della tessera magnetica della Dottoressa, avrebbe dovuto procurarsi il suo codice d'accesso - che veniva cambiato ogni fine settimana -.
Dinanzi a ciò non potè che respingere le lacrime un'altra volta, approfittando ancora una volta dell'allegro cicaleccio che scrosciava alle sue spalle, quand'eccolo, improvvisamente.
Le ciglia tremolarono appena, un sospiro sfuggito dalla compostezza delle labbra nel mentre l'impronta di passi sempre più percettibili le si snodava oltre l'epidermide dell'addome, eppure l'innalzarsi di battiti irregolari non parve più importante della corsa che entrambe le mani intrapresero per tastarsi a vicenda, i polpastrelli di una attorno a quell'anulare, in memoria di una sensazione latente.
- Sempre a piagnucolare, eh, Clarisse? -
Un effluvio di arance, troppo cocciuto perché si affini allo spirito comune.
Un nome intessuto di vincoli e illusioni confinanti con l'irrealtà che rintoccò sino a riesumare quella preziosa stilla di tempo deposta nella teca del suo cuore.
Saprebbe di morire, Clarisse, se, girandosi, le sue convinzioni venissero abbattute da una macabra somiglianza con quel profilo scolpito di nero contro la luce di una blasonata veduta, eppure non si sottrasse alla tentazione di riallacciarsi alla meraviglia di quel tono saccente e pretenzioso che, pur sbeffeggiandola, mai le aveva negato il proprio attaccamento.
All'effigie tatuata nelle reminiscenze si sovrappose un volto più maturo, dalle suadenti e imperiose sottigliezze, simmetriche nell'affilatezza che scintillò spavalda nei rubini spolverati dal lieve solleticare delle cispose ciglia.
- Elias...? - I contorni amaranto delle labbra di lei fremettero nel riprodurre dopo tanti anni un suono ora così gutturale da logorare il corretto confluire dei pensieri - Come...? -
- Cosa c'è? Non dirmi che sei sorpresa di vedermi. -
La linea sfrontata della bocca dell'Alpha assecondò l'inclinarsi laterale del collo, la mano corsa ad afferrare quella dell'Omega, troppo incantata per distogliere lo sguardo e altrettanto assuefatta dalla sua comparsa per metabolizzare come egli si fosse inginocchiato ai suoi piedi, carezzando con bacio flautato l'onniscenza di quel puerile morso mai dimenticato.
- Te l'avevo detto che soltanto io sarei stato il tuo Alpha, no? -

Note di fine capitolo.
Ed eccoci al finale, un canonico Happy Ending, perchè questo era stato il punto di arrivo originale e tale è rimasto.
E' stato un percorso alquanto corto, scontato nella struttura - si, me lo dico da sola -, ma quando la partorì poco prima della prima pandemia e la ammodernai durante la reclusione forzata, non trovai la necessità di cambiare il finale o di allungarla perchè Clarisse e Elias erano stati concepiti per ritrovarsi, senza un seguito da incollare: se esiste, è un pensiero che ogni tanto assume una forma troppo inconsistente per trovare sicurezza, perciò, per il momento "Promessa" si conclude qui, con i due piccioncini nuovamente insieme.
Qui ci salutiamo! Auguro a tutti quanti voi delle buone feste - per quello che ci sarà concesso -...
Alla prossima!

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