Wang 王 // 𝐁𝐀𝐍𝐆 𝐂𝐇𝐀𝐍

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🐉 𝐁𝐚𝐧𝐠 𝐂𝐡𝐚𝐧 🐉
𝐆𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞: 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐨/𝐚𝐧𝐠𝐬𝐭

Le corti orientali non avevano nulla da invidiare a quelle occidentali, lo sfarzo accecava i tuoi occhi con le decorazioni in oro ed i drappi color lavigna finemente lavorati.

Persino posare i tuoi piedi su quel pavimento marmoreo ti metteva in soggezione, tu che avevi sempre camminato tra le strade rurali della tua terra d'origine e non avevi mai avuto occasione di entrare nelle maestose regge dei nobili, eppure, per un puro gioco della sorte ora ti ritrovavi lì in attesa che sua maestà, il re del regno di Silla, arrivasse.

Le corde ti irritavano la pelle dei polsi ed i soldati nelle loro armature lucenti ti tenevano ben stretta sperando che tu non decidessi di scappare.

Ti osservavi intorno curiosa, comprendevi appena quella lingua ostica ma ne eri follemente affascinata così come tutto ciò che ti circondava e anche se la situazione metteva in gioco la tua vita non eri così tanto turbata.

Il grande portone in mogano si aprì, appena dietro il trono.
Ne apparse un ragazzo, quel viso dai tratti duri e gli occhi dalla forma tagliente ti fecero trasalire provocando nel tuo corpo una serie di brividi così forte da farti stringere le labbra tra i denti.

Non riuscivi a distogliere lo sguardo, quell'eleganza pericolosa avanzava trascinando dietro di sé la veste scura e lunga di un nero pece, le maniche ampie nascondevano le sue mani, dietro la sua schiena una catana a tratti coperta dai suoi capelli lisci, in cima tenuti fermi da un fermaglio dorato.

Si sedette sul trono e muovendo con lentezza la mano destra ordinò ai soldati di lasciare la sala.

Rimasi inerme, in segno di rispetto ti inginocchiasti posando i tuoi polsi sulla veste che ti era stata gentilmente prestata da una tua conoscenza una volta aver varcato i confini del Baekje.

Il re in un primo momento rimase in silenzio prima di proferire parola, fortunatamente decise di parlare cinese, lingua con cui avevi molta più confidenza.

- Avete osato varcare le soglie del nostro regno senza nessuna valida ragione, non siete qui per commerciare, né tanto meno siete un emissario, siete una spia? Vi ha mandato il regno di Goguryeo? -

Non riuscisti a rispondere e il sovrano rimase confuso nel vederti tentennare, alla ricerca di parole giuste da usare.

Si alzò scostando la veste in modo da non inciampare e scese gli scalini che lo dividevano da te, fece qualche passo e sguainò la sua spada.

Trattenesti il respiro e le tue palprebe si strinsero con forza ma la lama ti sfiorò appena le pelle fermandosi di poco.
Il sibilìo risuonava ancora al tuo orecchio sinistro infastidendoti.

- Tu non sei una spia, non manderebbero mai una donna, per di più... tanto diversa. -

Continuò tenendo ancora la spada che poi scostò facendo poggiare la punta tagliente sul pavimento.

- Voi chi siete... -

Sussurrò e nella sua voce vi era curiosità.

- Provengo da occidente, dal regno dei longobardi, non sono venuta qui per arrecare danno ma solo per conoscere ed esplorare, ve lo giuro vostra maestà. -

Tremavi, non per la paura ma per il suo sguardo indagatore, ora che lo osservavi da più vicino avevi potuto notare una cicatrice correre lungo il suo occhio destro, forse dovuta alla guerra, la vita sottile e stretta oltre che alla quantità lussuriosa di gioielli.

Annuì, doveva non aver mai visto un occidentale, di questo ne eri sicura.

- I vostri occhi sono... grandi. -

Accennò come se la faccenda lo incuriosisse ma allo stesso tempo disgustasse, arricciò le labbra e si fece indietro risollevando la spada, senza che te ne accorgessi, in un movimento fulmineo tagliò la corda liberandoti i polsi.

- Ed i vostri sono piccoli. -

Ti rendesti conto di aver parlato troppo solo quando si voltò dandoti le spalle.

- Potresti essere condannata a morte per ciò che hai detto, ma sorvolerò, a patto che mi racconterai ogni singolo dettaglio sulla tua terra, non sono mai uscito da qui. -

Ti rimettesti in piedi e sua maestà si voltò di tre quarti, ti fece segno di seguirlo anche se non avevi dato risposta.

Da quel fatidico pomeriggio d'autunno vivere nella corte, per te, era diventata la normalità.
Allettavi il re con i tuoi racconti e lui, pian piano, si innamorava della tua voce, ti dichiarava segretamente il suo amore e la notte vi baciavate sotto il chiaro di luna per poi rotolarvi tra le lenzuola in lino, altre cicatrici avevi scovato lungo il suo corpo, tastato la morbidezza dei suoi crini e imparato da lui la lingua e i costumi del suo popolo, ma come in tutte le storie che si rispettino il lieto fine non esiste.

Il popolo non era contento di quella unione e scappare non poteva essere una soluzione, l'onore della famiglia reale era stato infangato e fuori dal palazzo infuriava la ribellione.

I Hwarang per quanto cercassero di tenere sotto controllo l'ira degli abitanti della capitale cadevano uno dopo l'altro in un mare di sangue.

Ti teneva la mano, rinchiusi nella sua stanza coperti dalle tenebre, il tiepido chiarore delle candele vi illuminava il viso.
Ormai avevate deciso, non potevate cercare la felicità altrove.
Vi baciaste ancora mentre la paura si impossessava delle vostre membra, gli stringevi le spalle e lui ti teneva il viso, le vostre labbra si accarezzavano e si assaggiavano, coperte di veleno, certi che quella fosse l'unica maniera per rendere più dolce anche la morte.

I suoi occhi ti guardarono per l'ultima volta, li notavi sbiadirsi, perdere di lucentezza e mentre la sua presa su di te si faceva più intensa in un breve attimo di vita lui sussurrò, assorto.

- I vostri occhi sono grandi. -

𝑺𝑻𝑹𝑨𝒀 𝑲𝑰𝑫𝑺 - 𝑶𝑵𝑬 𝑺𝑯𝑶𝑻𝑺 -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora