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Un odore acre di fumo di sigaro si era fatto spazio nella piccola abitazione, passando attraverso le porte e giungendo alla camera da letto. Il sonno di Nicole, già precario di suo, era stato definitivamente spezzato, facendole aprire gli occhi nell'oscurità della stanza. Scostò il braccio del marito e si diresse in salotto, cercando di capire da dove provenisse quell'odore tanto fastidioso. Era pungente, molto più dell'aceto.
Il parquet scricchiolava sotto i passi della bionda, quella casa necessitava di manutenzione e pure al più presto.
Sul tavolino in salotto trovò una lettera, di cui riconobbe subito la grafia disordinata e a tratti incomprensibile.

"Che merda scrivere le lettere, non trovi? É dannatamente anacronistico. Ti aspetto al solito posto, non é cambiato niente negli ultimi dieci anni. Vieni al più presto e soprattutto vieni sola. Avrò modo di conoscere la piccola in altre occasioni.

-Emiliano."

Nicole rimase interdetta. Emiliano conosceva termini come "anacronistico"? Decise di sorvolare la questione, non era il momento di cadere in piccolezze. Si vestì velocemente, indossando dei semplici jeans e una felpa oversize di Cosimo. Dopo aver indossato il suo paio di all star basse, prese il telefono e il portafoglio, lasciò un post-it giallo sul tavolo per informare il marito e uscì velocemente di casa. Diede le indicazioni al taxi: ospedale di Vimercate.
Per una buona mezz'ora scrutò dal finestrino il paesaggio nebbioso milanese, le sembrava di essere a Novembre anziché a Maggio.
Tutti quei luoghi incisi nella sua mente erano rimasti esattamente uguali, il tempo sembrava essersi fermato a dieci anni prima. Pensò che forse tutto quello le era mancato, era cresciuta sotto al grigiore dei palazzi e l'odore di asfalto e non avrebbe mai potuto rinnegarli. Se lo ricordava anche quando si sentiva a disagio in posti da ricchi, non si sarebbe mai abituata al non poter mandare a fare in culo uno di quei damerini con la puzza sotto al naso che le toccava frequentare per lavoro.

Non appena pagò il taxi per il servizio, iniziò a incamminarsi in direzione nord, lasciandosi alle spalle l'enorme edificio bianco dell'ospedale e svoltò a destra, entrando nella parte dei garage di una palazzina fatiscente.

Una decade prima, percorreva quella strada quando andava a prendere le primissime droghe pesanti per una serata con le amiche all'insegna di neon blu e rosa dei locali più famosi del centro. Chissà che fine avevano fatto le sue amiche. Aveva smesso di chiederselo quando una era totalmente impazzita e un'altra era quasi morta, assicurandosi il nomignolo a vita di "cadavere" da quelli della compagnia, che cambiò poco dopo.

Una volta trovata la saracinesca del box 31, come real time e gli a
Articolo 31, bussò per un paio di minuti. Si sentì stupida a bussare ad un box, nessuno avrebbe mai potuto vivere lì.
Si rallegrò quando vide la serranda alzarsi e scoprire una figura maschile dagli occhi penetranti. Emiliano non era cambiato più di molto: aveva un accenno di barba sul viso e i capelli più ricci e crespi. Non erano più lisci e gradevoli al tatto come lo erano quelle poche volte in cui si lasciava accarezzare in tempi di pace. Avrebbe voluto abbracciarlo e maledirlo per non essersi fatto più sentire. Il tempo aveva lenito le ferite e le aveva medicate, il dolore era solo un ricordo ormai. Aveva messo da parte rancore e rabbia ed era pronta ad avere un rapporto civile e normale con lui. In fondo, se quanto detto era vero, avevano un padre in comune che forse avrebbe voluto vederli uniti. Nicole non lo avrebbe mai saputo, poiché il padre che l'aveva cresciuta non era quello biologico. Non se n'era curata molto, alla fine un figlio é di chi lo cresce e lei voleva bene a suo padre più di quanto ne avrebbe potuto volere a qualsiasi altra persona.

"Sei diventata una signora." Esclamò, guardandola per qualche secondo. Ai suoi occhi apparve più grande e ben curata, dallo smalto semipermanente privo di sbeccature alla pelle del viso, rosea e liscia anche a quell'ora del mattino. Se non fosse stata sua sorella forse Emiliano avrebbe provato a portarsela a letto, gli sarebbe andato a genio pure averla come amante. Con il tempo si era accorto di essere attratto dalle ricche, le stesse che poteva ammaliare con un po' di racconti del suo mondo. Quelle che erano insoddisfatte dai loro mariti, troppo occupati a seguire le azioni in borsa per dare loro le giuste attenzioni.
"E tu un criminale."
Si era ricoperto le braccia e il collo di tatuaggi, chissà quanti altri ne nascondevano i vestiti. Sulle dita Nicole riconobbe dei simboli tipici russi e cercò di ingorare un brivido che le stava percorrendo la spina dorsale. Era totalmente impazzito e quello ne era un chiaro segno.
"Nah, lo ero già dieci anni fa." Rispose con una certa fierezza. "Ho solo fatto strada."
"Talmente tanta che vivi in un garage?" La sua quasi sorella alzò un sopracciglio.
"Non vivo qua, ovviamente. Mi sottovaluti, sorellina." La prese in giro.
"Ho visto che hai messo su famiglia. É carina mia nipote." Continuò.
"Sì, lo é. Ma non ha nulla di tuo, fortunatamente. Ho provato a mettermi in contatto con te, ma tutte le lettere mi sono tornate al mittente."
"Sono io che cerco il mondo, non il mondo che cerca me."
Nicole sbuffò a sentire le solite cazzate di Emiliano. Se la stava menando un po' troppo per i suoi gusti.
"Perché hai voluto vedermi?"
"Grintosa e dritta al sodo come una volta. Li tiri ancora i montanti?" Domandò retorico, giusto per fare incazzare la bionda.
"Sono venuto a sapere che tua figlia vede certe cose. E che il tuo dolce marito ieri é andato a fare visita a Lisa."
"Dove vuoi arrivare, Emiliano?"
"La verità non può e non deve uscire fuori. Capisci cosa intendo?"
"Non posso fare niente." Sentiva freddo agli arti, quel capisci cosa intendo? le aveva fatto gelare il sangue.
"Invece sì. Prendi tuo marito e tua figlia e tornatevene nel vostro paradiso di merda in Svizzera, non dovete tornare mai più."
"Cosimo vuole andare a fondo a questa storia. Lo sai meglio di me che non si darà pace finché non saprà la verità."
"Convincilo a non farlo, finirà male per tutti quanti. Non voglio essere costretto a fare visita a vostra figlia."
"Alai deve rimanere fuori da questa storia." Alzò la voce, se si trattava della figlia nessuno poteva fermarla, nemmeno il padre eterno. La avrebbe protetta da chiunque volesse farle del male, non a caso si era trasferita insieme al marito in un posto che faceva schifo ad entrambi.
"Allora affidala a un buon istituto, non voglio che veda la fine dei suoi genitori."
"Sei un fottuto mercenario, Emiliano. E sei pure impazzito."
"É la vita, bimba. Pensavi davvero che contasse quella specie di linea di sangue che ci unisce?"
Emiliano sapeva che non era necessario tirare fuori coltellini svizzeri o armi per fare pressione su Nicole, non doveva dimostrare a nessuno che non scherzava perché lei già lo sapeva. Quel tono glaciale non lasciava molte interpretazioni e sapeva che tutto ciò che diceva nel giro di poco diventava realtà.
"Gran figlio di puttana."
"Eppure mi dispiace che ci debbano essere ancora queste incomprensioni, capisci? Siamo grandi ormai."
"Se tu parlassi e dicessi tutto quello che sai, ne saremmo subito fuori."
"Lo sai che se cado io, cadi anche tu? Ne sei responsabile quanto me."
"Io non ero nella stanza. Ero svenuta al piano di sotto, accanto a Mario."
"Non sono stato io ad ucciderla, comunque. Non lo avrei mai fatto."
"Questo lo so, Emiliano."

"Ora vattene, se avrò bisogno mi farò vivo io. E salultami mia nipote." Si voltò. Non voleva vederla andare via, nonostante tutto.

"Alai. Si chiama Alai." specificò Nicole.

"Perchè hai dato un nome Gitano a tua figlia?"

"La Spagna è stata la mia seconda casa prima di venire qua, mi sembrava giusto darle un tributo."

Emiliano credeva che il nome di sua nipote fosse dovuto alla madre di Nicole, Spagnola di nascita ma Milanese d'adozione. Non gliene importava più di tanto, alla fine. Non avrebbe mai avuto niente a che fare con quella bambina, probabilmente non l'avrebbe nemmeno mai conosciuta.

Immortal || Gué PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora