quattordici

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"E ja ammò secondo me dovresti ascoltarlo"Vincenzo andava avanti da due ore e avrei avuto tanta voglia di strozzarlo, "cosa sarà successo di così grave?".
Andrea e i ragazzi erano in studio, mentre lui e Marco erano venuti a tenere compagnia a me e la bionda, ma cominciavo a non sopportarlo più.
Mavi mi lanciò uno sguardo preoccupato, mentre per quella che sembrava essere la millesima volta alzavo gli occhi al cielo.
"Ammò fatt 'e cazzi tuoi" rise Marco avvolgendomi le spalle con un braccio
"Fra lo sai che sono curioso! Nessuno mi dice un cazzo, o' voglio sapè "si lamentò il riccio mentre mi tirava degli schiaffetti sulle gambe.
"Vincè hai rotto i coglioni, sono fatti nostri"mi passai le dita tra i capelli, sbuffando "apparte me, lui e Mavi non lo sa nessuno".
"Ok"abbassò la testa sconfitto, guardandomi con gli occhi da cerbiatto.
"Fratm con quella faccia non fai tenerezza, fai paura"scoppio a ridere Marco, suscitando la stessa reazione in me e Mavi.
"Ma accirt".
"Su Vincè, non te la prendere"rise la bionda, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo a se.
"Ruffiana"

"Giuls io esco, tra quanto arrivi?"la bionda entrò nella mia camera, mentre mi infilavo la tuta.
Mi stavo 'preparando' per andare a casa di Leo, dove stasera si sarebbe tenuta la serata alcolica di fine mese.
Consisteva nel comprare litri di alcool e terminare la serata, più aperti della volta prima.
"Tra 20 minuti sono da Leo" risposi mentre mi sistemavo il top, guardandomi allo specchio "Matte è già arrivato?".
"Si, mi aspetta giù".
"Ci vediamo dopo" le posai distrattamente un bacio sulla guancia, per poi notare che mi stava guardando con fare serio.
"Va tutto bene?".
"Si, volevo solo sapere come stai tu"la sua voce preoccupata mi fece sorridere.
Amavo quella ragazza da impazzire.
"Si M sto bene, grazie mille"la strinsi in un abbraccio, mentre la sua mano accarezzava la mia schiena con movimenti circolari.
"Sei sicura? Sei in ansia?".
"Un po', ma stasera penso che affronterò l'argomento con lui e cercherò di fare chiarezza sulla situazione"le sorrisi, guardando i suoi bellissimi occhi verdi.
"Sono sicura che andrà bene"la bionda mi sorrise, trasmettendomi quella calma che solo lei era in grado di darmi, con un piccolo gesto.
"Grazie di tutto M" la abbracciai nuovamente.

"Scendi"il messaggio di Marco mi fece alzare dal letto.
Presi la giacca di jeans, le sigarette e il cellulare, per poi uscire di casa.
Trovai davanti al portone i miei due amici, che mi aspettavano fumandosi una sigaretta.
"Ciao ammò" mi sorrise il riccio, stampandomi poi un bacio sulla guancia.
Marco mi posò un braccio sulle spalle, mentre ci incamminavamo a casa del nostro amico.
"Programmi per la serata?".
Non ne avevo la più pallida idea, ero troppo combattuta.
Da un lato avrei voluto bere fino a stare male, cercando di dimenticarmi del vuoto che avevo sentito in quella settimana, senza di lui.
Dall'altro volevo rimanere sobria per essere in grado di sostenere una conversazione seria e sistemare le cose, perché mi mancava da impazzire.
"Non lo so, spero solo che vada tutto bene"sospirai abbassando lo sguardo.
Il Riccio mi tirò un buffetto sulla guancia, per poi lasciarci un bacio umido, di quelli che mi davano fastidio.
Gli tirai uno schiaffo sul braccio, facendolo sussultare e imprecare per il dolore.
"aie scassato o' cazzo cu a' violènz"sbuffò, con fare stanco "prima o poi te la faccio pagare".
Scoppiai a ridere con Marco, facendo poi sorridere anche lui, che cercava di fare il sostenuto.
Cosa sarei senza quei due?

Occhi Verdi fece il suo ingresso, bello come il sole.
Indossava un felpone nero e una tuta grigia, con le solite Air Force bianche ai piedi.
Gli occhiali poggiati sul naso e i capelli coperti dal cappuccio erano in armonia come le sue due personalità: l'elegante e il maraglio.
"Ammò"Luigi lo prese sotto braccio, portandolo immediatamente verso il tavolo degli alcolici.
Lo sguardo di Occhi Verdi si posò su di me, mentre attraversava la stanza.
I suoi occhi passarono dal braccio di Vincenzo attorno alle mie spalle, alla mia testa posata sulle sua spalla.
Come d'istinto, la alzai immediatamente, creando un'espressione compiaciuta sul suo volto.
Distolsi lo sguardo, concentrandomi su Loris, che stava parlando di una presunta 'inculata' ( parole sue) che aveva preso al supermercato.
Sentivo ancora gli occhi del moro su di me, ma cercai di fare finta di niente.
Non sapevo perché fossi così a disagio, quella che doveva fare la sostenuta ero io.
Ma la sua semplice presenza mi mandava in tilt il cervello, mandando a monte tutti i miei piani.
"Piccì, t'appost?"Vincenzo mi guardava preoccupato, mi ero incantata.
"Si, si, grazie ammò" gli stampai un bacio sulla guancia, facendogli spuntare un piccolo sorriso.
Vincenzo era diventato come un fratello per me, avevamo un rapporto bellissimo e sapevo di poter contare su di lui, sempre.
Quella settimana avevo avuto parecchi crolli e ogni volta che lo chiamavo, si presentava dieci minuti dopo sotto casa mia, pronto ad ascoltarmi anche per delle ore.

"Esco a fumarmi una sigaretta"mi alzai, scavalcando la gamba di Vincenzo che cercò invano di farmi uno sgambetto.
Barcollando, mi diressi verso il terrazzino e con fare goffo, mi accasciai sulla sedia, appoggiando la testa sul muro.
La testa mi girava vorticosamente, provocandomi un forte fastidio e difficoltà nel tenere gli occhi aperti.
Alla fine mi ero buttata sulla prima opzione, avevo bevuto così tanto, da arrivare a perdere il conto tra shot, drink e birre.
Accesi la sigaretta e aspirai, sentendomi immediatamente meglio e cercando di distogliere l'attenzione dal forte mal di testa.
La porta-finestra si aprì, mostrando una figura incappucciata, che riconobbi immediatamente.
Senti come una morsa allo stomaco.
Non volevo vederlo, non volevo che mi vedesse in quelle condizioni.
Si accomodò affianco a me, su quelle che ormai erano le 'nostre' sedie.
"Ciao" la sua voce uscì in un sussurro, mentre percepivo il suo sguardo puntato su di me.
"Ciao".
"Senti piccola, è da una settimana che aspetto di vederti e affrontare l'argomento.
Ti chiedo solo di stare in silenzio ed ascoltarmi, okay?" aspettò un mio cenno, per poi continuare a parlare "voglio scusarmi per come mi sono comportato quella sera.
Ho sbagliato, ti ho messo in testa cose che non pensavo, facendoti pensare che io fossi incazzato per quello.
Il problema non è che tu non riesca ancora ad andare oltre, anzi.
È che mi dispiace vederti così e sapere che le tue più grandi insicurezze e paure siano state causate da lui.

Giu tu mi piaci sul serio, per me non sei un gioco, non lo sei mai stato.
Da quando ti ho vista seduta su quel divano ho capito che tu eri diversa.
Se tu non ti senti ancora pronta a fare certe cose, io ti capisco e ti appoggio.
Quella sera ho sbagliato, ero ancora fattissimo e mi sono fatto prendere dal momento, senza pensare a ciò che provavi tu.
Non voglio che tu pensi che per me sia solo una questione fisica, perché non è affatto così.
Amo passare il tempo con te, mi basta stare insieme.
Non riesco a starti lontano, mi fa male vederti così distante.
Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno per pensare e riflettere, ma ti prego non allontarmi, mi fai solo stare peggio".
Mano a mano che parlava, le farfalle nel mio stomaco aumentavano e il mio cuore batteva più forte.
Non avevo aperto bocca, eppure con un discorso era riuscito a mettere a tacere  tutte le domande, i dubbi e le paure che mi balenavamo nella testa.
Andrea era fatto per me, ed io ero fatta per lui.
"Non ho più intenzione di allontanarti, non ci riesco"sussurrai guardandolo dritto negli occhi.
Batté due volte sulla sua gamba, invitandomi a sedere su di lui.
Non me lo feci ripetere due volte e appena mi avvolse con le sue braccia, dopo una settimana finalmente, mi sentii di nuovo a casa.

SantanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora