Carillon

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Scarlett si spogliò, si infilò sotto la doccia e lasciò che l'acqua facesse scivolar via i residui dell'incubo.

Ma c'era stata durante il sogno anche una piccola parte piacevole, se così si può dire.

Rick.

Lui... sì, lui ti attrae, e non poco.
Ci hai pensato spesso.

Fece scorrere lentamente la spugna lungo le braccia, sui seni, sulla pancia.
Poi giù, più giù.

Rick c'era, tra quei pensieri. Uno spiraglio di sole in mezzo all'oscurità.

Appoggiò i gomiti contro la parete di marmo del muro e chiuse gli occhi, lasciando che il getto della doccia si riversasse sui suoi capelli per poi scivolare dolcemente sul resto del corpo.

Tornò a Rick più volte, in quei momenti. Fu forse un modo di (ricominciare a?) scappare, una via di fuga.

Un posto lontano. Altrove.

Rick.

Oh, Rick.
Almeno tu.
Sarebbe bello trovare qualcosa di buono, in questa cittadina.
Un fiore tra i rifiuti.

L'acqua continuò a scorrere sul suo corpo, accarezzando la sua fantasia. E divenne molto di più, allora. Divenne battito e pulsazione; respiro frammentato e denti stretti; occhi chiusi e sollievo nuovo, inatteso, primordiale, necessario. Esplosione. Soprattutto, divenne via di fuga e punto di partenza.

Nello stesso istante, Rick aveva raggiunto la centrale.

Notò subito un gran fermento, lì davanti. C'erano diverse automobili della polizia ed erano arrivati già i federali. Salutò LaMarca e Holloway nello stesso istante in cui Jane li raggiunse. Vide anche Frank. Stava parlando concitatamente al telefono con qualcuno.

<<Muoviamoci, muoviamoci!>> esclamò, correndo verso di loro. <<Abbiamo ricevuto una telefonata dall'ospedale.>>

Per Scarlett fu bello.
Ebbe un orgasmo, sotto la doccia. Era da tanto che non le succedeva.
(Ma durante quei giorni a Dark Riversi si era auto-caricata di tensioni antiche e immagini nuove. Come uno di quei carillon che aveva da bambina: si gira la chiavetta e il carillon si carica, poi parte la musica.)

Si sentì meglio, dopo, molto meglio. Rimase immobile, lasciando che l'acqua continuasse a bagnare il suo corpo. Poi si piegò e si sedette sul piatto in marmo della doccia. Appoggiò la schiena e la testa all'indietro, contro il muro. Chiuse gli occhi. Ripensò alle immagini e alle fantasie che erano sorte naturali sotto il getto dell'acqua.
C'era stato il sorriso di Rick, in mezzo a quel piacere. C'era stata anche e soprattutto la voglia di trovare un amore nuovo, e di farlo per se stessa. Qualcosa che fosse puro, sincero, diverso da Noah. Sentiva di meritarlo. Un battito del cuore; oltre le pulsazioni, oltre i respiri in sincronia, oltre le unghie nella schiena. Una persona da aspettare a casa durante le sere d'inverno, di fronte al camino acceso, con il fuoco che stride nel silenzio e la neve che viene giù, preannunciando il Natale. Le coperte, il letto, il piumone. I corpi nudi sotto, a cercarsi ed inseguirsi avidamente per le ore che precedono l'alba, e poi ancora oltre.
L'acqua continuava a cadere, continuava a bagnare il suo corpo, mentre i battiti del cuore stavano tornando al loro ritmo regolare.

Smettila di sognare. Oh, maledizione, Scarlett. È stato bello immaginarlo. È stato intenso, forte, grandioso. Ed è durato il tempo di una doccia. Siete due universi lontani e differenti. In tutto. Lui è divorziato. Forse è nel bel mezzo di una relazione. Ha una figlia. E...

Si rialzò lentamente, appoggiando le mani al muro. Si guardò riflessa nello specchio. Era bella, si piaceva. Quello non era mai stato un problema. Ma il resto... ciò che si portava dentro. Le urla nel buio. La paura dei legami. La paura di essere abbandonata. Il passato che continuava a tornare.

(Ma se Rick avesse fatto un passo, uno solo... )

Si asciugò. Si vestì. Trovò un abito a fiori, chiaro e leggero. Non aveva voglia di rimanere in casa. Si specchiò ancora una volta (certo, Scarlett, sarà utile specchiarsi per una passeggiata nel cuore della notte. Incontrerai il tuo cavaliere, oh sì. Come no) e trasse un respiro profondo. L'unica certezza che aveva era che non poteva rimettersi a dormire né scrivere. Aveva bisogno di camminare, di prendere aria. Di riordinare le idee, su tutto.

Così scese le scale, aprì la porta e la richiuse alle proprie spalle.

Fuori, la notte era nera e silenziosa, senza stelle.

Dall'altro lato della città, Rick guidava premendo il piede sull'acceleratore, con Jane seduta accanto e i federali nell'auto alle sue spalle. Addirittura Frank era salito su una vettura, insieme al sergente Washington. Brice Washington, trentasette anni, bionda dagli occhi di ghiaccio. Era lei che avrebbe ricevuto e seguito i rapporti del caso dei ragazzi scomparsi, dopo l'avvento dei federali e le ferme indicazione di Vincent LaMarca e Maggie Holloway. Avevano preteso una gestione differente all'interno del dipartimento, e mentre Rick e Jane avrebbero continuato ad occuparsi delle indagini sul campo, Brice Washington avrebbe invece dovuto essere sempre messa al corrente di tutto, prima ancora di Frank. A tutti gli effetti, a dire il vero, la responsabile ultima dell'indagine, subito sotto Frank, era divenuta lei. Rick ne era felice: la stimava. Era un poliziotto duro ma corretto. Si era fatta rispettare da tutti, sempre. E non era stato semplice all'interno di un dipartimento così piccolo e pieno di uomini e in una cittadina con così pochi abitanti. Le voci e i pettegolezzi sulla sua carriera e su come fosse arrivata così in alto e così in fretta non avevano mai smesso di rincorrersi, ma lei era stata bravissima ad ignorarle e andare avanti per la propria strada.

<<Ci siamo quasi>> disse Rick, scorgendo in lontananza l'edificio che ospitava l'ospedale. Era una costruzione vecchia e imponente. La telefonata che aveva messo in moto tutto quel caos era arrivata da lì.
Presto, Rick ne era certo, sarebbe arrivata anche la stampa. Si trovavano di fronte a una svolta incredibile, forse.

<<Credi che...>>

Jane non terminò la frase perché Rick stava scuotendo la testa, lentamente.

<<Non lo so. Lo scopriremo tra poco.>>

Spense il motore, aprì la portiera e uscì, senza curarsi di aspettare gli altri. Jane fece lo stesso.

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