Capitolo 5: MOMENTO DECISIVO parte 1

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Venerdì sera ore 20:30

Sono passati due mesi da quando sono arrivata a Salt Lake e le cose sono molto cambiate. Non mi aspettavo di certo che rimanesse tutto uguale ma neanche che tutto cambiasse completamente. Piano piano sto maturando ma sono anche molto confusa. L'università si sta avvicinando e io non ho la minima idea di cosa fare della mia vita. Spero solo di ottenere borse di studio grazie alla pallavolo e/o al teatro. Non che ne abbia bisogno economicamente ma più che altro emotivamente. Ho sempre bisogno di certezze nella mia vita e per ora me le ha date la pallavolo e la scuola.

Oggi il nostro allenatore ci ha informato che alla prossima partita ci saranno degli osservatori dell'università che potranno offrirci delle borse di studio. È un'occasione più unica che rara. È una partita molto importante in quanto siamo le seconde in campionato e la squadra avversaria è la prima. Mi sono allenata molto fino ad ora e in particolare da quando so che ci saranno. Ogni giorno dell'ultima settimana ho fatto i salti mortali per riuscire a fare tutto. Le prove in teatro sono state faticose, alcune scene sono state difficili da provare e avere Ricky quasi in tutte non mi ha aiutato. E poi gli allenamenti, sono stati molto impegnativi. L'allenatore vuole assolutamente che vinciamo, ma che soprattutto ci selezionino. In questo momento mi sto rilassando sotto la doccia. Domani ho la partita e ho bisogno di pace e tranquillità. Terminata la doccia mi siedo sul davanzale della finestra vicino al piano. Da quando sono qui questo strumento ha acquistato un valore completamente nuovo e sento il bisogno di usarlo ancora e ancora. Lo osservo per qualche minuto e poi mi siedo per suonarlo, anzi per comporre. Ricky aveva ragione, l'ispirazione viene tutta d'un colpo, come una magia e in qualche ora nasce una prima bozza della mia prima canzone. Una canzone che racchiude tutte le mie emozioni di questo periodo, l'amore, il futuro, le passioni, gli amici, tutto quello che sto provando.

Sabato mattina ore 9:00

Finalmente il giorno della partita è arrivata. Ho i nervi a fior di pelle, non vedo l'ora di giocare. Ora farò una corsetta qui per il quartiere per alleggerire la tensione; è come se la casa mi stesse stretta e ho bisogno di aria. Per fortuna c'è il sole. Non è caldo, alla fine siamo solo ai primi di marzo, ma la primavera si sta avvicinando. Prendo gli auricolari, saluto mamma e papà che stanno facendo colazione ed esco a correre. L'aria sulla pelle e tra i capelli mi fa sentire bene, mi fa sentire viva ed è in questo preciso istante che penso a Ricky. Non dovrei, lui non mi vede in quel modo, per lui sono solo un'amica. Anche se vorrei che non fosse così. Pensando a lui e a come potremmo essere felici insieme inizio a correre più veloce tanto che dopo poco mi devo fermare per prendere fiato. In pochi secondi, senza sapere come, mi ritrovo letteralmente a terra, con la testa pesante per il colpo contro il cemento e un forte dolore al polso sinistro che ho usato per attutire la caduta. Tutto in torno a me è confuso e sfocato fino a che quello che rimane è solo il buio.

Quando riapro gli occhi sono poco distante da dov'ero prima con la testa che pulsa forte seduta su una barella dell'ambulanza.
<<Come ti chiami?>> mi chiede una ragazza del pronto soccorso <<Riesci a sentirmi?>> a fatica le rispondo. È tutto così confuso... non capisco cosa sia successo. In pochi minuti mi portano in ospedale dove ci sono già i miei genitori.
<<Come stai Emma? Cos'è successo?>> mi chiede mia madre terribilmente preoccupata. Penso di non averla mai vista così preoccupata... ne lei ne mio padre. Con il tempo ho iniziato a pensare che se mi fosse successo qualcosa non se ne sarebbero nemmeno accorti. Sono sempre e perennemente occupati con il lavoro fin da quando sono piccola. Questi pensieri mi mettono una gran tristezza che inizio a piangere.
<<Tesoro che hai?>> papà si avvicina ancora di più e mi accarezza dolcemente la testa.
<<Vi voglio bene>> dico scoppiando in lacrime e loro mi sorridono e mi stringono forte le mani.

Sabato pomeriggio ore 16:30

In ospedale mi hanno fatto tutti gli accertamenti e hanno comunicato ai miei genitori che non c'è niente di cui preoccuparsi perché sto bene. Ho solo qualche botta e qualche graffio qua e là e un polso slogato. Una macchina mi è venuta addosso sul marciapiede e mi ha fatto cadere a terra, ma grazie al fatto che ho messo la mano sinistra a terra, la testa non ha sbattuto a terra ma solo sfrisato.
<<Il dottore ha detto che possiamo riportarti a casa se anche gli ultimi esiti vanno bene>> afferma mamma accarezzandomi il capo e sorridendomi.
<<E quando saranno pronti?>> chiedo. Non mi piace stare negli ospedali, e poi devo andare alla partita.
<<Prima di cena. Così poi torniamo a casa e ti cucino quello che preferisci>> afferma papà.
<<Io volevo andare a vedere la partita>> dico ma i miei genitori non sembrano molto contenti.

Alla fine sono riuscita a convincerli, ma ovviamente non ascolterò il medico che mi ha detto di risposare e non sforzare il polso. Devo assolutamente giocare questa partita. Per fortuna ieri avevo lasciato la borsa negli armadietti della palestra, mi basterà andare li, inventare una scusa e giocare. Non succederà nulla.
I miei genitori mi lasciano all'entrata e poi si allontanano con la macchina. Entro nello spogliatoio e prendo le mie cose per cambiarmi.
<<Cos'hai fatto Emma?>> mi chiede il capitano.
<<Niente di che, non ti preoccupare, è tutto okay>> lei e le altre non sembrano molto convinte ma sorvolano e continuano a cambiarsi.
<<Ragazze siete pronte? Vi devo parlare prima della partita>> chiede l'allenatore da fuori la porta e poi quando diciamo si entra per parlarci.
<<Emma! Non penserai mica di giocare?! Tua madre sapeva che avresti giocato lo stesso e mi ha spiegato cos'è successo questa mattina. Cambiati. Non giocherai oggi>>
<<Come? Cos'è successo?>> chiedono le altre in coro.
<<Dopo ve lo spiegherà, ora dovete concentrarvi. Vi ricordo, anche se non serve immagino che oggi le vostre vite potrebbero cambiare...>> l'allenatore continua a parlare ma io ormai non lo sento più. Sento solo un vuoto dentro di me che cresce sempre di più. Quando le ragazze escono mi danno una carezza sulla spalla e questo accresce la tristezza e la rabbia dentro di me. Inizio a piangere mi sento come se fossi stata abbandonata. Mi sento piccola, sola, indifesa, impaurita, arrabbiata, amareggiata, disperata, sconfitta... non riesco a smettere di piangere. Mi accascio a terra contro il muro e inizio a pensare a quello che ho perso per colpa dell'incidente di questa mattina. Dopo quasi due ore, con molta fatica mi cambio per vedere come sta andando la partita. Arrivo all'entrata della palestra e mi fermo in un angolo per vedere come sta andando. Stanno perdendo il secondo set per 20 a 10 e il primo l'hanno perso. Avrei dovuto giocare. Sento che le lacrime stanno tornando così torno a casa. Spengo il telefono e metto la musica della palestra che ho in casa ad alto volume per non sentire i miei pensieri e inizio a sfogarmi prendendo a calci e a pugni con la mano destra il sacco da box. Sembra che l'energia negativa non voglia scendere così continuo per ore finché non sono troppo stanca e devo smettere. I miei genitori mi chiedono di mangiare qualcosa ma ho lo stomaco sotto sopra, così corro in camera mia e mi metto seduta sul davanzale della finestra per guardare fuori. Sembra che il tempo rispecchi esattamente il mio stato d'animo; ha iniziato a piovere e sta iniziando a tuonare. Sento che l'aria mi manca, ho veramente toccato il fondo oggi. Già da settimana mi sento strana perché non riesco più a riconoscermi. Sono confusa sul mio futuro e sul mio presente. Il fatto di non sapere cosa volere dalla vita non mi permette neanche di capire in che ambito spendere le mie energie. Forse è meglio che vada a dormire per far finire questa giornata infernale.

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