1.Il Viaggio .2.

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Marcus era di Rotterdam e la prima cosa che fece fu scusarsi perché non avrebbe parlato perfettamente la lingua, non sapendo che questo valeva anche per molti italiani. Mi fece sorridere già dalla prima frase. Aveva una voce molto diversa da quella che la mia immaginazione aveva creato. Era “adulta”, suadente, calma, infondeva pace e serenità. Passai dall’immaginarlo con gli occhiali da vista e l’apparecchio ai denti a una visione più da saggio sciamano ringiovanito. Lo ringraziai ampiamente per il biglietto aereo e confermai la scelta di non accettare il suo invito.
Cosa mi fece cambiare idea?
«Certo, capisco che sia complicato fidarsi di un ragazzo conosciuto online. Ho letto, però, che provieni dalla Sicilia. Potresti utilizzare il biglietto per fare un viaggio qui, senza impegno. Posso prenotarti un buon albergo e puoi stare un paio di giorni per i fatti tuoi. Io e gli altri del gruppo saremmo contentissimi di conoscerti anche solo per un caffè.»
Non so esattamente il motivo, ma questa semplice frase mi convinse che era la cosa giusta da fare. Da quel giorno in poi le chiamate divennero sempre più frequenti, più lunghe e interessanti.
Marcus mi raccontava delle avventure con il suo “gruppo” di amici. Erano dei cacciatori dell’occulto, una nomina mai sentita prima di allora. Si occupavano di scacciare tutto ciò che di malvagio si aggirava nella loro città e in quelle limitrofe. Non scese mai nei particolari ma quei pochi racconti bastarono ad incuriosirmi tanto da fare il conto alla rovescia dei giorni mancanti alla partenza.
So cosa penserete: buttarmi a capofitto in questa storia era stata una scelta impulsiva, errata, dettata esclusivamente dall'entusiasmo, ma l'ho fatto.
E ora eccomi qui, a raccontarlo a voi.
Un avviso risuonò in aeroporto facendomi trasalire e dando un enorme segnale di stop al ritornello dei miei pensieri. Il volo in partenza per Palermo era pronto per l’imbarco, avrei dovuto esserlo anche io. Deglutii più forte del dovuto cercando di mandare giù, insieme alla saliva, tutta l'ansia accumulata in quei cinquantasette minuti di attesa. Indossai con un gesto poco signorile il grosso zaino da viaggio che mi squilibrò facendomi quasi cadere. Dannazione, la prossima volta devo comprarlo al reparto bambini, pensai.
Respiri intensi accompagnavano i miei passi tesi, per un attimo temetti che mi si potessero rompere le rotule di quanto erano rigide in quel momento. Stringevo la carta di imbarco con tanta foga da aver quasi il timore di strapparla. Ero forse ancora in tempo per cambiare idea e tornare indietro? Perché quella paura? Perché ero così tesa? Passavo intere estati all'estero intrattenendomi con lavoretti di baby-sitting o di ristorazione. Quell’intensa emozione, quindi, a cosa era dovuta?
Non mi stavo semplicemente imbarcando su un aereo, non era così semplice. Era l'imbarco per una vita nuova, ma ancora non lo sapevo. Avevo un biglietto di sola andata e un tremore mai avuto prima. Portai istintivamente una mano alla collana in Onice regalata da mio padre molti anni prima; quando provavo qualche sensazione negativa la stringevo sempre forte, come se mi aspettassi che potesse portare via tutte le mie paure e ogni tanto, contro ogni previsione, funzionava.
‘Sto per imbarcarmi. Ci vediamo tra due ore’. Fu difficile scrivere il messaggio a Marcus con le mani tremanti quasi come quelle della nonna, ma ormai era consuetudine avvertirlo dei miei spostamenti.
Mentre stringevo sempre più forte la pietra e cercavo di comprendere se fosse il caso di tornare indietro decisi di chiamare la donna che mi aveva messo al mondo, chi meglio di lei avrebbe potuto darmi conforto? 
Persino il ticchettare della segreteria mi creava uno stato d’ansia crescente. 
«Tesoro! Che succede?! Tutto bene?» non prese nemmeno un attimo di respiro. Per un solo attimo avevo creduto che una donna iperprotettiva avrebbe potuto tranquillizzarmi. Illusa.
«S-sì mamma. Tutto bene. Volevo solo dirti che sto quasi per partire», puntualizzai facendo qualche passo avanti. Era sempre stata apprensiva, ancor di più dopo la morte di mio padre. Non riusciva a credere che io stessi partendo da sola per un viaggio che, fino a quel momento, era di sola andata. Sentii il respiro di sollievo dall’altra parte della cornetta.
«Ah, okay. Mi ero preoccupata. Fai buon viaggio tesoro e ricordati di chiamarmi quando arrivi!», urlò contro la cornetta tanto da costringermi ad allontanarmi dal cellulare. Alzai istintivamente gli occhi al cielo, cercando di comprendere quale bizzarra idea mi avesse imposto di chiamarla.
“Va bene mamma, a più tardi”. Tagliai corto sfiorando il cerchio rosso sullo schermo.
La chiamata non mi tranquillizzò per nulla. Più ci pensavo, più l'ansia cresceva. Era come un palloncino riempito di cattivi pensieri e paure. Ogni mio respiro gonfiava un centimetro in più. Era pronto a esplodere e a farmi tornare indietro. La pietra di onice si temperò di calore puro.
Con un gesto eccessivamente scomposto porsi i documenti all'addetta al check-in che, dopo averli controllati superficialmente, mi lasciò passare. Non mi guardò nemmeno in volto, che dolcezza unica. Percorsi il corridoio con entrambe le mani poggiate sulle bretelle dello zaino, dovevo pur aggrapparmi a qualcosa. La luce esterna quasi mi accecò mentre le mura andavano via via stringendosi e le pareti a vetri mostravano tutti gli aerei in dirittura d'arrivo e, soprattutto, quelli in partenza. All'improvviso qualcosa cambiò. Il mio passo divenne svelto e sicuro; riuscii addirittura ad allentare la presa alle bretelle. Ero agitata, sì, ma non volevo darlo a vedere nemmeno a me stessa. Ormai era fatta. La strada che stavo percorrendo significava solo una cosa: il viaggio stava per avere inizio.
Tutto il resto fu in discesa: Trovare il posto a sedere fu semplice e soprattutto non avrei dovuto dividere la fila con nessun altro. Posai con fatica il grosso zaino negli spazi appositi e, come tutti gli altri presenti, mi accomodai indossando l'inutile cintura legata alla poltroncina. A cosa serviva la cintura di sicurezza in un aereo? Non mi avrebbe certo salvato dallo schianto. Dopo aver seguito le indicazioni delle hostess sulle misure di sicurezza, similmente a come si seguono le pubblicità in televisione, indossai le cuffiette arancio e mi persi nei miei pensieri immaginando ogni ipotetico scenario che mi sarei ritrovata davanti non appena arrivata.
La mia avventura iniziò lì.

La Cacciatrice Dell'OccultoWhere stories live. Discover now