Skyscraper

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Only silence
As it's ending
Like we never had a chance.
Do you have to make me feel like there's nothing left of me?

Era una giornata fredda e uggiosa nella tranquilla cittadina di Pavia.
Dalle prime ore del pomeriggio, uno spesso strato di nebbia aveva iniziato a farsi strada dalla campagna circostante, fino ad avvolgere in un lattiginoso manto ogni strada e abitazione, rendendo ogni suono inconsistente e ovattato.

I pavesi erano talmente abituati alla presenza di quella coltre impenetrabile che ormai non vi prestavano nemmeno più attenzione e camminavano per le vie centrali come se nulla fosse, troppo impegnati a portare a termine le loro faccende quotidiane per preoccuparsi riguardo al clima.

Non distolsero l'attenzione nemmeno quando un'insolita figura si fece strada da un vicolo laterale, caracollando verso il centro città con passo incerto.

Si trattava di una ragazza di ventuno anni, piuttosto bassa e dalla corporatura formosa, i capelli castano rossiccio raccolti in una crocchia disordinata.

Il suo nome era Nilde.
Camminava assorta nei propri pensieri, senza curarsi degli individui che le passavano accanto, le mani affondate nelle tasche della felpa e lo sguardo basso, gli occhi color ematite spenti e arrossati, come quelli di una persona disperata ma, al contempo, troppo stanca per piangere.

Nella tasca dei suoi jeans, lo smartphone continuava a vibrare con insistenza, prontamente ignorato dalla sua proprietaria che per tutta risposta accelerò il passo, come a volersi lasciare alle spalle le preoccupazioni. Queste ultime, tuttavia, facendosi prontamente beffa di lei, continuavano a inseguirla, artigliandola in una morsa inestricabile.

Non voleva rispondere al telefono. Non voleva guardare in faccia la realtà.

Nel migliore dei casi, avrebbe letto sullo schermo il nome di qualche suo collega universitario che la chiamava, probabilmente, perché preoccupato del fatto che avesse smesso di frequentare le lezioni da più di due settimane; nel peggiore, invece, sarebbe stato il nome di uno dei suoi genitori ad apparire sullo schermo.
Anche con loro non parlava da più di due settimane, precisamente da quando aveva scoperto di essere incinta.

Inizialmente, il risultato del test di gravidanza le era parso talmente assurdo che non aveva neppure preso in considerazione l'idea che potesse essere accurato. E non perché amasse raccontarsi delle bugie, ma semplicemente perché era certa del fatto che l'ultima volta in cui aveva avuto rapporti con qualcuno avesse usato il preservativo.
Aveva comprato altri tre test, e quando tutti le avevano riportato lo stesso sconfortante risultato aveva deciso di tagliare la testa al toro e di recarsi da un ginecologo.

Purtroppo, la visita medica non aveva fatto altro che confermare i suoi peggiori timori: era davvero incinta, e da circa un mese per di più.

Le era crollato il mondo addosso anche e, soprattutto, perché, sulle prime, aveva avuto non poche difficoltà a ricordare l'individuo con cui doveva presumibilmente aver consumato quella famigerata notte di passione.

La sua mente si soffermò nuovamente sulle emozioni caotiche e sconclusionate che aveva provato quella sera: ricordava di aver trascorso ore e ore rannicchiata sul divano, ripercorrendo con la mente il mese appena trascorso, tentando di capire con chi e in che circostanze avesse concepito.

Finché non erano sopraggiunti dei vaghi ricordi e, insieme a essi, un'amara consapevolezza: non solo aveva avuto rapporti con qualcuno un mese prima, ma quel qualcuno non era altri che il suo professore di Linguistica Italiana, Vittorio Nobile.

Doveva ammettere che aveva sempre avuto un debole per lui, fin dalla prima lezione a cui aveva assistito.
Non perché fosse particolarmente avvenente, anzi: la sua corporatura magra e minuta, i suoi vestiti dimessi e il viso sciupato non lo rendevano di certo un adone. E anche il resto del suo aspetto, a partire dai comunissimi capelli marrone cenere fino ad arrivare agli occhi color ambra, non era nulla di straordinario.
No, quello che veramente l'aveva attratta come una calamita fin dall'inizio era stato il suo modo di parlare, la passione fervente che trasudava con prepotenza quando trattava gli argomenti delle sue lezioni.

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