8 Don Birra

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Era già notte fonda.

Don birra, stiracchiato sul suo divano che si stava smaterializzando giorno dopo giorno, si perdeva assiduamente con la mente nei suoi pensieri alcolici. In quello stato mistico, dispensava consigli e aneddoti che potevano intimorire anche Buddha.

Nel suo stomaco, i rustici e le birre stavano dando vita ad un intruglio particolare da cui poteva nascere di tutto; nel migliore dei casi se la cavava con un po' di diarrea, nei peggiori con una morte temporanea.

In quel momento si fece avanti una graziosa signora con il viso a forma di asteroide che gli poggiò la sua rugosa mano sulla possente spalla da birraiolo.

«Gradisce qualcosa? orsacchiotto mio»

Don Birra sbarrò gli occhi, non si trovava più nel suo salotto. Sicuramente si era addormentato da seduto dando inizio al suo sonnambulismo.

«Non voglio niente, grazie» Rispose incerto il Don e con lo sguardo perso nel vuoto.

«Ehi Cicciolino, ti levi un attimo la camicia che sento freddo?» Si intromise una ragazzina in minigonne del tavolo accanto.
Si trovava in un famoso pub alternativo della città, se ne accorse perché le cameriere servivano i tavoli in reggiseno.
Il Don, siccome soffriva di un' insicurezza acuta e si vergognava dinanzi alle nudità altrue, chiuse gli occhi a modo suo per nascondersi.

Si addormentò immediatamente nonostante le palpatine che stava ricevendo dalla signora asteroide.

Il sonnambulo che c'era in lui prese vita, allontanò delicatamente quelle carezze bramose che stava ricevendo e cominciò a farfugliare qualche discorso sensato sulla politica adottata dal ministro degli interni.

Si alzò, salutò garbatamente le due signore confuse, mise cinque euro nei jeans fosforescenti della cameriera che lo aveva sbaciucchiato subito dopo e pagò pure il conto della ragazzaccia del tavolo accanto.

Il sonnambulismo era un fattore così determinante che prese le redini della sua vita notturna e mattutina.
Si laureò in teologia grazie al suo sonnambulismo, e mise incinta una ragazza sempre in queste condizioni.

Nacque un maschietto che con il tempo divenne robusto e forte come il padre.
In quel momento lo stava aspettando su quel che ne era rimasto del divano. Odiava suo padre.

Non lo sopportava perché era perennemente ubriaco e nella giornata nazionale della non birra gli aveva procurato una frattura multipla dell'avambraccio sinistro, soltanto perché non aveva chiuso bene la finestra.

Il Don era tendenzialmente timido di natura ma era ricoperto di un energia distruttrice. Da ubriaco era mansueto e faceva gli occhi dolci pure ai bestemmiatori incalliti, mentre da lucido si trasformava in una bestia assetata di sangue.

Solo da sonnambulo si poteva intrattenere un discorso di senso compiuto e di rado pure soddisfacente.

In paese conoscevano tutti le vicende del Don, e sapevano anche del grande dolore che accudiva silenziosamente. Il passato di Don Birra era molto oscuro ed era diventato un argomento proibito tra i cittadini.

Nessuno osava interferire con la sua condotta morale, non ne avevano il coraggio e soprattutto la voglia.

«Sei rientrato a casa finalmente» Disse Orazio Chirichettone, il figlio non censurato del Don.

«Piú che altro sei uscito di casa urlando e avevo capito che eri entrato nella tua modalità» Aggiunse bisbigliando, non voleva svegliarlo da quello stato di incoscienza ed avere a che fare con il suo lato alcolizzato.

Il padre non lo degnava neanche di uno sguardo, come poteva guardarlo se si trovava in modalità sonnambulo?
Andò goffamente in cucina e prese la sua quarta birra da cinquanta cl.

«Papá, non mi hai ancora risposto. Siamo sicuri che tu sia sonnambulo in questo momento?»

Don birra continuava ad ignorarlo e si sedette con una certa grazia su quel divano, doveva calibrare il suo peso con la forza di gravità per non toccare il pavimento gelido con le sue chiappe mosce.

«E dove ci troviamo? In un interrogatorio? Non rompere i coniglioni» Rispose con una certa dose di acidità papà birra, complice anche il reflusso gastrico che lo disturbava perennemente e la sua chiappa destra che toccò lievemente quel piccolo Alaska pavimentato.

Anche la casa del Don era sporca e appiccicosa, era troppo ubriaco per svolgere le pulizie di casa e troppo sonnambulo per occuparsi di queste faccende prettamente femminili.

Il Chirichettone, deluso ma abituato all'irriverenza del padre, si dileguò nella sua stanza nel piano superiore. Don Birra non saliva quelle scale da almeno dieci anni.
Avevano dormito, a turno, tutti i suoi amici e i barboni-amici all'insaputa del Don.
Quel piano era provvisto di tutti i comfort possibili, un bagno spazioso, due stanze da letto e un salottino.

«È rientrato quel rompicoglioni di tuo padre?»
Lo accolse, con un sorriso marcio, il suo amico d'infanzia.
Fazio l'invisibile era il suo nome d'arte, il suo cognome non se lo ricordava più.
Era un omettino tutto peloso e calvo, privo di cultura ma piuttosto furbo e abile nell'arte del nascondiglio. Viveva in quel piano da tre anni circa e aveva tagliato tutti i ponti con il mondo esterno.

Spesso, siccome il gabinetto del bagno di sopra si otturava spesso con le cagate immense del Chirichettone, doveva necessariamente andare al piano di sotto per fare i suoi bisogni.

La maggior parte delle volte, quando incrociava lo sguardo alcolizzato del Don, lo salutava fingendosi suo figlio ed entrava in bagno. Al rientro usava la stessa tattica e tutto filava liscio.
Quando carpiva che c'era una certa lucidità nel suo sguardo, lì erano guai.

Non poteva far finta di essere un idraulico che si trovava per caso in quella casa, anche perché non era capace e una volta aveva ricevuto pure un pugno sulla testa per un lavandino montato al contrario.

«Non preoccuparti, non devo cagare questa volta, non scenderai al piano di sotto» Rispose Orazio.

Un sorriso dorato si fece largo tra le labbra screpolate di Fazio.

Il motivo per cui si trovasse lì era semplice, non aveva una casa né tantomeno una famiglia. Nei vari orfanotrofi veniva cacciato perché non dimostrava l'età che portava. A dodici anni sembrava già un padre di famiglia.

«Dai, non rompere le palle e addormentati ora. Non sorridere perché poi illumini la stanza e non riesco più a dormire»

«Sì»

Fazio e Orazio si coricarono nei loro rispettivi letti caldi e al riparo dal freddo.

Dall'altra parte della città, quando ormai stava albeggiando, Lucifero si svegliò di soprassalto e si accorse che la sua testa nuda era a contatto con l'erba umida.

«Cazzo»

Era nei guai.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 18, 2020 ⏰

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