1. "Serial killer?"

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Osservava il cielo nuvoloso di quella mattina di Aprile, le mani intrecciate dietro la schiena e la postura dritta mentre i suoi occhi viaggiavano sul panorama mozzafiato che si presentava fuori dalle vetrate del suo ufficio al trentesimo piano. La sua mente piena di pensieri viaggiava veloce quanto l'aereo che volò sopra i grattacieli di Chicago e la sua impazienza cresceva a dismisura ad ogni secondo che passava.

Aveva così tanti impegni quel giorno e non poteva perdere nemmeno un millesimo del suo tempo. Ogni secondo della sua vita lavorativa valeva centinaia di dollari e l'idea che stesse ad un passo indietro rispetto alla sua tabella di marcia lo innervosiva all'inverosimile.

La porta del suo ufficio elegante e curato nei minimi dettagli si spalancò di scatto facendogli serrare gli occhi e sospirare lentamente, pronto a sgridare chiunque avesse osato irrompere nel suo regno senza la decenza di bussare.

Ma quando la voce del suo assistente personale arrivò alle sue orecchie, tutta la rabbia accumulatasi fino a quel momento, scivolò via scomparendo.

Lentamente si girò verso il suo amico di fiducia che reggeva tra le mani il giornale appena comprato mentre sul suo viso perfettamente rasato, un enorme sorriso gli increspava le labbra.

<<È uscito!>> affermò alzando il giornale tra le sue mani e avvicinandosi alla scrivania in legno scuro e pregiato dove posò i fogli per poi incrociare le braccia al petto stretto in una camicia bianca e perfettamente stirata.

Jonathan, infilandosi le mani nelle tasche del suo completo nero, camminò verso la sua scrivania lanciando un occhiata alla prima pagina del giornale dove il suo nome, stampato a caratteri cubitali, occupava la facciata principale.
Un sorriso lieve e quasi invisibile gli increspò le labbra mentre i suoi occhi leggevano le parole che accompagnavano il suo cognome.

<<Che ne pensi?>> chiese Nathan, il suo amico, appoggiandosi alla scrivania per poi osservarlo con un sorriso compiaciuto.

<<Proprio ciò di cui avevamo bisogno>> mormorò annuendo, Jonathan, il tono roco, basso e lento. Una melodia per le orecchie dei suoi ascoltatori che avrebbero potuto passare ore ed ore ad udire la voce, senza mai annoiarsi o lamentarsi.
Aveva un che di particolare, virile e calmante al tempo stesso. Riusciva a spaventare ed allo stesso tempo rilassare.

Se avesse scelto un altra professione, gli diceva sempre suo padre, avrebbe sicuramente avuto successo come oratore.

Incrociando le braccia al petto, sfiorò con le dita il nodo della cravatta rossa che indossava quel giorno mentre un espressione pensierosa gli adombrava il viso.
Era sicuro che con quell'annuncio avrebbe creato scalpore tra i cittadini di Chicago e le testate giornalistiche che non avevano mai smesso di investigare sul particolare fatto della sua vita privata che era trapelato negli ultimi mesi.

Si passò una mano sulla barba scura ben curata per poi posare nuovamente gli occhi sul paragrafo dedicato a lui e rileggere ciò che avevano scritto, registrando nella sua mente ogni parola che lo elogiava.

Era consapevole che la notizia che aveva rilasciato il giorno prima, avrebbe ottenuto successo e sarebbe stata sulla bocca di tutti, ma un dubbio continuava a persistere nella sua mente.
L'incertezza, una caratteristica che non faceva parte di lui, offuscava i suoi pensieri facendolo riflettere una seconda volta su ciò che stava facendo.

Si chiese se fosse la scelta giusta intraprendere quella strada senza ritorno, se ne valesse realmente la pena lasciare le redini delle sue imprese per cui aveva lavorato tutta la vita per quasi tre mesi ed allontanarsi così tanto dal suo Paese. Ma poi l'immagine della sua famiglia e di ciò che sarebbe successo se anche solo parte di quel segreto venisse svelato al mondo intero, fecero scomparire qualsiasi tentennamento avesse avuto fino a quel momento.
Così, sospirando, si sedette sulla sua poltrona in pelle reclinabile per poi dedicare l'attenzione al suo amico che girava il giornale annoiato.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora