Falsehood

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Quanto costa dire una bugia?

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Quanto costa dire una bugia?

Per me non molto. La mia intera esistenza era basata su quello. Raccontavo balle e me ne raccontavano. 

A casa vivevo con i miei genitori che non si sopportano più da almeno dieci anni, però erano così bravi a mentire che in pubblico sembrvano una coppia affiata: si sorridevano, si tenevano per mano, si abbracciavano; invece a casa mancava poco che si lanciassero i coltelli. Tra i banchi di scuola le cose non andavano meglio, vedevo la gente che un giorno prima andava d'accordo e già il giorno dopo non si parlava più. 

Avevo da poco compiuto diciassette anni e sembrava che la cosa migliore che sapessi fare era raccontare cavolate.

Raggiunsi lo studio, dove mia madre stava lavorando per uno dei suoi clienti. Quello era il suo piccolo gioiello, era lì che passava la maggior parte delle sue giornate. Non era molto arredato, ma quello che spiccava era sicuramente la grande scrivania coloro mogano al centro della stanza e la sedia girevole bianca, dello stesso colore delle tende che coprivano la grande finestra che dava sulla strada. I muri, anch'essi bianchi, erano abbelliti da grandi cornici. Nella parte più profonda della stanza c'era una grande libreria dove mamma teneva gli archivi e le pratiche. 

Era china sul computer e mi soffermai a osservarla. Melissa aveva lunghi capelli biondi e grandi occhi verdi, il viso allungato e quando sorrideva le si creavano le fossette alle guance. Era la mamma perfetta a detta dei miei amici. Era una persona che fin da bambina aveva sempre sognato di mettere su una tradizionale famiglia americana, con una casa a Broklyn Heights il fiore all'occhiello di Brooklyn, nonché il quartiere più elegante. Amava la sua vita, faceva l'avvocato e sembrava che nemmeno il brutto rapporto con papà potesse scalfire il suo sorriso.

«Mamma, stasera posso andare a dormire a casa di Adeline?» spezzai il silenzio di quell'ambiente e la vidi sussultare.

Adeline era la mia migliore amica. Non eravamo molto diverse, forse era per quello che avevamo legato fin da subito. Lei era fuori di testa in tutti i sensi, non amava i paletti che i suoi genitori cercavano di mettere nella sua vita. Adeline, invece, era diversa voleva diventare un'artista e studiare Belle Arti, ma suo padre voleva che diventasse un dentista poiché era la professione dei Darwin da generazioni. Ci eravamo conosciute a una delle cene che i nostri genitori avevano in comune e da quel giorno di otto anni fa non ci eravamo più separate.

«Stasera abbiamo la cena di beneficenza, lo sai che tuo padre ci tiene a fare bella figura con il signor Evans» alzò il viso dalla pratica che stava finendo di scrivere per guardarmi negli occhi. Era come se con quelle parole mi volesse convincere a interessarmi alle cene di beneficenze e alle persone importanti di Brooklyn che mio padre voleva far entrare nella sua cerchia di amicizie. A me non interessava nemmeno di lui figuriamoci dei suoi amici.

«Ma mamma le avevo promesso che sarei andata questa settimana. La settimana scorsa non mi hai mandato, perché ci avevano invitati i vicini a bere una cosa dopocena» le feci lo sguardo che, di solito, funzionava sempre. Logan lo chiamava 'sguardofaivenireisensidicolpa'. Mi venne da sorridere pensando al mio amico e alla voce che faceva ogni volta che pronunciava quella parola. Coprii quel sorriso con una finta tosse e tornai a guardare mia mamma negli occhi.

ParalyzedWhere stories live. Discover now