2. capitolo

220 13 7
                                    

>>Signorina ancora un po' è siamo arrivati.<<il dolce tono di George mi risvegliò dalla dormiveglia. Mi stiracchiai esausta godendomi il panorama.
Dalla finestra della limousine Londra scompariva in lontananza lasciando spazio ai boschi verdi. Riuscivo a ricordare che la zia viveva fuori città ma non credevo che la guida sarebbe durata tanto a lungo. La zia sosteneva che per vivere in pace serviva un ambiente pieno di natura, distante dal grande trambusto delle città. Tutte cazzate. Lo diceva solo per non sembrare un pallone gonfiato che ha comprato una area di valore intorno ai 3,5 milioni di dollari. Per lei non era niente di più importante dello status sociale.

La macchina si fermò e solo a quel punto realizzai di trovarmi a destinazione. Davanti ai miei occhi c'era un antico castello di origini inglesi. La sua bellezza si immergeva nella penombra della notte. Alcune luci illuminavano le incisioni nel marmo bianco che si alzava verso il cielo. In certi punti vi ci si arrampicavano verdi liane come Romeo che voleva raggiungere la sua Giulietta. Le finestre grandi e eleganti lasciavano chiazze di luce facendo brillare l'acqua della fontana. L'angioletto di marmo piazzato in mezzo invece sembrava non curarsi del paradiso intorno a se.

Ero così presa dalla bellezza che non mi resi conto di Giorge che mi aveva aperto la portiera e aspettava con pazienza che io esca. Subito afferrai la borsa e mi precipitai fuori del' abitacolo pregando che nessuno avesse visto come mi ero quasi spaccata la mandibola alla vista del paesaggio.

George mi fece strada verso l'ingresso e passo dopo passo sentivo le gambe diventare due pezzi di marmo. Scacciai il nervosismo dedicando l'attenzione a due statue massive, ognuna in una posizione diversa e molto difficile da realizzare. Senza fermare il passo diedi un'occhiata attenta ai dettagli sul loro viso. C'erano incise anche le goccie di sudore che facevano risaltare i lineamenti contorsi del viso. Sembravano vive, come se mi stavano guard-

Booom!

Senti il proprio corpo sbattere contro qualcosa di grande e possente e se non sarebbe per George avrei perso l'equilibrio finendo con il culo per terra. Alzai lo sguardo e vidi un'uomo sulla 40. I suoi occhi erano nascosti dai occhiali ma anche se non se li era tolti potevo percepire il suo sguardo truce.

>>George è lei la ragazza che la signora sta aspettando nel salone già da 15 minuti?<<La sua barba nera si muoveva ogni volta che proferiva parola.
>>Certo che è lei Alfonzo, la accompagno io non preoccuparti.<<Gli sorrise Gorge portandomi nell'interno della casa. Se non fosse per George sarei rimasta in uno dei corridoi a guardare con bocca spalancata tutto l'arredamento. Lampadari preziosi, scalinate larghe, tende, affreschi, piastrelle lucidate e sculture di tutti i tipi decoravano i corridoi e soffitti alti almeno 5m.

>>Allora signorina mi ascolti attentamente.<< George si era cautamente rivolto a me quando ci eravamo fermati davanti a una delle porte.
>>La signora, cioè sua zia, probabilmente non sarà dell'umore migliore perciò non si lasci squilibrare tanto facilmente. Potrà sembrare un po' scorbutica ma la morte di suo...<<

>>Va bene George ho capito.<<Tagliai corto senza lasciargli finire la frase. Non potevo sentirlo. Non ancora se non volevo crollare. E la mia zia era l'unica persona davanti alla quale non avrei dovuto farlo.

George mi regalò un sorriso tirato prima di aprire la porta di legno scuro laccato. Notai una figura perfettamente vestita e truccata che sedeva sul divanetto decorato con fiori rosa chiaro.

>>Sei arrivata finalmente.<<Constattò con voce fredda come il ghiaccio. Presi un lungo sospiro e radrizai le spalle prima di dirigermi verso di lei. Non ricordavo molto di mia zia ma la memoria scarsa mi bastava per sapere che era una donna distaccata e scorbutica, incapace di esprimere i propri sentimenti anche alle persone a cui si presumeva che volesse bene.

>>Siediti.<<Il suo tono non tralasciava repliche. Quando mi sedetti di fronte a lei, il divano lasciò uno schricchiolio. Il suo sguardo sì alzò dal giornale. Gli occhi grigi e stanchi ma pur sempre taglienti percorrero il mio corpo.
>>Potevi mettere qualcosa di più appropriato. Come ti viene in mente di presentarti con addosso una felpa scolorita e con i jeans strappati? Per non accennare ai tuoi capelli. Vuoi per caso offrire un nido a qualche uccello?<< Rimasi scioccata dalle sue parole. Non è che mi aspettavo un abbraccio o magari una domanda riguardo il viaggio ma nemmeno un attacco tale.
Una delle cose in cui non sono brava è tenere la lingua dietro i denti.

>>Mi viene in mente eccome. Non avevo la minima intenzione di passare tutto il traggito in un tailleur scomodo a meno che non dovrei incontrare la regina e nemmeno in quella occasione lo farei. Come secondo i miei capelli non sono un nido per uccelli ma sono legati in un chinion. Mi sa che l'informazione su questa pettinatura si era persa tra questi boschi perciò non ne sai niente.<<sputai velenosa.

Il suo viso si indurì di colpo. >>Huanita lasciaci sole.<< Ordinò alla donna che prima non avevo notato. Era vestita in uniforme e presumevo che si trattava di una delle tante casalinghe della casa. Huanita ci lasciò senza repliche, portando con se il carello con il tè.

Gli occhi furiosi di mia zia si ficcarono nei miei. >>Non azzardarti mai più a rispondermi in questo modo e con questo tono.<<Sibillò tra i denti.
>>Non si addice a una signorina.<<Concluse piccata.
E trattando di merda l'unica nipote rimasta in vita sì?
Non dissi nulla conoscendola abbastanza per sapere che quella discussione non avrebbe portato da nessuna parte. Voleva avere sempre l'ultima parola e io non avevo le energie per litigare.

>>George ti accompagnerà nella tua stanza. Domani sarò assente per il lavoro perciò Huanita ti darà tutte le informazioni necessarie.<<Disse aggiustandosi i capelli tagliati s caschetto. Era strano averla davanti a se dopo tutto questo tempo. Era ancora perfetta, i suoi vestiti non avevano una piega e il suo viso rimaneva neutrale in ogni occasione. Niente risate, niente emozioni. Mi chiedevo se era sempre così.

>>Ora puoi andare.<<Con il gesto della mano mi fece sapere di togliere il saluto. Mi stava davvero trattando come un cane o me lo stavo solo immaginando?!

>>GEORGE!<<Urlò così forte che dimenticai la battuta truce che volevo farle. La porta si spalancò nello stesso momento lasciando entrare un George preoccupato. >>Mi ha chiamato signora?<<

>>Certo, devo strillare e rovinarmi le corde vocali solo e sempre per te. Non sentiresti nemmeno la campana nuziale figuriamoci del mio campanello!<< Sbraitò sarcastica mantenendo l'espressione cupa. Non stavo con lei nemmeno da 20 minuti e già faticavo a sopportare il suo comportamento, figuriamoci come sarebbe stato conviverci. Meno male la casa era enorme.

>>Venga signorina la accompagno io. Mi segua per favore.<<Presi la borsa e mi incamminai verso la porta salutando mia zia con la buona notte in sloveno "Lahko noč." Prima di poter uscire mi richiamò la sua voce aspra. Mi voltai e ritrovai la sua espressione infastidita

>>Ancora una cosa. Non riferirti a me mai più in sloveno. Questa lingua è la lingua dei barbari incapaci, dimentica quello stato. Ora sei una ragazza Inglese.<< gli occhi stretti in una fessura la facevano ancora più inquietante. >>Comportati da tale e non farmi vergognare di te. Ora vai a dormire.<<

Quando ero arrivata nella stanza da letto che d'ora in poi sarebbe stata mia non volli nemmeno accendere la luce. Mi gettai sul materasso con gli occhi ancora pizzicanti per le lacrime. Le parole della zia hanno toccato uno dei miei pochi punti deboli.
Non volevo pensare. Non più perché non si sarebbe risolto nulla, le cose non sarebbero cambiate.
Sprofondai in un sonno senza sogni.

Anime spezzateWhere stories live. Discover now