Sono qui

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Sentii una presenza calda e luminosa che si stendeva contro il mio viso. Provai ad aprire lentamente gli occhi e realizzai che a svegliarmi era stato un raggio di sole.
Non fu l'unica presenza che sentii, infatti c'era qualcuno che mi stringeva la mano destra. Mi girai e vidi un ragazzo addormentato, con la testa appoggiata sul letto in cui mi trovavo.
Aveva la divisa nera degli ammazza-demoni, i capelli blu scuro raccolti in una coda bassa e le mani che avvolgevano la mia.

Ma chi è?

Rimasi in uno stato di confusione fino a quando mi accorsi dello haori avvolto al mio corpo. I ricordi mi tornarono alla mente in modo fulmineo: il demone, il veleno, la... katana.

«Oh mio dio!» urlai, tirandomi su di scatto.
Il ragazzo si svegliò e mi guardò, rimanendo a bocca aperta. Gli lasciai la mano e mi alzai dal letto. A quel punto si alzò anche lui e mi placcò.
«Ferma, sei ancora indisposta»
«Devo andare!»
«No!» disse con voce più alta della mia.
Ci guardammo negli occhi e lì riuscii a ricordarmi di lui.

Come si chiamava?

Nella stanza entrò la ragazza con il fermaglio a farfalla.
«Ah! Molto bene, sei sveglia!» quando si avvicinò a me, io feci dei passi indietro e lei alzò le mani in segno di resa.
«Tranquilla, non ti farò niente. Ti ho portato dei vestiti» mi dice. La guardo male senza parlare.
«Tomioka, puoi andare. Lei sta bene»
Tomioka...
Lui mi guarda un ultima volta per poi uscire e io lo fissai fino a quando la sua sagoma non oltrepassò l'uscio, dopo di che mi girai verso la ragazza.
«Grazie dell'aiuto, siete stati molto gentili ma ora devo andare»
«Forse è meglio se prima accetti dei vestiti puliti»
«O-ok...» balbettai incerta.
«Vieni pure, non preoccuparti»
Entrai in bagno e misi addosso gli abiti che mi aveva dato: una divisa nera da combattimento e resistente, con calze lunghe al ginocchio e degli stivali. Presi tra le mani lo haori del ragazzo che mi teneva la mano: era diviso a metà, una parte rossa e una ricamata giallo/verde. Non so il motivo, ma lo trovai stupendo. Dopo di che, uscii dal bagno.
«Ehi! Ma sei uno splendore!»

 «Ehi! Ma sei uno splendore!»

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«Grazie...» rispondo imbarazzata.
«Se hai bisogno di un posto in cui stare, il capofamiglia mi ha detto che sei la benvenuta»
«No, grazie» risposi «Siete molto gentili e accoglienti, ma ci sono delle cose che devo portare a termine» lei mi guarda ma senza fare altre domande.
«Sarai sempre la benvenuta» mi sorrise ed io ricambiai.
«Posso chiederti un favore?» lei mi guardò interrogativa «Sapresti indicarmi la Villa in cui alloggia il ragazzo di prima? Vorrei ringraziarlo personalmente...» dissi con il suo haori ancora in mano.
«Certo» mi rispose, facendomi strada.
La verità era che volerlo ringraziare era solo un pretesto per rivederlo. Mi ricordai della prima volta in cui l'ho incontrato e, a giudicare dal breve scambio di parole che c'era stato, anche lui si ricordava di me.
«Siamo arrivati»
«Grazie»
«In caso non ci rivedessimo, buona fortuna!» mi sorrise lei prima di andare.
Entrai nella Villa e mi avvicinai alla porta. Bussai ma nessuno rispose.
«Permesso?» chiesi.
Improvvisamente, dopo le mie parole, una figura maschile spalancò velocemente la porta, e mi ritrovai davanti a due occhi blu intensi, resi luminosi dai raggi del sole, che mi fecero saltare un battito.
«Scusa, ho riconosciuto subito la tua voce» si giustificò per il gesto.
«Non preoccuparti» lo rassicurai.
Il suo sguardo passò dai miei occhi ai vestiti e rimase sorpreso.
«Stai... bene» disse palesemente imbarazzato, comportamento che mi rese felice ma, allo stesso tempo a disagio.
«Sono venuta per ringraziarti» dissi «E per restituirti questo» gli porsi lo haori che mi aveva prestato e lui lo prese.
Non disse niente, ma continuò a guardarmi.
«Beh, è stato un piacere conoscerti Tomioka» dissi infine, per poi voltarmi, ma il ragazzo mi afferrò il polso e mi girai a guardarlo.
«Mi hai chiamato Tomioka?» chiese. Era strano, la sua espressione era confusa e in parte delusa.
«È così che ti ha chiamato la ragazza, no?»
«Quindi non ricordi...» le sue parole iniziarono a confondermi, ma in quel momento non riuscivo a pensare ad altro se non alla katana, che dovevo assolutamente recuperare.
«Potresti lasciarmi il polso?» chiesi seria. Lui lo fece chiedendo scusa.
«Dove andrai ora?»
«Non sono affari tuoi» rispondo pensando solo al mio obbiettivo.
Davanti a me comparve Tomioka.

Accidenti, è un veloce. Non l'ho neanche visto.

«Non puoi affrontare un demone adesso. Sei senza armi e le tue ferite non sono guarite»
Ma che vuole?
«Spostati» gli ordinai ma non si mosse «Spostati!» ripetei a voce più alta. Lui rimase impassibile davanti a me, e ciò mi infastidì.
Tentai di tirargli un pugno in faccia ma mi bloccò immediatamente la mano e mi fissò negli occhi che, per me, erano quasi ipnotizzanti.

Aspetta...

Abbassai la mano.
«Come fai a sapere che sto andando a cercare un demone?» chiesi.
Lui non rispose.

Ma perché diavolo non parla?!

«Fammi passare» dissi, per poi supplicarlo con gli occhi «Ti prego» me lo concesse e mi guardò andare via.

Arrivata alla cittadina, aspettai la notte e mi misi in bella vista, per attirare l'attenzione del demone, sedendomi a terra, vicino ad un incrocio. Per tutto il tempo d'attesa, mi sentii osservata. Ma non ci diedi troppo peso, dovevo concentrarmi sul recuperare la katana del nonno.
Improvvisamente degli uomini comparvero da un angolo e li riconobbi subito.
«Ehi bellezza!» urlavano da porci quali erano.
«Vi ricordate di me? Dov'è la mia katana?»
«Dare per avere, splendore!» che schifo.
Mi avvinai a loro e iniziai a pestarli violentemente, fino a quando non comparve il demone che mi prese per il collo e iniziò ad avvicinare un'artiglio per iniettarmi nuovamente il veleno.

Ci risiamo.

Conoscevo il dolore e la sensazione di confusione che avrebbe provocato il veleno, così chiusi gli occhi e mi preparai a subire la ferita, mentre calcolavo il tempo che mi sarebbe rimasto per prendere la katana e ucciderlo, prima di perdere i sensi.

Ma il dolore non arrivò.

La presa del demone si allentò e io decisi di aprire gli occhi.

Vidi cadere a terra la testa del demone e davanti a me ritrovai Tomioka, che mi prese al volo e mi appoggiò a terra, con la schiena contro un muro. Dopo di che mi guardò negli occhi e mi porse la katana del nonno. Io la presi velocemente e la strinsi a me, mentre lui si rialzò e con dei movimenti fulminei uccise tutti gli uomini che collaboravano con il demone, sporcandosi tutti i vestiti di sangue.

«Cosa... cosa ci fai tu qui?» riuscii a chiedere.
Lui non si girò ma sentii la sua voce.
«Non potevo rischiare di perderti un'altra volta»
A quel punto si girò e si avvicinò, sedendosi vicino a me e appoggiandosi al muro.
Lo guardai con la coda dell'occhio, era proprio bello.
«Come sapevi dove mi trovavo?» lui manteneva il viso verso il cielo, senza guardarmi.
«Ti ho seguita» risponde sincero.
«E come sapevi della mia katana?» chiesi ancora più curiosa.
«Me lo hai detto tu»
«Non ricordo di averlo fatto...»
«È stato quando eri sotto sedativi»
La velocità del mio battito aumentò.
«Eri lì come me?» chiesi.
Lui passò da guardare il cielo a guardarmi negli occhi.
«Non me ne sono mai andato»

Il Pilastro Celeste | Tomioka Giyū x Reader (oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora