4. Macchie, sigle e incomprensioni

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Stese il braccio sinistro davanti a sé, appoggiandosi con il bacino al lavandino del bagno collegato alla sua camera, a cui aveva chiuso la porta a chiave. Rigirò l'arto diverse volte, osservandolo da tutte le angolazioni, piegandolo in vari modi, fino ad avere una perfetta visione di ciò che cercava.

Una macchia rossa marchiava la pelle proprio sotto il gomito, poco spostata rispetto all'epidermide increspata corrispondente all'articolazione.

"Ma che cazzo è?!" Cercò di avvicinare il più possibile gli occhi, distinguendo un contorno ben netto e ben delineato, privo di sbavature e imperfezioni.

Somigliava a qualcosa, che non riusciva a ricordare; era come se la sua mente volesse impedire di giungere a una soluzione, non facendo riaffiorare l'idea giusta.

Distolse lo sguardo, facendolo scorrere sulle pareti e soffermandosi sul suo riflesso allo specchio. Ridacchiò per qualche istante senza motivo, così che il suo riso riecheggiasse nello spazio definibile angusto. Smise improvvisamente di emettere qualsiasi suono, perché giunse l'illuminazione.

"È un pezzo di puzzle!" si rispose, tracciandolo delicatamente con la punta delle dita, per sentire la differenza tra quel punto e il resto del braccio; era assolutamente uguale. Iniziò a sfregare con forza e convinzione, sperando che sparisse. Poiché tutta la cute dell'arto era diventata più scura, ebbe l'illusione di aver raggiunto il suo intento, ma presto tornò tutto normale, statico e ancora macchiato.

"È un po' tardi: faresti meglio a uscire di qui." 

Le parole furono precedute da un velocissimo bussare all'uscio del locale. Poi i passi si allontanarono.

Si riscosse sussultando, perché si sentiva come colta in flagrante; fece scivolare la manica della felpa fino al polso, stringendo dove percepiva la presenza di quella strana macchia. Diede un'ultima occhiata a ciò che lo specchio restituiva della propria immagine, tirando gli angoli delle labbra in alto, sorridendosi.

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Nonostante avesse tolto diversi quaderni dalla cartella, quest'ultima gravava prepotentemente sulle spalle di Lidia; era uno dei motivi per cui le sue scarpe da ginnastica produssero tonfi così pesanti quando percorse gli ultimi gradini della scala.

Salutò alcune sue compagne con cui andava abbastanza d'accordo e con cui scambiava spesso consigli e considerazioni, poi adocchiò Harry in piedi davanti al pannello di sughero appeso all'ingresso. Su questo erano appuntati diversi fogli di vari colori dove figuravano i nomi di alunni disposti a fare ripetizioni, oppure attività o concorsi che erano stati indetti qualche giorno prima e su cui si trovavano istruzioni cartacee.

Gli si avvicinò. "Ciao, Harriet!" esclamò, seguendo la traiettoria dei suoi occhi per sbirciare ciò che lui stava guardando.

Al suono della voce della ragazza, si voltò verso di lei, esibendo un sorriso adornato da profonde fossette. "Buon pomeriggio, Lid!" rispose al saluto, riportando la propria attenzione sui volantini. "Tutto bene?"

"Sono sopravvissuta, che è già una conquista. Tu cosa stai facendo? Da lontano mi sei sembrato particolarmente assorto nella contemplazione dell'opera d'arte moderna fissata davanti a te."

"Cerco le informazioni per partecipare a un concorso di disegno." Indicò con la mano il foglietto in questione, dove il nero delle istruzioni era coperto da macchie di colore semitrasparenti. "Il problema è che credevo si trattasse solo di pittura, non anche di scrittura" spiegò, meditando. "Vorresti aiutarmi?"

Lidia lesse velocemente il volantino, poi estrasse il cellulare da una tasca del cappotto per fotografarlo. "Certo! Consiste nel creare un breve libricino illustrato per bambini, giusto?" chiese conferma.

Verde puzzleOù les histoires vivent. Découvrez maintenant