Verso Migene

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Chi è questa gente? Perché sono così simili agli esseri umani? Sono morto e questo l'aldilà?

Dario sedeva su un sasso davanti la sua tenda con centinaia di domande che gli guizzavano in testa come pesci in uno stagno. A dire il vero, non lo avevano mai abbandonato. Eido e il capitano gli avevano dato una tenda per riposarsi e prepararsi alla lunga marcia del giorno dopo; solo che non aveva quasi chiuso occhio stordito qual'era da quella situazione surreale in cui si trovava. Così quella mattina aveva aperto gli occhi pesanti certo che fosse stato tutto un sogno; che magari La Sirena altro non era che una singolarità in grado di causare allucinazioni; che magari la fuga verso la navetta, l'Odyssey in frantumi e la fuga nel bosco fossero non altro che una serie di dettagliatissime illusioni. Ma poi la realtà lo aveva colpito come un badile sul volto e, uscito dalla tenda, la prima cosa che aveva visto era la faccia ruvida di Eido a torso nudo e con addosso soltanto dei pantaloni di tela caffellatte seduto su un tronco spezzato.

Chi era quella gente e perché erano così simili a lui? Se tutto era finto e illusorio perché l'odore dell'erba e della cenere dei fuochi era così vera?

Eido il cavaliere non gli toglieva gli occhi di dosso: vicino a lui affilava con una pietra scura la lama di un grosso pugnale lungo come il suo avambraccio. Dario guardava davanti a lui l'operoso via vai di soldati, donne e garzoni nella radura. Con il giorno aveva notato molte altre tende, molte più delle dieci che aveva visto la sera prima; alcune erano grandi come quella del capitano, altre più piccole come tende da campeggio. Erano sparse in modo poco ordinato nella radura, schiacciate sotto degli alberi dai tronchi talmente grossi ci sarebbero volute tre persone per abbracciarli tutti. Aveva l'impressione di trovarsi in una rievocazione medievale e per giunta nemmeno troppo riuscita.

"Presto torneremo a Migene." Eido alzò davanti a lui il pugnale beandosi del suo riflesso nella lama. Poi strofinò le due facce del pugnale sulla coscia e lo ripose nella fodera legata alla gamba, "Non vedo l'ora che tutti sappiano."

Dario si voltò, gli occhi persi che non mettevano a fuoco nulla.

"Migene?"

"Migene. La capitale del regno." Eido appariva sorpreso, "Non conosci Migene?"

Dario scosse la testa.

"Ti sembra che sappia qualcosa di questo posto?"

"Oh beh." Eido alzò le spalle, "Gli Dei operano in modi misteriosi."

Dario si lasciò andare e scivolò piano a terra fino a poggiare la schiena sulla grande pietra chiara, la testa gettata al cielo. Se guardava il cielo, il sole e la cima delle fronde degli alberi gli sembrava di essere a casa.

Una coppia di soldati si avvicinò a Eido parlando del più e del meno. La traduzione di Eva era ancora piuttosto grossolana e falliva spesso con persone che avevano un accento differente; tuttavia con ogni parola il sistema diventava sempre più preciso e il numero di parole che Dario doveva tirare ad indovinare diminuiva velocemente.

Quando i soldati se ne andarono, Eido si chinò strappò un filo d'erba e cominciò a masticarne lo stelo.

"Ho fatto una fatica!"

Dario scosse la testa e si avvicinò il bracciale all'orecchio.

"Dico... ho fatto una fatica." Ripetè il cavaliere.

"A fare cosa?"

"A non dire che sei il parvah."

"Cos'è un parvah?" Chiese nuovamente Dario.

Eido si fece scuro in volto.

"Non mi piace scherzare, parvah."

"Come fai ad essere così sicuro che io sia un parvah."

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⏰ Last updated: Apr 10, 2020 ⏰

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L'Astronauta e il MagoWhere stories live. Discover now