BINARIES - ROTAIE

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L'ennesimo sussulto fermò la lettura con una scossa attutita. Roby alzò lo sguardo dalla pagina fitta di stampe finissime come grani di rosario e gettò gli occhi oltre il finestrino sporco. Aloni bianchi di freddo e respiri condensati ingrigivano il vetro, velando il paesaggio di una nebbia umida e inesistente. In lontananza, oltre la triste terra di nessuno della ferrovia, oltre una recinzione sfondata e stanca, oltre spighe di erba malaticcia e inconsistente cubi di cemento denominate case ostruivano l'orizzonte.

«Due minuti alla prossima stazione», annunciò una voce monotona e incolore. Roby prese il suo segnalibro, un faldello di cartone a doppio strato con una figurina ricamata a mano che sbucava da un oblò consumato. Lo pose con delicatezza nella valle bianca e silenziosa fra le due pagine che stava leggendo in quel momento. Gettò un ultimo sguardo su quel desolato panorama e chiuse il libro. Per un momento, il titolo apparve sulla costa del tomo, scritto in caratteri d'oro appannato, ma a Roby parve cirillico.

In realtà, era stanco.

Era ormai più di una settimana che provava quella sensazione, quel vuoto. Era come se ogni giornata fosse stata svuotata da ogni senso e percorrere quel breve e lungo spazio che lo separava da casa all'università fosse diventato un rondò di abitudine e noia. Percorrerlo ogni volta, salire in carrozza, far verificare il biglietto al controllore e attendere con pazienza che il tempo scivolasse via come i paesini immoti e tranquilli che scorrevano fuori dal finestrino. Era diventata abitudine anche il sedile che sceglieva: sempre lo stesso, quello con uno strappo mal cucito che nascondeva a fatica un'imbottitura di scarsa qualità.

Era davvero stanco.

I giorni ormai erano tutti uguali, appiattiti nell'insulsaggine di un'esistenza senza scopo.

Mi sono ridotto a un automa.

Ad un prigioniero senza scampo.

Tutto si riduceva a quello: una serie infinita di azioni ripetute alla nausea.

Una prigione senza sbarre.

Sospirò.

Gettò un altro sguardo fuori dal finestrino. Mentre spostava gli occhi sui cubi grigi della città, il treno riprese a muoversi con uno strattone poderoso. La borsa di Roby accusò il colpo e un altro libro scivolò fuori dalla tasca aperta.

Roby non si mosse.

Silenzio.

Un tonfo e il rumore di pagine che si sfogliavano da sole, lungo lo strascico di inerzia della caduta.

Solo allora Roby guardò.

Il libro era per terra, sul pavimento di gomma della carrozza. Le pagine si erano aperte sull'inizio di un capitolo ma, a parte il numero che si ergeva sopra il corpo del testo, non riusciva a leggere nulla. Carattere troppo fine, scrittura confusa. 

Roby decise di raccogliere il libro, di qualsiasi materia o argomento fosse. Si chinò per prenderlo. Allungò il braccio e chiuse la mano in un moto del tutto naturale e istintivo. La mano si chiuse.

Aria.

L'aveva mancato.

Eppure non gli era mai capitato di valutare così male le distanze. Era sempre stato preciso e attento, ma stavolta aveva sbagliato. Sembrava quasi che il sedile si fosse alzato di un centimetro o due rispetto a quando il libro era caduto.

Buffo.

Oppure il libro si era spostato. Forse lo strattone della locomotiva lo aveva fatto scivolare via di qualche dito e lui non si era accorto. Raccolse il libro e lo rinfilò nella borsa, stavolta chiudendo la patta consunta. Dalla superficie segnata, scritte in bianchetto e pennarello, inneggiavano a qualche deità pagana o decantavano versi in una scrittura che doveva assomigliare al thailandese.

BINARIES - ROTAIEWhere stories live. Discover now