Capitolo 1

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Avevo conosciuto Leonardo 10 giorni prima di San Valentino, nel modo più assurdo che si possa immaginare.
Ero nella mia libreria preferita, con una tazza gigantesca di plastica, di quelle degli store delle stazioni a pochi euro, piena di thè caldo. Si dà il caso che sia una mia abitudine, coniata dai romantici film quali "Colazione da Tiffany", scendere sotto casa mia dove a 50 metri c'è la grande libreria ultra fornita. Se fosse stato possibile sarei scesa in ciabatte, per comodità.
Il bar all'angolo permeava l'aria di un effluvio dolce tipico di cappuccino, schiuma, brioche e marmellate.

Di solito non curavo molto il mio aspetto in quella fase nella quale, tolto il mio lavoro al bar part-time e le passeggiate con la mia Bulldog francese Vitani, mi restava un po' di tempo libero.
Avevo sempre avuto qualche chiletto di troppo su cosce e fianchi, decisamente troppi per superare la prova costume. Quando ero in bikini mi sembrava che strizzasse troppo le mie curve. Di contro il seno non era curvy per niente, mi sembrava appena sufficiente. Nulla che un buon push-up non potesse per fortuna risolvere.
Chiudendo la zip feci attenzione a non incastrare nel mezzo la treccia un po' spettinata. Non era un gesto premeditato, è che la pettinatura si stava disfacendo e avevo paura ci rimanessero incastrati i capelli, che ho piuttosto mossi e castani. Mi specchiai alcuni secondi, proprio come Holly nel film, mentre i miei occhi scuri mi restituivano con precisione occhiaie e un po' di abbronzatura, del primo sole preso all'aperto, che accentuava ancor più il mio incarnato color caramello.
All'interno quasi tutti mi conoscevano di vista. Salutavo sempre i due vigilanti, avevo anche il loro contatto sui social e sapevo che erano fidanzati. Christian era un bel sudafricano con un carattere serio e riservato, che adorava i libri d'azione, mentre l'altro, Pietro, era un ex guardia del corpo che di viso somigliava a Paul Rudd di Antman e preferiva i classici.
Sapevo di potermi dedicare a scegliere dei libri con attenzione, ne presi uno e andai sulle scontistiche, ammonticchiandone un paio sottobraccio alla fine del giro.
In cassa c'era un ragazzo nuovo e quando gli porsi la tessera lesse il mio nome ed esclamò «Ti chiami davvero Lindiwe
Dato che mi sembrava un commento stupido, non risposi.
Okay, ero prevenuta.
Perchè lui aveva tutto l'aspetto di non doversi trovare lì.
Era alto e dotato di muscoli in evidenza per colpa della maglietta dello staff, sicuramente una taglia di meno, con la mascella coperta da una barba dorata ben curata e gli occhi di un indefinito verde confuso, come lo avrei potuto soprannominare non essendo nè grigio, nè verde, nè castano chiaro. I capelli non si vedevano coperti com'erano da un cappello con un logo.
Non aveva l'aria del letterato o dell'addetto al pubblico.
«Prendi entrambi? Se è così c'è uno sconto per te»
Lo osservai concentrandomi sul tatuaggio che gli orlava le dita sopra alle nocche, chiedendomi se C.O.B.R.A. fosse una citazione di un cartone Disney e come domandarglielo senza riceverne una copia stampa dritta in faccia per averlo offeso. «So dello sconto. Li ho scelti anche per quello»
«Sono un regalo? Te li impacchetto?»
«No, grazie sono per me» risposi picchiettando con la scarpa da ginnastica contro il bancone. Ero nervosa e strinsi forte la tazza di thè ancora tiepido. Il calore era confortante, mi riportava nella mia tana mentale, dove tutto era caldo, morbido e protettivo. Avvolta nella mia tuta azzurra, per nulla scomoda e per niente notevole aggiunsi, senza un particolare motivo «Li volevo da tanto.»
Il tizio mi sorrise. Acuendo lo sguardo potevo scorgere una L. sulla targhetta. Parlò con un tono di voce più basso e calmo.
«Non volevo offenderti, per il nome, scusa.»
«Tranquillo. Siamo pari, anche io avrei voluto chiederti se per caso non ti chiamassi Bubbles».
Scoppiò a ridere.
A un certo punto la conversazione si spostò sui libri. Non c'era fila a quell'ora del giorno, incredibilmente visto che eravamo a Roma, non tanto distante dal centro. Non sapevo come, ma ero sicura di aver trovato un nuovo amico in quella libreria. Quando mi sorprese, chiedendomi il numero e un'uscita.
Non me l'aspettavo.
Andai via con un sorriso un pò fatuo e pensando che nella mia abitudine quella amata tazzona che stringevo fosse un buon portafortuna.

***
Trascorrevano i giorni.
Leo mi sorprese molto.
Nonostante l'impressione iniziale era gentile, alla mano e mi faceva sentire a mio agio.
Non sapevo ancora cosa pensare di lui, ma durante la prima uscita non facemmo che ridere, scherzare e chiacchierare dei nostri libri preferiti.
Non ci pensò per niente ad allungare le mani e gliene fui grata. Non ero pronta a ricominciare a pensare a un rapporto. Niente di grave ma ero concentrata sui miei studi. Sembrò capirlo al volo e mi lasciò spazio senza essere invadente.
Piano piano mi portò a conoscere casa sua e io il mio bilocale. Vitani, la cagnolina, lo adorò da subito. Questo contava per me.

Iniziammo a uscire e vederci più spesso e mi aspettava con le serie di Netflix invece che guardarsele da solo quando io lavoravo e lui era a casa.
Tornando a trovarlo nel suo stretto e allegro monolocale, trovavo sempre la serie pronta da guardare, ferma a dove eravamo rimasti e un'infornata al microonde di popcorn. Qualche volta cioccolata calda, il cui profumo mi raggiungeva già dalle scale, con una spruzzata di panna.
Sì perchè lui non mi aspettava a casa, ma scendeva a prendermi come se fossi una principessa, ogni volta che stavo per arrivare. Era lì ad aspettarmi e non trovai mai la cornice della sua porta senza di lui a riempirla.
Non era un buon segno?


Ancora tutti insieme sui mezzi pubblici e tutti insieme al cinema, a cena fuori, il lavoro, come sempre. Io studiavo Filosofia, lui studiava Medicina, sì non avrei mai potuto crederlo se non l'avessi visto.

A un certo punto dicono che è sfuggito al controllo qualcosa. Un focolaio del virus. 21 febbraio e ora c'è una persona, una sola a Codogno. Dove? Lombardia. Ah, dove sta Milano, grosso modo.
Le notizie si velocizzano, stranamente. Sono più di uno.

Le persone ora si chiedono più spesso cosa fare. Li vedi accaparrarsi le mascherine e l'amuchina. Disinfettarsi le mani. Si spiega che basta lavarsi le mani.
E' talmente semplice! Mi devo solo lavare le mani, lo spiegavano quando ero una bimba, non mi sembra difficile.
Un sacco di battute sul fatto che adesso più gente si laverà, sui mezzi pubblici ci sarà un odore nuovo.

In effetti tira un'aria diversa. C'è gente con la mascherina spesso e un sentore di amuchina in giro. Vedi di frequente qualcuno che si terge le mani, con uno sguardo particolare. Qualcuno con i guanti.
Scherzano e dicono: ecco quelli sono ipocondriaci! Ma dai, forse sono solo deboli di costituzione.
Dicono che colpisca anziani e persone a rischio, solo quelle già immunodepresse. Se non lo sei, sei a posto.

Leo mi dice di restare a casa, che non ne è tanto convinto.
Io rido e chiacchiero al cellulare con un'amica infermiera, Alanna io ho ventisei anni, lei trentaquattro, ma ci conosciamo da una vita.
«Lindi, resta a casa»
Anche tu sei spaventata?

Coronavirus, una vita sospesa[Conclusa]Where stories live. Discover now