Una storia a pastelli

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Io e te nove anni fa come un embrione, il nostro incontro nel ventre di una casualità, così nascevi per la prima volta nella mia vita, non so in quale regione della mia mente ma so che il mio campo visivo si concentrava sui tuoi capelli al vento, ...

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Io e te nove anni fa come un embrione, il nostro incontro nel ventre di una casualità, così nascevi per la prima volta nella mia vita, non so in quale regione della mia mente ma so che il mio campo visivo si concentrava sui tuoi capelli al vento, in quel momento. Sulle tue spalle un giubbotto che tenevi col dito come un gancio di appendiabiti, con quell'aria fresca di un giovane sorriso che si posava leggero sulle tue labbra.
E proprio allora pensai che il caso che fa incontrare un ovulo e uno spermatozoo aveva avuto lo stesso ruolo per il nostro primo incontro.
Che strano!
Da quel momento il mio pensiero si appoggiava all'idea che se ti avevo visto tra tanta gente e avevo scelto la tua persona , tutto ciò doveva avere un senso. Quell'embrione, era chiaro, si nutriva soltanto di un'idea.
Aspettavo che il cordone ombelicale si legasse anche a te per sopravvivere, con noi ai suoi estremi, non costituivamo gli opposti ma eravamo entrambi complementari in un ordine geometrico. Aspettavo che si nutrisse di noi due insieme e che scegliesse le stesse acque in cui nuotava il nostro embrione.
Ci voleva tempo. E il cordone era il tempo e come una catena di DNA doveva legarsi alle sue basi.
Così, le prime settimane , come una gravidanza, sentivo crescere il mio desiderio dentro i pensieri più intimi, ma di te non sapevo niente, eri bello, mi piaceva la sicurezza con cui spostavi l'aria che incontrava i tuoi movimenti, ma non sapevo chi fossi e soprattutto perché ti avevo incontrato sul mio percorso quotidiano.
Pensandoci bene, devo dire che la gestazione durò circa due anni e i movimenti erano molto lenti, tu ti guardavi intorno ma tra tutti i pianeti che ruotavano nel tuo sistema solare, io ero il più lontano, Nettuno, da laggiù era invisibile. Così dipingevo ogni giorno della settimana coi colori a pastello il tuo arcobaleno. Andavo ogni mattina ad un bar ma tu non c'eri sempre. Poi il destino ci trova e impegna Cupido, è così che fa, gli dà il suo arco e si assicura che lanci la freccia verso la direzione stabilita centrando il bersaglio e raggiungere l'esatta destinazione. Quel giorno lanciò la sua freccia e una piccola deviazione colpì il caffè che stavi per bere, forse era già scritto e qualche goccia arrivò a te e a me e da quel momento venne al mondo una storia a pastelli.
E fu come un Big bang.
Eri dispiaciuto che con un lieve movimento le goccioline di caffè avessero raggiunto il mio viso. L'embrione si mosse nel ventre del caso con un solo gesto e fu in quell'attimo che pensai allo sviluppo della storia. Mi offristi un caffè e un breve dialogo smorzò l'imbarazzo dell'errore di Cupido e la sua distrazione che non centrò pienamente l'obiettivo creò un dialogo tra noi. "Cosa fai nella vita?" Eri un libero professionista, andavi di corsa, giusto il tempo della colazione, poche parole e andasti via dicendo: ci sentiamo". Ma come ci saremmo sentiti senza avere un numero di telefono?. Beh, se Cupido ci aveva provato, adesso avrebbe creato le condizioni affinché la prossima freccia avesse raggiunto l'obiettivo. Fu solo l'inizio. Per qualche giorno non ti incontrai più ma un giorno in cui andavo di fretta si accostò una macchina e sentii il rumore del finestrino che si abbassava, eri tu, che, matto, mi porgesti la mano , credevo per un saluto ed invece mi ritrovai il tuo numero di telefono scritto su un foglio di calendario di un mese già passato.
Era settembre, l'estate stava per finire e su quelle strade nasceva un progetto del destino, inaspettato proprio come una vita all'inizio nel ventre di una donna che non lo aveva previsto, non è mai un incidente, è un caso, è il destino che ci vuole completi.
Eravamo due matti che guardavano i gabbiani volare insieme agli aquiloni, due parti diverse di un intero, che non si era formato nei tempi giusti e per noi i tempi sarebbero rimasti incompleti, imperfetti, senza turbare alcun equilibrio, perché la vita a volte è distratta e non sa riconoscere a quale metà appartiene ciascuno di noi. Ma era nato, quel sentimento era nato, eravamo lontani e vicini, eravamo due parti che come calamite si attraevano. Eravamo ragazzi, camminavamo su traiettorie che restavano tra me e te ovunque ci trovassimo, le distanze si annullavano, anzi non esistevano.


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NOTA AUTRICE

Ringrazio f_carola per la GIF.

Una storia a pastelliWhere stories live. Discover now