Prologo

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Fine della terapia

L'aroma del caffè della terapista era assuefante. L'odore di quei chicchi di caffè arabico macinati, da cui era stata creata una magnifica bevanda nera come il carbone che fumava davanti ai suoi occhi pervase la sua testa, come quando si ha un flash di un concetto appena arrivato alla mente. Riusciva a sentire tanti rumori in lontananza: il vociare causato dalle persone in visita, lo squillare di un telefono cellulare ed anche il reboante suono causato dal passaggio rapido delle automobili. Non riusciva ad ascoltare bene quello che la sua terapista, la dottoressa Irene Logiacomo, gli stava dicendo. La sua testa era in un altro mondo: astraeva, portava la mente fuori da quelle quattro mura grigie che l'avevano costretto a rimanere chiuso in quel maledetto centro di recupero per tossicodipendenti. Ora, dopo tanto tempo e tanta fatica, era pulito; aveva seguito la terapia fino in fondo e alla perfezione. Era stato dipendente da ecstasy, e si era fin da subito pentito della scelta di vita che aveva compiuto durante quella maledetta festa per i suoi diciott'anni, quando accettò una pasticca che, aveva pensato non gli avrebbe fatto nulla. E in quel momento, dopo vari mesi in terapia, a quasi ventiquattro anni dalla sua nascita, si sentiva libero e pulito. Adorava pensare a sé, a come si sentiva nelle circostanze in cui si trovava. Sempre. Gliel'avevano insegnato là, in quel centro, come metodo per trovare l'armonia e la pace interiore. La terapista provava a chiamarlo, inutilmente. "Elio! Elio!" diceva. Tutto inutile, lui non riusciva a sentirla. O almeno, non l'ascoltava.

Decise di interrompere la 'sceneggiata', e guardò la dottoressa negli occhi.

"Mi dica" sussurrò. "Stavo pensando a quello che farò una volta uscito da qui." Irene gli sorrise, mostrando un vago accenno di denti bianchissimi, coperti da quelle labbra decorate con un rossetto color rosa antico, un colore che lui aveva imparato ad apprezzare con il tempo. L'abito blu di Irene lasciava intravedere un accenno di scollatura. Elio non poteva non ammettere di non aver pensato a lei mentre era da solo. La sua voce lo faceva sentire bene, lo rapiva completamente. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto uscire con lei per un gelato, un aperitivo e passare più tempo con lei. Irene sorseggiò il suo caffè, leccandosi le labbra dopo aver assaporato la nera bevanda. Elio cercò di non immaginarla come quando osservava le ragazze delle tante riviste che aveva trovato nella stanza del suo coinquilino, Tommaso.

"E cosa pensi di fare una volta uscito da qui?" chiese lei, piena di curiosità.

"Non lo so, ecco perché ci stavo pensando." rispose lui, con una piccola dose di strafottenza. Irene gli pose davanti un foglio, invitandolo a leggere. Egli la osservò con sguardo interrogativo.

"Cercano dei registi per uno spettacolo teatrale. Che ne dici di partecipare? Dicono che qui ti sei molto divertito quando hai recitato in quella commedia e quando hai aiutato la regista nel preparare le parti più complesse. Potresti provare a fare il regista. Che cosa ne dici? Ti andrebbe di partecipare? Sarebbe un'ottima opportunità per metterti alla prova!"

Elio osservò l'espressione della dottoressa, che aspettava paziente la sua risposta. 'Chissà, pensava lui, potrei diventare il nuovo Quentin Tarantino'.

"Accetto." disse. Irene sorrise, esibendo questa volta un sorriso a trentadue denti.

"Peeerfetto! Devi mettere una piccola firma qui ..." disse, indicandogli uno spazio bianco. Non amava leggere i documenti, quindi appose velocemente la sua firma. Elio Vannoni. Poi guardò nuovamente la terapista. Si alzò e si avvicinò a lei che, spaventata, si alzò di scatto. Elio si avvicinò alle sue labbra. La dottoressa però, con uno scatto repentino, si allontanò ancor di più da lui, quasi disgustata dal tentativo che il ragazzo aveva fatto per baciarla. Prese la sua roba, le carte e il cappotto e uscì dalla stanza. Sconvolto per la reazione di Irene, diede un pugno al tavolo, infuriato, mentre imprecava in silenzio.

Come le FoglieOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz