-Interlude

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"Cazzo cazzo cazzo, MERDA! È tardissimo, perderò il treno. Mamma perché non mi hai svegliata prima?! Dio!" continuavo ad imprecare saltellando per tutta la casa e infilando al volo i primi vestiti sotto mano.
Buong- UN CAZZO, buongiorno un corno!
Dannate batterie cinesi, la mia sveglia non aveva suonato e io rischiavo di perdere il treno quella mattina.
Per di più non avevo chiuso occhio per due giorni e il mio sogno si era rivelato più devastante di quanto potessi anche solo lontanamente immaginare.
La mia mente mi giocava brutti scherzi a quanto pare, quello che doveva essere il mio sogno di routine da tre giorni si era rivelato essere un incubo per le ultime due notti.
Il volto del ragazzo era ben impresso nella mia mente e non ero affatto lieta di sapere chi era. A quanto pare il tipo era davvero una persecuzione, magari una specie di maledizione addirittura. Lo sbruffone di due sere prima a Salifornia era il mio fatidico bad boy, ma siamo seri?! Che strano scherzo della natura era mai questo?
Comunque sia, tornando a noi, in una corsa frenetica riuscii a prendere al volo il treno e con una faccia struccata e assonnata mi buttai sul primo sedile libero.
I miei capelli arruffati dalla corsa vennero raccolti distrattamente in una crocchia disordinata mentre mi accasciavo al vetro del treno.
L'affanno sembrava non volermi abbandonare e il sonno si stava impossessando nuovamente di me.
Onde evitare di arrivare in qualche posto sperso d'Italia, infilai le cuffiette per combattere la sonnolenza.
Non avevo un genere musicale preferito, semplicemente mi piacevano le canzoni in cui mi rispecchiavo.
La maggior parte delle mie mattinate, e anche qualche pomeriggio, ero impegnata in un corso di trucco a Salerno, in una scuola privata.
Era quella la mia passione, il mio obbiettivo lavorativo: diventare una make up artist coi "controcazzi". Non era facile, la concorrenza era spietata e in quel mondo ogni volta è come buttarsi in pasto ai cani. Il mio sogno era quello di viaggiare e portare la mia passione in giro per il mondo.
Sapevo cosa significava fare i salti mortali per arrivare a fine mese ed ero intenzionata a costruirmi un futuro dignitoso.
A 16 lavoravo in un bar per dare una mano a mia madre con le spese in casa e allo stesso tempo studiavo. Dopo il liceo avevo seguito il protocollo "provare l'università", nonostante la mia passione per il make up e nonostante facessi qualche lavoretto nell'ambito. Grazie al cielo, a parer mio, persi il posto per vari motivi e per me non fu altro che un segno del destino di dover seguire la mia passione.
Insomma, lunga storia.
Dopo una trentina di minuti ero arrivata a Salerno e con la mia solita goffaggine mattutina scesi dal treno dirigendomi verso l'istituto, che si trovava a pochi metri dalla stazione, proprio sul corso.
Più che una scuola, quella era la mia grande famiglia.
Il padre di Daniel nè era il proprietario e quest'ultimo passava la maggior parte del tempo lì dentro per fare compagnia anche a Mirko, che ci lavorava come segretario.
La mia prof Genny era una bomba e in poco tempo era diventata la mia guida, era dolcissima e con un grande cuore.
In poche parole, l'unica cosa che mi pesasse era svegliarmi presto la mattina.
Era lunedì e quel giorno sarei dovuta restare anche di pomeriggio, nella mia pausa pranzo mangiai un panino al volo con Mirko e Daniel per poi scendere al bar di sotto per un caffè.
"Allora piccola peste, ci sei stasera?" bofonchiò Mirko sorseggiando il suo caffè amaro.
"C'è qualche avvenimento importante che ho dimenticato?" chiesi in tutta risposta corrucciandomi mentre giravo il mio caffè macchiato e mi appoggiavo stancamente al bancone.
"Mamma mij oggi dorme proprio" mi derise Daniel guardando Mirko "Francesco vuole aspettare la mezzanotte del vostro onomastico insieme da qualche parte"
"Cazzo, sono fuori di testa! Come ho fatto a dimenticarmi anche del mio onomastico?! Beh è lunedì cosa credete di fare e soprattutto dove?" mi schiaffai una mano in fronte frustrata.
"Inventeremo qualcosa" esordì il moro incamminandosi verso l'uscita del bar.

~ ~ ~

Se c'era una cosa che odiavo era essere al centro dell'attenzione, e in questo momento credetemi lo ero.
Alla fine avevamo optato per un bar gettonato di Salerno, il Verdi.
Torniamo a noi, la situazione era tragica.
Tutti noi amici eravamo seduti ad un enorme tavolo e Francesco ubriaco, in piedi di fianco a me, continuava ad urlare che ero sua sorella ed era anche il mio onomastico.
Inutile dire che l'intero bar era girato verso di noi e io non potevo far altro che scuotere il capo e sprofondare il più possibile sotto il tavolo.
Era davvero imbarazzante, quasi quanto il trucco della ragazza al tavolo difronte.
Insomma perché certe ragazze sembrano essere cadute con la faccia in una trousse di Sephora?!
Comunque sia decisi di porre fine al teatrino di uno dei miei migliori amici stappando una bottiglia di prosecco e impegnando tutti a svuotare il contenuto nei loro bicchieri.
Accesi l'ennesima sigaretta della serata e mi risistemai la gonna che avevo deciso di indossare per quella sera, cominciavo a pensare fosse troppo corta perfino per i miei gusti.
Quando finalmente pensavo di aver raggiunto un po' di tranquillità, qualcosa scatenò di nuovo le risate dei miei amici. Già, l'indiano delle rose era appena arrivato al nostro tavolo e non ne voleva sapere di andar via.
Così dopo innumerevoli suppliche ad andar via e diversi scherzi sul fatto che i miei amici fossero tutti gay, tentai l'ultima grande bugia del secolo.
In un battibaleno cominciai a fingere di starnutire ed essere allergica, anche se in realtà quelli erano i miei fiori preferiti... ma ehi, dovevo inventarmi qualcosa o la situazione sarebbe degenerata precipitosamente grazie ai miei amici ubriachi.
Sconsolato, il povero venditore ambulante si incamminò verso gli altri tavoli.
Dopo mezz'ora però tornò da me sorridente, poggiando una rosa sul mio tavolo.
"Ehi" starnutii falsamente "sono allergica, riprenditela per favore" indicai la rosa rossa davanti a me. Mi dispiaceva per lui e mi sentivo una vera stronza, ma alle volte i venditori ambulanti sapevano essere davvero assillanti.
"La manda ragazzo al tavolo là" bofonchiò col suo accento bizzarro l'uomo, indicandomi un ragazzo a due tavoli da me.
Frettolosamente allora ringraziai il signore, che si accinse ad andar via.
Alzai lo sguardo curiosa verso il mio corteggiatore misterioso e quello che vidi mi fece venir voglia di calpestare la rosa e darle fuoco all'istante.
Lui era lì seduto che ridacchiava dopo il teatrino che avevo appena fatto, poi, in modo molto calmo, si alzò dirigendosi verso di me come farebbe una pantera con la sua preda.
A passo felino si piazzò davanti a me, ancora seduta sul divanetto, e mise su quello che mi sembrò il ghigno più furbo che io avessi mai visto.
Come era possibile che questo ragazzo fosse ovunque ormai?!
"È così il tuo nome è Francesca, beh buon onomastico piccola" iniziò lui sorseggiando la sua birra.
Cosa? Ma che diavolo...
La mano con la quale stringevo lo stelo della rosa cominciava a farmi male viste le sue spine. Ero allibita, ma cosa voleva da me questo idiota?!
"Grazie ma non dovevi, per niente. E ora che sai il mio nome risparmiati questi nomignoli." risposi con fare scocciato cercando di restituirgli il fiore.
"Faccio quello che voglio, non quello che devo" rispose stizzito lui infilando la mano libera in tasca.
Ero pronta a rispondere a tono, il mio corpo era già scattato sull'attenti ma tutto fu interrotto da Francesco.
"Wa tu sei quello dell'altra sera, ja bevi con noi!" urlava quest'ultimo accasciandosi sulla mia spalla.
Oh Dio no vi prego.
Fa che dica no fa che dica no fa che dica n-
"U casin, si ja vado a chiamare i miei amici." rise di gusto il moro lanciandomi uno sguardo di sfida.
Cazzo!
Disperatamente mi accasciai sul divanetto portandomi le mani sul viso con fare teatrale.
Era per caso diventata una barzelletta la mia vita?! Non potevo crederci.
In un batter d'occhio il moro fu di ritorno con i suoi amici.
"Loro sono Ava e Lollo... io sono Luca." disse tranquillo e puntando il suo sguardo su di me all'ultimo.
E così si chiamava Luca... bel nome però.
Ma guardala, ora le piace il suo nome!
Merda.
Con fare altrettanto tranquillo e con finta disinvoltura mi presentai ai suoi compagni sorridendo e ordinai un'altra bottiglia di prosecco al cameriere.
Questa serata si prospettava più disastrosa di quanto potessi pensare.

RATATA!Where stories live. Discover now