Prologo

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PROLOGO

Nag Hammadi. Alto Egitto 1945.

Muhammad 'Alì al-Samman alzò la testa verso il sole. Erano passate da parecchio le 10 del mattino e l'ora della pausa si stava avvicinando. I fratelli che l'avevano seguito in quella spedizione aspettavano anch'essi il segnale di recarsi nelle caverne dove avrebbero atteso l'ora tarda del pomeriggio per ricominciare a lavorare.

Ma al loro fratello maggiore non pareva fosse ancora venuto il momento. Il magro bottino che avevano trovato sconsigliava una pausa frettolosa, inoltre se quella zona era ormai deperita sarebbe stato meglio usare la mezzora rimanente per spostarsi nelle caverne che erano a un paio di chilometri.

Il sabakh, il fertilizzante che usavano nei loro campi, si faceva sempre più scarso e la prospettiva di dover pagare per dei sacchi di nitrati prodotti dall'industria non era allettante, soprattutto quando i soldi mancano. Prima della decisione ultima Muhammad diede uno sguardo ai dintorni e notò non molto lontano un grosso masso.

"Fahim, abbiamo perlustrato attorno a quel masso?" chiese rivolto al fratello intento a vangare.

"No, mi pare di no"

"Allora continuate qui che io vado a cercare lì vicino, se non trovo niente ci fermiamo"

Il masso si trovava a una cinquantina di metri scarsi, quando gli fu vicino prese a vangare con i suoi consueti gesti esperti. Non passarono cinque minuti che all'ennesima vangata qualcosa si oppose al suo attrezzo di lavoro. Il rumore che sentì gli diede l'impressione di aver colpito un manufatto fabbricato dall'uomo. Prima con la vanga e poi con le mani scavò intorno a quel punto e la sua impressione fu ampiamente confermata. Un grosso vaso di terracotta, forse alto un metro, emergeva dal suolo. Ma quello che lo colpì più di tutti era che il vaso era sigillato.

"Fratelli, venite qui, ho trovato qualcosa" urlò a voce alta per farsi sentire bene. Fu raggiunto in pochi secondi.

"Che cos'è?" chiese Malik, il più giovane.

"Non ne ho idea, stava sotterrato, qui" indicò il punto da dove lo aveva estratto.

"Dovremmo vedere che c'è dentro, non credi?"

"E se c'è uno spirito cattivo dentro? Un jinn?" obiettò Hamza, il terzo nella linea di successione familiare.

"Ma ci potrebbe anche essere dell'oro"

L'argomentazione di Malik era abbastanza valida, se non altro perché Muhammad l'oro lo aveva visto e sapeva come era fatto ma un jinn non ricordava di averlo mai incontrato. Alzò la vanga a diede un forte colpo al vaso che si ruppe in due. Una leggera polverina dal colore indefinito si alzò dall'interno. Un altro colpo. E poi un altro.

I frantumi del vaso erano ormai sparpagliati sul terreno, tutti ebbero la netta impressione che di oro non ci fosse traccia. Dopo aver riposto la vanga e messo a nudo il contenuto quello che stavano osservando erano dei codici rilegati con delle copertine di pelle nera.

Sebbene molto ingiallito riconobbero immediatamente il papiro usato per scrivere quei codici ma quando andarono ad aprirne alcuni le parole che vi erano riportate sarebbero state incomprensibili anche se avessero saputo leggere e scrivere l'arabo moderno. Il copto con il quale quei papiri erano stati compilati era una lingua morta, da secoli. Alì non sapeva se essere contento o dispiaciuto. Prese l'unica decisione che gli parve logica.

"Li porto a casa magari valgono qualcosa"

"Secondo me è solo tempo sprecato" ribatté Malik.

"Può darsi ma almeno abbiamo trovato qualcosa. Hamza, vai a prendere i cammelli, lì ci sono i sacchi dove li posso mettere, e ovviamente non ti dimenticare le vettovaglie. Per questa mattina il lavoro è finito, riprendiamo alle quattro"

Il Velo di MayaWhere stories live. Discover now